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Autore: MollyTheMole    22/06/2022    0 recensioni
Circa vent'anni prima degli eventi delle Guerre dei Cloni, la Forza ha messo un padawan Jedi e una giovane duchessa sulla stessa strada. Nel tentativo di proteggere la giovane Satine Kryze dai cacciatori di taglie e da un pericoloso usurpatore, Qui Gon Jinn ed Obi Wan Kenobi saranno costretti ad immergersi nella cultura Mando, e scopriranno che i loro popoli non sono poi così incompatibili.
In particolare, il giovanissimo aspirante Jedi dovrà fare i conti con i propri sentimenti. Che dire, inoltre, quando si troverà a fronteggiare forze che non è in grado di comprendere?
ATTENZIONE: spoiler dalla serie The Clone Wars.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Satine Kryze
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 52

Kryze Manor

 

Quando al mattino dopo partì per Concordia, Satine volle buttare giù dal letto suo padre con una chiamata, a suo dire, assolutamente necessaria.

Mentre i tre erano intenti a lasciare Krownest e la navicella solcava l’atmosfera rarefatta, il buon duca spuntò dal commlink in vestaglia e cappelli arruffati, con un cucchiaino in mano.

- Colazione?-

- Sì, cara. Aspetto… Ah, grazie Maryam.-

Kyla sistemò il portauovo con l’ovetto à la coque sulla tavola da letto.

Ruppe il guscio con destrezza nonostante le mani tremanti.

- Riesci a mangiarlo?- gli chiese sospettosa, mentre lo osservava affondare il cucchiaino nel tuorlo.

Il duca annuì.

- E’ morbido, non lo mastico nemmeno. E poi, l’uovo à la coque è sacro. Lascia qualche vizio a questo povero vecchio. A questo proposito, per quale motivo vieni a disturbare l’ora del mio ovetto?-

Satine sorrise di sghimbescio.

- Perché sto per andare su Concordia.-

Il duca sollevò immediatamente gli occhi dalla sua colazione, poi abbassò il cucchiaio e sospirò.

- Ah.-

- Con i Farrere è stato facile. Con Ursa un po’ meno, ma ha funzionato lo stesso. -

La duchessa raccontò a suo padre del curioso colloqui avvenuto con la contessina, e Kyla si mise a ridere.

- Ah, Ursa Wren è un osso duro, degna figlia di suo padre!-

- Che intendi dire?-

- Intendo dire che Lusk era un uomo di pregio e sapeva rendersi conto di quale mondo gli girasse attorno, ma aveva un difetto: era avido. Voleva sempre di più e se poteva, lo otteneva. Non era un disonesto… Beh, diciamo che in linea generale non lo era - commentò di fronte al sopracciglio inarcato di sua figlia.- Ma sapeva essere assetato, ed invidioso. Ero certo che Ursa non si sarebbe accontentata delle nostre promesse. E’ identica a suo padre. Voleva avere potere su di te, ed infatti ce l’ha.-

Come dargli torto? I Wren erano un clan numerosissimo. Satine aveva già la maggioranza, ma se voleva restare dov’era e garantirsi la tranquillità almeno durante il suo primo mandato, era fondamentale tenere sotto controllo un clan potente e vasto come il suo.

Questo aveva dato ad Ursa la consapevolezza di poter contrattare. Sapeva di essere nella posizione di poter decidere della vita e della morte di un Mand’alor, ed aveva giocato quella carta con lei, pensando di metterla con le spalle al muro chiedendo potere, ciò a cui ambiva di più.

- Tu non soltanto l’hai anticipata su tutto, mettendoti in posizione dominante quando lei stessa credeva che avrebbe dominato la contrattazione, ma hai anche avuto la bella posta di farle presente, e a ragione, che il suo clan è necessario, sì, ma non indispensabile a garantirti la sicurezza. Con il clan Saxon e il clan Vizla in carcere per almeno la metà dei suoi componenti, è praticamente certo che, anche se Ursa decidesse di stare all’opposizione, avrebbe gioco facile nell’accrescere il suo potere e il suo consenso. Tu sai che cosa significa questo, vero?-

Obi Wan non lo sapeva, ma Satine ebbe la premura di spiegarglielo una volta chiusa la chiamata con suo padre.

- Pensaci, Ben. Ursa ha avuto più di un momento di difficoltà durante la guerra civile, per via della sua cieca fedeltà al clan Vizla. C’è stato un momento in cui non voleva tradire le tradizione, ma allo stesso tempo il suo popolo le avrebbe chiesto la testa. Così, ha deciso di tenere un piede su due staffe, mascherando il suo passaggio ai Kryze come un segno di sfiducia nei confronti di Vizla: se resta il dittatore, io me ne vado. Se lui se ne va, io resto nei Vizla. La colpa è di Larse Vizla, non mia.

- A questo punto, Ursa sa perfettamente che non ha più alcuna ragione di stare dalla parte dei Vizla, a meno che io non la metta in condizione di stare all’opposizione. Essere in maggioranza significa sì dare fedeltà ad un clan che non si apprezza, però significa anche che quel clan fornisce progetti, tutele, legislazione innovativa. All’opposizione, al contrario, Ursa avrebbe dovuto pretendere di difendere gli interessi del proprio clan quando, in questo momento, non c’è più nulla da difendere. E’ tutto distrutto. Adesso l’unico interesse è la ricostruzione, per cui dovrà trovare un validissimo motivo per dire al suo clan che la PharmaMandalore non si fa, e quel motivo non ce l’ha.

- Stare all’opposizione, al contempo, è una tattica intelligente. Criticando l’operato del Mand’alor e della sua forza politica, Ursa si costruirà uno zoccolo duro di fedeli, ambendo, forse, a prendere il mio posto al prossimo mandato. Per questo motivo Ursa è pericolosa. Sulla sua fedeltà non si può contare. Farle delle promesse ulteriori, oltre alla PharmaMandalore, significa garantire la sua fedeltà nel tempo. Non tutto verrà fatto subito. In prima battuta avvieremo i lavori della PharmaMandalore, poi faremo il resto, contemperandolo con quello che ho promesso agli altri. Ursa non se ne starà buona e darà battaglia, pretendendo che i suoi interessi vengano prima di quelli degli altri. Proverà a farmi opposizione dall’interno, per accrescere il suo potere. Un potere che potrebbe avere. Ieri ha provato a dimostrarmelo, io le ho detto chiaramente che, se vuole, può tranquillamente andarsene all’opposizione prima del tempo, una posizione che, al momento, non le conviene. Per questo alla fine ha capitolato. Sinceramente è una serpe in seno da cui mi aspetto di tutto, ma per il momento ci accontentiamo.- 

Chiarito dunque che di Ursa Wren non c’era da fidarsi, Satine si fece avanti per chiedere al padre consiglio sull’argomento caldo del giorno. 

Il duca fece cenno di non dire di più.

