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Autore: MrsShepherd    30/06/2022    1 recensioni
Santana e Brittany hanno 35 anni. Santana vive a New York, con Rachel, Kurt e Blaine. Brittany vive in Ohio e ha aperto una scuola di danza con alcuni ex compagni del Glee club. A tenerle unite è la loro figlia Riley, che in questa storia sarà il filo conduttore che porterà le due donne a riavvicinarsi inevitabilmente e a chiarire ciò che dodici anni prima era rimasto sospeso.
Ogni capitolo porterà il titolo di una canzone eseguita dai protagonisti della serie tv. Il testo di ogni canzone rispecchierà il contenuto del capitolo.
Spero che questa fanfiction incentrata su Brittana possa appassionarvi quanto ha appassionato (e sta appassionando) me mentre la scrivo.
Un pensiero va' inevitabilmente a Naya Rivera, che ovunque si trovi, mi ha ispirato a scrivere questa storia.
Buona lettura!
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Brittany Pierce, Nuovo personaggio, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 11: Defying Gravity
<< Riley! Ha detto la mamma che tra cinque minuti e si esce.>>
<< Mamma sono al PC con Bette e Finn!>>
<< Salutali e poi mettiti giacca e scarpe.>> Santana fece irruzione nella camera della figlia, tenendo in mano un paio di anfibi rossi lucidi.
<< Per favore! È una conversazione privata!>> gridò la bambina spingendo la mora fuori dalla stanza. << Dovrò mettere una chiave anche qui a Lima adesso…>>
<< Non ti servirà.>> disse sicura Bette: << Non rimarrai per tanto in Ohio.>>
Finnegan alzò gli occhi al cielo: << Ci risiamo…Riley, questa qua ha una teoria folle.>>
<< Che sarebbe?>> chiese Riley speranzosa.
<< Secondo Bette quella di farti passare l’anno in Ohio è tutta una balla che tu madre ha inventato per metterti paura.>>
<< O perché voleva vedere tua madre.>> concluse la ragazzina dai capelli chiari.
Riley scosse la testa: << è una bella teoria…ma non so se sta in piedi. Punto primo, se fosse come dici tu perché mi avrebbe fatto portare una valanga di vestiti qui?>>
<< Magari sono brutti e vuole sbarazzarsene…>> disse la ragazzina solo per vedere la faccia di Finnegan ad una motivazione così assurda.
<< Punto due...>> continuò Riley spenta: << Mi ha già iscritta a scuola.>>
<< Ecco vedi?>> la rimbeccò Finnegan agitando un bastoncino di zucchero in aria, prima di portarselo alla bocca.
<< Quella sciatta scuoletta di provincia intendi? Confido che cambierà idea entro l’epifania. E sputa quel dannato coso Finnegan St. James che rischi di finire in coma diabetico.>>
Il ragazzo lasciò a malincuore il dolcetto che stava gustando, perché malgrado Bette fosse una stronza rompiballe di prima categoria, il più delle volte aveva ragione. << Hai già fatto amicizia con qualcuno lì?>> chiese per cambiare discorso.
<< No, a parte il signor Pibody e il suo cane, non conosco proprio nessuno. Vorrei dire di aver fatto amicizia con Sue Sylvester, ma mi ha chiaramente detto che mi ucciderà quando metterò piede al McKinley 2.0>>
<< SE metterai piede al McKinley vorrai dire.>> fece eco Bette.
<< PUNTO TRE.>> continuò Riley alzando la voce, ma poi l’abbassò di colpo: << Cas.>>
<>
<< Non sappiamo se si chiama così Finn.>>
<< Già, ma cosa sappiamo?>> chiese Bette impaziente.
<< Niente di niente. Non le ho chiesto nulla e da qui non posso fare molto. Tiene il telefono sempre con sé e non so se si sono chiamate o altro…>>
<< Vedi! Devi tornare qui e scoprirlo da sola, non ci sono scuse!>>
<< Riley, ma tu vuoi tornare a casa vero?>> le chiese Finn titubante.
<< Certo che voglio tornare a casa, voi mi mancate tantissimo…ma non voglio lasciare qui la mia mamma da sola…>> rispose lei abbassando lo sguardo.
