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Autore: Faith_03    29/06/2022    0 recensioni
[Attaco dei giganti]
Celine è una giovane soldatessa della Guarnigione piena di speranze e aspettative nell'aiutare soprattutto le persone di Trost.
Levi è il soldato più forte dell'umanità con un passato alle spalle da dimenticare ma porta tutti i giorni i segni sulla pelle e anche nel carattere.
Due soldati di due legioni diverse si incontrano varie volte e dopo un incidente sulle mura riescono a stare molto a contatto e finiscono per conoscersi e anche a parlare.
Così si intrecciano le loro vite diverse e nel soldato più forte dell'umanità scatta un sentimento nuovo e mai provato fin'ora: l'amore.
Riusciranno i due soldati a stare insieme mentre fuori dalle mura il pericolo è sempre pronto a cercare di far male all'umanità?
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Quando il sole finalmente si alzò in cielo, i raggi illuminarono la stanza di Levi, che comodamente puntava verso est, e quindi era sempre uno dei primi a svegliarsi alle luci dell’alba. 

Fu così che anche Celine, aprì gli occhi, si mise seduta sul letto e si guardò intorno. Non solo non riconobbe la stanza, si accorse di vedere pure sfocato, fece per aggiustarsi gli occhiali e si accorse di averli. 

Per fortuna li vide vicino al cuscino, in quel periodo aveva ripreso ad indossare e usare quelli suoi normali, senza legaccio dietro, se li mise per osservare quel nuovo posto. 

In quel periodo inoltre teneva anche i capelli sciolti, e non sapeva ancora se avesse fatto la scelta giusta dato che le andavano sempre davanti, d'altronde da sola non riusciva a farsi la sua solita treccia. 

Si guardò in giro di nuovo e confermò che non riconosceva la stanza, non l’aveva mai vista prima. 

  - Ma dove sono finita? -

Disse più a se stessa che a qualcuno in particolare, anche se era completamente sola. 

Oppure no? 

Non si ricordava nemmeno di essere andata via, ma da dove? 

  “Ah già, il laboratorio di Zoe...” 

Mise piedi fuori dal letto e sentì il freddo pavimento, notò anche di essere scalza, le sue scarpe erano accanto a lei, vicini al letto. 

Non riusciva a mettersi gli stivali, per questo ebbe il permesso di indossare le scarpe che usava nel tempo libero, e anche gli abiti normali, erano tutti comodi e facili da mettere. 

  “Ma che strano... Non mi ricordo di essermele tolte.” 

Proprio in quel momento non si accorse di qualcuno che era appena uscito dal bagno e la stava osservando in silenzio per poi dirle in tono piatto: 

  - Buongiorno. - 

Alla voce la ragazza si voltò di scatto verso di lui, inizialmente si spaventò, dato che era ancora sul letto non poteva allontanarsi, poi col braccio in quel modo era davvero in svantaggio, quindi si mise sulla difensiva: 

  - Chi sei? - 

Mise anche la mano destra a pugno pronta a combattere, per la sinistra ci provò, ma solo il muovere le dita riprovò dolore e se ne pentì subito di averci provato. 

L'uomo non capì la sua reazione e ciò lo imbarazzò un po’, anche se non si scompose troppo: 

  - Stai tranquilla. Sono il Capitano Levi... La quattr’occhi mi ha chiesto di prendermi cura di te fino a che non ti fossi svegliata. - si sedette sulla sua poltrona davanti alla scrivania - E dato che sei qui, che ne diresti di fare anche una buona colazione?  

Così forse, oggi riesci a stare meglio al suo passo. -

Seguendolo con lo sguardo la ragazza si accorse che c’era un grande vassoio con delle cose da mangiare per colazione: due tazze bianche, fette di torte alla mela, biscotti, frutta… Una colazione veramente abbondante e stuzzicante, soprattutto per una che non aveva nemmeno mangiato la sera prima. 

Ritornò però ad osservare il “Capitano Levi”, finalmente, a mente più lucida e sveglia, lo riconobbe all’istante: 

  - Aspetta, io mi ricordo di te... Mi hai dato della mocciosa tempo fa. Tu sei quello stesso Levi... Quello che quella ragazza dai capelli rossi ha chiamato fratellone. -
Ricordandosi di quel momento, e soprattutto di Isabel, il ragazzo si rabbuiò un po’, abbassò lo sguardo e poi le rivolse ancora la parola.  

