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Autore: Asrael    03/07/2022    0 recensioni
Il momento tanto atteso da tanti lettori: finalmente, Arya incontra Cersei...
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya Stark, Cersei Lannister
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Dopo un tempo che appare infinito, la ragazza muove un passo in avanti; i suoi stivali si posano sul marmo, calpestando una qualche regione di Westeros di cui non si è mai data pena di imparare il nome. L’immensa gigantografia del continente, realizzata certamente senza badare a spese, è ormai costellata di crepe; detriti e calcinacci la tempestano dall’alto, staccandosi a intervalli irregolari dalle strutture sovrastanti.

Quel grande spazio a cielo aperto, circondato di colonne, che alla ragazza ricorda tanto il chiostro della Casa del Bianco e del Nero, è ormai saturo di polvere; la visibilità è ridotta, gli occhi lacrimano, le narici mandano fitte di protesta.

Il marmo sotto di lei trasmette sinistri tremori, segno inequivocabile dell’orrore che si sta compiendo: lassù, sopra le loro teste, la Regina dei Draghi ha ceduto alla follia.

In sella alla sua bestia alata fa piovere fuoco sulla città, consumando nella sua furia migliaia di vite innocenti.
Sarà Regina delle Ceneri.

Ma alla ragazza, adesso, di tutto questo non importa; non le importa della Regina Folle, del suo Drago, né della cacofonia di urla umane che dall’esterno le giungono come distanti, ovattate. Non le importa della polvere, che le cava il respiro, né dell’intera Fortezza Rossa che minaccia di franarle addosso da un momento all’altro. Un pezzo di roccia in caduta libera la sfiora, abbastanza grande da sfondarle il cranio, schiantandosi infine poche spanne più in là; ma lei rimane immobile, lo sguardo dritto di fronte a sé, a fissare l’unica cosa di cui le importa davvero: la sua preda.

La donna che le sta davanti ha disceso la scalinata di corsa, in preda al terrore; si è poi arrestata di colpo sull’ultimo gradino, la mano destra sul corrimano in marmo, la bocca spalancata in un’espressione di stupida sorpresa.

Com’è cambiata, dall’ultima volta che l’ha vista! L’età e gli eventi sono impietosi, anche con chi veniva additata come la più bella di Westeros. Nuove rughe le contornano ora gli occhi e la bocca; e che ne è stato della chioma dorata, di cui sua sorella amava cianciare per ore? L’unica cosa immutata sono gli abiti, semmai ancor più regali e sfarzosi… ma coperti di polvere.

No, non c’è più nulla di regale in chi le sta di fronte. Anni addietro, a Grande Inverno, ha udito la donna parlare di sé come di una Leonessa; ma al momento, Cersei Lannister sembra solo un gattino spaventato.

Benepensa la giovane; un ghigno sadico le increspa le labbra. Mentre la donna ancora esita sulla scalinata, le va incontro.

La Regina dei Sette Regni, o di quel che ne rimane, è completamente sola; non un membro della Guardia Reale, non un Cavaliere della Corte di Approdo, neppure un misero armigero Lannister. Soprattutto, la mostruosità che Cersei si porta dietro come guardia del corpo, la Montagna, non si vede da nessuna parte.

La giovane sa di dover ringraziare Sandor, per la solitudine della sua preda; avverte una stretta dolorosa al cuore nel chiedersi dove lui sia adesso: se sia ancora lassù, nella Fortezza che brucia...
Ma non è il momento di indulgere in simili pensieri: Sandor ha fatto la sua scelta, addentrandosi nella Fortezza in cerca della propria vendetta; e lei, fingendo di andar via per poi tornare sui suoi passi, ha fatto la sua.

Gli occhi della giovane sono piantati in quelli verdi di Cersei. Vi legge la confusione, il dubbio, la paura. Non la riconosce, non subito; troppe sono state le trasformazioni a cui la ragazza è andata incontro. La sua mente, quella mente così dedita a ordire intrighi e macchinazioni, lavora frenetica dietro gli occhi di smeraldo; scava nella memoria, rivolta ricordi come zolle di terra, alla ricerca di un’immagine, un nome, un volto.
Poi, la luce della consapevolezza nel suo sguardo. Prima che possa spiccicare una sola parola, è la ragazza ad anticiparla.

“Proprio così. Sono Arya Stark”

Lo smarrimento lascia il posto alla frustrazione; le labbra di Cersei tremano d’ira e di sdegno. In un qualche modo di cui neppure è consapevole, sembra addirittura oltraggiata nel vedersi sbarrare il passo da lei: non un nemico noto e temuto, ma un fantasma riemerso dal passato.

