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Autore: The_Storyteller    05/07/2022    1 recensioni
Anche se è stato nominato Maestro Assassino, la vita di Arno Dorian non è cambiata molto: scoprire i piani dei Templari, eliminare bersagli, cercare informazioni. La solita routine, come le sue visite alla tomba di Élise.
Se non fosse che, una mattina d’inverno, uno strano incontro annuncerà un nuovo capitolo della sua vita.
Madeleine Caradec è una semplice ragazza bretone, un po’ ingenua ma di buon cuore.
Ciò che non sa, tuttavia, è che si trova in un gioco più grande di lei, pedina nell’eterna lotta fra Assassini e Templari. Cosa sarà più forte: una lealtà che dura da anni o i sentimenti nati da un nuovo incontro? Chi è il diavolo e chi l’angelo?
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Arno Dorian, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La gente accorsa davanti alla casa dei Jézéquel non poteva credere a ciò che era successo: chi era la donna che aveva aggredito Marie? E chi era l’uomo che l’aveva fermata?
Ognuno esprimeva la propria ipotesi, quando finalmente arrivò il dottore seguito dal becchino e due suoi assistenti. Si fecero largo tra la folla di curiosi ed entrarono nell’edificio, e dopo pochi minuti il becchino uscì, sempre con i suoi aiutanti al seguito, trasportando il corpo della pazza coperto da un telo. Nessuno di loro rispose alle domande dei presenti, che chiedevano a gran voce chi fosse quella donna.
Soltanto una persona sembrava conoscere la verità, e quella persona era seduta a un tavolo proprio in quella casa. Ed era decisamente nervosa.
 
Quand’erano arrivati il dottore e il becchino, Arno aveva provato a seguirli nella stanza dov’era accaduto il misfatto, ma Briag l’aveva fermato subito.
-Stai seduto lì, io torno subito- gli aveva detto indicando una sedia. Aveva pronunciato quelle parole in tono calmo, ma i suoi occhi dicevano tutt’altra cosa: “Non osare muoverti. Io e te dobbiamo fare una bella chiacchierata”.
E ora, dopo che il cadavere della Templare era stato portato via, l’Assassino era ancora seduto al tavolo della cucina. Aspettava con pazienza il ritorno dell’uomo, anche se cominciava a sentirsi nervoso per tutta quell’attesa.
Dopo circa un quarto d’ora trascorso ad osservare la stanza, Arno udì un piagnucolio sommesso e dei passi pesanti. Alzò lo sguardo verso le scale e vide che l’uomo di prima stava scendendo i gradini con la bambina in braccio.
-Pensavo di non dover più cambiare pannolini, alla mia età...- borbottò, intanto che si sedeva di fronte ad Arno.
Sistemò meglio la bambina, accomodandola sulla gamba, quindi parlò nuovamente: -Io sono Briag Jézéquel. Mia moglie Fransiza sta aiutando il dottore, nel frattempo noi due faremo qualche chiacchiera. Ti sta bene?-
Ad Arno non piacque il fatto che quell’uomo gli si rivolgesse come se fosse stato un bambino di cinque anni, ma annuì in modo convinto; non si sarebbe certo fatto mettere i piedi in testa...
Briag spostò la lattante sull’altra gamba e riprese il discorso: -Innanzi tutto, chi sei e da dove arrivi?-
-Mi chiamo Arno Dorian, vengo da Parigi e gradirei che non mi faceste un interrogatorio- rispose l’Assassino con lo sguardo corrucciato.
Il vecchio bretone sostenne il suo sguardo di sfida, ma inaspettatamente gli apparve un lieve sorriso in volto: -Sei un tipo deciso. Mi piace.-
L’atmosfera si fece subito più rilassata e Briag riprese il discorso in tono più bendisposto: -Dunque, Arno, posso chiamarti Arno? Puoi dirmi chi era la donna che ha tentato di uccidere Marie?-
L’Assassino fece un cenno d’assenso alla prima richiesta dell’uomo, quindi rispose: -Si chiamava Thérèse Beauchesne ed era la sua ex padrona. Diciamo che faceva parte di un’associazione segreta con obiettivi sovversivi, al pari dei giacobini.-
Briag fece una smorfia nel sentire l’ultima parola: -Meglio così. Certa gente non merita di stare al mondo- commentò fra sé e sé.
Arno sorrise appena, ma quando Briag stava per fargli un’altra domanda la bambina riprese a piangere. Il bretone si alzò dalla sedia e appoggiò la piccola sulla spalla, facendola sobbalzare leggermente e mormorandole parole di conforto.
-Diamine, ho lasciato l’orologio nella stanza...- borbottò innervosito.
Arno sollevò un sopracciglio, incuriosito: -Orologio?-
Briag annuì e spiegò: -Sua madre lo usa per farla addormentare, pare che il ticchettio la calmi.-
-Se volete, io ne ho uno con me- propose l’Assassino, infilando una mano all’interno della giacca ed estraendo l’orologio che era appartenuto a suo padre.
Lo tese all’uomo in modo che potesse usarlo, ma Briag non lo prese. Invece rimase a guardare Arno con uno sguardo concentrato, come se all’improvviso gli fosse venuta una strana idea: con due ampie falcate raggiunse l’Assassino e, cogliendolo di sorpresa, gli mise in braccio la bambina.
 