<< Ma torni sempre a New York dopo le vacanze. Non cambierebbe nulla…>> precisò Bette rivolgendosi all’amica.
<< Devi vederla Bette. Adesso che Santana è qui sembra…è diversa.>>
<< In che senso?>> le chiese Finnegan curioso.
<< è più…non saprei…sembra felice, è felice…non l’ho mai vista così.>> gli occhi verdi le diventarono lucidi per la commozione.
<< Tutto molto bello insomma, ma fidati se ti dico che tornerai qui da noi molto presto. Non posso pensarti in quella città per tutto l’anno. Mi viene il magone.>>
<< Se solo si potesse tornare come prima, vivere a New York tutte insieme, come una famiglia.>> sussurrò Riley quasi vergognandosi di quello che aveva fatto uscire dalla bocca.
<< Ti capisco…>> disse Finnegan guardando altrove.
<< Scusami Finn…io non volevo.>>
<< No tranquilla, dico che ti capisco. Anche io volevo che mio padre tornasse…ma ho capito che forse è meglio che stia lì dov’è adesso. Mamma ci starebbe troppo male. Non si può più tornare indietro…devi pensare ad un nuovo inizio.>>
Bette lo interruppe colpita: << Da quando sei diventato così saggio Finn? Ti ho lasciato l’altro ieri e non eri mica così zen.>>
<< Forse è la lontananza da te!>> gli rispose a tono il ragazzo rimettendosi in bocca il bastoncino di zucchero per dispetto. Riley rise di gusto, contenta di aver ritrovato in pochi secondi il buon umore. Senti una morsa al cuore però quando pensò che se la madre stesse veramente facendo sul serio, non avrebbe più visto i suoi migliori amici per diversi mesi. Al suo ritorno sarebbero stati più grandi, più belli, più saggi e magari l’avrebbero pure dimenticata. << Sì dai, ci credo.>>
<< Ai nuovi inizi?>>
<< No.>> disse Riley tirando fuori dall’armadio un paio di scarponcini Timberland marrone scuro, che si infilò ai piedi al posto delle scarpe che le aveva portato Santana. << Tornerò da voi il più presto possibile. Ve lo prometto.>>
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<< Riley ma come sei vestita?>> commentò Santana guardandola da capo a piedi. Indossava, oltre ai suoi scarponcini un paio di pantaloni joggers grigio topo e una giacca a vento arancio acceso. Si infilò imbronciata un set colorato di sciarpa, cappellino e guanti da neve.
<< Non dobbiamo mica andare all’Harmonia Garden.>> disse Riley sarcastica. Fortunatamente Brittany fece capolino dal garage con uno slittino in mano e stemperò l’atmosfera già tesa.
<< Andiamo allo Slippery Elm.>> canticchiò allegra caricando lo slittino in spalla.
<< Con quello?!>> chiese Santana guardando le due, che annuirono come se fosse la cosa più naturale del mondo. La bionda guardò la mora interdetta, decisamente il suo stile non era adatto: << Tradizione di famiglia.>>
Santana alzò gli occhi al cielo, Brittany se ne accorse e si avvicinò con calma verso di lei: << Se non te la senti andiamo solo io e Riley. Non ti devi sentire in dovere di fare nulla…>>
<< No va bene.>> disse Santana mettendo le mani avanti in segno di resa, ormai si sentiva pronta a tutto: << Non salirò mai su quel coso, ma camminare mi farà bene. Tutte queste feste mi hanno appesantita.>>
Brittany la guardò e sul suo viso apparve un sorriso raggiante come non mai.
<< Ferma ferma, non farmi quella faccia!>> la fermò Santana con un dito alzato e una faccia maliziosa: << A una condizione>>. Si voltò verso Riley: << Prima di andare a pattinare sulla pista stasera, torniamo a casa a darci una sistemata. Non voglio che Riley esca in pubblico conciata così.>>
Riley spalancò la bocca per replicare, ma un’eloquente occhiata di Brittany la fece tornare sui suoi passi. Si guardò i vestiti: eh sì, non era proprio la versione migliore di sé.
