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Autore: Soniabruni    01/07/2022    8 recensioni
Un missing moment dal romanzo finale di Candy...
Candy riceve l'invito di Eleanor per la prima dell'Amleto di Terence e alla fine decide di assistere allo spettacolo, di nascosto da tutti. Questa one shot è stata pubblicata 4 mesi fa nel FORUM AMICI DI CANDY, ma ci tengo a condividerla anche qui visto che è piaciuta molto... anche troppo!!!!
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa one shot è stata pubblicata 4 mesi fa sul forum AMICI DI CANDY; ho piacere di diffonderla il più possibile quindi ho deciso di pubblicarla anche qui per coloro che non l'hanno letta.

"Chi molto legge prima di comporre, ruba senza avvedersene e perde originalità, se ne aveva.
Vittorio Alfieri"

I personaggi non sono miei, ma le scene sono di mia invenzione. La partecipazioen di Candy allo spettacolo non è neppure prevista nella storia originale.




HAMLET, LA PREMIERE – missing moment


Quella busta color cipria era arrivata sul finire del mese di agosto…
Lo sapeva… che Terence avrebbe interpretato Amleto. Non cercava sue notizie, ma come per magia riuscivano sempre a raggiungerla.
Ironia della sorte, quando era scappata da Londra aveva passato mesi in cui avrebbe pagato oro per avere qualche seppur piccola nuova di lui, e adesso che sarebbe forse stato meglio non riceverne… soprattutto una…
Ogni volta era come annegare… poi si ripeteva come un mantra che voleva solo che lui fosse felice e ricominciava a respirare e a sorridere.
La verità era che aveva aspettato, o temuto, di leggere di un certo matrimonio ed era sicura che il destino le avrebbe offerto quella notizia in tutto il suo atroce splendore. La sua vita aveva percorso da sempre quel binario, perché le cose avrebbero dovuto essere diverse? Nulla le era mai stato risparmiato.
Eppure, almeno sino a quel momento, era arrivato solo balsamo per il suo cuore… Terry, il suo Terry aveva risalito la china, in lui bruciava vigoroso il sacro fuoco dell’arte e, arrivati a quel punto, se nozze dovevano essere, avrebbe affrontato con coraggio anche quelle!
Terence Graham era nato per fare l’attore, lo aveva sempre saputo. Lei, dal canto suo, viveva in una bolla fatta di una serenità a lungo agognata, era ancora alla casa di Pony ma aveva deciso che era ora di ricominciare ad affrontare la vita da sola…
Era abbastanza forte per farlo e contava di trasferirsi in un appartamentino a Chicago dal quale si sarebbe facilmente divisa tra il suo adorato lavoro, gli impegni mondani della famiglia Ardlay e le visite all’istituto in cui era cresciuta e presso il quale era stata recapitata quella busta rosa. Aveva ottenuto un nuovo impiego all’ospedale dal quale anni prima era stata licenziata e vi sarebbe entrata a testa alta dalla primavera successiva.

Da quando Terence Graham era stato reintegrato nella compagnia Stratford era stato un crescendo. Aveva ricoperto ruoli marginali per un paio d’anni, fino alla consacrazione l’anno precedente. Partito come sostituto, aveva rimpiazzato il primo attore colpito da influenza spagnola per poi soppiantarlo in misura definitiva.
Hathaway aveva voluto osare quell’anno…
Amleto…
L’ultimo Amleto della compagnia era stato proprio Robert, poco più di vent’anni prima; nessuno mai era riuscito a convincere colui che si era seduto sulla poltrona del regista che avrebbe potuto reggere una tale interpretazione, ma quell’anno voleva di più… voleva stupire… voleva qualcosa di grande per far dimenticare la guerra e quella orrenda influenza che si diffondeva a macchia d’olio e mieteva vittime tra i più forti e giovani.

Aveva convinto gli azionisti che Graham ce l’avrebbe fatta, ne era fermamente convinto, lo era stato fin dal primo giorno che aveva messo gli occhi su di lui. Le sue vicissitudini personali erano sembrate dargli torto in un primo momento, ma il ragazzo aveva sollevato il peso dell’universo sulle sue spalle ed era rinato nutrendosi delle sue stesse ceneri, della sua stessa disperazione; sapeva perfettamente quanto caro gli fosse costato percorrere quella via.
La sua presenza scenica era coinvolgente sino al magnetismo, la sua eleganza principesca innata, il suo animo tormentato al punto da essere un po’ Amleto lui stesso; rifletteva alla perfezione l'ambiguità, l'introspezione, lo smarrimento di un uomo impegnato a cercare l'essenza della vita, ma sempre più solo di fronte alla propria coscienza e alla propria ragione.
Molte volte si era fermato con la mano a mezz’aria, avrebbe voluto aiutarlo in qualche modo, ma quando si immergeva nei suoi occhi gli mancava sempre il coraggio di affrontare la complessità e gli aculei della sua anima ferita. Non era facile per nessuno.
Amleto avrebbe messo a dura prova gli attori più navigati, richiedeva una recitazione multi-sfaccettata, caratterizzata dal susseguirsi dei più diversi stati d’animo, tutti trascinati all’ennesima potenza. Il Principe di Danimarca poteva essere tenero, amorevole, sensibile, raffinato, ma anche spietato, beffardo e perfino volgare sino a divenire un assassino impulsivo e brutale; era sicuro che Terence potesse farcela.

Le prove erano state estenuanti, ma non si era tirato indietro una volta, aveva lavorato ben oltre i meno decenti orari di lavoro, costringendo a tale routine anche i compagni e la sua Ofelia; nessuno aveva potuto fare un passo indietro. La sua brama di perfezione, la sua intensità, avevano coinvolto tutti sin dall’inizio e Robert era sicuro che avrebbe ottenuto una performance magistrale da tutta la troupe.

Quando la programmazione della nuova stagione era stata resa nota, non erano mancate le critiche.
Qualcuno aveva ricordato l’entusiasmo con cui la Stratford aveva messo in piazza il Romeo di Graham qualche anno prima, per poi ritrovarsi a rotolare nel fango con lui, ma le chiacchiere da mercato erano state zittite dal ricordo delle ultime performance della stagione precedente. Terence aveva letteralmente inchiodato il pubblico alle poltrone; donne, uomini, ragazze, tutti… la compagnia era stata costretta ad aggiungere tre spettacoli in coda all’ultimo; i biglietti erano risultati venduti mesi prima degli eventi, da quando lui aveva sostituito il protagonista la prima volta. Li teneva tutti in pugno, la scenografia avrebbe potuto anche crollare e nessuno se ne sarebbe accorto. Il pubblico beveva letteralmente dalle sue labbra.

