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Autore: Francyzago77    27/06/2022    5 recensioni
Questa storia nasce come seguito de "La figlia di Georgie". Sono passati diversi anni, quelli che erano bambini sono ormai cresciuti e coltivano sogni, desideri, amori e sentimenti che s'intrecceranno con le vite dei loro genitori.
Dopo più di un anno che era nel cassetto ho deciso di pubblicare questo racconto...consiglio di leggere "Georgie il sequel" e "La figlia di Georgie" dato che questa ne è la prosecuzione.
La maggior parte dei personaggi presenti non mi appartengono, sono di proprietà di Mann Izawa. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Arthur Butman, Georgie Gerald, Maria Dangering, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Vieni Lewis – disse concitata Sophie a suo figlio che era fermo sulla porta con  lo sguardo triste – vieni con me! Andiamo a preparare la tua valigia.

Lo prese per mano ma Percy la fermò strattonandola con vigore.

-Non andrai da nessuna parte! – ordinò alterato e nervoso.

-Basta! – gridò lei – Non rimarrò più qui, addio!

E, svincolatasi, corse nella stanza del bambino.

Fu raggiunta immediatamente da suo marito che urlando la prese per un braccio:

-Dove credi di andare! Sei mia moglie e devi rimanere qui con me e non provare a portare via il bambino!

Con forza la buttò sul letto del piccolo dandole uno schiaffo sul volto.

-Non far del male alla mia mamma! – gridò Lewis avventandosi contro il padre noncurante delle conseguenze.

Percy, preso dall’odio, spinse il bambino in terra mentre Sophie urlava:

-Aiuto Eric! Vieni in casa Eric!

Lewis si alzò e scappò via dalla stanza.

Corse giù per le scale e, arrivato nel salone, uscì fuori dalla villa.

Aveva capito che Eric era lì, in soccorso.

Quando il giovane vide il ragazzino correre verso di lui scese immediatamente dal calesse, avendo intuito che la situazione si era complicata.

-Papà sta picchiando la mamma – disse il bambino mentre Eric non perdeva tempo e si dirigeva dentro l’abitazione.

Entrato in casa Eric vide Thomas e l’altra domestica che, avendo sentito il trambusto, stavano anche loro salendo le scale.

Nel corridoio trovarono Percy a terra con la camicia macchiata di sangue e Sophie che, con in mano un pugnale, era terrorizzata e spaventata.

Thomas si era messo le mani nei capelli, Dolly aveva fermato il piccolo Lewis e l’abbracciava come  per proteggerlo da quell’orrore ma Eric si gettò subito sul corpo di Percy.

Un’evidente ferita sotto la spalla sinistra, quasi all’altezza del cuore, faceva fuoriuscire sangue.

-Non c’è tempo da perdere – disse con decisione Eric mantenendo però la calma e guardando Sophie che, smarrita, diceva:

-L’ho colpito io, l’ho colpito.

Thomas, rivolgendosi a Eric, chiese:

-Corro a preparare la carrozza per portarlo in ospedale?

-No – rispose lui sicuro – è troppo distante, morirebbe durante il tragitto. Devo cercare di bloccargli il flusso del sangue, prendete delle bende o della stoffa, insomma qualcosa di simile! E nel calesse ho sempre con me la mia valigetta, fate velocemente. Non mi sembra abbia colpito il cuore e non è neppure molto profonda.    

I due domestici si precipitarono giù e fecero ciò che Eric aveva ordinato loro.

Dolly rimediò delle bende e Thomas andò a recuperare la valigetta del dottore.

In quella circostanza Eric dimostrò tutta la sua competenza ma soprattutto la vocazione di essere un medico.

Intanto Sophie, in un angolo, teneva stretto a sé Lewis che era terrorizzato.

-Dolly, portalo giù – disse ad un certo punto alla domestica riferendosi al bambino.

Thomas aiutava come poteva, passava ad Eric l’occorrente, non esitava a scendere per prendere qualcosa di utile.

Fu una notte lunga quella, interminabile.

-L’emorragia si sta fermando – fu la frase che fece tirare un sospiro di sollievo a tutti – ormai credo sia fuori pericolo.

 Lo misero sul letto, aveva perso i sensi ma era salvo.  

Eric andò a lavarsi le mani, si sciacquò la faccia, Sophie lo raggiunse.

-Mi aveva picchiata – sussurrò la giovane mentre Eric la abbracciava stretta – e aveva colpito anche Lewis. Quando il bambino è corso fuori io mi sono rifugiata nello studio, accanto alla camera. Ha capito che tu saresti arrivato allora ha preso quel pugnale che teneva nel cassetto. Io ho urlato di nuovo, uscendo nel corridoio. Credo i domestici abbiano sentito perché sono accorsi facendo rumore. Percy si è distratto e io, non so neppure come, sono riuscita a togliergli il pugnale dalla mano. E poi l’ho colpito.

Scoppiò in pianto, nuovamente.

-Si salverà – le disse piano Eric stringendola ancora a sé.

Dopo qualche istante, Sophie chiese balbettando:

-Non hai esitato a soccorrerlo, l’hai fatto per me, sarei stata un’assassina.

-L’ho fatto per me – rispose prontamente lui – sono un medico, non me lo sarei perdonato, per tutta la vita.

Tornarono in camera da letto, i domestici erano di sotto con il bambino.

Percy si era svegliato, era dolorante.

Sophie si avvicinò, lui la guardava cercando di dire qualcosa ma non ci riuscì.

-Non sforzarti a parlare – disse la ragazza – devi riposare.

Ma Percy, con voce flebile, domandò:

-Potrai mai perdonarmi, Sophie?

Lei distolse lo sguardo di scatto e fissò il pavimento, rimanendo in silenzio.

-Eric – continuò Percy – perché non mi hai lasciato morire?

Allora lui rispose:

-Sono un medico. 

Poi si avvicinò alla cugina e disse ad alta voce:

-Sophie e Lewis verranno via con me. Dirò a Thomas di preparati la carrozza e di condurti in ospedale. Lì il tuo amico direttore saprà come curarti, sei in buone mani.

E uscì dalla stanza.

Percy chiuse gli occhi come per approvare. 

Quando li riaprì fece in tempo a vedere Sophie che, sulla porta, si era voltata per dirgli addio.

  

   

 



 
   
 
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