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Santana Lopez affondò il naso nella morbida sciarpa di lana che le copriva il collo: aveva freddo fin dentro alle ossa e tremava, ma non sapeva se per la temperatura vertiginosamente bassa o per l’agitazione. Raramente si era trovata ad affrontare situazioni nuove, perché cercava sempre di informarsi su tutto, per essere ben preparata e fare bella figura. Odiava, con ogni fibra del suo corpo quel suo carattere di sé, che non le permetteva di stare tranquilla finché non aveva il controllo di ogni cosa e provava una recondita, ma insaziabile invidia, per quelle persone che non si preoccupavano minimamente delle conseguenze delle loro azioni sul futuro. Brittany era l’unica persona in grado di tranquillizzarla: la sua intraprendenza, la sua calma e la sua affidabilità erano sempre state per Santana un porto sicuro e quando aveva lei accanto sapeva che poteva abbassare un po’ le difese e metaforicamente uscire da quella sciarpa cucita con false sicurezze, apparentemente tanto calda e confortevole. Ma era passato del tempo e non era certa di provare ancora la stessa spavalderia di un tempo. Camminavano da qualche minuto ormai, avvolti dal rumore dei passi attutiti dalla neve che ricopriva gli scarponi fino alle caviglie. Santana si sentiva le dita congelate e la sua preoccupazione di morire assiderata cresceva sempre di più. Dopo un’impervia salita raggiunsero la cima dello Slippery Elm; il luogo era deserto e la neve bianca che ricopriva gli alberi ghiacciati era brillante quanto un led puntato dritto negli occhi. Santana inforcò gli occhiali da sole e si avvicinò ad un cartello fatto a mano piantato nella terra poco più avanti.
<< PISTA PER SLITTINO…Stai scherzando Brit?>> gridò allibita guardando la bionda negli occhi.
<< Affatto.>> rispose Brittany con un largo sorriso: << Chi si fa il primo giro?>>
<< Io!>> gridò Riley prendendo lo slittino dalle spalle della bionda e posizionandolo sull’apice della discesa con il muso rivolto verso il basso.
<< San, Sali tu?>> chiese la bionda con gentilezza.
<< Ma non ci penso nemmeno…e non dovreste farlo nemmeno voi!>>
<< Perché mamma?>>
<< Forse perché è pericoloso!?>>
<> le rispose Riley a tono: << L’abbiamo fatto un milione di volte e non è successo nulla. Se si cade c’è la neve. E poi si può fare, lo dice il cartello!>>
Santana si tolse gli occhiali adirata: << Il cartello di certo non dice, pericolo di spaccarsi il collo durante la discesa!>>
<< Quindi cosa fai, non vieni?>> chiese Brittany alla donna, che si rifiutò categoricamente e proibì anche alla figlia di scendere. Invano servirono le spiegazioni di Riley, che aveva fatto quella discesa fino alla nausea gli anni precedenti.
<< Allora scenderò da sola!>> gridò imbronciata Riley.
<< NO!>> risposero le due mamme all’unisono. Nonostante non fosse pericoloso anche Brittany non avrebbe mai lasciato sua figlia vagare sola nei boschi, indipendentemente dal fatto che conoscesse o meno la strada. Quando era piccola si era persa al percorso vicino al fiume e i suoi genitori non si erano preoccupati di cercarla, non era certamente questo il caso, perché Riley era costantemente monitorata da adulti piuttosto apprensivi, ma quella sensazione di solitudine e impotenza, provata decisamente troppe volte nella sua vita, non l’avrebbe augurata a nessuno.
Riley guardò Brittany con aria supplichevole: << Ma siamo venute fino a qui…>>
La bionda pensò qualche secondo prima di voltarsi verso Santana: << Senti, io e Riley scendiamo. Lo slittino è per due quindi tu puoi aspettarci qui.>> disse con un tono talmente risoluto che la mora la guardò sorpresa, senza riuscire a proferire parola. Il suo lato intimidatorio, che teneva nascosto anche a se stessa, la spaventò anche lei un poco, quindi si affrettò a tranquillizzare la ex compagna: << Se tra venti minuti non ci vedi arrivare sei autorizzata a chiamare la polizia o i soccorsi o chi vuoi.>> le mise il suo telefono in mano e si sedette sul retro dello slittino. Dopo aver aspettato che Riley prendesse posto e impugnasse le redini, diede una leggera spinta per sbilanciarsi in avanti << Ci vediamo tra poco!>> urlò sovrastata dalle grida di gioia della figlia.