Era bastato che la famosa attrice Eleanor Baker ricordasse qualche particolare del genere in un’intervista per far abbassare la cresta alle più navigate testate scandalistiche.
Si diceva avesse fatto il diavolo a quattro per posticipare la prima del suo ultimo film al solo fine di presiedere alla premiere dell’Amleto di Graham.
“Non assisto a quest’opera da almeno 20 anni, non me la perderei per nulla al mondo. Ad essere precisi, l’ho mancata anche in quell’occasione; un momento particolare della mia vita, una svolta che mi ha spinto a scelte drammatiche, che non ripeterei e i cui risvolti ho avuto la grazia di recuperare almeno in parte”.
Non poteva spingersi oltre…
Lei aveva concorso per il ruolo di Ofelia quell’anno, ma si era tirata indietro all’ultimo momento, scomparendo dalle scene per ben due stagioni. Solo Robert aveva scoperto il motivo molti anni dopo… e ora quel motivo giganteggiava davanti a lui ogni giorno ed era divenuto il suo meraviglioso Principe di Danimarca.

“Non le sembra che Graham sia un po’ troppo giovane per un ruolo del genere?”
“La profondità d’animo, che si traduce in quella interpretativa, non si misura con l’età anagrafica, sono curiosa ed emozionata all’idea di assistere allo spettacolo a cui il mio amico Robert mi ha invitata. Sono sicura che sarà un successo clamoroso. Hathaway è una persona molto meticolosa nelle sue scelte, non fa nulla per caso".


Sì, il suo Terry aveva vicino una vera madre finalmente, e proprio quella madre l’aveva invitata allo spettacolo.
Perché Eleanor aveva fatto questo? Lei sapeva, sapeva quanto… significasse ancora Terence per lei. Doveva saperlo per forza. Il fatto di guardare alla vita con il sorriso non implicava che non fosse cosciente che c’era una dimensione di lei che un tempo aveva rincorso quello che sarebbe rimasto un sogno meraviglioso e irraggiungibile, anche se era decisa a non permettere più a questo sogno di renderla estranea ad un mondo in continua evoluzione. Era orgogliosa di questo, ma di qui ad assistere allo spettacolo…
Come avrebbe potuto sostenere la vista di lui senza rischiare di crollare poi?
Già… come? Aveva fatto molta strada verso il futuro, ma non si era illusa fino a quel punto.

Eppure, quel preziosissimo biglietto la chiamava ogni notte dalla scatola di cartone in cui lo conservava assieme a tutto il resto… le lettere di LUI… il carillon di Stear che le augurava felicità, lo splendido cartoncino bianco decorato con motivo di pizzo che aveva annunciato al mondo il fidanzamento di Annie e Archie a Lakewood…

Lakewood…
…in quel bosco Anthony se ne era andato.

“Se lui non fosse morto, nessuno sarebbe mai partito per Londra e io non avrei mai incontrato Terence.
Quale senso ha avuto tutto questo? La vita di un giovane ragazzo stroncata sul fiore dei suoi anni, il successivo incontro con un sentimento totalizzante e disarmante, quella maledetta terrazza su cui Susanna ha tentato il suicidio, quella notte orribile in cui siamo stati strappati l’uno all’altra…
Terry…
Sono impazzita di dolore di nuovo quando ti ho visto su quel palcoscenico fatiscente… quando mi hai fatto vedere la tua anima spaccata, io non pensavo che tu… che noi… “

Chiuse gli occhi e corrugò la fronte, si portò la mano al cuore, faceva male ancora al solo ricordare. Scosse la testa come per scacciare via quel fantasma.

“Ce l’hai fatta Terry… Terry mio…
Non sei più mio, ma occupi tanto di me…”

Sorrise all’idea di quanto riuscisse ancora ad emozionarsi al pensiero di lui, era una sensazione così strana. Avrebbe voluto dimenticare davvero tutto e nello stesso tempo non voleva… non voleva rinunciare a quei brividi di vita violenti che solo lui era stato in grado di provocare in lei. Le sarebbe sembrato di non essere più viva senza.
“Sei ancora la parte di me che mi fa più paura…
Vorrei tanto vederti recitare di nuovo, non sai quanto lo vorrei…
Ho sprecato tutte le occasioni che ho avuto per farlo…“


Estrasse nuovamente quell’invito, poteva sentirne il profumo permeare la stanza, tanto era forte il suo richiamo.
Aveva risposto a Eleanor, le aveva chiarito i motivi del suo rifiuto. Non aveva finto, non era necessario farlo con lei. A Rocktown si erano parlate con il cuore in mano. Eleanor amava suo figlio, ma non era forte abbastanza per lui. Tutti quegli anni di lontananza e di sofferenza avevano trasformato il bambino che era stato in un adolescente ribelle prima e un adulto solo poi… un giovane uomo inavvicinabile. Il loro rapporto aveva tanta strada da fare, ma l’attrice aveva manifestato la volontà di non lasciarlo più, di essere almeno presente per qualsiasi cosa lui avesse avuto bisogno, nella misura che lui solo avesse scelto.
Prima o poi il cuore ferito di Terence avrebbe accettato almeno una carezza… era quello che lei sperava.
Candy era orfana, ma era cresciuta circondata dall’affetto, anche se non erano mancate le restrizioni economiche…
Ora aveva un lavoro, era una donna indipendente, poteva contare su amici veri che riamava con tutte le forze, anche se l’amore con la A maiuscola l’aveva trafitta a morte. Era soddisfatta della sua vita, almeno della parte che aveva.
Aveva sofferto molto nel vedere Terence a Rocktown, ma era lei stessa emotivamente distrutta in quel momento, non aveva potuto far altro che andarsene sperando che la ripresa che aveva visto sul palco riflettesse una presa di coscienza reale che lo avrebbe fatto rinascere… e così era stato.