  - Esatto. Anch’io mi ricordo di te. -

Lei non si mosse dalla sua posizione. 

Si ricordò anche di aver sentito la sua voce sulle mura dopo che aveva ripreso i sensi per via del getto di vapore, era lui il suo soccorritore... Colui che la portò all’infermeria del loro quartier generale. 

  - Perché mi hai portato qui? -

Si piegò, senza mai distogliere lo sguardo da lui, per poter indossare le scarpe, anche in questo caso la sua unica via di fuga era sempre la porta, che stava dall’altra parte della stanza, anch'essa chiusa, sperando non a chiave. 

  - Perché stanotte ti sei addormentata mentre aiutavi la quattr'occhi in laboratorio... Per tua fortuna ha trovato un fattorino pronto per portarti a nanna. -

Questa notizia la confuse alquanto ma avrebbe spiegato molte cose, indossate a fatica le scarpe non abbandonò la posizione di difesa anche quando si alzò e si avvicinò a muro: 

  - Dov’è la signorina Hanji, ora? -

  “Anche se non è presente la chiama in modo rispettoso.” 

Pensò Levi per poi rispondere: 

  - Molto probabilmente, e mi auguro per tutti noi, sia ancora nella sua stanza a dormire. -

Celine non gli tolse gli occhi di dosso, lo conosceva solo da quella volta dello scontro avvenuto tempo fa e l’era bastato per capire che ci doveva stare lontana da persone come lui, se era veramente un principe o un nobile.  

La sciarpina era ancora legata al collo. 

Anche se un punto a favore suo poteva darglielo, l’aveva soccorsa due volte. 

  - Perché non mi avete svegliato? Dovevo tornare alla mia base. - 

Per nulla impressionato, anzi forse agli occhi di lei poteva sembrare superficiale dato che continuava a guardarla in modo strano, anche se solo lui poteva dire il contrario, l’uomo rispose: 

  - Non le sembrava il caso... E neanche a me. -

Quella frase la stupì. 

  “Non gli sembrava il caso?” 

Si sentiva un po’ offesa dalla sua frase. 

La scelta di passare la convalescenza nell’esercito era sua, non era una bambina a cui dovevano dire cosa fare e decidere per lei, lo poteva dimostrare: 

  - Non erano questi i patti presi con i Comandanti Pixis ed Erwin. - 

Cercò di sembrare più sicura anche se era in una stanza non sua ed in compagnia di un estraneo: 

  - Lo so che sei della Guarnigione. Ma sta tranquilla anche su questo, nessuno è venuta a reclamarti in piena notte, sicuramente si saranno addormentati anche loro per il troppo alcool.  

Come al solito. -

Dalle sue parole a Celine sembrò un soldato troppo sicuro di sé, non si era di certo scordata il loro primo scontro, infatti prese le sue parole come una provocazione bella e buona, l’ennesima, e di certo non ci sarebbe cascata. 

  - Di chi è questa camera? -

Infatti cambiò argomento. 

Lui stava già sorseggiando qualcosa tenendo la tazza nel suo personale modo, sennò rischiava di raffreddarsi, la ragazza si accorse anche di quello e le sembrò ancora più strano.  

Levi invece continuava a seguirla con lo sguardo che sembrava ancora più impassibile: 

  - Prova ad indovinare. Ci sono io, sei ancora al quartier generale della Legione Esplorativa, ieri notte ti sei addormentata nel laboratorio di Hanji. Sarà mia, o no? -

Anche quest’ultima sua frase detta così sembrava un’istigazione alle orecchie della ragazza, che l’aiutò a capire meglio la situazione: 

  - Ho dormito sul tuo letto?- 

  - Ovvio, non potevo farti dormire per terra, non con quel braccio. - 

  - Ma tu dove hai dormito allora? - 

  - Dove sto seduto ora. - 

A quelle parole Celine trovava quel ragazzo incredibile. 

Aveva visto dei suoi compagni dormire seduti dopo una lunga bevuta, almeno smaltivano in quel modo la solita sbronza, ma mai l’era capitato di vedere con i suoi occhi chi lo faceva di sua spontanea volontà. 

   - Rilassati – le disse sempre lui vedendola così sulla difensiva - È una mia abitudine dormire seduto. Basta che in un paio d’ore riesco a recuperare le piene forze, proprio come devi fare tu ora dato che devi affrontare un’altra giornata con Hanji. 