Satine aveva fatto bene a chiedere consiglio. Non era di certo la prima volta che Concordia dava problemi, considerato che era da sempre stata una roccaforte dei Vizla. I Kryze avevano avuto a che fare con quel luogo tante volte, ma adesso la situazione era ancora una volta diversa.

In tempi passati, non c’era mai stato interesse a considerare Concordia come un luogo civile ed abitato. Per farla breve, non si era mai davvero voluto raggiungere un accordo di distensione tra le due casate. I Vizla perdevano, e di conseguenza venivano sottomessi. Se a perdere erano i Kryze, venivano dominati a loro volta dai vincitori, fino alla rivolta successiva.

Satine non voleva di sicuro offrire il fianco ai Vizla per ricominciare i contrasti, così, se voleva ottenere una pace che durasse più di qualche mese, doveva andare su Concordia con una certa preparazione ed un certo programma. 

Aveva già delle idee, naturalmente, ma le conoscenze di suo padre potevano sciogliere tutti i suoi dubbi.

In fondo, Kryze Manor era stata la sede centrale dell’intelligence dei Nuovi Mandaloriani per tutta la guerra civile, era normale che il duca fosse in possesso di informazioni che lei non conosceva.

In effetti, conversare con lui fu molto utile. 

Venne fuori, infatti, che la situazione su Concordia era praticamente disperata.

Nonostante la sua economia fosse stata l’unica a funzionare appropriatamente durante la guerra, il pianeta era allo stremo delle forze. 

Vizla aveva estratto ogni risorsa mineraria su cui era riuscito a mettere le mani. 

La popolazione ci aveva guadagnato in termini di stipendio, ma aveva perso molto in termini di salubrità. 

Ai poli, inoltre, pareva che quel disgraziato avesse testato anche alcune delle sue armi radioattive, rendendo l’ambiente impraticabile.

Obi Wan guardò Satine passarsi una mano sugli occhi, stufa prima ancora di cominciare.  

- La questione dell’economia green l’avevo già presa in considerazione. Vorrei anche implementare lo Statuto dei Minatori di Concordia, se è possibile. Il punto è, con chi devo parlare? Larse Vizla si è ammazzato, suo figlio è morto…-

- Ci sarebbe una persona che potrebbe fare al caso nostro e che è ben vista sulla luna, nonostante abbia ripetutamente preso le distanze dal clan Vizla, ed è Haran Rook.-

- Della casata dei Kast?-

Il duca annuì. 

Satine parve pensarci un po’ su.

- Per quale motivo dovrei fidarmi di lui in particolare?-

- Semplicemente perché è stato un nostro fidato collaboratore. Prima dell’attentato avevo preso contatti con lui per la questione delle miniere. E’ figlio di minatori. Le condizioni insalubri, man mano, hanno sterminato tutta la sua famiglia. Si è messo in politica proprio per offrire un’alternativa a Concordia, ma purtroppo Larse Vizla si è intromesso ed ha distrutto la luna ancora di più. Durante la guerra ci ha tenuti informati sull’andamento della situazione. Ti ricordi quella talpa che teneva monitorato l’andamento dell’arsenale di Vizla?-

- Era lui il nostro informatore?-

- Direttamente dalle fila dei Vizla. Non amava il dittatore più di noi. Era anche disposto a far saltare il magazzino, anche se questo sarebbe costato la sua vita. Peccato che non l’abbia mai trovato. Ha fatto il trafficante per un po’ e ci ha tenuti informati su ciò che partiva e ciò che arrivava a Concordia. Quando è riuscito a mettere le mani sui registri e ad individuare l’ubicazione dell’arsenale, la battaglia di Sundari stava già infuriando. Hai chiuso la partita prima che ci riuscisse lui.-

- Sembra un tipo in gamba.-

- Forse troppo.- le disse, facendole l’occhiolino.

A buon intenditor, poche parole.

Satine parve soddisfatta, mentre scorreva sul datapad le poche informazioni che aveva ricevuto su di lui.

- E’ un valido elemento, Sat’ika. Vale la pena di fare un tentativo.-

 

In effetti, l’arrivo su Concordia fu piuttosto triste. Già da lontano i due Jedi poterono vedere quanto fosse brulla, letteralmente scorticata di ogni elemento vivente. Quando il portello della loro navicella si aprì, trovarono materiali di scarto disseminati ovunque.

Obi Wan potè raccogliere un pezzo di beskar grezzo soltanto camminando lungo la strada per la Magione del Governatore. 

Era evidente che i Vizla non se la passavano benissimo. Certo, erano pieni di palanche. I locali erano aperti e le famiglie vestivano bene, avevano le dispense piene e potevano permettersi dei mezzi di locomozione di una certa fattura. Li si poteva vedere mentre percorrevano la strada praticamente deserta, lontano da loro, ma per il resto dovevano svolgere una vita piuttosto grama. Il cielo era prevalentemente grigio, le strade erano grigie, la terra era grigia, le case erano grigie, l’aria sembrava piena di polvere e cenere.

Satine si era guardata intorno, quasi disperata. Era stata poche volte su Concordia, da bambina, ma la ricordava verdeggiante e screziata di bei colori marroni là dove la terra, fertile per i minerali nel terreno, veniva arata per ettari. Le miniere esistevano già e l’attività estrattiva era sempre stata intensa, talmente intensa da causare problemi con il lavoro e la salute dei minatori, ma al di là di ciò, Concordia era sempre stata ben lontana dalla palla semidistrutta sulla quale era appena atterrata.

Datemi il tempo di ripartire, e le nostre foreste ricresceranno anche qua.

Considerato l’ambiente, Satine era stata presto circondata da un gruppo di Figlie dell’Aria e dalla sua guardia personale. 

In effetti, andare su Concordia senza scorta equivaleva a chiedere apertamente a qualcuno di farle la pelle.

Obi Wan e Qui Gon le furono immediatamente a fianco sin dall’attracco.

Haran Rook era un uomo giovane, molto giovane. Doveva avere, più o meno, l’età del sottotenente Skirata, ma era l’esatto opposto. L’uno era albino, l’altro era olivastro ed aveva gli occhi scuri come quelli di un cerbiatto. 

Le strinse la mano alla maniera dei Mando e la condusse rapidamente presso la sede delle trattative, per toglierla dall’impaccio della strada, dove sarebbe stata in pericolo.

Si era trattato di una esplicita richiesta di Satine. La Magione del Governatore sarebbe dovuta essere la sede per il loro incontro ufficiale, ma la duchessa aveva pensato che la popolazione l’avrebbe presa come una vera e propria usurpazione, se fosse entrata praticamente in armi all’interno della Magione stessa, così aveva optato per un altro luogo. 

Il clan Kast e il clan Kryze si sarebbero incontrati in campo aperto, dunque, lontano dalla popolazione civile e in sedi meno istituzionali, individuate per l’occasione. 

Satine, scortata dai due Jedi e dalla guardia personale, nonché dalle Figlie dell’Aria, aveva stretto la mano di Rook nel mezzo del nulla, in una vallata ormai sassosa distesa tra due colline, dove un bunker chiatto e rotondo sorgeva nel centro. Le guardie del clan Kryze e del clan Kast si mescolarono all’esterno del bunker, mentre i due Jedi accompagnarono la duchessa fin dentro la struttura.