Era vero che l’aveva vista, come aveva sostenuto Eleanor?
Non lo poteva sapere per certo, e non sapeva neppure se pensare che questo fosse un bene o un male.
L’aveva vista e aveva poi deciso di tornare a New York, scegliendo definitivamente una vita con Susanna?
Aveva pensato di essere stato abbandonato per l’ennesima volta?
Aveva realizzato di non voler avere più nulla a che fare con lei?
Chi avrebbe potuto rispondere? E soprattutto chi avrebbe voluto sentire le risposte?
Ormai era andata come era andata…
Eleanor era troppo lontana dal cuore del figlio e forse non vedeva nel modo giusto; lei era ancora troppo coinvolta per giudicare le cose con lucidità. Aveva sbagliato? Di certo non aveva previsto di vedere lo spettacolo che il destino le aveva offerto in quel paesino dimenticato da Dio e dagli uomini…

Già… il destino… quello che non gliene aveva mai risparmiata una…

Quando si ama troppo può accadere che le proprie azioni e i propri sentimenti tocchino zone d’ombra impensabili…
Gelosia…
Aveva pianto mille volte per colpa di quel mostro dagli occhi verdi…

Rabbia….
L’altra lei aveva rubato le sue lettere, non tutte erano arrivate a destinazione; aveva messo tutto il suo cuore innamorato su quelle righe e Terence non le aveva neppure lette…

Compassione e gratitudine…
Susanna era rimasta invalida, senza il suo sacrificio Terence sarebbe morto, morto come Anthony, morto come Stear, si sentiva sprofondare al solo pensiero che qualche cosa di simile potesse davvero accadere.
Terry era in salute e aveva il mondo che aveva sempre desiderato in mano. Doveva essere grata di questo, lo era in effetti… ma… ma… c’era sempre un ma che le faceva odiare il suo animo inquinato in quei momenti… un ma dagli occhi azzurri e i lunghi capelli lisci che chiedeva pietà, una pietà che le costava molta fatica provare.

Rimise la busta profumata nella scatola di cartone, la posizionò sotto il letto, recitò le sue preghiere e spense in fretta la luce. Quel biglietto rappresentava una sorta di portale verso la dimensione dei sogni che non faceva parte della realtà ed era molto riluttante a permettersi di varcare quella soglia. Voleva dormire… dormire, dormire e non sognare nulla di nulla, ma non fu accontentata.

Lui la guardava con occhi ubriachi d’amore, la baciava profondamente, saccheggiando la sua anima attraverso la bocca, facendo tremare il suo corpo come un musicista con il suo violino…
Quindi le infiammava le tempie, le guance e scendeva lungo il collo sottile fino alla scollatura della leggera camicia da notte che spariva sotto le carezze delle sue mani grandi e avvolgenti.
La bocca carnosa e sensuale di lui scivolava lungo i suoi seni e il suo ventre piatto, il respiro caldo e veloce sul suo monte di venere la faceva contorcere di piacere, mentre curvava la schiena per offrirgli tutta se stessa.
“Candy”, sussurrava lui, con voce roca…
“Terry…”
Quando le labbra di lui raggiunsero il suo bocciolo di rosa inviolato, non riuscì a trattenere un grido…
“TERRY!”…


Si svegliò ansimate, era scoperta, le gambe aperte e tremanti pronte ad accogliere lui che non c’era.
Inclinò la testa all’indietro e chiuse strettamente gli occhi mentre si portava una mano alla bocca e riusciva ancora a sentire il suo profumo e la sensazione delle sue labbra e dei suoi capelli sulla pelle. Sperava di non aver svegliato nessuno, quanto aveva gridato?
Lasciò che il suo cuore ritrovasse una pulsazione regolare. I riccioli biondi e corposi erano incollati alla fronte e al collo in un bagno di sudore.
Pianse lacrime amare. Le era già successo di sognare di fare l’amore con lui, anche se era passato molto tempo dall’ultima volta che si era permessa tanto e questa era stata così reale da spiazzarla completamente. Il suo corpo era sbocciato in tutta la sua femminilità, era una donna ormai, una giovane donna che desiderava essere amata. Le prime volte che era accaduto si era sentita tremendamente in colpa per aver desiderato l’uomo di un’altra. Quando aveva cominciato a realizzare che ciò che lei sognava con buona probabilità riempiva la realtà delle notti di Susanna, aveva provato una sensazione orribile che le bloccava lo stomaco come le avessero fatto ingoiare un macigno. E invece delle farfalle sentiva il brontolio della ghiaia rimescolata pesantemente dai conati di vomito che a stento riusciva a trattenere.

Perché era così difficile amare?
Perché non si poteva farlo senza desiderare nulla per se stessi?
Perché quella ragazza, che si era intromessa nella sua dolce relazione a distanza senza averne alcun diritto, poteva avere l’uomo che lei amava con ogni fibra del suo essere?


Si sentiva come una ballerina di carta che danza al braccio del vento… si muove armoniosamente agli occhi di tutti, ma in realtà è disperata in balia di quel soffio che tutto decide di lei e non la conduce mai al suo soldatino…
Le mancava il respiro, sarebbe rovinata a terra se non fosse stata a letto.
Lui la possedeva anche se non era accanto a lei.

Ad un tratto una folata di vento fece sbattere una finestra. Il vento porse la mano alla ballerina di carta e lei danzò sollevandosi, al braccio del vento, nell’aria. Danzò verso il fuoco e con un’ultima piroetta, si ritrovò al fianco del soldatino. Le fiamme facevano scintillare il suo lustrino.
Il soldatino taceva sull’attenti… perché la consegna… voi sapete… La ballerina arrossì guardandolo, poi abbassò la testa e avvampò tutta. Il soldatino si sciolse lentamente accanto a lei.


Ricordò il passo della favola che aveva letto alle bambine la sera prima… su quelle righe aveva incrinato la voce, aveva dovuto fermarsi per riprendere il controllo di sé… aveva sentito il cuore correre nel suo petto come fosse il lustrino che le fiamme facevano scintillare… Terry, aveva desiderato correre tra le braccia del suo Terry da quando aveva capito che cosa volesse davvero dire amare, ma il mondo intero si era messo di traverso tra di loro…

Basta, sarebbe impazzita!
Non poteva avere un futuro con lui, aveva promesso a Susanna che non ci sarebbero più stati contatti. Aveva metabolizzato questo fatto. Intendeva mantenere la promessa, ma aveva bisogno di vederlo, era più forte della sua volontà. Il suo cuore e il suo corpo non sapevano più come farle capire questo. Non era possibile continuare a dire di no, non ce l’avrebbe fatta questa volta. Aveva bisogno di un ricordo vero di lui sul palco, un ricordo che cancellasse lo scempio di Rocktown. Non sarebbe riuscita a farsi bastare gli articoli di giornale.
Per una volta avrebbe colto l’attimo… anche se sarebbe stata un’illusa a credere che questo “capriccio” sarebbe stato a costo zero per il suo cuore. Certamente non aveva alcuna intenzione di muovere un dito per incontrarlo, voleva solo assistere allo spettacolo, godere della sua performance; in fondo non chiedeva molto e non era mai riuscita nell’intento. La prima volta che ci aveva provato aveva dovuto abbandonare il posto di lavoro ed era stata cacciata dal palchetto degli Ardlay, la seconda volta era comunque uscita anzitempo per correre in ospedale da Susanna.
Possibile che al suo povero cuore non potesse essere concessa neppure un’interpretazione di colui a cui dedicava ogni suo palpito?

