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Autore: ValeDowney    05/07/2022    3 recensioni
Stephanie Strange , brillante laureanda in Medicina alla New York University, comincia a sentire strette le maglie del camice bianco da neurochirurgo che il padre vorrebbe farle indossare. E se il padre è il famoso Doctor Stephen Strange, allora la faccenda si complica
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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UNA VITA IN GABBIA
 
 

  Capitolo VII: Traumi dal passato


 
Il Doctor Stephen Strange era tra i più rinomati neurochirurghi in circolazione. Tutti richiedevano le sue prestazioni, ma era lui a scegliere il miglior – e complicato – caso. Non ammetteva la semplicità e nemmeno sbagli. Tutto doveva essere perfetto. Anche per sua figlia.
Stephanie era il suo tesoro più prezioso. Nessuno doveva avvicinarsi a lei. La proteggeva – o almeno cercava – da chiunque e qualsiasi cosa.
Dopo la separazione da Christine, aveva ottenuto la totale custodia della figlia, seppur dovesse portarla dalla madre a weekend alterni. La bambina voleva bene a entrambi, ma era chiaramente la cocca del papà.
Una mattina, Stephen stava dormendo beatamente, visto che sarebbe dovuto andare a lavorare più tardi. Non sentì nemmeno dei passetti che si stavano avvicinando e qualcuno che saltò sul letto. Poi una vocina, vicino al suo orecchio: “Papà. Papino. Svegliati, avanti. È ora di svegliarsi”. Ma Stephen non si svegliava. O, almeno, aprì un occhio e sorrise.
La bambina, allora, passò sotto il suo braccio, finché non fu di fronte al viso: “Papà. Dai, svegliati o faremo tardi”. Stephen sorrise e l’abbracciò. Stephanie disse: “Papà, mi stai stritolando”. Stephen aprì gli occhi, per poi baciarla più volte in viso. La bambina ribatté: “Papà, mi sono già lavata il viso”.
Stephen le sorrise: “Buongiorno, cucciola. Come mai già sveglia? Di solito non sei così mattiniera”. E le toccò la punta del naso, facendola ridere.
“Te lo sei dimenticato? Oggi vado dalla mamma. Mi devi portare da lei” rispose entusiasta Stephanie. Il sorriso di Stephen scomparve. A lui non piaceva quando doveva separarsi dalla figlia. Ma non voleva mostrarlo davanti a lei: “Certo che no. Come potevo dimenticarmi una cosa del genere? Su, vatti a preparare, ché facciamo colazione”. E, dopo averla baciata su una guancia, si alzò, prendendola in braccio e, dopo essere uscito dalle coperte, scese dal letto, mettendo a terra Stephanie, che se ne corse in camera sua.
Stephen andò di fronte all’enorme finestra e, dopo aver tirato le tende, l’aprì uscendo sul balcone: New York era ricoperta di neve, ma la temperatura non era molto fredda. Quello sarebbe stato il primo Natale che Stephen e Stephanie avrebbero passato senza Christine. Era da un po' di tempo che i due, ormai, non andavano più d’accordo ma, per il bene della figlia, cercavano di non litigare almeno davanti a lei.
Quando era più piccola, lasciava Stephanie all’asilo nido dell’ospedale dove lui, o Christine, potevano, di tanto in tanto, andare a controllarla. Ora, da un paio di anni, l’avevano iscritta a un asilo non molto distante dall’ospedale dove lavoravano e, a pomeriggi liberi, l’andavano a riprendere.
Quel giorno, invece, era diverso: Christine aveva il weekend libero e la figlia lo avrebbe trascorso con lei, come concordato con il tribunale per i minori. A lui non era mai andata giù questa cosa, ma la legge parlava chiaro: fino al compimento della maggior età, Stephanie non avrebbe potuto decidere da sola.