Satine e Haran Rook sedettero l’uno dirimpetto all’altra, un tavolo fatiscente in mezzo a separarli. 

I Jedi sostarono sulla porta. 

Rook lanciò loro un’occhiata non del tutto convinta, ma decise di lasciare perdere e trattare la resa.

- Immagino che sia proprio per questa ragione che siete qua, duchessa. Per trattare la resa.-

Satine alzò un sopracciglio, pensosa.

- Vizla è caduto e il suo secondo in comando ha accettato la sconfitta. C’è ancora qualcuno o qualcosa che si deve arrendere?- 

Rook dondolò il capo.

- Dunque, voi ritenete che Concordia si sia arresa.-

Satine non sapeva davvero che cosa fare di quella conversazione.

- Se me lo dite, immagino che sia stato un mio errore di giudizio.-

L’uomo, però, sorrise con determinazione.

- No, nessun errore di giudizio. Le sacche di resistenza rimaste sono piuttosto poche. Tuttavia, Vizla è ancora molto forte, su questo pianeta, ha parecchio consenso. Non pensiate che la popolazione riconosca la vittoria così com’è. La accettano, perché è un dato di fatto, ma non la riconoscono.-

Satine comprese il significato di quelle parole e finalmente individuò la direzione che quella conversazione stava prendendo.

Ed era esattamente dove voleva andare a parare lei.

- Sono perfettamente consapevole delle difficoltà ed è proprio per questo che sono qua.-

Rook rimase a fissarla negli occhi per un momento.

Aveva dei begli occhi. Scuri come pozzi neri e circondati da foltissime ciglia lunghe come quelle di un bambino. 

Se Satine non avesse avuto una netta preferenza per un certo color verde bruma avrebbe anche potuto perdercisi dentro.

Si sentiva come se fosse stata chiusa in una stanza di radiologia. Era certa che il suo interlocutore stesse provando a leggerle dentro.

Se solo si fossero tenute le prove per il torno in modo corretto, Satine avrebbe avuto paura di Rook. Sembrava molto dotato e capace, e alla prova dei Saggi avrebbe potuto darle del filo da torcere.

Suo padre ne aveva un gran rispetto, ed adesso poteva capire perché.

- Il mio primario interesse è fare sì che chi è fuggito da Sundari non crei scompiglio o fomenti la rivolta tra la popolazione civile. Sia io che voi abbiamo dei progetti per Concordia, immagino.-

- Immaginate bene, duchessa. Vi farà piacere sapere che abbiamo rintracciato una trentina di rinnegati ad Akaan. Sappiamo con certezza che si stanno riorganizzando.-

Satine alzò un sopracciglio, e quando Satine alzava un sopracciglio di solito non prometteva bene.

- Immagino che abbiate intenzione di sedare le rivolte.-

Rook annuì.

- Immaginate bene. Tuttavia, sono convinto che sia necessario accordarsi prima di procedere. Voi avete una visione per Concordia, giusto?-

Satine si accomodò meglio sulla sedia, ed Obi Wan ebbe la sensazione di stare osservando un felino pronto a balzare sulla preda.

La partita è appena cominciata.

 

Non ebbe nemmeno il tempo di discutere dei risultati ottenuti su Concordia assieme a suo padre, perché la sua tabella di marcia la vedeva a Khader nelle ore immediatamente successive. Dormirono sulla navicella e, quando si svegliarono, si trovarono direttamente in mezzo alle campagne della città.

Obi Wan era rimasto estremamente affascinato e allo stesso tempo perplesso dalle trattative che Satine aveva condotto su Concordia. C’erano diversi punti sui quali il padawan aveva avuto dei dubbi ed ancora li nutriva, tuttavia parlarne direttamente con lei in quel momento era assolutamente inopportuno. Si era svegliata con un brutto cerchio alla testa e non aveva avuto tempo nemmeno per fare colazione in modo appropriato, perché si era dovuta catapultare a Khader, dove erano in corso delle circostanze decisamente particolari.

- Da quanto va avanti questa storia?-

- Sin da subito dopo la vittoria. Saputo che Khader era vuota, anche se semidistrutta, parte della popolazione emarginata vi si è recata e ne ha preso possesso. Molti di loro vengono da Igmur. Quando i proprietari delle case di Khader sono tornati a riprendere possesso dei loro beni o di ciò che ne restava, hanno trovato la sorpresa. La gente di Khader vuole sicurezza e il possesso delle loro proprietà, la gente di Igmur vuole un posto dove vivere, e si aspetta che i Kryze gliene offrano uno, soprattutto dopo i loro servigi in battaglia. Molti di loro hanno pagato con la vita e con le vite dei loro cari.-

Inga era stata esaustiva a sufficienza e Satine aveva annuito con coscienza, massaggiandosi le tempie.   

- Sì, fortunatamente ci avevo già pensato.-

Ma quando le ha pensate tutte queste cose?

Citrullo, ha avuto un anno in fuga per fare piani per il futuro.

Certo, le circostanze sarebbero potute cambiare, e probabilmente Satine avrebbe dovuto rivedere il proprio piano. 

La duchessa ci aveva pensato, infatti, più di una volta e soprattutto negli ultimi giorni, quando la situazione si era cristallizzata del tutto in quella attuale.

L’eventualità che una città ne invadesse un’altra allo scopo di ottenere un posto dove stare era stata abbastanza lontana dalle sue fantasie.

Non appena aveva messo piede sulla rampa, il sindaco di Khader, sempre più vecchio e sempre più zoppo, la accolse a braccia aperte a suon di Mirdal’ad. Satine gli era corsa incontro, mantenendo fede alla promessa di rispetto e stima che aveva fatto alla popolazione della cittadella tempo addietro.

Dentro la Municipio, il sindaco era terrorizzato, convinto che i forestieri fossero venuti qua per farci la festa e prendersi tutte le nostre cose.

Satine alzò un sopracciglio per quella caduta di stile, ma non commentò.

La verità è che per anni ce ne siamo altamente infischiati di Igmur, e adesso ne paghiamo le conseguenze.

Per non parlare poi del fatto che Khader era sempre stata una città molto autoreferenziale, storica e turistica, isolata dal resto del mondo e che non ambiva a mantenere contatti troppo stretti con qualunque cosa non odorasse di Khader, Kryze o Awaud. 

Igmur era quanto di più lontano potesse esserci da essa, per costumi e stili di vita.

Così, decise di uscire da sola sulle scale del Municipio.

- Vi fidate di me, signor sindaco?-

- Certo, certamente, Mirdal’ad.- e via di questo passo con una sfilza di ossequi in buona fede che, però, la facevano sorridere.

- Allora lasciatemi fare. C’è un luogo che possiamo usare per le trattative?-

Il sindaco le indicò la sala consiliare, bella grande e piena di sedie, e Satine ne fu contenta quando vide il numero delle etnie che avrebbero voluto parlare con lei.