Quel pezzo di carta la stava sfidando, e lei avrebbe raccolto la sfida: sarebbe entrata un’ultima volta nella dimensione del sogno per trarne nuova forza.
Doveva solo organizzarsi perché nessuno ne venisse a conoscenza; non aveva alcuna intenzione di giustificarsi con alcuno. Avrebbe usato il biglietto di Eleanor, ma non le avrebbe fatto sapere che aveva accolto il suo invito.
Doveva solo sincerarsi di avere un posticino appartato, per poter piangere in pace senza trattenersi, senza rendere conto delle lacrime. Poteva chiedere alla segretaria di Albert di verificare, ed eventualmente cambiare la sua prenotazione.

“Uno dei palchetti generalmente riservati agli ospiti dei primi attori o del regista, non ci sono altri posti occupati… nel senso che il biglietto nelle sue mani riserva tutte le poltrone del balconcino. Assisterà da sola allo spettacolo, signorina”, si era sentita rispondere l’efficientissima Beth.

Era esattamente quello che voleva… rimanere sola con lui ancora una volta per vedere la sua anima illuminare il mondo e il proprio cuore anche se per pochi istanti
“Ti farai del male Candy, dovrai raccogliere i cocci nuovamente”, si disse, guardandosi allo specchio.
Il suo sguardo era volitivo e fermo; aveva deciso ormai di riaffacciarsi su quel mondo di sogni per un attimo e non avrebbe ragionato ulteriormente sulla questione.
“Non voglio pensarci adesso. Ho bisogno di lui, ho bisogno di vederlo davvero, di sentire la sua voce, di specchiarmi nel blu dei suoi occhi anche se da lontano”.
Una sola vola… un solo attimo ancora…
Per illudersi di poter fermare il tempo… o di averlo ingannato su quelle scale in qualche modo quando lui le aveva chiesto di farlo.
Nessuno lo avrebbe mai saputo e lei avrebbe poi richiuso la porta di nuovo.

Avrebbe viaggiato di notte sia per andare che per tornare e si sarebbe fermata in città il solo tempo di riposare qualche ora dopo il viaggio e assistere allo spettacolo. Il tempo di cambiarsi d’abito e sarebbe poi risalita sul primo convoglio notturno per Chicago. Esattamente come aveva fatto per la prima di Romeo e Giulietta.
Odiava raccontare bugie alle sue mamme, sarebbe stata il più generica possibile con loro.

“Mi assenterò per qualche giorno. Il tempo di...” La voce tremante e il rossore l’avevano già tradita. Aveva la vista annebbiata dalle lacrime.

“Un impegno con la famiglia Ardlay, tesoro?” L’aveva interrotta miss Pony. La buona donna l’aveva accarezzata così teneramente con lo sguardo; sembrava molto preoccupata per la sua bambina. Perché era così emotiva? Le lacrime… perché quei laghi di montagna erano gonfi come una nuvola al punto di scoppiare?
Non ebbe il coraggio di chiedere, aveva letto i giornali… parlavano tutti di lui, sarebbe stato impossibile non sapere che la nuova stagione teatrale di Broadway attendeva il suo re.
Eleanor Baker, la famosa attrice, aveva scritto a Candy. Non conosceva la natura del rapporto che legava quella fascinosa signora a Terence, ma erano entrambi attori… non poteva essere una coincidenza.
L’avrebbe presa tra le braccia, l’avrebbe consolata se la sua bambina si fosse confidata con lei. L’avrebbe sostenuta in qualsiasi scelta avesse fatto… ma evidentemente non era pronta a farlo e, da buona madre quale era, l’avrebbe appoggiata in ogni modo, rendendole le cose più semplici possibili in quel momento.
Amandola senza chiedere nulla…

Candy annuì semplicemente e l’argomento non fu più sfiorato.
Un bacio sulla fronte accompagnato da un “Dio ti benedica, tesoro mio”, fu il saluto di Suor Maria, miss Pony ci aggiunse un “è il cuore che conta…”, lo diceva sempre in fondo.
Il bagaglio era leggero, aveva solo un abito da sera in chiffon color acquamarina che la faceva sentire una fata e una stola di cachemire e seta tono su tono per coprire le spalle.
Avrebbe acconciato i capelli in modo semplice, raccogliendoli morbidamente in uno chignon Charleston. Andava di moda e le permetteva di non preoccuparsi troppo della libertà di qualche ciocca ribelle. Una fascia di strass e un soffio ci cipria sul naso avrebbero completato l’opera.
In fondo non aveva intenzione di incontrare nessuno, doveva solo essere presentabile per la serata a teatro. Sarebbe scappata via appena calato il sipario, prima di avere la possibilità di incontrare qualcuno. Si sarebbe ben guardata dal muoversi dal suo posto anche durante l’intervallo.

**********

Aveva lavorato sodo tutta la mattina sin dal canto del gallo, in modo da farsi cullare dal treno in partenza alle 15:00 da Chicago. Voleva dormire, non aveva intenzione di rivivere il viaggio che aveva fatto quattro anni prima… e, anche con tutta la buona volontà del mondo, sarebbe stato difficile evitarlo.

