Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: sissir7    24/06/2022    0 recensioni
Jimin è il rivale di sé stesso, un ballerino che ancora non mette la testa apposto, e al suo fianco c'è Jungkook, un ragazzino che ha tra le mani non solo anelli d'oro, ma tutta Seoul, e cerca di dargli ogni cosa al suo angelo, tutto quello che ha. Il destino però ha inserito in quello di Jimin anche Yoongi, il produttore più freddo e affascinante di Seoul, che in realtà ha alla spalle tenebre che Jimin, nella sua noiosa e perfetta vita, brama di assaporare.
Non si tratta di scegliere, si dice sempre Jimin, si tratta di zittire i rumori di fondo fastidiosi e monotoni per finalmente trovare l'armonia adatta alla sua anima.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Dannazione, Jimin.”
Lo poggiò al posto del passeggero nella sua auto sportiva che non passò inosservata in quel quartiere di periferia.
Entrò anche lui e lo guardò; ormai dormiva, tutto sudato e maleodorante di alcool. Jungkook sospirò preoccupato.
La sua fronte era corrugata e stringeva i pugni al volante con tanta di quella forza che dovette accostare per non sbandare.
“Kookie…?”
Jimin si strofinò gli occhi e si drizzò sul sedile in pelle, sentendo la testa girare e realizzando che era in macchina.
“Mi…sei venuto a prendere…”
“Certo che sono venuto a prenderti.”
E in realtà aveva saputo dove il suo ragazzo fosse per dei suoi informatori in giro per la città.
Informatori che non erano per Jimin, ma per altri affari.
Tuttavia, ogni tanto quando si preoccupava, con una telefonata riusciva a sapere dove fosse.
Gli porse la mano e Jimin la strinse e la baciò con qualche difficoltà.
“Mi…fa male lo stomaco.”
“Cristo, devi vomitare?”
Jimin sospirò. La sua pelle liscia si riempì di brividi e si tolse velocemente la giacca di jeans.
“Andiamo a casa.”
“Sicuro? Se guido non ti”
“Arriviamo presto.”
disse chiudendo di nuovo gli occhi.
“Arriviamo presto ti prego.”
Jungkook mise in moto senza più esitare.

L’ascensore arrivò al piano del suo appartamento e una signora li guardò di sottecchi mentre Jungkook strinse un po' d più Jimin tra le sue braccia.
Lo portava come fosse una principessa, ma di certo quella non era una favola.
Entrati, lo portò direttamente in bagno e Jimin si inginocchiò di fronte al water sperando con tutto sé stesso che quel dolore
al centro del suo corpo passasse il prima possibile.
Jungkook si inginocchiò al suo fianco, scomodo in quel pantalone stretto del completo da lavoro d’ufficio, tenendogli la fronte.
Gli mise un asciugamano introno al collo, gli diede dell’acqua, passò quasi mezz’ora ma Jimin non riusciva a vomitare.
“Jungkook, ti prego…”
“Che cazzo hai bevuto…”
“Non…mi ricordo. Ma non ti incazzare ora, aiutami.”
Jimin poggiò le mani ai lati del water e fece due respiri profondi, poi annuì.
Jungkook capì e mentre con una mano gli teneva la fronte, con l’altra gli infilò due dita in gola guardando dall’altra parte.
Appena sentì che finalmente Jimin stava vomitando tolse le dita e cercò di sostenerlo il più possibile.
Scaricò e pulì Jimin da quello schifo.
"Voglio morire…”
“Non nel mio appartamento.” Sorrisero.
“Ce la fai a farti una doccia?”
Fece di no con la testa.
“Va bene.”
rispose dolcemente mentre lo aiutò ad alzarsi e sedersi sul suo letto in quella camera che profumava di pulito,
con una vista su Seoul come poche in città.
Jimin guardava quelle luci, ascoltava quel silenzio che sapeva di protezione e sospirò.
Jungkook si tolse la maglietta, indossò un paio di pantaloni della tuta e si avvicinò a lui accarezzandogli i capelli.
“Jungkook, non ce la faccio a scopare, davvero io non-”
“Cristo, ma che dici.”
Scuoteva la testa in disappunto e anche dispiacere nel pensare che potesse pensare che volesse una cosa del genere in quel momento.
“Vieni qui.”
Jimin si alzò piano, come se fosse rotto e dovesse un attimo rincastrare i pezzi mentre si sentì uno schifo non solo fisicamente.
Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi.
Jungkook lo abbracciò.
“Ora ti svesto per metterti qualcosa di pulito e rimboccarti le coperte.”
Fece come detto mentre Jimin non disse una parola per tutto il tempo.
Una volta a letto, il moro si sedette al suo fianco cantandogli sottovoce una canzone che potesse conciliare il sonno.