Ce n’era per tutti i gusti.

- Chi comanda tra voi?- disse, allargando le braccia per farsi notare.

Si erano fatti avanti una Twi’lek verde, una Togruta dall’aria antica, un Mon Calamari color pesca, un Phindian strabico, una Rishii dal becco lungo e persino un Mrlssi azzurro coperto di piume verdastre. Satine riconobbe anche il Mirialano che le aveva dato il nome di Nau e chinò il capo verso di lui con rispetto.

- Bene, vogliate entrare, per cortesia.-

I membri dell’eterogeneo gruppetto si guardarono l’uno con l’altro e poi, non sapendo che pesci prendere, seguirono la duchessa dentro il Municipio.

 

Se la giovane Satine aveva avuto intenzione di cavarsela senza un analgesico, ebbene, non ci riuscì. 

La fecero diventare matta. 

Si trovò immersa in una babele di lingue e culture diverse, con la Rishii che tendeva a ripetere come un tatug tutto ciò che non capiva. Per l’amor della Forza, non che Satine ne fosse dispiaciuta, anzi! In altre circostanze - e soprattutto senza mal di testa - ci avrebbe sguazzato volentieri, dentro a quel crogiolo di culture. In quel momento, però, avrebbe fatto volentieri a meno di alcune cose.

- A questo punto, dunque…-

- A questo punto, dunque…-

- … E’ fondamentale mantenere la calma. -

- … E’ fondamentale mantenere la calma.-

Satine lanciò un’occhiata eloquente e la Rishii tacque, appollaiandosi sulla sedia.

- Igmur può diventare un centro inimitabile a livello galattico, se avrete la pazienza di attendere la ricostruzione. Potrete vivere dove vorrete su Mandalore, naturalmente. La città non diventerà sicuramente un ghetto, ma se quello è il luogo che avete eletto a vostra residenza…-

- E quanto duvevà questa vicostvuzione?- fece la Twi’lek, con un forte accento e la r molto arrotata.

- I nostri architetti stanno già lavorando ad un progetto, tuttavia sarebbe opportuno che anche alcuni di voi con esperienza di costruzione partecipassero, per poter garantire a tutti il rispetto della cultura e delle tradizioni. Vorrei che mi indicaste qualcuno nelle prossime ventiquattr’ore. Prima di lasciare Khader sarebbe ottimale. Partiremo coi lavori immediatamente.-

Ci fu un mormorio di assenso tra le parti.

Satine lanciò uno sguardo sulla sala, sperando di essere finalmente giunta al termine di quella trattativa estenuante.

- Quando dovrebbe cominciare lo sgombero?-

- Subito. Al più tardi domani mattina, quando avrete riferito a tutta la vostra comunità del nostro accordo. Khader, però, deve tornare libera nel più breve tempo possibile.-

Ancora borbottii di assenso.

- E nel frattempo, dove vivremo?-

- Mobiliterò in serata la protezione civile per delle casette prefabbricate. Chiederei a ciascuno di voi di fornirmi una lista delle persone senza casa abitabile per poter fare due conti. Nel giro di due o tre giorni dovreste essere al sicuro.-

Il Mrlssi azzurro sollevò il bastone, mentre si riposava appollaiato su una zampa sola.

- Prego.-

- Io ritengo - cominciò, un tono di voce sorprendentemente basso per uno della sua specie.- Che sia fondamentale giurare fedeltà a Mandalore. Non tradiremo le nostre origini, ma credo che al fine di ottenere una pace duratura sia necessario riconoscere che abbiamo scelto questo sistema come nostra casa, dopo le vicissitudini che ci hanno condotto a lasciare il nostro pianeta. Ritengo dunque che sia opportuno che tutti noi, nel rispetto delle nostre origini e tradizioni, rispettiamo il Resol’nare e qualunque costituzione Mandalore adotti dopo questa guerra.-

Satine gliene fu grata, e non escluse che il simpatico Mrlssi fosse a conoscenza della sua difficoltà nell’esporre quel punto di vista.

Essere diversi significa avere una propria identità. Chiedendo una fedeltà incondizionata, avrebbe implicitamente chiesto di rinunciare alla loro cultura. Se quella proposta, però, proveniva dalla stessa società di Igmur, beh, lei era sicuramente meno in difficoltà e non passava per tiranna, dal momento che la popolazione stessa avrebbe scelto quale parte della propria cultura limitare per ragioni di compatibilità.

Così, sorrise con soddisfazione.

- Vi ringrazio per la vostra posizione. Conosco bene il vostro popolo e ne ammiro la saggezza.-

Ma il Mrlssi non la ascoltava già più, ormai, perché era intento a sussurrare all’orecchio della Rishii quanto aveva detto nella sua lingua. 

Era evidente che la donna non parlava bene né Mando’a, né Standard.

Tutti quanti, però, sembrarono essere d’accordo su quell’affermazione. Il Phindian approvò - anche se Satine, confusa per il mal di testa, faticò a comprendere se stesse parlando con lei o se stesse guardando la Rishii con un occhio e il Mon Calamari con l’altro - ed anche il Mirialano annuì con vigore. 

L’anziana Togruta si alzò instabile sulle gambe.

- Quindi, siamo liberi?-

- Quindi, siamo liberi?-

- Oh, sta’ zitta, pennuta!-

- Oh, sta’ zitta, pennuta!-

La donna allargò le braccia sconsolata in direzione di Satine, che batte la fronte sul tavolo per la disperazione.

- Non stiamo parlando con voi… Cortesemente, qualcuno traduca!-

- Non stiamo parlando con voi…- ma la Rishii fu prontamente interrotta dal Mrlssi che si apprestò a tradurre simultaneamente.

Satine fece cenno alla donna di continuare.

- Niente più guerra?-

- Niente più guerra.-

- E avremo un posto dove stare?-

- Non solo. Avrete la possibilità di svolgere le vostre attività commerciali, lavorare in modo autonomo o dipendente e potrete far fiorire Igmur nel modo che preferirete, ma le regole sono chiare. Niente conflitto.-

- Parola d’ordine: integrazione.-

Satine approvò la scelta di parole.

Mi piace.

- Le tradizioni di Mandalore sono sacre ed inviolabili. Mandalore il Supremo ha affermato che chiunque può diventare Mando a patto che rispetti il Resol’nare. Intendo onorare la tradizione, ma non voglio privarvi della libertà di essere voi stessi. Quindi, liberi di mantenere le vostre tradizioni, ma niente conflitti, né tra di voi, né con gli altri abitanti di Mandalore. Igmur deve diventare un inno alla civiltà.-

La Togruta sgranò gli occhi viola.

Poi, balzò in piedi.

- Volete dire che, dopo aver passato ottant’anni schiava, adesso sono libera di fare quello che mi pare?-

Satine la guardò con compassione ed annuì.

La vecchietta si mise a ballare reggendosi al bastone.

