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Autore: shana8998    25/06/2022    0 recensioni
Appena arrivato, in soli dieci minuti, era riuscito a fare retromarcia contro la mia cassetta delle lettere, a disseminare per il mio giardino immacolato gli incarti del fast food di cui straripava la sua auto, e per finire si era svuotato la vescica sul grosso tronco della vecchia quercia che si trovava sul prato di fronte, indirizzandomi un sorriso pigro e una scrollata di spalle, non appena si accorse di me, scandalizzata, sull'uscio di casa.
Quel ragazzo era un barbaro.
Nei quattro mesi successivi, aveva trasformato la mia vita da cartolina in un inferno. Non riuscivo a spiegarmi come potesse, un ragazzo da solo, avere un impatto tale sulla mia felicità, eppure lui ce l'aveva.
Genere: Erotico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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4.

 

L’auto di Aron aveva il suo odore e mi stava asfissiando.

Non potevo dire con certezza che quello fosse il motivo per cui mi sentivo terribilmente strana. Forse, era colpa di tutto l’alcool che avevo ingerito, o forse, più semplicemente, del fatto che avevo baciato Aron Green. Lo avevo fatto sul serio!

Che diavolo mi era saltato in testa?! Decisi all’istante che non sarebbe capitato mai più. Non avrei mai più trangugiato tutti quei bicchieri, non sarei più andata ad una festa con Gretha e non avrei mai più dato ascolto a Piper.

Dannato Piper, se non mi fossi lasciata convincere dai suoi modi gentili, non mi sarei mai trovata nell’auto di Aron, ubriaca, accaldata e con quella scena patetica di me nel bagno del Club, che si ostinava a ripresentarsi alla mia memoria.

Mi ero spogliata davanti a lui: perché diavolo lo avevo fatto?

Cercai di analizzare il motivo. In realtà, cercavo di capire il mio gesto persino mentre stava accadendo tutto.

Mi dovevo sentire proprio una pezza da piedi per decidere di fare qualcosa di così…stupido!

Scrutai Aron con la coda dell’occhio. Sembrava rilassato alla guida della sua auto, mentre la strada sfrecciava sotto gli pneumatici. Guardava dritto oltre il parabrezza, un gomito poggiato sull’estremità dello sportello e il viso poggiato sul dorso chiuso della stessa mano. Chissà a cosa stava pensando? Sicuramente non a quello che era capitato, solo poco prima, nel gabinetto lercio del locale. Credere che potesse pensare ad altro, per qualche ragione, mi consolò. Sarebbe stato meglio per entrambi dimenticarci di quanto accaduto. E quindi…

Haly dacci un taglio! Per la milionesima volta, durante quella sera, gli avevo spiato il ventre spoglio senza accorgermene.

Possibile che in una situazione tanto sgradevole, l’unica cosa che mi riuscisse bene era osservare i suoi addominali o i tanti piccoli tatuaggi sparpagliati sulla sua pelle tesa? 

Sei così affamata? Mi domandò la mia coscienza. Dovevo esserlo. Non mi era mai capitato di poter guardare un ragazzo a torso nudo, così da vicino. Specie, uno che avevo baciato!

Mi schiarii la voce. Dovevo fare in modo di distogliere la concentrazione da lui, dal suo corpo, da ciò che avevamo fatto.

Dio…che avevo fatto…

Mi strofinai i palmi delle mani un paio di volte e per la prima volta, mi resi conto di non saper cosa dire. Ero brava a cambiare discorso, ad aprirne uno dal nulla, ma quella volta mi sentivo…paralizzata. A corto d’idee e con lo stomaco contratto, decisi che non avrei dovuto parlare di frivolezze ma spiegare quanto accaduto. Aron doveva sapere che era solo colpa dell’alcool, che non c’era nulla nei miei confronti verso di lui, e che non sarebbe mai successo una seconda volta. Gli avrei posto le mie scuse e la questione si sarebbe risolta così. Certo, conoscendomi, l’indomani non sarei riuscita a guardarlo in faccia, per questo, e per tanti altri motivi più personali, era il momento di mettere in chiaro le cose. 