I pensieri, le emozioni di allora…
Non aveva fatto altro che immaginare la scena del suo incontro con Terence alla stazione, scena che era stata poi una vera delusione, visto che nessuno dei due aveva osato toccare l’altro, mentre gli occhi esprimevano solo l’immenso desiderio che avevano entrambi di tenersi tra le braccia… finalmente…
Al bar avevano giocato a spostare le loro ordinazioni con le posate, avevano picchiettato le dita sul tavolo cercando di mangiare millimetri di tovaglia e sfiorarsi.
Era così ingenua e così felice di rivederlo che era passata sopra a tutto. Avrebbe dovuto immaginare che qualcosa di terribile lo tormentava, se ne avessero parlato… se, se, se…

Anni riempiti di se…

Era meglio dormire. Si sarebbe svegliata all’alba, a quell’ora non ci sarebbero stati molti passeggeri alla stazione e sarebbe andata dritta all’albergo che Beth le aveva prenotato. Non si sarebbe mossa di lì se non per andare a teatro.
Nonostante la stanchezza non riuscì a chiudere occhio, cercò la compagnia del buon libro che aveva portato con sé, ma gli occhi non volevano saperne di mettere a fuoco quelle righe.
Era tormentata tra passato e presente, non sapeva più quale fosse peggio o se ci fosse una qualche differenza in realtà.
Decise di concedersi solo di sognare, di concentrarsi unicamente sul pensiero che lo avrebbe visto, per assaporare con la massima intensità quei momenti come se fossero gli ultimi della sua vita. In fondo nessuno avrebbe potuto darle la certezza che non lo sarebbero stati davvero. Il cuore batteva così forte che… chissà quanto avrebbe potuto reggere a quel ritmo!
“Sei ancora capace di correre così?” Sussurrò sorridendo al suo cuore portandosi una mano al petto.
“Ti sto ascoltando questa volta, hai visto?”

Giunta a destinazione, si accorse, appena tentò di alzarsi per recuperare il suo bagaglio, che le gambe tremavano ed era esausta.
Il taxi, prenotato da Chicago, la condusse velocemente a destinazione. Ebbe il solo tempo di togliere il cappotto che era già profondamente addormentata.

Si svegliò quattro ore più tardi stranamente rasserenata. La temperatura era ancora gradevole e un bel sole faceva capolino tra i grattacieli della città che l’ampia finestra offriva alla sua vista.
Era a New York, era un piccolo successo perché qualche anno prima aveva giurato di non mettere più piede in quella città.
Mangiò un’insalata di pollo leggera e si preparò per tempo. Voleva arrivare a teatro con largo anticipo, per non rischiare pericolosi incontri di alcun genere.

L’usciere del teatro la guardò con curiosità. Chi era questa giovane fata che avrebbe occupato il miglior posto riservato agli intimi dei primi attori? Per arrivarvi avevano percorso un angusto corridoio e avevano deviato all’ultimo momento dalla zona del backstage. Chissà se Terence era già nel suo camerino!
Si accomodò al suo posto nell’assoluto silenzio dell’auditorium ancora vuoto. Poteva godere di una vista mozzafiato da lassù, soprattutto sul palcoscenico. Eleanor era stata un vero tesoro.
Era rilassata, nessuno l’aveva vista arrivare, nessuno sarebbe entrato in quell’angolino di paradiso che le avrebbe permesso di vedere LUI in tutto il suo splendore.

Chiuse gli occhi e preparò la sua anima all’appuntamento che aveva sognato da una vita.

******

Terence si era chiuso nel suo camerino subito dopo pranzo. Il rituale che lo avrebbe visto abbandonare il suo corpo per lasciarvi entrare il principe di Danimarca richiedeva concentrazione e non voleva essere sorpreso dai fan… si sarebbe curato di loro all’uscita.
Aveva visto Susanna a colazione. Era molto emozionata, sapeva che quella sarebbe stata la sera della sua consacrazione… e lei aveva giocato un pesante ruolo nel ritardarla di ben quattro anni!
Lo aveva lasciato sorseggiare il suo te inglese tra i suoi pensieri, non voleva forzare alcuna conversazione. Quell’occasione aveva il sapore di ricordi dolorosi per tutti.

L’aveva baciata sulla fronte per salutarla e lei lo aveva trattenuto un attimo per il braccio.

“Sarai meraviglioso, ne sono sicura e lo meriti…
Io ti aspetterò alzata!”

Aveva alzato il sopracciglio sorpreso da quella affermazione…
“Pensavo volessi assistere allo spettacolo, hai provato l’abito decine di volte nelle ultime settimane…” in effetti la sarta era impazzita per accontentare tutti i suoi capricci…


Ma la sera precedente aveva cambiato idea. Non che non se la sentisse di affrontare il pubblico, aveva anche ricominciato a lavorare grazie a Robert e a Terence, ma all’improvviso si era sentita il terzo incomodo.
Aveva riso di se stessa! Quattro anni prima aveva avuto l’ardire di chiedere a Terence di non invitare Candy, sapendo perfettamente che si scrivevano regolarmente… ohhhh lo sapeva! Lo sapeva bene perché aveva intercettato, con una certa precisione, alcune delle lettere di lei, per cercare di allontanarli. Era l’unico vantaggio che poteva sfruttare. Lei stava a due passi da lui, lo baciava sulla scena, Candy era a centinaia di chilometri di distanza. Inoltre, era bella da impazzire; non sarebbe riuscito a non accorgersi di lei!

Il presente era così diverso… lui era ancor più affascinante di prima, avrebbe tolto il respiro ad una santa e lei lo aveva al suo fianco ogni giorno, ma era così distante! Le loro conversazioni più intime vertevano sulla recitazione. Eppure, si sentiva elettrizzata ed eccitata all’idea che tutte le donne potessero pensare che lui la toccasse, che riempisse di passione le sue notti, che lei fosse l’unica al mondo per lui. Erano settimane che lavorava su ogni singolo dettaglio per apparire radiosa quella notte, neanche si stesse preparando per il suo matrimonio. E in realtà un po’ lo era, o meglio era ciò che più gli sarebbe potuto assomigliare.
La cerimonia nuziale di un grande talento con l’arte, una celebrazione che tutto il mondo avrebbe onorato; quale occasione migliore per consolidare la sua presenza al fianco di lui come compagna di vita!
Ma ora, all’improvviso, non si sentiva di presiedere alla prima del SUO Amleto. Era suo, di LUI, aveva lavorato così tanto per arrivarci, aveva lottato contro i suoi fantasmi e quella sera non aveva davvero il coraggio di RUBARE il posto che avrebbe dovuto essere… di Candy.
Era certa che a lui non desse fastidio la sua presenza a teatro, ma questo non le era bastato per decidere di andare, anche se il suo coraggio si era esaurito con quella scelta, di cui mai sarebbe riuscita a spiegargli il motivo, figuriamoci a porre un’ombra di rimedio semmai ci fosse stato spazio per farlo.