E stavolta dille se hai fame, sete, o devi andare in bagno. - 

In effetti aveva ragione, per non disturbare i pensieri e gli studi di Zoe, non le aveva detto né che aveva fame, né che stava morendo dal sonno ed era stanca. 

Almeno in bagno era riuscita ad andarci, e non aveva pensato più nemmeno a scappare. 

Comunque sia in quel momento il suo stomaco si destò e reagì in modo alquanto prepotente facendole mettere una mano sulla pancia. 

  - Visto? - il suo gorgoglio lo sentì persino l’uomo che era poco distante da lei – Dai vieni. Non ti mordo. -

E bevve un altro sorso. 

Mossa più dalla fame che dal suo attacco di cortesia, si avvicinò e si sedette sulla sedia libera davanti a lui, tra le varie cose che poteva scegliere prese la tazza coperta con un piattino. 

Anche questa cosa non l’aveva mai vista, però intuì subito il motivo, era per evitare che il vapore della bevanda si perdesse ed il liquido si raffreddasse, in questo modo si riscaldava con il vapore suo. 

  - Non dovevi disturbarti tanto. Ti ho anche rubato il letto. - 

  - Tanto è rimasto qui, non te lo sei portato via. E anche se lo avessi fatto non ci dormo. Ripeto. È forse anche per questo che risulto scorbutico a tutti. - 

Questa sua frase non sembrava tanto una provocazione, forse un tentativo di fare una battuta di cui nemmeno l’ideatore rideva. 

Celine fece un sorriso che durò solo cinque secondi e poi prese la tazza davanti a lei, sollevò il piattino, annusò la bevanda e la riconobbe all’istante. 

La sua fortuna era che, essendo nata e cresciuta in un ambiente in cui si trovava e vendeva ogni tipologia di the, tisane ed infusi, aveva anche imparato a riconoscerle, questa volta fu una delle tante. 

  - The nero.- 

Lo disse più a se stessa ad alta voce, non voleva di certo impressionarlo, ma l'uomo la guardò sorpreso, era una delle rare volte in cui qualcuno riusciva a colpirlo. 

  - Esatto. Te ne intendi? - 

Bevendone un sorso continuò a dire tra sé e sé che non voleva sorprenderlo, non era un suo superiore. 

  “Devo però ammettere che è stato gentile.” 

  - Diciamo di sì. E preferisco prenderlo pure io alla mattina. Non tutti quelli della Guarnigione bevono vino appena svegli. - 

Anche se cercava di starci lontana, riusciva a dire sempre qualcosa in più, non sapeva come lui riuscisse a farla parlare. 

Oppure era lei che ne aveva bisogno? 

Poi, strano ma vero, anche lui decise si aprirsi un po’: 

  - E meno male. Finalmente sono stato fortunato ad aver incontrato l’eccezione che conferma la regola. 

Questo ti fa onore e ti rende diversa.- 

Con queste parole la ragazza era più sorpresa di lui che gliele aveva appena riferite.  

  “Che aveva detto la signorina Zoe a riguardo?” 

Da come se lo ricordava, caratterialmente, sembravano essere passati secoli e non anni.  

Lei ora ne aveva ventiquattro ma poteva sembrare che ne avesse ancora diciotto, era molto giovane e anche il suo viso ed i suoi occhi aiutavano a renderla così. 

Sembravano quelli di una ragazza che ancora doveva scoprire le vere cattiverie del mondo, ed invece era un soldato. 

Quando assaggiò la bevanda calda, meno male che non si ustionò le labbra o il palato.  

Era facilmente bevibile, subito le tornò in mente casa sua. 

  - L’esercito non è come me lo aspettavo... - 

  - No? - 

Ormai era in ballo. 

  - No. Pensavo che i soldati della Guarnigione aiutassero le persone in difficoltà. 

Ho scelto questo apposta questa legione... E invece ho trovato solo soldati che bevono e ridono dalla mattina alla sera.  

Eppure anche chi lo è da più tempo di me dice di aver visto le cose più brutte di questo mondo, per questo decidono di bere.  

Lo fanno per dimenticare. 

Io questo non lo capisco. 

Poi ci siete voi che uscite dalle mura e tornate sempre di meno. 

Come fate?  

Non avete paura? - 

Levi ascoltò con attenzione le parole del soldato non solo per cortesia, ma anche perché sembrava veramente interessato ai suoi pensieri. 