«Emh…», attesi che Aron rinsavisse dai suoi pensieri e preso un gran respiro proseguii. «Mi dispiace per quello che è successo in bagno. Non doveva accadere, io non sono così.» Esatto. Io non ero come le ragazze che amava portarsi a letto lui. Non ero una che si lasciava deflorare nello squallido bagno di un bar. Ero molto più dello schifo che avevo fatto quella sera.

«E credimi, ti giuro, che non accadrà mai più.» mi affrettai a concludere.

Mi sentivo così mortificata, così strana, che persino il riflesso del mio viso nello specchietto retrovisore mi sembrava appartenere a qualcun altra.

«E’ stato solo un bacio», disse più serio che mai, «le persone si baciano in continuazione. E concordo nel dire che non succederà mai più.»

Le sue parole mi ferirono all’istante. 

Non era questo che volevi? Mi domandai. Era esattamente ciò che avrebbe dovuto rispondermi, eppure, perché mi sentivo così ferita?

Insomma, avanti, ero ubriaca e lui era un bel ragazzo; era stata una lunga serata ed io avevo dato di matto, non c’era motivo per sentirsi…esattamente come mi sentivo in quel momento.

Cercai di non ripensare a quel bacio, ma sentivo ancora le sue labbra sulle mie e dopo aver ascoltato le sue parole mi sentivo, oltraggiata.

Umiliata.

Usata.

Era così stupido sentirsi in quella maniera.

«Possiamo…tenerlo per noi?», gli proposi guardando altrove.

Nonostante il fuoco dentro il mio petto, cercai di mantenere un’aria decisa. Era stato uno sbaglio e tale sarebbe rimasto. 

«Sicuramente. Non ci tengo a farlo sapere in giro.»

Ecco che tornava l’arroganza, solo che questa volta mi era sembrato persino offensivo nel modo in cui mi si era rivolto.

«Ti faccio così schifo?»

Solo poco prima gli avevo gridato contro quella domanda e lui mi aveva risposto che non era così, che io non facevo schifo, doveva essere tutto nella mia testa.

Allora perché in quel momento, seduta nella sua auto, tornavo a pensare che Aron provasse repulsione nei miei confronti?

Ma soprattutto, cosa cavolo doveva interessarmi di ciò che provava lui verso di me?

Mi innervosii.

Le innumerevoli sensazioni che stavo provando mi stavano dando alla testa. Non riuscivo più ad individuare la causa del mio stato d’animo. Sapevo di sentirmi ferita però, e questo bastava a farmi infuriare.

«Perché? Ti vergogni?», lo punzecchiai.

Aron aggrottò la fronte per quello che parve essere un millesimo di secondo.

«Hai problemi d’autostima, Evans?»

«Non tirare me in ballo. Ti ho fatto una domanda.» Avevo voglia di litigare. Adesso era palpabile.

Aron sospirò quasi con rassegnazione. Intercettò una piazzola di sosta e accostò marciando a passo d’uomo, finché, la sua auto non si fermò nel silenzio della sera, spezzandolo con il suono del suo motore.

Sentii il mio petto stringersi in una fitta fastidiosa.

Che stava facendo?

«Ascolta,» disse con il tono di voce più pacato e tranquillo che avessi mai sentito, «Eri ubriaca. E’ stato solo un bacio, nulla di ché. Non c’è motivo per cui tu te ne debba preoccupare così tanto.»

Più parlava, più la detestabile sensazione di vergogna, prepotente, si accaparrava parte di me.

Mi aspettavo di sentirgli dire qualcosa come “non mi è neanche piaciuto”, e qual punto avrei riconosciuto il vero Aron. Non quello del “ti presto la maglietta”, “ti aiuto a vomitare”, “ti bacio, ti accarezzo, ti faccio sentire come non ti sei mai sentita prima”.

«Dovevi fermarmi.» -ma non lo hai fatto. Perché non lo aveva fatto?

«E sentire ancora tutta quella tiritera sul “faccio schifo” e bla, bla, bla? No, grazie. E’ stata una serata già abbastanza pesante così.»