<< ASPETTA!>> gridò Santana senza essere ascoltata: << Non lasciarmi sola…>>
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Santana camminava avanti e indietro, soffiando grossi aloni di vapore dalla bocca inumidita dall’aria ghiacciata che le bruciava nei polmoni. Erano passati pochi minuti e il pensiero che Riley e Brittany si fossero ammazzate durante la discesa le impediva di stare tranquilla. Si picchiò la testa autopunendosi per essere stata poco accorta, per essersi lasciata convincere. “Scema, scema, scema…non avresti dovuto lasciarle scendere.” Disse fra sé. La sua caparbietà che tanto le era servita per arrivare al successo, su Brittany non aveva effetto e aveva sempre ritenuto ciò una cosa positiva, salvo casi eccezionali. E questo lo era decisamente.
<< Ok, ok…cosa faccio?>> sussurrò da sola: << quindici minuti sono passati, dovrebbero salire ormai…ne aspetto altri cinque e poi chiamo…chi chiamo…?>> Ansimò in preda al panico: << Perché mi hai lasciata da sola Brittany…dove sei…>>. Si guardò intorno, solo neve. Tutto dannatamente bianco e silenzioso.
<< Riley!>> urlò nella valle senza avere risposta: << Brittany!>> stessa cosa.
Subito la testa cominciò a viaggiare a cinquecento chilometri orari: pensò ai loro corpi senza vita distesi sulla neve, al silenzio, pensò che avrebbe dovuto fare un funerale e seppellire la sua famiglia,…pensò al dopo. NO. Fermò i suoi pensieri. “Stai esagerando. Mancano ancora pochi minuti. Aspetta venti minuti, poi…poi scendi a cercarle” si disse per calmarsi, ma la sua voce in testa suonava più come una frase detta da Brittany che da lei. Era però logicamente la cosa più giusta da fare. Avanzò qualche metro verso la direzione dove aveva visto sparire Riley, ma ben presto la condensa bianca l’avvolse e la costrinse a fermarsi. Non conosceva quei boschi e proseguire comportava anche il rischio di perdersi. Guardò il cellulare, due minuti e poi…poi cosa avrebbe fatto?
Respirava male; d’un tratto la sciarpa cominciò a stringerle il collo, la tolse. Slaccio la giacca, sfilò i guanti. << Brittany!>> gridò senza voce. Cominciò a piangere dalla paura, una paura incontrollata e irrazionale. Forse aveva paura di perdersi, forse aveva paura di averle perse per sempre. Si accucciò a terra e sussurrando i loro nomi chiuse gli occhi.
Passò un tempo indefinito, che a Santana sembrò durare un’eternità. Due braccia la sollevarono e la scossero violentemente, quando riaprì gli occhi vide Brittany che la chiamava e la scuoteva preoccupata. << Santana! Cosa stai facendo?>>.
La mora non riusciva a parlare, aveva troppo freddo. Brittany la trascinò verso la cima, le rinfilò i vestiti e la coprì con una coperta di lana che aveva portato con sè. Dopo pochi minuti, la donna riacquistò colore e vigore; guardò la bionda e gridò avvampando: << Venti minuti?! Venti cazzo di minuti ho aspettato e voi non c’eravate…e sono venuta a cercarvi e mi sono persa.>>
<< San…>>
<< Potevate morire o farvi male o…Riley dov’è?>>
<< Sono qui…>> disse ansimando la bambina con la slitta sulle spalle: << Ho perso la slitta a metà strada mentre stavamo tornando da te. La mamma è andata avanti per avvisarti, io sono scesa a riprenderla.>>
<< Non volevamo farti preoccupare…>> commentò Brittany mortificata, stringendo Santana nella coperta.
<< Torniamo a casa.>> mormorò Santana asciugandosi gli occhi.
<< Va bene.>> le rispose Brittany vedendola in quello stato.