“Mi dispiace Kook-ah.”
Smise di cantare e vedendo una lacrima bagnare quella guancia rimase in silenzio.
Strinse le mascelle.
“Non deve dispiacerti per me, ma per te stesso. Se volevi divertirti in quel…modo assolutamente irresponsabile, me lo potevi dire.
Conosco luoghi più adatti e sicuri in cui farlo.”
Ed era vero.
Era il ragazzo più ricco della città, conosceva cose, luoghi, che i cittadini “comuni” non conoscevano.
Una chiamata e sapeva dove rimediare una festa come si deve.
Jimin questo lo sapeva, ma era quello il problema.
Lui voleva qualcosa di più, voleva un’avventura senza lustrini e champagne.
Voleva ragazzi come lui che facevano cose immorali in un appartamento malandato in cui si stava tenendo un rave clandestino
dove ci si sentiva problematici, soli, con la voglia di svuotare la testa da tutto, con la consapevolezza di non sapere come sarebbe andata a finire.
E di certo Jimin non avrebbe immaginato di rimorchiare uno come Yoongi, con cui pensò che sarebbe andato a letto molto volentieri.
Era l’opposto di Jungkook, era un colore nuovo, e quella sera cercava esattamente quello.
Ma il suo principe è perfetto, e l’ha salvato.
Era felice di stare in quel letto con le lenzuola morbide e quel lusso, ovviamente.
Era felice di avere Jungkook nonostante il loro rapporto fosse sugellato da un contratto, perchè alla base di quel contratto in fondo l’amore c’era
ed era vero.
In realtà, non contava più nulla quel foglio firmato quasi tre anni fa perché la loro relazione era cresciuta,
si era consolidata e le loro posizioni erano naturali, erano loro stessi.
Non era più un gioco. 

Dopo colazione, una doccia e un’aspirina, Jimin si sentì rinato.
Indossava un babydoll in seta color carta da zucchero e Jungkook lo guardava come un angelo merita di essere guardato.
“Ti sta…davvero d’incanto.”
Jungkook si godette il sorriso e quel velo di rossore che baciò il volto del suo ragazzo che lo ringraziò e diede un altro morso al cornetto
che stava mangiando.
Il sole rendeva tutto bianco, candido e sul grande tavolo di cristallo c’erano pancakes, cornetti, spremute e caffè.
I camerieri e i cuochi facevano proprio un bel lavoro.
“Vieni qui.”
Jimin, che era con le gambe incrociate sul tavolo a mangiare posò il cornetto e si pulì bene le mani sotto gli occhi bramosi del moro
che a capotavola inclinò un po' la testa vedendo le dita di Jimin entrare nella sua bocca ed essere succhiate e pulite dallo zucchero
e dalla glassa al miele che ricopriva la colazione che Jimin aveva appena mangiato.
Jungkook si morse il labbro inferiore.
Il petto nudo tremò al suono bagnato che la lingua di Jimin faceva attorno alle due dita.
“Jimin, ti prego…”
Un sussurro che lo raggiunse e smise subito quella scenetta erotica, con un mezzo sorriso sulle labbra.
Si mise in ginocchio su quel tavolo di cristallo e con quel velo trasparente ad accarezzargli la pelle chiara, quei boxer in pizzo celesti
che aderivano alla sua esile vita, sembrava un angelo per davvero.
Le spalline bianche sempre in pizzo caddero dalle sue spalle al suo tocco e dopo un sorriso, il centesimo in tutto quello show mozzafiato,
iniziò a gattonare verso il suo ragazzo con delicatezza, lentamente, e un po' di paura di frantumare quel cristallo sotto di lui.
Quella paura rendeva ancora più tesa l’atmosfera, ed era bellissimo.
“Sei leggerissimo, non rompi nulla. Sbrigati.”
Non lo disse cattivo, ma sicuramente era una frase di incoraggiamento molto forte che Jimin non ascoltò affatto e continuò a gattonare piano.
Un paio di falcate ed era davanti al suo daddy, ma voleva giocare.


“Da quanto non facciamo sesso?”
Oltre il babydoll si vedeva il petto morbido di Jimin e gli occhi di Jungkook fissavano solo quello e i capezzoli che si intravedevano,
così piccoli, delicati, dolci, lo sapeva benissimo che lo erano.
Non rispose e gli pose una mano.
“Vieni qui amore.”
Stavolta lo guardò negli occhi e a Jimin mancò il fiato.
Si avvicinò e si sedette di fronte a lui su quel tavolo freddo.
“Pensavo volessi giocare un po', daddy.”
Gli mise le mani intorno al collo mentre quelle di Jungkook scesero dal petto fino a cingergli la vita.