-Ma che...?- stava dicendo Arno, ma venne interrotto da un mugolio della lattante.
Guardò sconcertato il bretone, che continuava ad osservare alternativamente lui e l’orologio che teneva in mano. E Arno capì cosa doveva fare: seppur perplesso dall’idea balzana dell’uomo, l’Assassino sistemò la bambina su una gamba, in modo che poggiasse la schiena contro il suo addome, e accostò l’orologio vicino al suo piccolo orecchio in modo che potesse sentirlo ma senza risultare troppo forte. E con sua grande sorpresa, dopo un paio di minuti, la bambina si calmò.
Arno si ritrovò a sorridere, mentre guardava la lattante che teneva in grembo: la piccola cercava di afferrargli i guanti e i polsini, osservando con curiosità quelle cose misteriose. L’Assassino la spostò appena di lato, estrasse dalla tasca un fazzoletto e tamponò con delicatezza le guance della bambina per asciugarle i segni delle lacrime precedenti.
Chiese quale fosse il suo nome, al che Briag rispose: -Si chiama Yannez.-
Arno si sporse leggermente, in modo da poter vedere la piccola in volto, e le parlò dolcemente: -Ciao Yannez. Io mi chiamo Arno e sono un amico della tua mamma.-
Yannez lo osservò con uno sguardo intenso, poi agitò il braccio ed emise un versetto allegro.
-Conosci Marie?- chiese Briag, mentre teneva d’occhio i movimenti dell’uomo.
L’Assassino sistemò nuovamente la lattante contro l’addome, quindi rispose: -Il suo vero nome è Madeleine Caradec. L’ho conosciuta a Parigi all’inizio dell’anno scorso, cercava lavoro e l’ho aiutata a trovarne uno onesto. Non avevo idea della sua missione, ma col tempo ci siamo conosciuti meglio e... siamo diventati buoni amici.-
Briag ascoltava con interesse, ma all’ultima frase assunse un’espressione scettica: -”Buoni amici”?- ripeté con una punta di sarcasmo.
Arno rimase turbato da quel comportamento, quindi Briag alzò gli occhi al cielo: -Lei ci ha accennato a quello che è successo a Parigi. Ci ha detto di aver incontrato un uomo e di essersene innamorata, ma poi è successo quello che è successo, grazie alla sua padrona pazza. Immagino che la “vittima” del piano di quella lì eri tu, giusto?-
L’Assassino sospirò: -D’accordo. Abbiamo avuto una relazione ma poi, circa un anno fa, lei sparì apparentemente senza motivo. Mi aveva lasciato una lettera con un avvertimento del piano per eliminarmi. Ed ora eccomi qui.-
Il bretone tacque per qualche secondo, rimuginando su ciò che aveva udito. Aprì la bocca per fargli un’altra domanda, ma in quel momento Yannez cominciò ad agitarsi.
 