“T-tu” sibila, la voce ridotta a un sussurro “Dovresti essere morta. Credevamo che lo fossi”

“In un certo senso, lo sono” risponde tranquillamente Arya, le braccia abbandonate lungo i fianchi “Sono morta e rinata più volte in questi anni. Sono stata un ragazzino delle Terre dei Fiumi, in fuga dalla guerra; sono stata una venditrice ambulante di Braavos; ho indossato più facce di quante ne possa contare. Ma qualunque maschera indossassi, ogni sera, prima di dormire, recitavo il tuo nome… insieme ai nomi di tutti quelli i cui occhi ho chiuso per sempre”

Gli occhi di Cersei squadrano freneticamente Arya dalla testa ai piedi. Le mani guantate sono vuote, all’apparenza inoffensive; poi, nota il pugnale infoderato appeso alla cintura, all’altezza della vita. Il suo sguardo si sposta dall’arma ad un punto indefinito alle spalle di Arya: la via della salvezza. La lotta interiore fra la minaccia di quell’arma e la promessa della via di fuga è palese, sul suo volto; i lineamenti della Regina si distorcono in un moto di disperazione.

Giàpensa la ragazza, osservando le espressioni dell’altra con la freddezza di un gatto che gioca col topo. Vana, arrogante, avventata. Ma non completamente stupida.

È il crollo dell’ennesimo carico di macerie, a spezzare quello stallo.

La paura che ha Cersei di muoversi è inferiore a quella di restare immobile.

Con le labbra che si ritraggono a scoprire i denti in un ringhio, si lancia contro Arya.

La ragazza è cresciuta, ma è ancora più bassa di lei. Ha una corporatura esile, minuta.

Coltello o no, Cersei conta di poterla sopraffare; quantomeno, conta di poterla spingere via, per poi proseguire in una fuga disperata.

E una simile valutazione sarebbe corretta, se non per un piccolo particolare: nel suo continuo ciclo di morte e rinascita, Arya Stark è stata anche Nessuno.

Afferra il braccio con cui Cersei cerca di spingerla di lato; lo torce, scivolando al contempo alle sue spalle; mentre la Regina lancia un grido di dolore, Arya le affonda un piede nell’incavo del ginocchio sinistro; Cersei crolla in ginocchio, venendo poi spinta con violenza a terra; atterra su di un fianco, in un impatto contro il marmo che le mozza il fiato; rialza lo sguardo solo per vedere la giovane che torreggia su di lei, con la lama sguainata nella mano destra.

Gli occhi di Cersei guizzano per un attimo da quelli freddi e impassibili di Arya all’arma che stringe fra le dita; poi, in un ultimo slancio del suo istinto di sopravvivenza, scatta verso il pugnale, cercando di impadronirsene; ma lo stivale della ragazza si abbatte impietoso sul suo volto, spaccandole le labbra e strappandole un gemito.

Il petto di Cersei va su e giù. Un rivolo di sangue le scivola sul mento. Gli occhi sono lucidi di lacrime. Ciononostante, con labbra tremanti, mette su un sorriso di sdegno.

“Sei venuta fin qui pur di ammazzarmi, eh?” mormora “Per compiere la tua patetica vendetta”

Arya la fissa con disgusto per qualche secondo. Le sue narici si dilatano ritmicamente, in preda all’ira. Poi, prende un lungo respiro. Inaspettatamente, ricambia il sorriso.

“No, Cersei” risponde “La vendetta è stata, per molto tempo, l’unica cosa che avevo. Mi ci aggrappavo, giorno dopo giorno. E le vite che ho spento sono stata l’unica cosa in grado di darmi gioia. Ora è diverso, però”

Per un brevissimo istante, un velo di malinconia le offusca lo sguardo.

“Ora ho di nuovo Jon. E Sansa. E Bran. Ho delle persone per cui vivere. Mi amano, malgrado ciò che sono diventata. E questa” aggiunge, adocchiando il pugnale “ non sarà solo vendetta. Sarà giustizia per la mia famiglia”

Giustizia?

Una risata isterica esplode sulle labbra spaccate di Cersei. La sfrontatezza sul suo volto si fa più audace.

“Di cosa mi accusi? Della morte di quale dei tuoi parenti? Tuo padre? Fu Joffrey a ucciderlo. Se eri in quella piazza, il giorno dell’esecuzione, devi averlo visto anche tu: io cercai di fermarla. Non sapevo che farmene, della testa di Ned Stark. Il piano convenuto con mio padre era di spedirlo alla Barriera, a far compagnia al suo figlio bastardo. Solo uno stupido avrebbe rischiato di scatenare una guerra in quel modo”

La donna esita un attimo, dopo aver pronunciato quell’ultima frase: il sorriso arrogante sbiadisce in una smorfia amara, per la considerazione appena fatta sul suo primogenito. Ma del dolore di Cersei per la sua defunta progenie, ad Arya non potrebbe importare di meno.