Per una volta nella sua vita poi. 

Non sapeva perché ma l’aveva colpita, e questa volta non in senso fisico andandogli di nuovo addosso, anche qualcosa in lui sembrò cambiare: 

  - Beh, ovvio... Ma se non ci allenassimo per questo, chissà quanti nemici ne approfitterebbero, e non solo i giganti. 

Voi cercate di mantenere il controllo dentro le mura, noi invece vi proteggiamo oltre. 

Esistono pure giganti di classe molto piccola, se entrano quelli è finita. Sarebbe un guaio per chi non li sa combattere. 

Per quanto riguarda te, confermo ciò che ho detto prima, sei diversa da quella massa di perdigiorno. 

Sei anche troppo in gamba per quel corpo militare.  

Persegui scopi nobili e spero che questa esperienza di scelta non sia troppo dura da dover affrontare con la realtà. - 

L'intento di Levi non era solo quello di farle un complimento, ma anche darle ragioni in più per essere diversa, era una specie di sprono a continuare e a non cadere nelle varie tentazioni che spesso circondano e annebbiano qualunque essere umano.  

E lui queste cose le sapeva anche troppo bene. 

Solo allora Celine prese le sue parole come un piccolo complimento ed un vero approccio verso di lei. 

Non sembrava male come persona, se era veramente cambiato in sei anni a questa parte, inoltre sperava si ricordasse che le doveva delle scuse per quella “mocciosa”, dato che se lo era ricordato pure lui prima. 

  - Quello che volevo dire Celine, giusto? Ti chiami così? - dopo aver bevuto un altro sorso di the alla sua maniera, la ragazza annuì guardandolo per seguire il suo discorso – Continua a seguire il tuo istinto, se è il cuore che ti guida. 

Non avere ripensamenti e non pensare mai che potevi fare di meglio. 

Essere soldati ti spinge a pensare in fretta. A volte devi saper scegliere tra cos’è giusto e cosa non lo è. 

Le conseguenze poi sono sempre dietro l’angolo in qualunque caso. 

Pure io ho sbagliato molte volte e se dovessi tornare indietro non le rifarei... Ma io non sono un caso da tenere in considerazione. - 

Dopo queste sue parole la ragazza non sapeva davvero a cosa pensare. 

Aveva ancora in mente sia le parole di Hanji che i due tipi di Levi: quello che aveva conosciuto sei anni fa poteva essere un'altra persona, e ora invece eccolo così. 

“Sembra di aver visto le due facce di una stessa medaglia. 

Ma chi era questo Levi? 

Chi era questo capitano tanto rude e scorbutico ma, allo stesso tempo, eroe dell’umanità?” 

Continuò a guardarlo dritto negli occhi, erano ancora come li aveva visti la prima volta: color del più freddo dei ghiacci, anche se ora le sue parole sembravano calde e sincere. 

Si sentì in dovere di ringraziarlo e non solo per i loro discorsi: 

  - Grazie... - 

Per Levi quella parola era come sentire un qualcosa di raro. 

Aveva ragione a pensare che lei fosse diversa, lo si vedeva da lontano che era ancora troppo inesperta per il ruolo che aveva scelto di svolgere nella sua vita. 

Sperò che né la corruzione, né tanto meno altre persone maligne, in futuro, sarebbero riuscite a plagiarla e a farle cambiare direzione. 

Cosa che poteva succedere anche a lui, per fortuna, grazie all’aiuto di Erwin e Zoe, dopo il primo periodo in cui aveva perso Furlan e Isabel, non accadde. 

Al contrario Hanji soprattutto, fu di grande aiuto per lui. 

Ricordava ancora quel discorso nella camera, se non voleva stare da solo tutta la vita, doveva provare a parlare in modo gentile con altre persone, senza giudicarle alla prima apparenza, e ai loro primi sbagli che capitava di fare. 

Dal primo incontro con Celine gli erano rimasti impressi i suoi profondi occhi, anche se erano spaventati. 

Levi non ci avrebbe mai scommesso su un altro incontro con lei. 

Due eserciti diversi, due posti in cui risiedere, anche distanti tra loro, più di mille soldati differenti che poteva incontrare ogni giorno, ed ora eccoli di nuovo lì insieme a parlare, questa volta in modo normale. 