-Che succede, petite?- chiese Arno, rivolgendosi direttamente alla bambina. Yannez aveva smesso di mangiucchiargli il pollice e ora guardava verso l’alto, agitando nel frattempo le mani nella stessa direzione.
-Vuole vederti in faccia- spiegò il bretone.
-In... faccia?- chiese Arno perplesso.
Briag annuì e gli fece segno di mettere la bambina sul tavolo, in modo che stesse seduta sul bordo. Gli raccomandò di sostenerla dietro la testa per farla stare dritta, quindi si posizionò di fianco all'Assassino per tenerlo d’occhio.
Arno era sempre più perplesso: si sentiva come un animale selvatico sotto osservazione da parte di qualche strano scienziato, in attesa di chissà quale fenomeno.
Decise di stare al gioco, pertanto si mise a sua volta a studiare la bambina: ora che la vedeva bene in volto, notò i capelli della stessa sfumatura di quelli di Madeleine, le sopracciglia sottili e gli occhi scuri e attenti. Si intenerì alla vista delle guance paffute e di un ricciolo ribelle che spuntava dal lato della testa, poi spostò lo sguardo su una manina che si stava avvicinando al suo viso. E poi, inaspettatamente, Yannez sbatté la mano sul suo naso.
-Ahia!- esclamò Arno, colto di sorpresa. Yannez emise un versetto divertito, come se stesse provando a ridere.
-Sì, quello è il mio naso- borbottò l'Assassino, ma non riuscì a trattenere un sorriso sulle labbra. Yannez spalancò gli occhi, poi spostò la mano verso destra fino a fermarsi sulla cicatrice sotto il suo occhio sinistro.
In quel momento Arno sentì una strana sensazione al petto: un tiepido calore, un senso di pace e tranquillità, tenerezza. Provò un inspiegabile sentimento di protezione verso quella piccina, anche se la conosceva da cinque minuti.
 
Mentre Arno giocava con Yannez, che ora stava tentando di afferrargli un dito, Briag osservava con attenzione l'interazione tra i due. Yannez non era una bambina timida, eppure era la prima volta che la vedeva così incuriosita da uno sconosciuto. Gli venne in mente una frase che sua madre ripeteva spesso, quando si sentiva malinconica: "Ha gli occhi di suo padre". E ora che aveva conosciuto Arno e aveva ascoltato la sua versione della storia, e aveva visto entrambi insieme, una strana ipotesi cominciò a solleticargli la mente.
Tutto a un tratto si udirono dei passi provenire dal piano superiore. Arno e Briag si volsero verso la scala e poco dopo il dottore e Fransiza li raggiunsero al piano terra. Il primo aveva un'espressione serena: -La ragazza sta bene, ha subito un forte shock ma non presenta ferite. Ha bisogno di tempo per riprendersi, se sorgessero altri problemi non esitate a chiamarmi- disse, quindi salutò i presenti e uscì dall'edificio.
Fransiza si lasciò scappare un lungo sospiro, ma quando stava per parlare si bloccò di colpo: solo in quel momento, infatti, aveva notato Arno che teneva in braccio la bambina.
-Briag?- disse al marito. Il tono indispettito e l'espressione corrucciata, però, significavano un'altra domanda: "Cosa diamine ci fa quello sconosciuto con in braccio Yannez?!".
Purtroppo per Arno, l'uomo le rispose in bretone; a quelle parole Fransiza spalancò gli occhi incredula, e continuò a interrogare il marito nella propria lingua. I due coniugi andarono avanti per qualche minuto, e dalle loro occhiate fugaci capì che stavano parlando di lui. E la cosa non gli piacque per niente.
Fece un lieve colpo di tosse per attirare la loro attenzione, quindi si rivolse a loro: -Capisco che non vogliate che io sappia cosa state dicendo, ma non mi sembra cortese parlare di qualcuno quando il diretto interessato è qui presente- disse infastidito.
La coppia si zittì all’istante. Si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi Fransiza si avvicinò ad Arno tendendo le mani verso la bambina: -È l’ora della poppata- disse semplicemente.
L’Assassino lasciò che la donna prendesse la piccina in braccio, anche se Yannez non voleva lasciare il suo dito. Fransiza rassicurò la lattante, quindi salutò Arno e salì le scale diretta alla stanza di Madeleine.
 