<< Scherzi?! Ho fatto tutta questa strada per poi andare via?>> ribattè Riley, ma si fermò notando che la madre aveva un’espressione strana sul volto. Decise per il suo bene di non indagare. Aveva capito che era meglio non mettere troppo il becco nelle faccende che riguardavano le sue mamme. << Posso almeno scendere con lo slittino?>>
<< Non da sola, lo sai.>> le rispose Brittany seria.
<< Dai! Conosco la strada, scendo fino alla fine della pista e poi vi aspetto alla macchina.>>
<< Riley, non lo ripeterò un’altra volta. Da sola non scendi.>>
<< Puoi venire tu con me?>> chiese Riley alla bionda, che si voltò a guardare Santana. La mora scosse la testa convinta non lasciando adito a dubbi sulla sua posizione. Riley capì e con profonda delusione si sistemò la slitta sulla schiena.
<< Ferma.>> le disse Brittany senza smettere di fissare la donna, prese un bel respiro e disse seria: << Santana, scendi con lei.>>
<< Cosa?>> chiese la mora convinta che la donna stesse farneticando.
<< Scendi con Riley.>>
<< Tu sei completamente fuori di testa. Non scenderò mai da quella discesa, nemmeno sotto tortura.>>
Brittany rimase di sasso per le parole dette da Santana, odiava quando qualcuno le dava della stupida o della stramba, o della matta. Nonostante ciò, non cedette nemmeno di un millimetro: la guardò fissa negli occhi e Santana rimase sorpresa dalla determinazione del suo sguardo: << Allora vado io e tu scendi da sola.>>
<< Assolutamente no.>>
<< Vedi, è semplice San. O vai con Riley o ci vado io. Siamo venuti qui per scendere con lo slittino ed è quello che faremo.>> disse risoluta: << Queste sono le MIE condizioni.>>
<< Io non credo di…>> tentennò la mora.
<< Perfetto.>> concluse la bionda prendendo lo slittino della figlia e posandolo a terra. << Ci vediamo giù.>>
Santana strinse i pugni e la gola le si bloccò in una morsa. La recente sensazione di panico si ripresentò più repentina di prima e l’ultima cosa che voleva era mostrarsi di nuovo in quello stato a Brittany, che sembrava dannatamente decisa a perseguire il suo scopo.
<< Va bene, va bene!>> gridò per fermare la donna. La fissò delusa, perché le aveva promesso una sola cosa: non farai nulla che non ti andrà di fare. Invece, in meno di mezz’ora si era trovata prima sperduta in mezzo al nulla e ora a rischiare la vita per un capriccio.
<< Scenderò.>> disse sprezzante: << Ma se io e Riley usciamo vive da tutto questo, sappi che staserà rimarrò a casa. andate pure da sole a pattinare e a divertirvi, io ho chiuso.>>
<< Non vieni perché fai una cosa che non ti aspettavi di fare?>> commentò senza filtri Brittany.
<< Non vengo perché ci sei tu.>> disse notando gli occhi brillanti della bionda diventare tutt’un tratto tristi. << Non voglio stare dietro.>> disse alla figlia posizionandosi nella parte anteriore della slitta: << preferisco vedere la strada.>>
Riley la guardò sollevando un sopracciglio: << Sei mai salita su uno slittino? Lo sai guidare?>>
Santana aprì la bocca per rispondere saccentemente, ma pensò che per la sua vita sarebbe stato meglio dire la verità. Scosse la testa.
<< Allora potremmo morire sul serio.>> guardò la madre diventare paonazza: << Scherzavo!>>
La battuta di Riley fece tornare un mezzo sorriso a Brittany, che fu ben sollevata di vedere la mora spostarsi verso il fondo della slitta. Attese che Riley si posizionasse e armandosi di una buona dose di pazienza, si avvicinò a Santana: << Regole del viaggio: Uno, ascoltare sempre il guidatore. Due, puntare il tallone destro o sinistro per curvare. Tre, divertirsi. Quattro, aspettatemi all’arrivo e cinque…>>
<< Cinque, adesso scendo!>> disse convinta lei puntando i piedi per alzarsi.
<< Non ci provare!>> Senza nemmeno lasciarle in tempo di prendere fiato Riley, diede una spinta talmente forte che lo slittino iniziò a scendere favorito dalla pendenza della strada. Santana cacciò un urlo e si aggrappò alla figlia. Incastrò i piedi ai lati dello slittino e spalancò gli occhi. L’aria fredda e le goccioline sprigionate dalla neve le graffiarono il viso. Affondò la faccia nella schiena della figlia.