Celine stavolta prese coraggio: 

  - Queste parole... Le aspettavo da molto tempo. Ho trovato solo persone che mi hanno guardato con paura o pietà, e anche superficialità, solo perché ho scelto di arruolarmi. 

Per non parlare poi delle volte in cui sono stata derisa. 

Piccola di statura come sono, come posso io aiutare le persone? 

Eppure è quello che voglio fare.  

Solo lei. - sì, dava a Levi del lei - Mi ha aiutato a capire che, forse, non sono stata così incosciente. 

E... Anche un’altra persona mi ha dato parole incoraggianti per questa mia scelta. - 

Al solo pensiero sia dell'amato fratello e sia del fatto che era ancora disperso, una lacrima traditrice le uscì da uno dei due occhi. 

Questo momento confermò di più il pensiero del capitano, ancora non conosceva la cattiveria vera, quella che cambia le persone da dentro. 

  "Forse, più che dirle di continuare, dovrei spingerla pure io ad abbandonare questi suoi pensieri da bambina e andarsene prima che sia troppo tardi. 

È meglio per lei ma... Non ce la faccio.” 

Ed era vero, più il capitano cercava di dirle di abbandonare questo ruolo ed il suo progetto, più invece riusciva a frenare la sua lingua. 

Mai era successa una cosa del genere nella sua vita, poi notò la sua lacrima. 

Capì solo da quella che c’erano persone vere, sincere con puri sentimenti. 

  - Tyron? - 

Azzardò a dire quel nome, la reazione della ragazza divenne stupita, lui confermò ancora di aver indovinato qualcosa di lei. 

  - Ma come lo conosce? - 

  - Lo hai chiamato nel sonno. Probabilmente stavi facendo un incubo e chiamavi questa persona. Dev'essere una davvero importante. - 

Anche per questo Levi preferiva dormire su una sedia invece che su un letto, faceva sogni inquietanti, incubi in cui rivedeva la morte dei suoi compagni e anche i suoi cari amici. 

Oppure sognava di cadere nel vuoto, questo in particolare gli causava molta ansia durante la notte e tutto il giorno successivo, poi per caso scoprì questa nuova posizione per dormire alquanto strana ma molto efficace, anche se la durata del suo sonno non era mai tanta. 

E poi, c’era un’altra cosa che non voleva dire a nessuno, nemmeno a se stesso, da quando era bambino aveva associato il letto alla morte perché, una delle persone che aveva visto in quelle condizioni, era stata sua madre. 

Gli bastava vedere un letto per stare male, nonostante fosse passato molto tempo, quel mobile gli ricordava la persona che lo aveva messo al mondo, ed era stata anche la prima ad averlo abbandonato in quella stanza sottoterra.   

Questo non lo aveva mai detto a nessuno. 

  - Se avessi iniziato a gridare ti avrei svegliato, ma ti sei calmata dopo un po’. -

Stranamente era curioso di sapere chi fosse questa persona, questo Tyron, sapeva che nell’esercito era vietato, dalla parte femminile almeno, avere un compagno ed essere allo stesso tempo un soldato.  

Perché? 

Ovvio, avere un fidanzato significava sposarsi, sposarsi portava ad avere dei figli, e quindi la donna o doveva pensare a combattere per la patria, oppure fare la madre. 

Molte però erano le donne che si erano arruolate e non avevano né compagni e né prole e ovviamente, se capitava di trovare qualcuno mentre erano dentro l’esercito, era difficile togliere la divisa della propria legione di appartenenza e uscirne. 

Molte regole e divieti legavano le persone all’esercito. 

Riguardo alla ragazza che le stava davanti era solo molto curioso, anche se riusciva a non darlo a vedere. 

Era bravissimo a nascondere le proprie emozioni, soprattutto davanti ai suoi sottoposti. 

Mentre aspettava, vide che Celine si mise una mano sul viso e iniziò a parlare da sola: 

  - Allora le mie compagne avevano ragione... Che vergogna... - 

  - Non ti preoccupare, tutti hanno gli incubi. - lui compreso ma non lo disse – Non è successo nulla di grave. - 

Alle parole di Levi la ragazza lo guardò con gli occhi lucidi: 

  - Incubi dici? Tutti hanno degli incubi in cui si vede il proprio fratello bloccato in un paese che nemmeno conosce perché si è ammalato? - 

  “Ecco! È il fratello.” 

E anche questa curiosità riuscì a concluderla con facilità. 