"E' da tre anni che non è più un gioco, Jimin. Lo sai."
Fece un piccolo sorriso mentre Jimin alzò gli occhi al cielo.
"Lo so, lo so ma è da tanto che non facciamo cose strane, mi mancano. So che il nostro rapporto non si basa più sui nostri ruoli eccetera ma...
vorrei solo divertirmi di più."
La voce delicata di Jimin in realtà lo colpì come un pugno in faccia.
Jimin si rese subito conto del cambiamento d'umore del suo ragazzo, ma non si pentì di aver detto quelle cose che ultimamente
lo facevano sentire in gabbia. ù
Jungkook prese le distanze e poggiò la schiena al velluto blu della sedia.
"Capisco...Quindi, è questo il motivo per cui la sera esci e.…"
Ci fu qualche secondo di silenzio durante il quale Jimin pensò che per niente al mondo lo avrebbe rotto con delle sue scuse.
Si limitò a tenere basso lo sguardo; il disappunto e la delusione del moro di certo non gli erano indifferenti.
"Io mi preoccupo solo dei luoghi che frequenti, Jimin. Sono venuto a prenderti già tre volte nel giro di due mesi in tre dei luoghi più malfamati di Seoul, lo capisci questo vero? Capisci che potrebbero farti di tutto ed io non me lo perdonerei.
Io...sono disponibile a lasciarti libero di fare esperienze con altri ragazzi se è questo che vuoi, lo sopporterò, ma"
"Non far sembrare questa situazione solo un mio problema però. Sì, lo so, non sono stato il fidanzato perfetto negli ultimi due mesi
e dio solo sa come fai a non incazzarti come una bestia per quello che ti ho fatto e"
"E' questo il punto Jimin! Non lo fai a me, non solo a me. Lo fai a te stesso. Certo che mi incazzo ma penso prima a te, a noi.
Perchè non puoi fare lo stesso..."

Jimin rimase senza parole e anche se le aveva, non aveva più la voglia di dirle.
"Senti, tu oggi devi lavorare e anche io ho da fare con il gruppo di ballo. Possiamo prenderci queste ore per...non lo so, onestamente.
Ma non ne voglio parlare ora."
Scese dal tavolo e gli posò un bacio sulla fronte, accarezzandogli la testa.
Jungkook annuì e si preparò per le riunioni che aveva in programma.
Entrambi quel giorno sembrarono molto distratti a tutti.
Gli amici più stretti di Jimin cercarono di penetrare quell'armatura che conoscevano bene ma senza risultati.
Jungook finì nel pomeriggio e tornò in appartamento dando buca al solito appuntamento dopo il lavoro tra colleghi.
Si tolse la cravatta e la buttò sul letto insieme alla giacca mentre si versava un bicchiere di latte alla banana.
Lui l'alcool poco lo beveva.
Non che non gli piacesse, ma i ricordi legati a quel profumo non erano mai stati belli sin dall'infanzia.
"Jungkook?"
Sorrise involontariamente alla voce squillante di Jimin.
"Sono in camera." gli urlò di rimando.
"Puoi venire un attimo in salotto, per favore."
Quando lo raggiunse, rimase di pietra.
Yoongi, che nella mente di Jungkook era semplicemente il ragazzo dai capelli color menta, si guardava intorno quasi allibito per il lusso che si poteva permettere.
"Prima che tu dica qualsiasi cosa, lui è Min Yoongi, il ragazzo... dell'altra sera." S
i schiarì la voce e continuò: "è un compositore e produttore molto importante qui a Seoul."
"Perchè è qui..."
"Perchè il tuo ragazzo, caro perspicace ragazzino, è incapace di esprimere ciò che prova e ha problemi di bisogno di attenzione che tu giustamente ignori perchè, insomma, guardati intorno, pensi che uno come"
"Yoongi! Ma che cazzo dici eh?! pensi di aiutarmi così? Che ti prende!"
Jimin gli era davanti ad urlargli contro queste parole ma Yoongi lo spostò violentemente.
"Cosa cazzo credi, di poter fare quello che vuoi a casa mia?!"
Jungkook urlò, e prese Jimin per mano e lo tirò a sé.
"Voglio che se ne vada. Ora. Capito Jimin? All'istante."
"S-Scusami amore, ok? Scusami, ma dovete parlare. Lui...sa meglio di me come mi sento, ne abbiamo parlato tanto e mi ha capito così bene e ti prego, TI PREGO, parlaci.
Jungkook serrò le mascelle e mille pensieri gli bombardarono la testa.
Quell'indisponente teppista lo aveva...capito?
E come? Che ne poteva capire di un angelo come Jimin?
Che diamine potevano avere in comune quei due... 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: sissir7