“Ho lavorato molto questa settimana, sono stanca. Preferisco attendere il tuo ritorno a casa”. Gli aveva sorriso teneramente. In altre occasioni lui avrebbe pensato che la sua frase nascondesse qualche piega, che volesse farlo sentire in colpa per qualche cosa e lei ne era assolutamente consapevole.
“Terence… sarai un Amleto memorabile, non voglio essere presente perché è un momento solo tuo che non ho alcun diritto di condividere. Ma sto bene, te lo garantisco. Voglio solo che tu sia grandioso come sono sicura che puoi essere”.

Era sincera, l’aveva ringraziata con un cenno del capo, ma il suo cuore era veramente grato. Ci aveva pensato molto e… Susanna non era la donna con cui avrebbe voluto condividere quell’evento che avrebbe segnato una svolta nella sua vita artistica. Era un’altra la fanciulla che avrebbe voluto avere tra il pubblico quella sera, per cancellare gli smeraldi pieni di lacrime di orrore che aveva visto a Rocktown. In ogni caso li aveva solo immaginati e quella notte avrebbe fatto di tutto per allontanare per sempre quella visione. Era in pace con se stesso, era sereno, voleva solo essere il più grande Amleto di tutti i tempi per se stesso. Era sicuro che, da qualche parte, Candy sarebbe stata orgogliosa di lui… e questo era tutto ciò che voleva avere per sé dal passato.
Susanna gli aveva fatto il più grande dei regali rinunciando alla partecipazione. Non avrebbe dovuto preoccuparsi del suo trasporto, delle domande impertinenti che qualche giornalista avrebbe potuto porle, dei suoi capricci, della sua gelosia verso le sue fan…
E poi… lei non era la compagna del suo cuore, quel posto doveva rimanere vuoto tra gli spalti, come era giusto che fosse nell’occasione in cui avrebbe fatto vedere al mondo che aveva conquistato tutto da solo.

Era già vestito, ma, prima di far uscire Terence Graham dal suo corpo, indugiò qualche attimo sul ricordo del suo angelo biondo. Era tanto che non lo faceva, era una melodia dolce e lontana, la brezza di una primavera che apparteneva ad un’altra vita; quella serata sapeva di futuro ma anche di passato.
C’era un brivido speciale che eccitava il suo cuore, una specie di formicolio che gli ricordava la notte in cui si era separato da lei, ma era un inspiegabile brivido di vita privo di ogni forma di angoscia. Non gli era mai accaduto di provare una tale eccitazione pensando a lei da… da quando l’aveva perduta. Si sentiva come se fosse tornato indietro nel tempo e, se avesse svoltato l’angolo giusto, avrebbe avuto la sua Candy ad attenderlo dopo la sua consacrazione.

L’angolo giusto… nascosto in qualche piega del tempo…

Qualche piega del tempo…

…il tempo…

E tempo di Amleto fu…

*******

La voce profonda di Terry, sembrava velluto per le orecchie, era morbida e carezzevole, piena di puro amore.
Al celestiale e di mia anima idolo, molto imbellita Ofelia... .
Lui non era visibile in quel momento, ma le sue parole si sentivano nell'auditorium, mentre leggeva la lettera alla sua amata.

Dubita che le stelle siano ardore, che il sole ruoti intorno alla sua sfera,
dubita che la verità sia vera, ma dubbio non avere del mio amore.
Mia cara Ofelia, io non so rimare, mi manca l'arte di dir verseggiando miei sospiri; ma ch'io t'ami tanto, eccelsa, tu non devi dubitare.
Addio, carissima,
sempre più tuo, fino all'ultimo dì che sarà suo questo mortale suo congegno.
Amleto.


Candy era senza fiato, le lacrime le colavano incontrollabili sulle guance e contribuivano a rendere la scena surreale. Terry non era sul palco, lo aveva già riempito prima con la presenza scenica di un gigante, ma lei vedeva solo il blu dei suoi occhi mentre le rivolgeva quelle parole.
Sembrava le recitasse per lei, la vibrazione della sua voce le colpiva l’anima.

“Amore mio, sono qui… ti sto ascoltando e ti amo tanto anche io. Non credere che possa averti dimenticato. Fino all’ultimo dì che sarà mio questo mortale congegno”.
Si toccò le labbra calde e gonfie, da quanto le aveva già morse, le labbra che avevano fatto uscire quelle sillabe appassionate in maniera incontrollata. In cuor suo lo sapeva, ma, da quando si erano lasciati, non era mai riuscita ad affrontare il suono delle parole dalla sua bocca.
La sua emozione era alle stelle e non sapeva come sarebbe sopravvissuta per il resto dello spettacolo.
Quando giunse il momento dell’intervallo, il pubblico era talmente rapito dall’interpretazione cui aveva assistito sino a quel momento che nessuno riusciva a muoversi.
Ci volle qualche momento perché i primi riuscissero a trovare la forza di alzarsi per trascinarsi pesantemente verso la zona ristoro del teatro.
Le signore si avviarono al bagno per sistemare il trucco rovinato dalle lacrime.

Candy era rimasta in Danimarca, il suo cuore sentiva bussare quello del suo Amleto e non lo voleva lasciare. Terence era nelle stesse condizioni. Lo avevano visto dirigersi come un automa verso il camerino, nessuno aveva osato intercettare il suo incedere e tantomeno rivolgergli la parola, neppure Robert…

La ragazza si rese conto che l’intervallo era finito solo quando vide riaprirsi il sipario…

******


AMLETO
Essere, o non essere…
questo è il nodo: se sia più nobil animo
sopportar le fiondate e le frecciate
d’una sorte oltraggiosa,
o armarsi contro un mare di sciagure,
e contrastandole finir con esse.
Morire… addormentarsi: nulla più.
E con un sonno dirsi di por fine
alle doglie del cuore e ai mille mali
che da natura eredita la carne.
Questa è la conclusione
che dovremmo augurarci a mani giunte.
Morir… dormire, e poi sognare, forse…
Già, ma qui si dismaga l’intelletto:
perché dentro quel sonno della morte
quali sogni ci possono venire,
quando ci fossimo scrollati via
da questo nostro fastidioso involucro.