“E tuo fratello?” incalza ancora la donna, riscuotendosi “Il cosiddetto Giovane Lupo? Fu mio padre ad ordire il piano, a prendere contatti con Walder Frey e Roose Bolton. Stesso discorso per tua madre. Io non ne ebbi parte alcuna, né la cosa mi interessò minimamente: eravamo in guerra, e le guerre vanno vinte. Altrimenti, chi ci assicura che gli uomini del Nord non avrebbero saccheggiato la Fortezza Rossa, trucidando tutti noi? Non stanno forse saccheggiando Approdo in questo preciso istante?”

Arya continua ad osservare Cersei, impassibile, mentre sotto di loro la terra trema.

“E tua sorella Sansa? Vogliamo parlare della sua permanenza qui? Certo, Joffrey non è stato indulgente con lei. Ma io l’ho protetta. Le ho dato i migliori consigli perché potesse uscirne viva: non me ne facevo niente, del sangue di una ragazzina ottusa. E credo che ciò che le dissi allora, abbia avuto il suo ruolo nel mantenerla in vita fino ad oggi”

Un boato più forte degli altri scuote la Fortezza sopra di loro, senza però cancellare il ghigno spavaldo di Cersei.

“Perciò, ragazzina, di che giustizia blateri? Per quale crimine, mi condanni a morte? Per aver fatto sopprimere il cane di tua sorella? Se giudichi la mia vita pari a quella di un animale allora avanti, colpisci: ma non riempirti la bocca di tante nobili intenzioni”

Detto questo, Cersei si risolleva sulle ginocchia; pur spaventata, continua a fissare l’altra negli occhi, con aria di sfida. Gonfia il petto con orgoglio, quasi invitandola a colpire.

Ma quando Arya parla, il sorriso le muore sulle labbra.

“Che mi dici di Mycah?”

La fronte della donna si aggrotta; gli occhi si spalancano in un’espressione di ottusa perplessità.

Chi!?”

“Il figlio del macellaio. Viaggiava con noi, sulla strada per Approdo. Neppure te lo ricordi, eh? Era presente quando Nymeria ha attaccato Joffrey. Non aveva nessuna colpa. Eppure, lo hai fatto ammazzare dal Mastino. Perché il tuo principino si era fatto male, e qualcuno doveva rimetterci la pelle. E la vita del figlio di un macellaio non vale niente… forse meno di quella di un cane”

Un lampo di comprensione balena negli occhi di smeraldo della donna; in esso, c’è anche la consapevolezza di essere perduta.

“Quanti altri Mycah ci sono, Cersei? Quante altre vite hai spento per capriccio, solo per poi dimenticartene?”

Incapace di muoversi, la donna fissa Arya che torreggia su di lei. Il tempo dei discorsi è finito, come quello della spavalderia.

“Va’ avanti allora” mormora, arrendendosi all’evidenza “Non mi pento di quello che ho fatto. Né mi frega qualcosa di tuo fratello, a cui hanno cucito una testa di lupo sul collo; né di tua madre, sgozzata e gettata nel fiume.”

Un sospiro le si mozza a metà fra i denti, quasi che respirare le sia divenuto doloroso.

“Di tutta la maledetta stirpe degli Stark, di una sola persona mi dolgo: di tuo padre”

Arya, che finora ha ascoltato impassibile, ora aggrotta la fronte, interdetta.

“Non mi pento di averlo fatto arrestare: ne andava della vita dei miei figli; Robert non si sarebbe accontentato di uccidere solo me. E tutto quello che ho fatto in vita mia, è stato per proteggere loro”

Grosse lacrime cominciarono a scendere lungo le guance di Cersei.

“Ma ora… ora che i miei bambini non ci sono più… ho persino il lusso di dolermi di persone come Ned Stark. Voleva denunciarmi a Robert, ma prima… prima mi ha avvertita. Mi ha detto di prendere i bambini e scappare. Anche se parlare con me era un rischio. Mi ha avvertita, perché non voleva il loro sangue sulle sue mani. Non voleva il mio sangue”

L’ennesimo sorriso amaro increspò le labbra della Regina.

“Che uomo stupido. Cercai di ricambiargli il favore: gli dissi di inginocchiarsi e riconoscere Joffrey come legittimo Re, prima che lo facessi arrestare. Ma lui… immagino dovesse restare ligio ai suoi ideali. E sappiamo come è andata a finire”

Lo sguardo che rivolge ad Arya, ora, è velato di un’immensa tristezza.

“Ned Stark era un uomo decente. Ma adesso, tutti gli uomini decenti sono morti; la loro carne la reclamano i vermi. In questo mondo, a respirare ancora, rimangono solo persone come me… e te”

Arya la fissa ancora per un istante. Poi, porta il braccio destro indietro, la punta rivolta verso il cuore di Cersei, a caricare il colpo mortale.