All’improvviso sentii gli occhi inumidirsi.

Ero davvero così fragile? Tanto che bastavano le parole di uno stronzo per distruggermi?

Serrai la mascella, mi resi conto che qualcosa stava ribollendo in me e non era solo la mortificazione.

«Oddio», afferrai di colpo la maniglia, «devo vomitare.» poi, spalancai la portiera.

«Non di nuovo…Ti prego.»

Non ebbi il tempo di rispondere, scesi e intercettata la lingua d’erba nata a bordo strada, mi liberai.

Ebbene si, quella serata si sarebbe conclusa così: con me curva accanto al guard-rail a vomitare gli innumerevoli bicchieri d’errori che avevo commesso, mentre Aron era alla guida dell’auto praticamente semi nudo. Se quello fosse stato un film comico, forse, avrei persino sorriso. Ma non era un film, era la dannata realtà.

Ci divertiremo. Maledetta Gretha, perché le avevo dato ascolto?

«Tutto bene?», domandò Aron dopo qualche minuto.

«No, non c’è nulla che va bene.», borbottai fra le labbra, mentre cercavo di pulirmi il viso con il dorso della mano.

Notando che quella risposta era arrivata solo alle mie orecchie, decise di scendere dall’auto. Quando sentii la portiera sbattare, mi dissi che, per nulla al mondo, avrei continuato a farmi sminuire, o a dargli modo di provare pietà per me, dopo quanto mi aveva detto.

«Vattene, Aron.»

Sentii la breccia sotto le sue scarpe scalpicciare fino a che non avvertii la sua presenza dietro di me.

Aron allungò le mani e mi raccolse i capelli allontanandoli dalle mie guance.

«Hai sentito? Vattene ho detto.», dissi ancora con più aggressività.

Cazzo, perché non rispondeva? Perché non trovava un modo per litigare e chiudere quella storia?

Mancavano un paio di isolati da casa mia, li avrei percorsi a piedi senza problemi.

«Va meglio?», mormorò. La voce profonda mi fece irrigidire.

«Andava meglio anche prima», mi voltai scacciando le sue mani dai miei capelli.

Non distinsi esattamente la sua espressione. Era serio, molto serio, ma anche apprensivo. Odiavo che fosse apprensivo nei miei confronti.

Si infilò la mano in tasca e tirò fuori un pacchetto di fazzoletti. Me lo porse ed attese che mi convincessi ad accettarlo.

Se avessi potuto farne a meno, lo avrei mandato al diavolo, ma ancora una volta, guardando il mio riflesso nel vetro anteriore dell’auto, mi dissi che avrei dovuto abbassare l’ascia di guerra.

Perciò, gli strappai dalle dita il pacchetto e tirai fuori un fazzoletto passandolo attorno alla bocca.

«Ti diverte, non è vero?», chiesi con rabbia. «Vedermi ridotta così…ti diverte?»

Gli occhi di Aron si allargarono a dismisura, poi tornò serio.

«Mi hai sempre trovata imbarazzante, e adesso devi ti essere veramente divertito nel vedermi ridotta in questa maniera.»

«Niente affatto.» disse serio. «Perché dovrebbe divertirmi, vederti star male?»

Feci spallucce. Perché doveva divertirlo sminuire quello che era successo tanto da farmi sentire uno schifo?

«Perché ti ha sempre divertito torturami. Ed ora-» allargai le braccia, «- accomodati pure. Hai una bella storia da raccontare.»

Aron mi fissò dritta in faccia. Assottigliai le palpebre senza rendermene conto. Avrei pagato qualsiasi somma pur di spiare i suoi pensieri in quel momento.

«Sei malata, Halanie.» 

Come prego?

«Volevo solo darti una mano e tu, invece, credi che io sia qui per deriderti. Qual è il tuo problema?»

«Non lo fai sempre? Deridermi, intendo.»

«Non è questo il caso.» Fece un passo verso di me ed io arretrai.