Arno capì che era arrivato il momento di andarsene, anche se avrebbe voluto vedere Madeleine. Chiese a Briag un pezzo di carta, una penna e dell’inchiostro, e una volta ottenuto tutto il necessario scrisse un biglietto destinato alla giovane.
-Glielo potete dare quando si sarà ripresa?- domandò all’uomo, che accettò la sua richiesta.
-Hai un alloggio?- gli chiese a sua volta Briag. L’Assassino scosse la testa, per cui Briag lo accompagnò fuori dalla porta, percorsero poche decine di metri e si ritrovarono davanti a un grande edificio. Era su due piani e sopra la porta svettava una vecchia insegna lignea che rappresentava un cinghiale con alcune mele davanti alle sue zampe.
-Questo è il “Cinghiale d’oro”, la migliore locanda del villaggio. Vieni, ti offro un po’ di sidro- propose l’uomo.
La locanda era affollata di gente intenta a chiacchierare, ma non appena entrarono i due uomini calò un silenzio di tomba. Arno capì che era dovuto alla sua presenza: notò gli sguardi curiosi della maggioranza dei presenti, mentre alcuni lo guardavano con diffidenza.
Briag ci mise poco a rassicurarli: -Animo, gente! È l’uomo che ha salvato Marie e la bambina!-
L’effetto fu immediato: dopo uno scambio di saluti con i tavoli più vicini, gli avventori ripresero a chiacchierare fra di loro, come se avessero perso interesse per lo straniero accompagnato da Briag.
-Sbaglio, o siete un uomo importante qui?- chiese l’Assassino, stupito. Intanto avevano raggiunto il bancone e Briag aveva ordinato due boules di sidro.
-Diciamo che ho una certa autorevolezza. La mia famiglia era già rispettata in passato, e durante la Rivoluzione ho aiutato parecchia gente. Non mi considero così importante, ma qui le persone difficilmente dimenticano un favore o un’offesa- spiegò.
Le boules di sidro vennero servite da un uomo calvo sulla sessantina, ma che portava folti baffi rossicci. Indossava un ampio grembiule e Arno intuì che fosse il proprietario della locanda.
Briag salutò l’uomo con energia: -Gurwal! Avevo proprio bisogno di te, vecchia volpe!-
Il locandiere ricambiò il saluto: -Ehilà Briag! Come stanno la ragazza e la piccola?-
-Per fortuna bene. Ed è grazie a lui se oggi non piangiamo due vittime innocenti- disse mettendo una mano sulla spalla all’Assassino.
-Ha bisogno di un alloggio, per caso hai una camera libera?- continuò Briag.
-Sicuro! Dico subito a mia moglie di prepararne una- rispose l’oste, quindi si allontanò dal bancone per andare sul retro.
Arno afferrò la sua boule e fece roteare il liquido dorato al suo interno; bevve un sorso e fece schioccare un paio di volte le labbra per tastare meglio il sapore del sidro. Non era la prima volta che lo beveva, visto che Lozach riusciva sempre a procurarsi in qualche modo una bottiglia, ma non gli dispiaceva il sapore leggero e dolciastro e la sensazione di frizzante che lasciava in fondo alla gola.
 
Ormai stava giungendo la sera, e dopo un altro paio di bicchieri di sidro Briag si alzò per andarsene. Arno gli raccomandò il biglietto che aveva lasciato per Madeleine, al che il bretone gli rispose di non preoccuparsi. Lo invitò addirittura a casa sua l’indomani mattina, in modo da poter sapere come stava Madeleine.
L’Assassino lo ringraziò di nuovo e lo salutò, quindi lasciò il posto al bancone e seguì il locandiere verso quella che sarebbe stata la sua stanza per la notte: era arredata in modo spartano, ma almeno il letto sembrava comodo. Pagò l’oste per la stanza e per la colazione il mattino seguente, e il vecchio Gurwal se ne andò soddisfatto.
Finalmente solo, Arno si slacciò gli stivali e li sistemò sotto la finestra; si tolse la giacca, le armi e i guanti e li appoggiò sull’unica sedia e il piccolo tavolo presenti nella camera; infine, rimasto in camicia e in pantaloni, riempì un catino con dell’acqua e si sciacquò il volto stanco, quindi si sdraiò sul letto.
Esalò un lungo sospiro, ripensando a quella giornata così intensa e ricca di avvenimenti. Ancora non riusciva a decidere quale episodio l’aveva sbalordito di più: ritrovare Madeleine dopo così tanto tempo, salvarla in extremis dalla vendetta della Beauchesne oppure scoprire che aveva una figlia. Sperava soltanto di poterle parlare, ma questo sarebbe dipeso soltanto da lei.
 