<< Mamma, sveglia. Devi concentrarti perché adesso iniziano le curve. Ascolta bene quello che ti dico perché altrimenti ci ribaltiamo. Mi senti?>>
<< Si.>> balbettò la donna ritornando a guardare la strada.
<< Bene. Adesso ascoltami: quando ti dico di puntare il piede destro, freni puntando leggermente il tallone. Leggermente, ok?>>
Santana annuì.
<< Mamma non posso capire se non mi parli. Ok sì o no?>>
<< Sì>> non che avesse molta scelta.
<< Bene, DESTRA!>>
La donna puntò leggermente il tallone, la bambina spostò leggermente il peso e la slitta virò sapientemente verso destra. Santana si quietò un poco, tranquillizzata dalla guida esperta della ragazzina che manovrava la slitta come se andasse in bicicletta. Sorprendentemente e superando tutte le più disastrose aspettative scesero per il pendio e Santana cominciò anche a provare una sana adrenalina, che le fece dimenticare l’infausto episodio di pochi minuti prima. Malgrado l’aria glaciale che le sferzava sul volto, si sentì accaldata e piacevolmente eccitata. Questa sensazione di libertà voleva durasse in eterno e in pochi secondi si chiese come mai in tante competizioni affrontate non avesse mai provato nulla di simile. Si destò quando la figlia la chiamò.
<< Mamma, non ti spaventare, ma adesso c’è la curva della morte.>>
<< La curva di che!?>>
<< è tosta ma se fai quello che ti dico non avremo problemi. Punta il piede destro e contemporaneamente sposta il peso del corpo sulla sinistra.>>
Santana notò in lontananza un cumulo di neve che si parava davanti a loro come un muro: << Fallo tu!>> disse in preda al panico.
<< Ascoltami, fai così e poi fai la stessa cosa con la sinistra. La slitta farà due sgommate, ma poi si raddrizzerà.>>
Il muro di neve si faceva pericolosamente vicino: << Riley non ce la faremo!>>
Riley la ignorò: << Fai come ti dico. Fidati di me.>>
<< Moriremo!>>
<< TRE, DUE, UNO…>>
Santana chiuse gli occhi, tutta la vita le passò davanti in una frazione di secondo e lei fece l’unica cosa che l’istinto le diceva di fare: puntò entrambi i piedi sulla neve, con l’idea logica che si sarebbero fermati. Invano Riley tentò di far virare la slitta, la velocità era troppo alta e lei troppo leggera. Finirono dritte verso il cumulo di neve, che non era un cumulo, ma una rampa di lancio. La slitta schizzò in cielo e mamma e figlia vennero sbalzate fuori. Fu quasi surreale: Santana vide la scena a rallentatore e le sembrò quasi di volare. In quei pochi secondi sospesa in aria le tornò in mente la faccia squadrata di Sue Sylvester che le diceva: “Se aumenti la tua superficie l’atterraggio sarà meno doloroso. Non sono responsabile di eventuali paralisi permanenti!”. Repentinamente si voltò e allungò braccia e gambe come un nuotatore di dorso prima di entrare in acqua. Atterrò su un cumolo di neve fresca che le attutì la caduta e rimase qualche secondo a fissare il cielo, per capire se fosse viva o morta.
<< Riley.>> disse tutt’ad un fiato. Si alzò di scatto e cercò la figlia nella neve, riversa a pancia in giù con ancora lo slittino in mano. Tremava. La prese per il cappuccio e la girò senza troppi convenevoli, fu in quel momento che si accorse che gli spasmi della figlia non erano altro che risate. Riley era lì sdraiata nella neve che rideva di gusto, come non l’aveva mia vista prima.
<< Sei tutta matta!>> disse a Santana senza fiato. La donna soffiò sollevata tutta l’aria che aveva in corpo e rimase qualche secondo a fissare il vuoto, poi la sua espressione ebete si tramutò in un sorriso. Si sdraiò nella neve accanto alla figlia e testa contro testa risero a crepapelle senza riuscire a fermarsi.
   
 
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