Rientrò, per poi richiudere la finestra dietro di sé. Andò in bagno a cambiarsi e successivamente raggiungere la figlia, che lo stava già aspettando seduta alla tavola in cucina. Mentre preparava la colazione, la interrogava sulla lezione che avrebbe avuto all’asilo il lunedì successivo. Era la prassi di tutti i giorni. Voleva che Stephanie fosse pronta in ogni cosa e che, ovviamente, fosse anche la più brava di tutti. Christine gli aveva più volte ribadito di non metterle pressione, ma Stephen non aveva voluto sentire ragioni: Stephanie doveva primeggiare sugli altri e, un giorno, avrebbe seguito le sue orme.
“E quanto fa tre più cinque?” le domandò.
“Otto” rispose Stephanie.
“E nove più nove?” chiese.
“Diciotto” rispose nuovamente la bambina.
“Bravissima. Continuando così, potrai fare anche le moltiplicazioni e le divisioni. Roba che i tuoi compagni d’asilo si sognano solamente” disse Stephen, sorridendo, mentre metteva un bicchiere con del succo d’arancia davanti alla figlia e del tè per sé. Poi si sedette accanto a lei che, mentre mangiava una fetta biscottata, domandò: “Papino, tu e la mamma verrete alla recita di fine anno?”.
“Ancora non lo so, cucciola. Lo sai che il nostro lavoro ci mette davanti a giornate e turni molto impegnativi, che ci tengono occupati anche durante le festività. Ma sai una cosa? Per te cercherò in tutti i modi quel giorno di non operare nessuno ed essere lì in prima fila e guardarti con orgoglio” rispose e, avvicinando il viso a quello di lei, si misero fronte contro fronte. La bambina rise, per poi abbracciarlo e baciarlo su una guancia.
Poco dopo, padre e figlia si trovavano in macchina, diretti all’appartamento di Christine. Di tanto in tanto, Stephanie guardava fuori dal finestrino, osservando le varie decorazioni dei palazzi e la gente che correva qua e là in cerca dell’ultimo regalo di Natale.
Stephen la guardò di sfuggita e, dopo aver rivoltato lo sguardo sulla strada, fece un piccolo sorriso. Adorava con tutto il cuore sua figlia. Era  quanto di più bello avesse creato in tutta la sua vita e non se lo sarebbe mai perdonato se le fosse accaduto qualcosa.
“Papino” disse Stephanie.
“Dimmi, cucciola” le disse.
“Secondo te, Babbo Natale mi porterà i regali anche quest’anno?” chiese.
“Ma certo. Perché mai non dovrebbe portarli a una bambina dolce e gentile come te?” domandò.
“Perché quel giorno ho spinto Brittany nel fango, perché aveva detto che il suo papà era migliore di te. Tu sei il miglior papà di tutto l’universo ed anche il miglior chirurgo” rispose Stephanie.
Si fermarono al semaforo. Stephen avvicinò il viso alla figlia, dicendole: “Sai, Babbo Natale vede tutto e sa tutto. Quindi non penso che per questa cosa ti metta sulla lista dei cattivi. Da quanto ne so, invece, questa Brittany ha combinato di peggio. Una bambina di cinque anni con la puzza sotto il naso. Stai tranquilla, cucciola. Anche quest’anno troverai i regali sotto l’albero”. E la baciò sulla fronte. Stephanie rise e il padre riguardò la strada, per poi ripartire dopo che il semaforo ritornò verde.
Poco dopo, arrivarono di fronte all’appartamento di Christine e, una volta fermata la macchina, scesero. Stephanie stava per correre verso il portone, quando Stephen la fermò. La voltò verso di sé, per poi inginocchiarsi di fronte a lei, sistemandole cuffia, sciarpa, guanti e giubbotto.
“Sei sicura di aver preso tutto?” le domandò.
“Sì. Tutto, tutto” rispose, cercando di voltarsi per andare dalla madre. Ma il padre la rivoltò di nuovo verso di sé: “Hai controllato lo zaino?”.
“Sì, stamattina… forse” gli rispose. Stephen alzò un sopracciglio, per poi dire: “Fortunatamente l’ho ricontrollato io e c’era tutto”. Mise le mani sulle sue spalle, aggiungendo: “Sai che mi mancherai tantissimo in questi due giorni. Ma passano alla svelta e domenica sera, dopo aver finito il turno, ti verrò a riprendere. Tu promettimi di fare sempre la brava con la mamma, ma so che lo sei”. E la strinse a sé.