- E adesso, ottant’anni libera! Forza gente, leviamo le tende! Abbiamo una città da costruire!-

Satine sospirò soddisfatta, mentre la delegazione passava a stringerle la mano e se ne andava dalla sala consiliare.

Poi, per ultimo, prese da parte il sindaco di Khader.

- Adesso siete soddisfatto? Non ci resta che ricostruire quello che è andato distrutto della nostra bella città.-

 

Una volta sulla loro navicella, Satine inserì le coordinate per raggiungere Kryze Manor e si accasciò sulla poltroncina, spossata.

Ricevette una chiamata da Vanya, che l’avvisava che era attesa a breve sia su Phindar che su Concord Dawn, ma Satine rispedì l’invito al mittente.

- Quelli sono sistemi stranieri e molto delicati, Vanya. Dopo tutto quello che ho passato in questa settimana e dopo un anno in eterno campeggio, credo di non avere né la forza né la lucidità di affrontare quello che di fatto è un nemico.-

Come dimenticare che Phindar aveva fatto da paradiso fiscale ai Saxon e ai Vizla e che Concord Dawn era stato il centro principale del traffico di armi della Ronda della Morte?

No, per affrontare quelle conversazioni avrebbe dovuto essere lucida tanto quanto avrebbe dovuto esserlo nel fronteggiare la Repubblica.

Aveva bisogno di tempo.

- Dì loro che al momento sono invischiata in questioni interne che non mi permettono di lasciare il sistema. In effetti, ce n’è anche troppo, di lavoro, su Mandalore e circondario. Mi prendo almeno una settimana di pausa. L’aspetto internazionale lo affronterò successivamente, dopo essermi ripresa ed essermi consultata con la mia famiglia. Sono questioni che richiedono una certa attenzione.-

Vanya non ebbe nulla in contrario e chiuse la chiamata.

La navicella superò un lago immenso dai colori del cielo, riflettendosi perfettamente in esso. L’arsura dell’estate aveva ormai lasciato il posto ai colori dorati dell’autunno, trasformando Kalevala in un turbinio di giallo, rosso ed arancione che si sollevò dovunque sotto i reattori della loro vettura. I due Jedi erano rimasti ad osservare quello spettacolo meraviglioso scorrere fuori dal finestrino, rapiti, mentre Satine provava a schiacciare un pisolino, massaggiandosi le tempie.

La tensione alla testa era andata mano a mano scemando mentre si avvicinava a casa sua, sempre di più, come se il suo corpo sapesse che stava andando a casa, a riposare, tra i suoi affetti più cari, dove le sue parole non avevano un peso e dove nessuno era pronto a farle la festa. Avrebbe finalmente riabbracciato la sua famiglia, e le era parso di capire che aveva un matrimonio da celebrare. 

Non che le pesasse, assolutamente. Quello sarebbe stato forse l’unico evento davvero lieto in tutta quella terribile storia. 

Atterrarono all’attracco ufficiale di Kryze Manor, sito nei campi dietro le colline. Attorno a loro si estendevano ettari ed ettari di terreno, in parte arato, in parte adibito a campo di fieno mietuto in grosse balle rotonde a seccare al sole.

Sulla Via delle Colline, i fittavoli e i loro animali andavano e venivano da e verso Qibal, una città bassa con poche torri che si stagliavano nel blu del cielo d’autunno. 

Un panorama placido ed agreste che Obi Wan aveva visto solo in fotografia e che sapeva infondergli una grande calma. 

Si stava bene, su Kalevala. Il maestro Kenobi l’avrebbe sempre detto, per tutta la vita. Se mai potessi scegliere dove trascorrere gli ultimi giorni della mia esistenza, sceglierei Kalevala, era solito dire. Anakin Skywalker l’avrebbe preso in giro per quella scelta ed avrebbe creduto fermamente che il vero motivo alla base di quella preferenza non fosse il pianeta in sé, ma una certa sua inquilina. Nei boschi di Kalevala regna la pace, per quanto possa sembrare assurdo in territorio mandaloriano. Posso garantirti che non esiste nessun altro luogo nella galassia con quell’energia. Persino i colori sembrano esaltati. E poi, proprio tu parli? Tu, che passi il tuo tempo libero su Naboo? e con quelle parole il buon maestro sarebbe stato solito chiudere la conversazione. 

Il giovane Skywalker, come ormai sanno tutti, era un po’ duro di comprendonio, e non avrebbe mai capito che con il suo maestro era meglio non discutere se non si voleva rivelare aspetti della propria vita che sarebbe stato meglio tenere nascosti. 

Non importa. Non siamo qua a dissertare sull’ingenuità di Skywalker o sulla sua malcelata vita privata.

Dicevamo?

Ah, sì. Quel posto piaceva molto al giovane padawan. Gli piacevano l’aria apparentemente giovale dipinta sul volto delle persone, la voglia di lavorare che trasudavano e il profumo dell’erba medica.

Gli piaceva Satine, che si era tolta le scarpe e camminava a piedi nudi nel foraggio appena mietuto, accarezzando le balle di fieno con le dita sottili e salutando i suoi compaesani con la mano.

Un nitrito e un rumore di zoccoli catturò la loro attenzione e poterono vedere Bukephalos arrivare in lontananza, saltando, svolazzando e scuotendo la criniera color ossidiana mentre galoppava spedito nella loro direzione.

Satine si mise le dita in bocca e - come si confà ad un nobile, c’è da dirlo - fischiò. 

Il cavallo rispose con un sonoro nitrito.

Obi Wan le si avvicinò e le sorrise.

- Sai, qualcuno potrebbe trovare questo gesto un po’ poco, ehm, femminile.-

Satine gli sorrise da orecchio ad orecchio.

- Mi pareva di aver capito che io ti piacessi proprio perché mi comporto come uno scaricatore di spazioporto.-

Il ragazzo ghignò.

- Mica parlavo di me.-

La duchessa, allora, fece spallucce e gli ficcò le scarpe in mano.

- Mio caro Ben, ho smesso di ascoltare quello che pensano gli altri della mia estetica da un po’, ormai.-

- E da quando, esattamente?-

- Da quando non ho più bisogno di qualcun altro che mi dica che sono carina.- e gli strizzò l’occhio, complice.

- Non ti dispiace se vado a Kryze Manor a cavallo, vero?-

- No, ma come ci arriviamo noi, a Kryze Manor?-

- Seguite la strada.- disse Satine, indicando la via sassosa che conduceva in paese.- Verso sud, in direzione del lago. Se non frenate, mi entrate in casa.-

Obi Wan annuì e la guardò accarezzare il muso di Bukephalos, la criniera veleggiante nell’aria mentre rallentava la sua corsa e salutava la sua amica. 

La duchessa gli saltò in groppa - senza sella e senza scarpe - e partì al galoppo.

Il viinir volò sull’erba anche senza aprire le ali, facendole sentire il vento nei capelli e la gioia di essere libera dopo mesi di agonia e giorni d’inferno. Saltò agilmente una famigliola di ne’tra briik usciti dalla loro tana e spiccò un leggero volo rasoterra ad ali spalancate, planando sul verde e sulle dolci colline dietro Kryze Manor.