*****
Briag rientrò in casa sua proprio mentre Fransiza stava scendendo le scale con Yannez in braccio.
-Dov’eri finito?- chiese la donna.
-Ho solo portato Arno al “Cinghiale d’oro”- rispose suo marito.
-Ah, siamo già a questi livelli? Lo conosci solo da poche ore e siete già in confidenza?- ribatté lei.
Il bretone rimase turbato da quella frase: -Perché sei così ostile? Mi ha raccontato parecchie cose, come per esempio che Marie non si chiama in realtà così.-
Briag raccontò in breve ciò che gli aveva riferito l’Assassino, mentre Fransiza picchiettava delicatamente Yannez tra le scapole. La donna ascoltò con attenzione le parole di suo marito, ma sul suo volto rimase un’espressione preoccupata.
-Ascolta, Fransiza. Lo so che è successo tutto in fretta, ma sono certo che Arno abbia detto la verità. Rifletti: se avesse voluto fare del male a Madeleine o alla bambina, lo avrebbe fatto senza problemi- disse, cercando di convincerla.
La donna sospirò: -Non so, Briag. L’ho guardato solo una volta in faccia e non aveva occhi cattivi, ma ho come l’impressione che nasconda qualcosa. Non puoi certo dire che sia un uomo comune.-
-Dovremmo andare a controllare la ragazza. Non si è ancora ripresa?-
Ma prima che Fransiza potesse rispondere, Yannez si lasciò scappare un ruttino piuttosto sonoro.
I due coniugi rimasero spiazzati, poi Briag rise allegramente: -Però! Potrebbe rivaleggiare con gli avventori del “Cinghiale d'oro”!-
-Ti proibisco di verificare questa ipotesi.-
 
Madeleine si sentiva la testa pesante, ma con un grande sforzo riuscì ad aprire gli occhi. Si guardò intorno, disorientata: la luce del giorno era ormai debole, ma riconobbe la propria stanza.
Man mano che riprendeva conoscenza le ritornarono alla mente le immagini degli ultimi avvenimenti: l’espressione feroce della Templare, le lacrime sul volto di Yannez; e ultimo e più sorprendente, il viso preoccupato di Arno. Le sembrava di aver vissuto un sogno sconvolgente, ma il buco del proiettile sul soffitto e una chiazza opaca sul pavimento, dove c’era stato il sangue di madame Beauchesne, la convinsero che era tutto vero.
All’improvviso un pensiero allarmante le venne in mente: cos’era successo dopo l’arrivo dell’Assassino? E dov’era Yannez?
Per fortuna, almeno la seconda domanda ebbe subito risposta: la porta della sua stanza si aprì lentamente e Fransiza fece capolino dalla soglia; tirò un sospiro di sollievo ed entrò insieme al marito, reggendo tra le braccia la bambina.
-Oh, ti sei svegliata! Come stai, cara?- chiese Fransiza, porgendole nel frattempo sua figlia.
Madeleine prese Yannez e controllò che stesse bene, e una volta certa delle sue condizioni le diede un bacio sulla guancia e l’appoggiò al petto.
-Sto meglio, anche se ho avuto molta paura. Cos’è successo?- domandò la giovane.
Fu Briag a rispondere: -Sei stata visitata dal dottore e il becchino ha portato via il corpo della donna che ti ha aggredito. Fransiza si è presa cura di te, mentre io ho parlato con l’uomo che ti ha salvato. E mi ha detto un po’ di cose sul vostro rapporto... Madeleine.-
La ragazza sussultò all’udire il proprio nome. Strinse istintivamente la figlia in braccio, ma i volti dei due bretoni non presentavano segni di rabbia.
Fransiza avvicinò una sedia al fianco della ragazza, vi si sedette e mise una mano sulla sua spalla per rassicurarla: -Sta tranquilla, cara. Immaginavamo che Marie Dubois non fosse il tuo vero nome, e dopo quello che è successo oggi abbiamo capito il perché della tua scelta. Ciò che ci importa è che tu e Yannez stiate bene e che quella donna non vi farà più del male.-
La giovane abbassò lo sguardo: -Mi dispiace di avervi mentito- disse desolata.
Anche Briag si avvicinò al fianco del letto: -Avevi paura e lo capiamo, Madeleine. È stato Arno a dirmelo.-
-Arno? È qui? È ancora qui?- chiese, mentre le sue guance arrossivano appena.
Briag sorrise: -Sì, ha preso una camera alla locanda. E mi ha chiesto di darti questo- rispose, poi le consegnò il biglietto scritto dall’Assassino. La ragazza lo tenne in mano, indecisa se leggerlo subito o dopo, ma decise di aspettare e perciò lo appoggiò sul comodino.
Fransiza riprese il discorso: -Ascolta, Madeleine. Briag mi ha riferito ciò che gli ha detto quel giovane, ma io ho come l’impressione che non ci abbia detto qualcosa di importante. È qualcosa di segreto o puoi dircelo?-
La giovane guardò la coppia, titubante. Non poteva rivelare la verità su chi era veramente Arno, ma almeno accennare qualche dettaglio: -Diciamo che fa parte di un gruppo segreto che combatte contro un altro gruppo segreto, di cui faceva parte la mia ex padrona. È un conflitto che attraversa il tempo e lo spazio, e che temo andrà avanti in eterno.-
Probabilmente non li aveva tranquillizzati affatto, ma almeno sapevano qualcosa di più sull’Assassino.
Briag sbuffò: -Società segrete di qua, altri gruppi di là... L’umanità trova sempre qualcosa per complicarsi la vita!-
 