Finito l’abbraccio si rialzò, per poi darle un telefono: “Questo è per le emergenze. Sai già come funziona. Ci sono memorizzati i numeri più importanti e, in cima alla lista, c’è il mio cellulare. Se hai bisogno, non esitare a chiamarmi. Anche solo se stai poco bene” le spiegò.
“Ma anche la mamma è una dottoressa” disse Stephanie.
“Lo so, ma sono più tranquillo se chiami me. Lo sai che voglio solo il meglio per te” disse Stephen, sorridendole e accarezzandola su una guancia. Stephanie gli sorrise a sua volta, per poi voltarsi e andare verso il portone. Si alzò in punta di piedi, suonando il campanello della madre. Dall’altra parte Christine chiese chi fosse e dopo aver sentito la voce della figlia, l’aprì. Stephanie si voltò verso il padre, salutandolo con la mano e, dopo che ebbe aperto il portone, Stephen le disse: “Ti voglio bene, cucciola”.
“Anche io, papi” disse Stephanie e, dopo che il portone si fu chiuso dietro di lei, salì le scale. Stephen sospirò. A weekend alternati era sempre così. Doveva separarsi da sua figlia per un paio di giorni, poi poteva finalmente riaverla tra le sue braccia.
Ritornò in macchina e, dopo averla accesa, si diresse a tutta velocità verso l’ospedale.
Mattina e primo pomeriggio trascorsero serenamente, anche se Stephen, durante le sue pause, aveva già telefonato a Stephanie per sentire come stava andando. La bambina era molto eccitata e Christine volle farle una sorpresa: nel tardo pomeriggio, andarono al centro commerciale dove a attenderli c’era Babbo Natale. I bambini potevano sedersi sulle sue ginocchia e chiedergli ciò che volevano. Ma la fila era molto lunga e Stephanie, come gli altri, non era una bambina molto paziente.
“Ma quando tocca a me? È ore che siamo qua ferme” domandò, mentre teneva per mano Christine, che le rispose: “Ora non esagerare. Tu e tuo padre gonfiate sempre le cose, quando iniziate ad avere poca pazienza. Vedrai che, prima o poi, toccherà anche a te. Basta solo pazientare”.
Stephanie cercò di sbirciare al di là delle persone davanti a loro, ma con scarsi risultati. Finalmente, però, la fila sembrò scorrere, finché davanti a Stephanie e Christine non rimase che una mamma con il proprio figlio.
“Visto, che ti avevo detto? Bastava solo avere un po' di pazienza” disse Christine. Il bambino davanti a loro si sedette sulle ginocchia di Babbo Natale, elencandogli i giocattoli che voleva. Stephanie buffò, picchiettando anche ripetutamente il piede destro a terra, ma suo padre le aveva detto che doveva fare la brava. Così si calmò e attese e dopo un po' toccò a lei. La ragazza vestita da elfo la invitò ad avvicinarsi, mentre Christine si metteva da parte.
Timidamente Stephanie camminò verso il corpulento uomo vestito di rosso e con la barba bianca, che appena la vide le domandò: “Ma che bella bambina. E tu chi saresti?”.
“Sei Babbo Natale. Dovresti conoscere tutti i bambini del mondo, quindi anche me” replicò Stephanie. Christine si morse il labbro inferiore, sperando che la figlia non tirasse fuori il carattere ereditato da Stephen, sempre pronto a sbeffeggiare gli altri, ridicolizzandoli e rendendoli inferiori. Loro due si assomigliavano molto.
“Oh… sì… vero” iniziò imbarazzato l’uomo; poi continuò: “Ma Babbo Natale è molto impegnato e non può sempre ricordare tutto e tutti. Ma tu sei una bambina molto dolce e gentile e sono sicuro che ricorderai ad un vecchio come me il tuo bellissimo nome”.
“Mi chiamo Stephanie Strange e il mio papà, il Dottor Stephen Strange, è il miglior neurochirurgo che ci sia in tutto il mondo. Da grande diventerò come lui” disse con orgoglio Stephanie.