Athos la vide arrivare e la salutò con la mano, mentre reggeva il forcone fuori dalle scuderie.

- Ha riconosciuto il rumore della navicella.- le disse, mentre Satine smontava di groppa e lasciava il viinir ad asciugarsi il sudore al sole.- Ha cominciato a scalpitare nella stalla. Alla fine l’ho lasciato libero.-

Abbracciò il suo maggiordomo come se non lo vedesse da mesi.

- Maryam è dentro?-

- E’ con tuo padre, tra poco si mangia.-

- E Bo?-

Un’ombra scura passò sul volto di Athos, ma fu salvato da una raggiante Maryam, che salutava dalla finestra.

- Spero che i due Jedi si fermino a cena e che abbiano appetito, perché ha cucinato per un battaglione!- fece quello, poggiandosi al forcone e indicando col pollice la donna alle sue spalle.

- Ti posso garantire che hanno ottime doti conviviali, specialmente il giovanotto. Tu, piuttosto, l’hai scelto il vestito?-

Athos fece il suo miglior sorriso da guascone.

- Spicciati a sposarci, o se continua un altro po’ con questa storia che lo sposo non può vedere la sposa prima del matrimonio finisce che faccio uno sproposito.-

Satine alzò le sopracciglia, perplessa.

- Maryam così conservatrice, non ce la facevo.-

- Infatti non lo è, ma ha paura - e ha ragione - che io apra l’armadio e curiosi, scoprendo il vestito.-

Le venne da ridere.

- Sei un diavolo di ficcanaso.-

- Tu spicciati e basta.-

 

Venne fuori che Bo aveva lasciato Kryze Manor assieme alle Abiik’ade, programmando di cominciare il suo addestramento immediatamente e riprendere la sua vita normale.

Non che la vita di Bo avesse avuto alcunché di normale. Era stata in guerra praticamente dalla nascita, prima sfuggendo all’attentato a sua madre, poi sopravvivendo ad una guerra civile che l’aveva costretta a rinunciare ai suoi diritti di bambina e di giovane adolescente, fino a dover condividere la casa con un commando armato specializzato e sfuggire ai cacciatori di taglie in giardino. 

Satine capiva, dunque, quando la piccola diceva di voler tornare a fare quello che tutti i bambini della sua età avevano fatto, ovvero un anno di addestramento comune. Quello che non riusciva proprio a capire, però, era perché era voluta partire senza salutarla. Che cosa sarebbe cambiato mai, se avesse aspettato uno o due giorni al massimo? Sarebbero rimaste insieme, come erano sempre state prima della guerra, avrebbero passato una notte a spettegolare. Le avrebbe potuto raccontare di come aveva incontrato il suo Uomo delle Stelle e di quanto fosse speciale. 

Invece, Bo era partita immediatamente, e la risposta che Satine si era data era una sola. 

Bo scalpitava per tornare alla sua vita normale, che però non comprendeva più lei. 

Lei, che adesso aveva tutti i suoi doveri da Mand’alor e che, agli occhi della dodicenne, non aveva più tempo da condividere con la famiglia. Convinta che Satine l’avesse abbandonata per altri lidi, se ne era andata, abbandonando - questo sì - la sorella maggiore da sola.

Il taglio che la bambina aveva dato era stato così netto da spingerla a tentare l’evasione pure dalla sua cerimonia di incoronazione.

Satine era preoccupata per lei. Voleva ricucire il rapporto con la sorella, ma non sapeva come fare. Bo riusciva sempre a sfuggirle. 

Una parte di sé le dava pure ragione.

Non poteva dirsi del tutto innocente se non riusciva nemmeno a trovare il tempo per stare vicino alle persone che aveva accanto.

Come Obi Wan, con il quale non aveva più dormito né comunicato in modo appropriato dall’appuntamento su Krownest con Ursa Wren.

Quella sera avevano cenato tutti insieme ed erano stati bene, vicino al camino acceso, con del buon cibo e della buona ne’tra gal. Si erano divertiti a chiacchierare con il duca e con i due domestici, raccontandosi a vicenda un sacco di storie passate e molte delle loro disavventure in giro per i boschi. I due Jedi erano rimasti a bocca aperta di fronte alla quantità di oggetti, monili, beskar’gam, arazzi, tutti i cimeli e i reperti storici collezionati dentro quel maniero. 

- Ah, già, è la prima volta che entrate qui, giusto?-

- Tutto ciò che abbiamo visto, lo abbiamo visto indirettamente dalle foto di vostra figlia, duca.-

- Sono sicuro che nei prossimi giorni avrete modo di soddisfare tutta la vostra curiosità. Tutti gli inquilini di questo vecchio maniero sono ben istruiti e conoscono a menadito ogni angolo della casa. Io stesso posso farvi da guida, se non siete infastiditi dal gracchiare di questo aggeggio.- aveva commentato Kyla, indicando il monitor accanto a lui.

Satine in particolare, tra quelle chiacchiere che sapevano tanto di bei vecchi tempi passati in famiglia, era stata bene e si era sentita a casa, nonostante la delusione per il comportamento di Bo Katan.

Maryam aveva assegnato al maestro la stanza degli ospiti e al giovane padawan la stanza della ragazzina, anche se conteneva ancora tutti i suoi effetti personali. 

Obi Wan non se ne curò più di tanto. Non era solito curiosare negli oggetti degli altri e in ogni caso aveva programmato di dormire molto poco in quella stanza.  

Infatti quella notte, quando ormai Kryze Manor era sprofondata nel sonno e l’unico suono udibile era il ronzio del supporto vitale del duca, Obi Wan scivolò fuori dalla stanza e si diresse senza remore verso la porta di Satine, sulla quale bussò educatamente, salvo poi essere trascinato dentro con veemenza per il colletto dell’uniforme.

Uniforme che, in quel momento, alle prime luci dell’alba, giaceva scomposta sulla sedia della scrivania di Satine assieme alla veste da camera della ragazza, sotto una finestra che affacciava direttamente sullo splendido panorama del Suumpir Darasuum.

- Mi dispiace.- gli disse Satine, percorrendo con le dita una cicatrice sottile che gli attraversava il torace.

- Per la cicatrice?-

- No, per non averti parlato molto in questi giorni. So che dopo Concordia avresti voluto discutere con me. Non dire di no, ormai ti conosco. Quando non apprezzi quello che faccio o ti lascia perplesso ti viene una ruga qui, in mezzo alle sopracciglia.- e gli toccò la fronte nello spazio in mezzo agli occhi.

Obi Wan rimase a fissare il soffitto con aria pensosa, mentre faceva scorrere le dita dentro i suoi fili d’alba.

- Non è che non apprezzo, solo che…-

- Non ti convince?-

- Non posso fare a meno di vedere tutto quello che può andare storto nella gestione.-

Satine sospirò.