Tutto il suo corpo freme nella tensione di quel momento; il momento che ha desiderato con tutta sé stessa, da quando ha udito la lama di Ilyn Payne abbattersi sul collo di suo padre.

Passano lunghi secondi. I boati, sopra di loro, si fanno più forti. Altre macerie piovono intorno a loro, sollevando sbuffi di polvere.

Che sto facendo? Perché esito?

È perché Cersei è lì, indifesa, ai suoi piedi? No, questo non l’ha mai fermata. È perché ha elogiato la memoria suo padre? Eppure, rimane complice della sua morte. Ci sono migliaia di ragioni per le quali Cersei non merita di vivere.

Arya la odia. La odia con tutta sé stessa. Eppure, con sua somma sorpresa, si rende conto che la mano le trema.

Un urlo rabbioso le risale dalle viscere, un urlo che è una maledizione verso tutti: verso i Lannister, verso i Frey, verso la Regina impazzita che sta dando alle fiamme il mondo intero… verso sé stessa.
Ma proprio mentre il colpo sta per partire, i suoi sensi la mettono in allerta.

Troppo tardi coglie la presenza alla sua destra; troppo tardi ode il sibilo della lama che fende l’aria. La spada cala, attraverso la polvere; la punta d’acciaio scava per almeno un centimetro sotto la sua pelle, per tutta la lunghezza del braccio destro; se Arya non fosse arretrata di un passo, glielo avrebbe mozzato all’altezza del gomito. In uno spasmo di dolore, le dita lasciano andare il pugnale, che ricade tintinnando sul marmo. Poi, il lampo di una mano d’oro davanti agli occhi, un attimo prima che le si abbatta sul viso.

La ragazza viene scagliata all’indietro, atterrando pesantemente sulla schiena. Riapre gli occhi; e nel riconoscere l’uomo che la sovrasta, una risata le sfugge fra le labbra.

Jaime Fottuto Lannister.

Non Jaime lo Sterminatore di Re, il Cavaliere vincitore di numerosi tornei, delle cui gesta Sansa tesseva le lodi fino a darle il mal di testa. No, Jaime il Monco, Jaime Mano d’Oro, Jaime che usa la mano sinistra come uno scudiero alle prime armi. Arya l’ha guardato allenarsi, nei cortili di Grande Inverno, prima della battaglia con i Morti; l’ha osservato, deridendo la sua inettitudine. E alla fine, per un misero attimo di esitazione, si è fatta cogliere di sorpresa proprio da lui!

Il Cavaliere ansima, fissandola con un’espressione dura; tiene la punta della spada rivolta verso il basso, verso il petto della ragazza, pronto a colpire.

“E allora avanti!” grida lei, in un moto di feroce disperazione “Avanti, prima che questo posto ci crolli sulla testa! Ammazzami!”

Ma Jaime non colpisce. Invece, si china a raccogliere il pugnale caduto, impedendole di recuperarlo. Poi, arretra di un passo da lei.

“Fila via” ringhia “Salvati...sempre che tu ne sia capace”

Arya lo osserva, stupita. Solo allora si accorge del sangue che gli imbratta i vestiti. Qualcuno gli ha inferto delle tremende ferite a livello dell’addome.

Non ce la farà, si ritrova a pensare. Senza sapere perché, quella considerazione le lascia addosso un senso di vuoto… quasi di perdita.

Si rialza, mentre osserva Cersei correre dal fratello, abbracciarlo, mentre lui continua a tenere la spada puntata verso di lei. La osserva spalancare la bocca in un muto gemito d’orrore, nel posare le mani sull’addome ferito di lui. Poi, Jaime mette il braccio destro intorno alla vita della sorella, e comincia a guidarla via.

A quel punto, l’ennesimo boato scuote il castello, facendo scattare Arya come una molla. Forte di tutta la sua agilità, scavalca un cumulo di macerie in un solo balzo, lanciandosi poi verso un’uscita laterale.

Scocca un ultimo sguardo ai due che arrancano in direzione opposta, poco prima che scompaiano in una nube di polvere; Jaime si muove a fatica. Pensa che Cersei potrebbe salvarsi, se solo lo abbandonasse; ma non può o non vuole farlo.

Il pensiero di Arya corre a Sandor, e una morsa dolorosa le stringe il petto.
Sarebbe già dovuto ritornare.

Ma ora, non può permettersi di pensare a questo.
Mentre si fionda lungo il corridoio, col boato delle esplosioni nelle orecchie, Arya non può che pensare a una cosa sola: sopravvivere, come ha sempre fatto.

Sopra di lei, la Fortezza Rossa comincia definitivamente a crollare.

   
 
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