“È una bellissima cosa e sono sicuro che anche il tuo papà lo voglia. A proposito, è qui con te?” le domandò. Stephanie scosse negativamente la testa: “No, al momento è in ospedale che sta lavorando. Però mi ha accompagnato la mamma. Questo weekend lo passo con lei. I miei genitori si sono separati qualche mese fa”. E abbassò tristemente la testa.
Christine stava per andare da lei. Non voleva vederla in quello stato, ma Babbo Natale mise le mani sulle spalle della bambina, dicendole: “Dolce bambina, non devi essere così triste. Sono sicuro che, invece, i tuoi genitori decideranno di passare tutti e tre insieme il Natale”.
“Dici davvero?” chiese, guardandolo.
“Ma certo. Io sono Babbo Natale, no? Ora fammi un bel sorriso” rispose e, dopo che Stephanie ebbe fatto un piccolo sorriso, le domandò: “Allora, che cosa desideri quest’anno? Qualcosa in particolare?”.
“Il mio papà mi compra ogni cosa, quindi penso di avere tutto. Però, vorrei davvero che passassimo il Natale tutti e tre insieme, proprio come mi hai detto. Riesci a farlo?” rispose Stephanie.
“Be’, ci proverò, ma tu mi devi promettere di continuare a fare la brava ed ubbidiente bambina e di non far mai arrabbiare i tuoi genitori” disse Babbo Natale. Stephanie annuì e, sorridendo, disse: “Grazie, Babbo Natale. Ero sicura che non mi avresti delusa”. E, dopo averlo salutato, si diresse verso Christine, riprendendola per mano.
Venne sera e, dopo cena e dopo aver visto un film, Stephanie si trovava nella cameretta che usava quando andava dalla madre. Christine era seduta sul suo letto, sul quale erano presenti anche diversi libri di favole. Ne prese uno, mostrando la copertina alla figlia: “Che ne dici se ti leggo Cenerentola?” Stephanie scosse negativamente la testa; Christine ne prese un altro: “Allora Biancaneve e i Sette Nani?”. Ancora Stephanie negò. A Christine restò il terzo libro: “Niente principesse? Allora il Libro della Giungla. Almeno questo ti piacerà”. Ma la bambina scosse negativamente, per la terza volta, la testa.
Christine depositò l’ennesimo libro, per poi chiederle: “Che cosa c’è, tesoro?”.
“Stamattina ho chiesto a papà se verrete alla mia recita di fine anno. Ha detto che il vostro lavoro vi mette davanti a giornate e turni molto pesanti, che vi tengono sempre occupati. Però mi ha anche promesso che, per quel giorno, cercherà di non operare nessuno e di esserci in tutti i modi, mettendosi in prima fila e guardandomi con orgoglio. Anche tu, mamma, farai la stessa cosa? Per me vorrebbe dire molto” rispose.
Christine le accarezzò i capelli. Poi disse: “Come potrei non esserci anche io? Sei la mia bambina e sarei solamente una cattiva madre se non ti venissi a vedere. Se papà mi vorrà, sarò lì in prima fila con lui. In caso contrario, mi troverò un posto per poterti guardare da abbastanza vicino”.
Stephanie sorrise e, abbracciandola, disse: “Grazie, mammina. Questo sarebbe il più bel regalo di Natale di sempre”.
“Ne sono sicura anche io. Però ora dormi. Oppure, vuoi una storia?” propose Christine. Stephanie si ricoricò, rispondendo: “Raccontami di come tu e papà vi siete conosciuti”.
“Ma l’hai già sentita un sacco di volte” disse Christine.
“Ti prego, ancora una volta. Anche prima papà al telefono mi ha detto che, se fosse stato a casa con me, mi avrebbe raccontato la vostra storia” disse Stephanie.
“Oh, e va bene. Ma dopo a nanna, ché è già tardi” disse Christine e, dopo essersi messa più vicina alla figlia, iniziò a raccontare di come lei e Stephen si erano conosciuti tempo prima.