Non era stato semplice per lei fare le scelte che aveva fatto. Sapeva benissimo di non poter togliere troppa autonomia ai Vizla, altrimenti avrebbe ottenuto l’effetto contrario. Invece che guadagnarsi la loro stima, li avrebbe respinti ancora di più, facendoli sentire invasi. Sapeva anche, però, che il clan difficilmente l’avrebbe accettata anche a cose normali, per cui se non avesse messo dei paletti ben presto sarebbe andato tutto a rotoli.

Rook aveva un piano, naturalmente, che Satine aveva apprezzato fino ad un certo punto, ma quando interagisci con qualcuno con quelle potenzialità devi essere a conoscenza del fatto che su alcune cose non cederà mai.

La politica è bella quando si vince sempre, un po’ meno quando si deve fare compromessi e cedere su alcune cose che non si condividono, ma che possono portare al raggiungimento del bene comune.

Come l’autonomia di Concordia. Satine aveva sperato di trasformarla almeno in un protettorato, ma Rook era stato irremovibile. Se voleva intraprendere tutte le riforme che voleva intraprendere su Concordia senza ostacoli, la duchessa avrebbe dovuto cedere sull’autonomia. La luna sarebbe stata una regione autonoma con un suo governatore, con poteri speciali, conferiti - questo sì, l’aveva trovata d’accordo - per tenere buoni Vizla e i suoi sodali, nonché per gestire l’altra grande, importantissima innovazione che Rook aveva proposto.

Il confino.

Ancora, Satine non era una sciocca. Le carceri mandaloriane non erano sufficienti a contenere tutti i terroristi e rivoltosi, altrimenti non ci sarebbe stato posto per tutti gli altri detenuti ordinari. Inoltre, non poteva mettere in carcere un clan intero per il semplice fatto di chiamarsi Vizla, o avrebbe completamente spazzato via l’opposizione trasformando Mandalore in una vera e propria tirannia.

Quelli tra i Vizla che non avevano combinato pasticci erano dunque benvenuti, ma coloro che avevano fatto parte della Ronda della Morte, o che avevano rappresentato ufficiali di alto grado al soldo di Saxon o Vizla, sarebbero stati processati per crimini contro l’umanità. 

Il confino, dunque, era stata un’idea interessante. Secondo Rook, chi aveva intrapreso azioni pericolose contro Mandalore e contro la sicurezza nazionale doveva essere allontanato ed incarcerato al fine di mantenere l’ordinamento che Satine voleva costituire. Inoltre, c’era il bisogno di un giusto processo, da svolgersi presso il Consiglio dei Saggi, che però doveva riorganizzare le nomine e gli incarichi dopo le perdite subite nella battaglia di Bral e che avrebbe deliberato solo dopo la costituente, dal momento che le regole per tale giusto processo ancora non c’erano. 

Se avessero atteso, i tempi, però, sarebbero stati troppo lunghi, così Satine aveva deciso che i Saggi sarebbero stati una corte più che adatta a giudicare per i crimini di guerra così come stavano, tranne qualche incarico ad interim. In fondo, la Corte funzionava benissimo anche quando c’era carenza di personale, ad una condizione sola: che fosse stato nominato il Venerabile.

A quanto ne sapeva, il buon Vercopa sedeva ancora al suo posto da Venerabile in perfetta salute, anche se aveva il deambulatore per via della sciatica. 

Per trattenere i prigionieri in custodia cautelare avrebbero avuto bisogno di un posto ad hoc, magari lontano da Bral, un carcere che avrebbe permesso loro di trattenerli per il tempo necessario all’istituzione del tribunale ed infine processarli.  

Rook aveva proposto di trasformare la città di Akaan in un confino per i terroristi.

- Purtroppo, mio carissimo Ben, i difetti del piano di Rook li vedo anche io.-

E come poteva non vederli? Ce n’erano una marea. L’autonomia di Concordia era una grande cosa, ma doveva potersi fidare del governatore, altrimenti non ci sarebbe stato verso di tenerla sotto controllo e sarebbe diventata un ricettacolo per la peggior risma di guerrieri, per non parlare delle conseguenze se Akaan, oggi rifugio di un manipolo di terroristi ed infine divenuta prigione, fosse lasciata nelle mani dei suddetti terroristi, lì rinchiusi in un soggiorno a spese dello Stato, con la consapevolezza che avrebbero potuto fare quello che volevano, incluso riorganizzarsi e preparare il prossimo colpo contro quello Stato che li manteneva ad Akaan. 

Così, Satine si era impuntata sulla giusta punizione.

Se Rook voleva tenersi Concordia così com’era, che se la tenesse, ma c’erano delle condizioni a cui avrebbe dovuto piegarsi.

Innanzitutto, la pena di morte, o l’ergastolo, non avrebbero fatto parte del sistema di Mandalore, nemmeno per i terroristi. 

Satine contava di costringerli ad uscire dalla tana prima o poi, per monitorare la loro condotta. Rinchiuderli ad Akaan e buttare via la chiave era una pessima idea. Rimetterli in libertà ad un certo punto, invece, poteva avere un effetto migliore. Per funzionare, però, la sua idea doveva includere un percorso di reinserimento nella società che non fosse meramente detentivo.

Così, Satine aveva calato l’asso, consapevole che trasformare il carcere in un business avrebbe attratto l’attenzione di Rook.

Concordia aveva bisogno di essere ricostruita, non solo a livello edilizio. Il suo ambiente era disastroso, tossico, a tratti velenoso. L’acqua aveva bisogno di essere purificata, l’erba di tornare a crescere, gli alberi di tornare a produrre ossigeno respirabile. A parte i sassi, su Concordia non c’era più nulla, nemmeno il beskar, le cui miniere rischiavano l’esaurimento per l’uso massiccio che Vizla ne aveva fatto durante la guerra civile.

Questo, tra le altre cose, comportava malcontento nella popolazione civile che non aveva partecipato alla guerra in modo preponderante, e Satine sapeva che avrebbe dovuto fornire loro un’alternativa all'estrazione di minerali per continuare a mangiare, se non voleva che la cacciassero dal trono a suo di legnate. 

Akaan non avrebbe dovuto essere un luogo chiuso. Al fine di smetterla di fare i cacciatori di taglie, gli assassini e i terroristi, i prigionieri avrebbero dovuto comprendere che un altro mondo era possibile, e che non ci si viveva poi così male. Così, avrebbero riparato ai danni fatti collaborando con i cittadini alla ricostruzione. Questo implicava che i cittadini stessi avrebbero avuto incentivi per aprire attività industriali che purificassero le acque o che comprendessero la piantumazione di alberi, qualunque progetto essi avessero in mente. Satine aveva intenzione di fare della compatibilità ambientale una delle sue battaglie principali, e sapeva come fare a movimentare l’economia e a favorire il suo sviluppo.

La soluzione era relativamente semplice: detrarre le spese dalle tasse.

Lei era una Kryze, perdiana, se non sapeva riscuoterle lei, le tasse, nessun altro ci sarebbe riuscito. 