Sapeva ancora persuadere bene, nonostante non lo facesse da anni e non era più nemmeno nella città sotterranea, ovviamente queste erano le maniere buone, la maggior parte delle volte passava direttamente alle cattive. 

Averlo, però, scoperto in questa maniera provò dentro di lui un senso di tristezza per lei. 

Era figlio unico per quel che ne sapeva, le uniche persone che aveva considerato tali da essere chiamati con quel nome erano sempre stati Furlan ed Isabel. 

Poi tutti gli altri da lui erano considerati sottoposti o estranei. 

Chissà cosa significava avere davvero una famiglia unita. 

  - Mi dispiace. – e lo pensava davvero – Anche tra i miei cadetti c’è chi ha perso un fratello a causa dei giganti, chi anche i genitori e, in un caso che ho vicino, anche un nonno. 

Purtroppo i giganti non sono nemici con cui riesci ad avere un rapporto. 

Sono stupidi e se non li attacchi tu rischi di essere mangiato. 

Non pensano, e noi dobbiamo agire di conseguenza. - 

  - Ma non ci sono solo loro come nemici principali, l'ha detto prima anche lei. - 

  “Ha ragione.” 

Pensò sempre Levi, e lui era stato uno di quelli da evitare come la peste. 

Era la dimostrazione fatta a persona che c’erano persone cattive, lui lo aveva fatto in passato per essere rispettato e per difesa personale. 

Con il titolo di soldato prima e capitano poi era cambiato tutto. 

Persone considerate buone erano Erwin, Zoe e molti altri, tutte attorno a lui che gli avevano fatto cambiare idea anche su se stesso. 

Levi e molti altri soldati avevano perso molte persone importanti sia mentre tentavano di affrontare i giganti e sia mentre cercavano di scappare. 

Ne aveva anche visti morti altri quattro nei giorni scorsi, e lui ancora una volta era lì. 

Mentre erano immersi in un malinconico silenzio, qualcuno di esterno alla stanza, bussò in modo alquanto forte alla porta della stanza dell'uomo chiamandolo anche a gran voce: 

  - LEVI!!! - 

Le reazioni dei due soldati furono differenti ma entrambi, inizialmente, saltarono sul posto.  

Celine si era messa una mano sul cuore, meno male che aveva le mani libere dalla tazza, di tutto si aspettava tranne che qualcuno bussasse in questa maniera. 

Levi invece, come già fece in laboratorio, alzò lo sguardo verso l’alto e sembrava anche molto scocciato anzi, per una volta non si espresse nemmeno con parolacce rivolte a chi stava dietro alla porta. 

Tutto questo per evitare di mettere più a disagio l’ospite. 

Si limitò solo a dire: 

  - Ma che diamine... - 

Raggiunse la porta, non gli serviva indovinare la fonte di questo brusco modo di chiamarlo all’attenzione.  

C'era una sola persona che poteva gridare in quel modo a quell’ora del mattino, infatti lo confermò appena aprì la porta: 

  - Buongiorno! - era allegrissima – La mia assistente è ancora viva? - 

  - Tu non hai proprio mezzi freni, quattr’occhi. - 

La sua frase risultò poco simpatica a Levi, era lei che la sera prima l’aveva fatta addormentare sugli appunti, e anche fatto saltare la cena. 

Poi da sola la caposquadra notò la presenza di Celine che stava facendo colazione, questa immagine la tranquillizzò moltissimo, quasi non ci aveva dormito la notte tanto si era sentita in colpa per aver dato più concentrazione, ed interesse, alla sua ricerca. 

  - Celine, cara. - disse da fuori la stanza – Perdonami per ieri sera. 

Come hai fatto a dormire a stomaco vuoto, senza lamentarti? -  

Dato che nella Guarnigione aveva imparato a gestire bene il cibo che veniva dato loro durante il giorno, anche se a volte capitava che preferiva lasciare qualcosa agli altri perché sembravano più affamati di lei, si era abituata a mangiare di meno, per questo si saziava molto col the. 

  - Non fa niente, signorina Hanji. -

Giunse ancora le mani in segno di preghiera: 

  - Non dire in giro che ho combinato. - 

Questa volta fu il capitano a rispondere al posto suo, prima però sospirò come se fosse innervosito o spazientito: 

  - Sono sicuro che non abbia alcun interesse a sputtanarti così. È una brava persona la contrario di altre. - e guardò la caposquadra con lo sguardo storto - È anche molto composta, non come te. - 

Entrambe le ragazze rimasero di sasso per le sue parole. 