La morte… ci aveva pensato un attimo anche lei di ritorno da New York…
Si sentiva soffocare dentro la carrozza del treno, aveva ceduto il suo posto a sedere ad una mamma che teneva in braccio il bimbo febbricitante e, incurante del suo malessere, era uscita e si era aggrappata al parapetto del predellino del treno in corsa, mentre la neve le feriva il viso. Era tutto buio e il treno fischiava… il fischio si era affievolito e si era abbandonata in ginocchio. In quel momento aveva pensato di lasciarsi cadere e dire addio alla vita. Era stato solo un attimo, ma doveva ammettere di averlo fatto. Lo aveva ricordato solo in quel momento.

E a Rocktown si era chiesta a cosa fosse servito sopportare tutto quel dolore…

Ora aveva la sua risposta…
“Quanta strada hai fatto, amore mio, tutta in salita… nessuno ti porterà via più nulla, sono così felice stasera…” si portò le mani giunte al cuore, mentre lasciava fluire le lacrime. Adesso poteva davvero guardare avanti anche lei, non si era mai davvero perdonata per essere fuggita via da Rocktown… mai…
Quell’incubo era finito per sempre.

AMLETO
È l'ora più stregata della notte,
quando sbadigliano i cimiteri ed esala l'inferno il suo contagio sul mondo.
Potrei bere caldo sangue, ora, e compiere azioni così turpi che a vederle si scrollerebbe il mondo.
Ma calma: ora vado da mia madre.
Cuore, non perdere la tua natura; che mai non entri in questo saldo petto l'anima di Nerone.
Che con lei io sia crudele, ma non snaturato.
Con lei vorrò parlare di pugnali, ma non usarne;
in questa ipocrisia s'alleino tra loro lingua e anima: qualunque suoni nelle mie parole rampogna atroce a lei, anima mia, non voler dare ad essa alcun suggello.


“La prego, Eleanor, non lo lasci mai più solo… la prego…”

*****

AMLETO
Io muoio, Orazio...
Sento che il veleno s'impadronisce di tutto il mio spirito.
Ormai più non mi resta tanta vita da sentir le notizie d'Inghilterra; ma profetizzo che su Fortebraccio cadrà la scelta;
a lui, in suo favore va il mio voto morente.
Digli questo, insieme al più e il meno degli eventi qui succedutisi...


Il resto era silenzio. Amleto era morto in una sala teatrale dove il silenzio era tale da poter sentire uno spillo cadere.

HORATIO
Spezzato un nobil cuore!
Dolce principe, benevola ti sia l'eterna notte,
e possa un volo d'angeli cantando accompagnarti all'ultimo riposo!


FORTEBRACCIO
Quattro miei capitani mettano il corpo d'Amleto su un palco, così come s'addice ad un soldato:
perché se fosse stato lui sul trono, si sarebbe mostrato un buon sovrano.
Diamo il nostro saluto al suo trapasso con musiche e con riti militari.
Gli altri corpi toglieteli alla vista: è una vista da campo di battaglia e s'addice assai male a questo luogo.
E s'ordini alla truppa di sparare…


Il corpo di Amleto venne portato al centro della scena. I cannoni spararono, segnando la fine della rappresentazione.
Il sipario si chiuse pigramente, nessuno in sala si mosse. Qualche singhiozzo ruppe il silenzio, ma il pubblico era ancora bloccato sulla scena della morte del Principe di Danimarca.

Dopo qualche minuto, il tendone che separava la realtà dalla finzione, ma che in quel momento non divideva proprio nulla visto che la realtà era stata ammutolita e piegata dalla scena che si era appena svolta, si aprì nuovamente. Tutti gli attori erano allineati e si tenevano per mano creando un semicerchio intorno al corpo di Amleto ancora cadavere.

Con qualche esitazione, qualcuno iniziò a battere le mani finchè il teatro non esplose in una crescente ovazione. La critica era in piedi, ma il viso di Ofelia era stranamente teso. Si girò un attimo a cercare il volto di Robert che, ansiosamente, si avvicinò al primo attore ancora disteso. Era ora che si alzasse a ricevere il meritato tributo.
Pochi sguardi, poche mosse impacciate che nessuno tra il pubblico avrebbe potuto cogliere, tranne un cuore innamorato perso.
I movimenti scomposti di Robert non avevano ingannato Candy, che strinse le mani al parapetto e si sporse pericolosamente in avanti. Aprì le labbra per urlare il nome di Terence, ma l’angoscia impedì alla voce di uscire. Aveva il cuore in mille pezzi…
Fu un attimo terribile, in cui le sembrò di precipitare all’inferno. Terence non si alzava, era immobile e al diavolo tutti quegli astanti in estasi che non ci stavano capendo nulla.

Robert si chinò sul primo attore e gli sfiorò la guancia con la mano, era freddo come il marmo.
“Figliolo, ci sei? Apri gli occhi per amor di Dio!” Sussurrò, sotto lo sguardo preoccupatissimo di Ofelia.

Come se il tepore della mano del suo mentore avesse giocato una qualche magia, il giovane aprì gli occhi, erano neri come la pece. Un’ombra sembrò svanire da essi mentre una grossa e lentissima lacrima si staccava dalle lunghissime ciglia scure; immediatamente dopo, le sue iridi ripresero il loro colore oltremare. Anche il pallore cominciò ad evaporare e finalmente aprì le labbra…
“Candy!” Sussurrò, prima di alzare il busto e sorridere ai colleghi.

Robert aveva sentito e non capiva, ma il fatto che Terence stesse bene non aveva prezzo in quel momento e catturò immediatamente tutta la sua attenzione.
Finalmente un sorriso illuminò anche il volto di Ofelia; il regista aiutò Terence ad alzarsi e ad unirsi in semicerchio agli altri.
“Amleto se ne è andato? Ho temuto per la tua vita. È stato solo un attimo, ma…”

“Sto bene, Robert… va tutto bene”, rispose mentre si inchinava al pubblico impazzito.