Il piano, dunque, era piuttosto semplice.

Rook voleva tenere Concordia indipendente, senza nemmeno un protettorato? 

Bene, l’avrebbe avuta, ma avrebbe dovuto rispettare una serie di regole.

Regola numero uno: Akaan, ormai disabitata e distrutta, sarebbe diventata un carcere, ma alle condizioni della duchessa.

Uno punto uno: non avrebbe offerto soggiorni a spese dello Stato a vita né si sarebbe trasformata in un’impresa di pompe funebri.

Uno punto due: avrebbe introdotto la riabilitazione dei detenuti, insegnando loro un mestiere edificante da svolgere una volta usciti dal carcere.

Uno punto tre: le industrie e le collaborazioni sarebbero state qualificate, per evitare pericolose forme di corruzione, e questo sarebbe avvenuto attraverso una delicata procedura di selezione a carattere pubblico.

Uno punto quattro: i dati degli schedati sarebbero stati consegnati al Ranov’la, al fine di effettuare dei controlli una tantum per essere certi che la riabilitazione avesse funzionato.

Regola numero due: le attività che sarebbero nate su Concordia avrebbero dovuto avere come fine primario il recupero del pianeta. Agli incentivi e alla detrazione dal fisco ci avrebbe pensato lei, mentre Rook avrebbe dovuto mettere a disposizione i finanziamenti necessari.

Aveva voluto la bicicletta? Avrebbe anche pedalato, però. 

Regola numero tre: le miniere sarebbero rimaste aperte, ma non con attività estrattiva. Non tutte, infatti, erano salubri e sicure. Concordia avrebbe dovuto accettare il nuovo Statuto dei Minatori, in cui si sancivano orari di lavoro ridotti, limiti d’età in entrata e in uscita dal mercato del lavoro per attività usurante, sgravi fiscali per le miniere che si sarebbero messe in regola con la sicurezza e con gli strumenti da assegnare ai minatori, nonché per la conversione ad impianto turistico con l’assunzione di personale locale. Solo alcune miniere, quelle messe meglio, sarebbero rimaste in attività per estrarre beskar che sarebbe stato utilizzato solo ed esclusivamente a scopo edilizio. La forgiatura di beskar’game sarebbe stata statale e fornita solo a quei ragazzi che ne avrebbero fatto richiesta.

Più di così, Satine non sapeva che altro fare.

Obi Wan, che diceva di detestare la politica, stava dimostrando con il tempo di avere grandi doti per farla. Si era accorto subito della falla in quel piano, un osso talmente grande da restare in gola persino a Satine.

Quel piano avrebbe funzionato fintantoché Rook sarebbe rimasto su Concordia, al suo posto di governatore.

Fuori da quel mandato, dunque, il piano rischiava di fallire. Un’autonomia così importante significava che il governatore avrebbe ambito a prendersi molto potere, magari anche aggirando il controllo del Mand’alor. Se una cosa del genere fosse avvenuta su Draboon o Krownest, sarebbe stato grave, ma se fosse avvenuta su Concordia avrebbe rischiato di diventare letale.

Satine lo sapeva, e sospirò mentre tracciava delicati cerchi sulla pelle del giovane padawan.

- Come pensi di fare, dunque?-

- Cinicamente?-

- Cinicamente.-

Satine si tirò su su un gomito per poterlo guardare meglio in viso. 

Le era mancata così tanto quell’intimità. Restare a contatto pelle su pelle era piacevole, lasciava soffici brividi sull’epidermide. 

Obi Wan lasciò vagare lo sguardo sulle curve scoperte di Satine, per poi concentrarsi di nuovo su di lei.

- Spero che Rook resti in carica abbastanza da permettermi di sfilargli il giochino tra le dita alla prima occasione utile, prima che degeneri.-

Gli infilò le dita tra i capelli rossi e adagiò la testa sul petto, nell’incavo del suo collo, respirando il suo profumo ed ascoltando il battito regolare del suo cuore.

Obi Wan continuò ad accarezzarla, pensoso.

- Ho paura per te.-

Satine abbozzò un sorriso.

- Lo so, mio caro Ben. Sei il mio cavaliere Jedi senza macchia e senza paura.-

Un tocco un po’ più privato e un sorriso da birba le fecero venire i brividi.

- Ed anche senza ritegno?-

Il ghigno sul volto di Obi Wan si allargò e Satine decise di abbandonarsi alle sue mani e di lasciare Rook lontano dai suoi pensieri, almeno per quella notte.

 

***

 

VOCABOLARIO MANDO’A

 

Tatug: da tatuig, ripetere,  lett. colui che ripete, pappagallo

Ne’tra briik: lett. riga nera, piccolo animale a strisce bianche e nere, puzzola.

 

NOTE DELL’AUTORE: Haran Rook è un personaggio di mia invenzione, anche se il suo clan - come la nobile casata dei Kast - fa parte dell’universo di Star Wars.

Allo stesso modo, ne fanno parte anche tutte le creature aliene che ho inserito nella storia. Il borgo di Igmur, capolavoro di integrazione, è completamente inventato, e al suo interno ho inserito alcune delle etnie più famose: i Togruti, di cui facevano parte Ahsoka Tano e la magistra Shaak Ti, i Mirialani, come la magistra Luminara Unduli e la padawan Barriss Offee, i Twi’lek, come Aayla Secura e la meravigliosa Hera Syndulla, e i celeberrimi Mon Calamari, con l’eccellente rappresentanza dell’ammiraglio Ackbar. Mi sono divertita anche ad aggiungere specie un po’ meno note, come i Phindian, e i miei preferiti, i Rishii e i Mrlissi. Entrambe specie aviarie, si differenziano nelle caratteristiche e nell’aspetto fisico. I Rishii vengono descritti come una specie aviaria senziente, carnivora, nativa del pianeta Rishi, e con una certa tendenza a ripetere tutto quello che viene loro detto. I Mrlissi, invece, sono descritti come umanoidi dalla forma di uccello, incapaci di volare, alti in media meno di un metro, e sono famosi per le loro grandi abilità di studiosi ed accademici. 

Per dare una caratterizzazione indimenticabile ad ognuno di loro, ho dovuto aggiungere particolari. Vorrei pregare chiunque segue questa storia a non riconoscersi nei difetti dei miei personaggi, anche quando questi sono fisici. Si tratta solo di espedienti narrativi e niente di più, finalizzati alla caratterizzazione del personaggio. Non vi è nessun intento di prendersi gioco delle disabilità o delle fattezze fisiche di alcuno.

In ogni caso, i nostri amici di Igmur torneranno più avanti, dando origine ad altri siparietti che permetteranno di approfondire la caratterizzazione.

Il prossimo è un capitolo cruciale, in cui inizieranno a delinearsi le circostanze che spingeranno i nostri eroi a lasciare Mandalore.

Come ho già detto, si tratta di riannodare tutti i fili e giungere, infine, alla conclusione di questa storia. 

Grazie e alla prossima,

 

Molly. 

 
  
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