  - Se hai ancora bisogno di lei, lascia che almeno finisca la sua colazione, e mi raccomando, sta più attenta ai suoi bisogni. 

Nessuno è strano come te. -

Terminò così il suo intervento. 

Celine non sembrava avere più dubbi, il Levi di adesso era uno diverso dalla prima volta, questo gli faceva veramente molto onore, allora chiunque poteva cambiare, persino i principi. 

  - Questo lo avevo già capito da sola, Levi. – stavolta fu Zoe a parlare – E per quanto ti riguarda, nessuno è anche diffidente come te. - 

  - Io? Diffidente? - Levi sospirò di nuovo e mise due dita vicino al setto nasale, chiudendo anche gli occhi – Mi fido solo di chi mi devo fidare, e stranamente tu sei tra quelli, anche se non te lo dico mai. 

Non farmi cambiare idea dopo ieri, vacci piano con la ragazza della Guarnigione. Credo che sia stremata da te dopo ieri, e presumo anche spaventata da me.>> 

  - Che hai combinato? - 

Si allarmò subito, la donna alta sapeva dei suoi modi bruschi, che li abbia fatti conoscere anche lei? 

Fu Celine a rispondere: 

  - Niente, signorina Hanji, niente. - 

La domanda non aveva rivolta la domanda alla ragazza, che di certo non sapeva nulla, ma a lui, infatti divenne seria di colpo, incrociò le braccia e assunse anche un tono più responsabile e deciso: 

  - Che hai combinato? -

  - Abbiamo solo parlato un po’ non ti allarmare, e a quanto pare sono lieto di essermi sbagliato sulla Guarnigione. 

Però, di nuovo te lo ricordo quattr'occhi, vacci piano con lei 

Per me invece è arrivato il momento di dare la sveglia ai cadetti. - passò un dito sul pomello della porta controllando la patina che gli era rimasta sulle dita - È giorno di pulizie. -

Ed ecco anche il Levi delle pulizie che intendeva la caposquadra proprio il giorno prima.  

Era la prima volta che Celine notava questo comportamento in un uomo che non fosse della sua famiglia, i suoi colleghi erano tutti l’esatto contrario e sporcavano ovunque, anche solo guardando un qualcosa con gli occhi. 

Oltre a lei, Celine aveva davvero trovato poche persone diverse nell’esercito, e questo capitano era uno di quelli. 

  - Benissimo allora. - Zoe ritornò ad essere allegra di botto e mise le mani sulle spalle di Levi – Tu vai a svegliare i cadetti. - con una mossa si cambiarono di posto in un secondo – Io invece sto qui con Celine. -

Quel gesto fece sbalordire la ragazza, poi riuscì a sorridere con sincerità e tranquillità, peccato che non vide la reazione dell’uomo dopo il contatto con le mani di Hanji: si passò le sue sulle spalle pulendosele con un’espressione infastidita sul viso. 

Zoe sapeva che odiava il contatto fisico e non ci stava per niente attenta in alcuni casi, poi si trattava della quattr’occhi che per via degli studi si dimenticava persino di lavarsi i capelli, meno male che interveniva spesso il capitano. 

  - E non ti preoccupare non toccheremo, e soprattutto, non sporcheremo nulla nella tua stanza. - 

  - Ecco, questo mi rassicura di più.  

Anche i cadetti sanno che se non si svegliano al suono della campana non avranno il vitto. - prima di incamminarsi rivolse un ultimo consiglio al soldato della Guarnigione – Mi auguro che il tuo soggiorno qui non sia troppo faticoso. E dì pure tu a questa quattr'occhi di merda di fermarsi se hai bisogno. - 

Celine bevve il suo ultimo sorso di the e rispose poi: 

  - Va bene. Grazie. - 

  - Tranquillo Levi, non accadrà più un errore del genere. - 

Rassicurò di nuovo Zoe per evitare altre sgridate davanti a lei. 

Hanji aveva il grado più alto di Levi, era lui a doverle rispetto e non parlarle in questo modo. 