Domenica mattina arrivò velocemente e, come di consueto, Stephanie ricevette il buongiorno da entrambi i genitori. Il primo fu Stephen, che la chiamò presto, ripetendole più volte che non vedeva l’ora di poterla riabbracciare quella sera dopo il lavoro. Le raccomandò nuovamente di continuare a fare la brava e di ubbidire alla madre.
Stephanie, invece, gli raccontò di aver incontrato Babbo Natale al centro commerciale e di come lui le avesse promesso che avrebbe fatto di tutto pur di far passare tutti e tre il Natale insieme. Stephen non voleva rovinare quel dolce momento alla figlia. Non avrebbero passato il Natale tutti e tre insieme ma, per il momento, sarebbe rimasto in silenzio riguardo alla faccenda.
Christine le preparò una ricca colazione, composta da croissant, fette biscottate con la marmellata e latte al cioccolato. Stephanie le disse che il papà non voleva che mangiasse tutta quella roba. Che per lui era solamente fonte di una cattiva alimentazione e di una malsana crescita. Aggiunse anche che, ogni giorno, il padre la interrogava sulle lezioni che seguiva all’asilo, per prepararla al massimo in ogni cosa. Christine decise che era venuto il momento di aprire un bel libro all’ex marito.
Nel pomeriggio, Christine condusse la figlia al parco. Era parecchio frequentato da diverse famiglie, che giocavano con la neve o, semplicemente, facevano una passeggiata. I bambini, invece, si erano perlopiù radunati attorno al laghetto ghiacciato che, in primavera ed estate, ospitava ochette, anatre e cigni ai quali dar da mangiare. C’era chi avrebbe voluto pattinarci sopra, ma per precauzione il laghetto era stato recintato con dei nastri di sicurezza. Ovviamente, anche Stephanie raggiunse gli altri bambini, trascinando lì la madre.
“Mamma, dai, andiamo a pattinare sul laghetto ghiacciato” disse Stephanie.
“Tesoro, non vedi che non si può? Lo hanno recintato perché è pericoloso” spiegò Christine.
“Allora è pericoloso anche per le ochette che ci nuotano” disse Stephanie.
“Ma no, è pericoloso solamente in questa stagione. Il ghiaccio è molto sottile e, se qualcuno ci va su, rischia di rompersi. Vieni, perché non ci mettiamo da qualche parte e costruiamo un grosso pupazzo di neve?” propose Christine, mostrandole la mano. Controvoglia, Stephanie gliela prese ed entrambe si allontanarono dal laghetto, trovando un posticino un po' lontano dalla folla ed iniziando a costruire diversi pupazzi di neve.
Poco dopo, le due vennero raggiunte da una donna e un uomo, tutto vestito di rosso, e loro figlio: “Christine, quanto tempo” disse la donna. Christine si voltò: “Mary” e si abbracciarono. Erano state compagne di università e molto amiche ed ora i loro figli andavano all’asilo insieme.
“Lui è mio marito Matthew, lavora in banca. Mentre nostro figlio Kody già lo conosci” disse Mary.
“Mamma, io e Stephanie possiamo andare a giocare?” chiese Kody.
“Certo, ma non vi allontanate troppo e, soprattutto, non cacciatevi nei guai” rispose Mary e i due bambini corsero via.
“Stephanie, fai la brava, mi raccomando” le raccomandò Christine, ma ormai i bambini si erano dileguati.
“Oh, Christine, mi dispiace molto che tu e Stephen vi siate separati: eravate una così bella coppia” disse Mary.
“Ultimamente litigavamo spesso. In realtà litighiamo ancora, ma cerchiamo di non farlo davanti a Stephanie. Lui vuole solo il meglio per lei e cerca di portarla su una strada che la farà diventare la migliore neurochirurga. Stephen le vuole un mondo di bene e so che odia separarsi da lei anche per un solo giorno. È molto protettivo nei suoi confronti e posso anche immaginare il perché” spiegò Christine.
Nel frattempo Kody e Stephanie si erano avvicinati al laghetto: “È un peccato che non possiamo andare lì: la mamma dice che è pericoloso. Io volevo pattinare” disse Stephanie.
“Magari in un altro parco hanno installato una pista di pattinaggio. Potremmo chiedere ai nostri genitori se ci possono accompagnare lì” propose Kody.