«Sai qual è il motivo per cui continui a fare così? Non puoi accettare di esserti lasciata andare, ecco qual è il tuo problema.»

Touché.

Se andavo bene ad analizzare tutto il contesto, forse, Aron aveva ragione.

«Anzi», disse con più convinzione, «a te spaventa proprio l’idea di lasciarti andare. L’idea che qualcuno possa giudicarti, possa pensare male di te. Ma cazzo, Haly, è stato solo un bacio, non me l’hai data in quel bagno, non è successo nulla di tutto ciò, e anche se fosse successo io non sono nessuno per poterti giudicare.»

Ah no? E quelle che si portava a letto e poi lasciava chiuse fuori casa quando rivendicavano ciò che LUI aveva fatto?

Come considerava quelle ragazze? Avventure? Poco di buono? Passatempi?

A quel punto non sapevo decidere se l'aver sminuito quel bacio, fosse stata una mossa azzeccata per Aron o se stesse camuffando il suo essere stronzo con delle belle parole.

Sospirai.

«Hai ragione.» Dissi ancor prima che potesse continuare a parlare. «Ma questo non accadrà, giusto? Perché tu non ne parlerai con nessuno e non succederà mai più.»

Quando udì le mie parole pensai di averlo visto rabbuiarsi, forse mi sbagliavo.

«Esatto. Ora possiamo andare?»

Avevo un vago presentimento: quella storia non sarebbe finita così.

Comunque annuii.

Ero distrutta e in quel preciso istante, mi resi conto che tornare a casa era l’unica cosa che desideravo.

Avrei avuto l’indomani per piangermi addosso.

Quindi montai in auto poco dopo. Per tutto il tragitto restammo in silenzio. Silenzio, rotto solo dal leggero sottofondo musicale di una stazione radio scelta a caso.

Quando, dopo circa dieci minuti, scorsi il tetto di casa mia mi sembrò di essere appena sopravvissuta ad un’apocalisse.

«Sei sicura di voler restare sola?» Mi chiese Aron accostandosi al marciapiede in procinto di casa mia.

«Si che sono sicura.» proferii seria, spalancando lo sportello.

Aron spostò lo sguardo sullo sterzo. Non sembrava tranquillo.

Be’, se si stava preoccupando di camuffare il suo caratteraccio con gesti carini, si sbagliava di grosso.

Non mi sarei più fidata di Aron Green.

«Notte.», dissi prima di chiudere lo sportello. Perché io, a differenza sua, un’educazione l’avevo ancora.

Aron sollevò il palmo di una mano ma non mi rivolse neanche un’occhiata.

 

Gretha: Dove sei finita?

Piper: Haly, che fine hai fatto? Mitch mi ha detto che ha visto te e Aron andare via dalla festa insieme.

 

Quando misi il telefono a caricare una moltitudine di messaggi da parte della combriccola di adepti della McGrennet mandò in tilt la mia casella di posta.

Non li avrei letti tutti, notai solo un paio di sms mandati da Piper e Gretha. Il fatto che leggevo di Aron e di me, anziché un “come stai” mi fece salire i nervi.

Diavolo! Ero ubriaca, mi avevano vista sparire e invece di preoccuparsi per me, loro si preoccupavano del fatto che Aron mi avesse trascinata fuori dalla festa.

In un impeto di rabbia, afferrai il cellulare e per un momento pensai di raccontare tutto quello che era successo.

Poi, il briciolo di buon senso che mi era rimasto -dato che tutto il resto lo avevo preso a calci quella sera- mi supplicò di non farlo e lo ascoltai.

Nessuno doveva sapere di quel bacio.

Primo perché Aron piaceva a Gretha più di quello che dava a vedere, secondo, perché non ci tenevo veramente a farlo sapere in giro.

Aron non era, di certo, il tipo di ragazzo che vedevo al mio fianco.

Grugnii un verso di disperazione quando per l’ennesima volta mi raccontai cosa avevo fatto in quel bagno.

L’indomani, sicuramente, avrei cercato casa altrove e avrei deciso di trasferirmi in qualche città lontana da quel posto.

   
 
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