I tre bretoni risero, ma ben presto i coniugi Jézéquel ritornarono seri. Briag riprese il discorso: -Madeleine, mi è parso di capire che fra te e Arno ci sia stato qualcosa di importante. Ho potuto osservarlo insieme a Yannez e... ho notato una certa somiglianza.-
Fransiza proseguì: -Ne abbiamo discusso e dobbiamo farti una domanda: Arno è il padre di Yannez?-
Madeleine si aspettava questa domanda. Abbassò il capo per osservare sua figlia. Le accarezzò i riccioli ramati e osservò i suoi occhi da cerbiatto: -Sì, Arno è il padre di Yannez- confermò.
Fransiza non riuscì a trattenere un sospiro: -E cosa farai, ora che lui è qui?-
La ragazza distolse lo sguardo, pensierosa. Il suo sguardo cadde sul biglietto dell’Assassino e si ricordò di non averlo ancora letto. Prese il pezzo di carta in mano e lo lesse:
 
Cara Madeleine, spero che quando leggerai queste parole ti senta meglio.
Lo so che dovrai ancora riprenderti da ciò che è successo e che ti starai facendo molte domande. Ma per adesso vorrei fartene una io: vorresti parlare con me, domani?
Posso capire se, dopo tutto quello che è successo, tu non voglia più avere a che fare con me. E rispetterò la tua scelta, qualunque essa sarà. Passerò domani mattina per la tua risposta.
Con affetto, Arno
 
La giovane provò diverse emozioni, dopo aver letto quel messaggio: possibile che Arno non fosse arrabbiato con lei? Ci teneva ancora al loro rapporto? E come avrebbe reagito al legame con Yannez?
Doveva essere rimasta in silenzio per parecchi minuti, perché a un certo punto udì un lieve colpo di tosse che la distolse dai suoi pensieri.
-Vuole parlare con me. Passerà domattina per sapere la risposta- spiegò lei.
Briag e Fransiza osservarono la ragazza e videro che era tesa. La donna fu la prima a intervenire: -Che cosa vuoi fare? Temi che possa essere una trappola?-
-No!– esclamò Madeleine –No, non mi farebbe del male, lo sento. Lo avrebbe fatto prima, altrimenti. Giusto?-
Briag osservò con aria soddisfatta sua moglie, come per dire “Visto, è quello che ho detto io”.
-Vuoi incontrarlo, quindi?- chiese di nuovo la donna.
Madeleine rimase in silenzio, ma in cuor suo sapeva già la risposta.
   
 
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