Il sipario si chiuse e si riaprì nuovamente per mostrare solo lui, Terence Graham in tutto il suo splendore; il suo Amleto aveva conquistato tutti e avrebbe fatto il giro del mondo e finalmente anche il viso di Candy fu illuminato da un meraviglioso sorriso.
“Coraggio Candy… raccogli tutto il tuo coraggio ora e sparisci di qui il prima possibile…”

*******

Il sipario non si era ancora chiuso che Eleanor era già sulla via per il camerino del primo attore.
“No… non mi fermare! Devo vederlo e non me ne frega nulla di ciò che possa dire chicchessia!” Aveva gridato a Robert, che aveva tentato inutilmente di trattenerla. Era sconvolta dall’interpretazione del figlio e non solo…

Doveva vederlo. Era stato splendido e doveva dirglielo, ma soprattutto aveva bisogno di sincerarsi che stesse bene. Avrebbe sopportato qualsiasi rimprovero o malaparola…
Lo trovò sconvolto, seduto davanti allo specchio. Sembrava stranamente bendisposto, addirittura felice di vederla e non aveva alcuna intenzione di nascondere le sue emozioni. Non l’aveva mai visto così spogliato dalla sua armatura.

Tese una mano verso di lei e Eleanor si precipitò da lui. Lo accolse tra le braccia, mentre lui le cingeva la vita e si stringeva al ventre di lei. Quante volte aveva sognato di farlo da piccolo.
“Bambino mio… sei stato divino, sono ancora tutti in estasi. Ti rendi conto di quello che hai appena fatto?
Mi hai anche spaventata a morte… hai tardato ad alzarti e…”
Lui non parlava…
“Tesoro… dimmi almeno che sei soddisfatto della tua interpretazione! Robert aveva gli occhi rossi. Hai rischiato di far crollare il teatro. All’ingresso stanno impazzendo da tanti omaggi floreali stanno arrivando, gridano il tuo nome ovunque”.
Si fermò un attimo…
“Dimmi qualcosa… ti prego…” sussurrò con voce tremante…
Non sapeva più cosa pensare, si era accorta anche che Susanna non era presente, contava di chiedergli se ci fosse stato qualche screzio, ma con tutto ciò che era accaduto quel particolare era scivolato sotto i suoi talloni. A dire il vero non aveva sentito il minimo cenno alla questione nemmeno tra le chiacchiere femminili durante l’intervallo. Lui aveva stregato tutti e il resto del mondo che gli gravitava intorno era letteralmente sparito.
“Mi stai spaventando…” continuò, mentre gli accarezzava i capelli, come molto di rado le aveva permesso di fare.

La guardò alfine con occhi talmente luminosi che sembravano aver catturato l’intera via lattea, l’attrice sospirò sollevata. Era commosso… solo questo?
Doveva lasciarlo solo, aveva bisogno di cambiarsi e la stampa lo stava aspettando; non poteva evitare i giornali, non quella notte in cui aveva messo in ginocchio il mondo dell’arte.
“Adesso che so che stai bene posso andarmene, prima che qualcuno si faccia troppe domande. Ti ho portato personalmente i miei omaggi per un’interpretazione scenica di cui non ricordo eguali, giusto?” Gli disse, anticipando le domande indiscrete che sarebbero arrivate appena fosse uscita da quella stanza.

La raffinata figura femminile fermò il suo elegante incedere quando aveva ormai la mano sulla maniglia della porta.
“Mamma… LEI… era qui…”

Eleanor si girò di scatto, rossa come una peonia. LEI? LEI CHI? Aveva forse scoperto che aveva scritto a Candy? Non poteva essere…
Aprì la bocca per rispondere o chiedere a chi si riferisse… ma lui la fermò con un gesto della mano. L’indice sulle labbra e l’altra mano sul cuore.
Non serviva altro per farle intendere che non voleva aggiungere parola né nome, aveva solo sentito la presenza di LEI.

Impazzita, l’affascinante attrice si districò tra gli inservienti che facevano la spola con i mazzi di fiori in arrivo, per raggiungere il palchetto che aveva riservato per Candy. Trovò il garzone che chiudeva la porta.
“La sua bellissima ospite era davvero emozionata; è una sua parente, signora?” Chiese il ragazzo con gli occhi ancora pieni dell’immagine di un angelo di rara bellezza che l’aveva travolto.

Eleanor girò sui tacchi, raccolse lo strascico del vestito con una mano per non inciampare e corse verso l’uscita. Fermò il primo taxi e chiese di andare alla stazione.
“Sa a che ora parte il prossimo treno per Chicago?” Chiese senza fiato.

“Curioso davvero, ho appena accompagnato una ragazza in stazione… aveva una prenotazione su quel convoglio”, ripose l’autista.
“Una ragazza dice?”
“Divina… doveva aver pianto molto, ma nonostante questo il suo viso arrossato risultava di una bellezza disarmante… la bellezza dell’amore…”
“Lentiggini?”
“Uh?”
“Aveva le lentiggini?”
“La conosce?”

Era mai possibile? Rischiò di lasciare l’osso del collo sui binari. I tacchi non erano molto comodi.
Fece a tempo a notare una massa indicibile di riccioli di seta color oro che si apprestava a scomparire dietro le pareti d’acciaio di una carrozza immersa nel fumo.
“Candy!” Gridò, pietrificando la giovane sulla scaletta.
La ragazza lasciò cadere la valigia leggera a terra e si gettò tra le braccia spalancate dell’attrice.
“Bambina mia, perché non me lo hai detto?”

Piangeva… erano lacrime di pura gioia…
“Ho deciso tutto all’ultimo momento, non volevo che nessuno mi vedesse…
È stato… magnifico!
Ma lei… come…?”

“Tesoro, non hai tenuto conto degli occhi del cuore…”
Le sollevò il viso per guardare i suoi smeraldi.
“Ha sentito la tua presenza. Aveva negli occhi la stessa luce che hai tu. Non posso ancora crederci; voi due siete… un miracolo”. Non osò pronunciare queste parole, temeva di farle del male.

“Mi… ha visto?” Chiese preoccupata.
Le sorrise per rassicurarla, accarezzandole le guance in fiamme.
“La prego, non gli dica nulla… la scongiuro…” si strinse di nuovo a lei, sentiva il profumo di Terry su di lei.

“Non ho aperto bocca e non lo farò", "ma lui si è accorto che c’eri. C’è una connessione, qui”, le toccò il cuore con l’indice della mano, “tra di voi… che nessuno spazio e nessun tempo può spezzare”.

Il fischio della locomotiva coprì qualsiasi altro rumore e Candy riprese la sua valigia.

”Abbi cura di te, bambina mia…"
"C’era la donna giusta al posto giusto stasera e adesso so per certo che il miracolo cui ho assistito stanotte non è ancora sbocciato in tutto il suo splendore…”

FINE

 
   
 
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