Una volta, e finalmente sole, la donna si scusò di nuovo con Celine: 

  - Perdonami. Perdonami. Perdonami. - 

La giovane ridacchiò ancora per i suoi modi buffi: 

  - Va tutto bene signorina Hanji. Non è colpa sua. - 

  - Ah, che sollievo. - 

Finita la colazione, anche insieme alla caposquadra, Hanji prese il vassoio con tazze e piatti vuoti e, prima di recarsi al laboratorio, passarono dalle cucine per lasciare il tutto. 

Ovviamente, durante il tragitto non mancarono le chiacchiere tra le due donne: 

  - Dimmi la verità, davvero non ti ha fatto nulla di strano? - 

Chiese Hanji: 

  - Sì, non è successo nulla. Ma perché me lo chiede? - 

Rischiava di spaventarsi così, e dopo tutto quello che era successo sia con lei che con lui, aveva paura di non aver colto dei segnali di pericolo nell'aria.  

  - Per quello che ti ho detto ieri. Vedi, Levi è una persona col carattere molto particolare. Lo hai notato pure tu che sguardo ha per la maggior parte del tempo, no? - 

  - Sì, ma perché mi sta avvisando ora? -  

La caposquadra fece un sospiro profondo e parlò con voce seria: 

  - Perché ieri sera ero troppo impegnata con i miei studi. - si giustificò - In poche parole, io conosco in parte la sua storia personale. Non è diventato un soldato per sua scelta, ma una volta dentro ha perso le due persone più care a lui, i suoi amici. E poi ha iniziato a perdere anche i suoi cadetti e soldati... Ma questa vita è migliore rispetto a quella che faceva prima. - 

Celine ascoltò anche lei con molta attenzione senza interromperla, nemmeno negli attimi di pausa. 

  - Con me è riuscito ad aprirsi dopo molto tempo che era entrato nella squadra di Erwin. E da solo sta affrontando pericoli e dolori che a volte sono troppo grandi anche per lui. - 

  “Povero Levi.” 

Riuscì a pensare subito il soldato della Guarnigione.  

Mai avrebbe immaginato una cosa del genere dietro agli occhi freddi di una persona come il capitano della Legione Esplorativa.  

  - Non posso dirti io la sua storia. - continuò la caposquadra – Dato che se siete riusciti ad avere una conversazione civile, aggiungo senza farvi del male, spero che piano piano te ne parlerà lui di sua spontanea volontà. 

È sempre chiuso in se stesso, magari una persona esterna a quelle che vede lui di solito, come te per esempio, potrebbe essere positivo per lui. - 

  “Un soldato che non muoia subito dopo.” 

Pensò Zoe mentre sperava con tutto il cuore che questa sua teoria potesse almeno funzionare. 

Se una pensava in modo fiducioso l’altra, che era Celine, non sapeva in che senso glielo stava dicendo. 

In che modo conoscere una persona come lei doveva essere una cosa positiva per uno come Levi? 

L’uomo era il capitato più forte dell’umanità, in aggiunta anche un nobile, e lei un semplice soldato. 

Erano riusciti ad incontrarsi solo due volte in sei anni, ma per quanto la riguardava, in effetti, non potendo uscire dalle mura a combattere i giganti, Celine era più propensa a sopravvivere, e ci era riuscita bene anche quella volta dell’attacco a Trost. 

Non che la cosa la facesse sentire meglio. 

Lei voleva solo aiutare le persone, non come i suoi compagni che bevevano dalla mattina alla sera, anche se l’unica volta che aveva aiutato qualcuno era stata punita, e questa volta pure l'era successo qualcosa di brutto. 

  - E comunque ripeto, mi sorprende il fatto che sei riuscita ad avere una conversazione tranquilla, questo è già un bel passo avanti per lui che non riesce mai a fidarsi di qualcuno, e di questi tempi fa anche bene. 

Deve anche capire da solo che non esiste solo il lavoro. 

Può fare qualcosa di diverso come, e con chi desidera, ogni volta che si sente esplodere, anche ogni volta che non vuole essere considerato come il soldato dell’umanità. 

Deve ricordarsi che anche lui è una persona. 

È un uomo con le sue fragilità e i suoi limiti, altrimenti rischia di perdere anche se stesso. - 

Mentre le due ragazze erano intente a parlare, il diretto interessato avvertì un’altra sensazione mai sentita in vita sua: un forte mal di testa che lo fece fermare nel corridoio che portava alle stanze dei cadetti, lo fece soffrire per poco ma bastò per chiedersi cos’era.

   
 
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