“Non credo ci sia il tempo necessario. Nel tardo pomeriggio, viene a riprendermi il mio papà. Non vedo l’ora di poterlo rivedere e riabbracciare” disse entusiasta Stephanie.
Si fermarono accanto al laghetto, quando i due vennero raggiunti da un gruppetto di bambini. A guidarli, c’era Brittany: “Guarda chi si rivede: la cocca del paparino migliore del mondo” le disse.
“Non sono la sua cocca!” replicò Stephanie.
“Certo che lo sei. A proposito, dove si trova? Vorrei tanto ringraziarlo per aver insegnato alla sua adorata figlia come spingere le persone nel fango” disse Brittany. Lo sguardo di Stephanie divenne furioso, ma Kody disse: “Dai Stephanie, andiamocene via. Possiamo giocare da un’altra parte”. Cercò di trascinarla, ma la bambina non voleva muoversi.
“Oh guarda, la giovane Strange ha un fidanzatino. Ehi, ti consiglio di girarle alla larga, prima che suo padre lo venga a scoprire. Dicono che a tutti i bambini che le sono stati accanto lui abbia loro cucito gli occhi perché così non la possono più vedere” disse Brittany e gli altri bambini con lei fecero una faccia disgustata.
“Non è vero! Il mio papà è il miglior neurochirurgo che esista e lui non si comporta così! Rimangiati quello che hai detto se no, la prossima volta, oltre a spingerti nuovamente nel fango ti cospargo anche di piume di gallina, proprio come sei tu!” replicò Stephanie.
Brittany la guardò malamente. Si avvicinò a loro, fermandosi di fronte a Stephanie ma, invece di fare qualcosa alla giovane Strange, rubò la cuffia di Kody, il quale cercò di riprenderla.
“Ridagliela!” ribatté Stephanie.
“La volete?” domandò Brittany e, dopo essersi voltata, la gettò sul laghetto ghiacciato; riguardò i due: “Allora andate a riprenderla”. E, con il suo gruppetto, se ne andò.
Kody e Stephanie si affacciarono alla staccionata del laghetto. Stephanie stava per passarci sotto, quando Kody la fermò: “No! Lo sai che non puoi! Hanno messo questi nastri di sicurezza per tenerci alla larga”.
“Ma è la tua cuffia e so che ci tieni tanto. È stata un regalo di tua nonna prima che morisse. L’ha fatta a mano per te” disse Stephanie.
“Non importa. Vorrà dire che prenderò un’altra cuffia” disse tristemente Kody, abbassando lo sguardo, ma lo rialzò quando vide Stephanie oltrepassare la staccionata e camminare sul laghetto ghiacciato.
“Stephanie, torna indietro, per favore” la incitò l’amico, ma la bambina non lo ascoltò. Continuava ad avanzare verso la cuffia; passo dopo passo ci arrivò, riuscendo a prenderla. Si voltò e, sventolando l’oggetto, disse: “Ce l’ho!”.
“Bene, ora ritorna qua” disse Kody, ma appena fece un passo, il ghiaccio sotto di lei si ruppe e Stephanie cadde. Il bambino gridò, non vedendo più l’amica riemergere, quindi corse ad avvertire gli adulti e, quando li raggiunse, spiegò loro cos’era accaduto. Tutti corsero verso il laghetto. Christine chiamava la figlia, non vedendola da nessuna parte. Le si annebbiò la vista e pensò a Stephen quando avrebbe dovuto dargli la triste notizia. Gli si sarebbe spezzato il cuore.
Ma qualcuno si tuffò, per poi riemergere poco dopo con la bambina. Tirarono un sospiro di sollievo. Si era trattato del padre di Kody, che dopo aver depositato Stephanie a terra, avvicinò l’orecchio alla bocca di lei, per poi dire: “Non sta respirando bene. Bisogna portarla subito in ospedale”. Così fecero.
Christine cercò Stephen e, quando lui vide la sua cucciola sopra la barella e con il volto bianco e le labbra viola, fu come se il tempo si fermasse. Risentì un urlo. Una voce maschile che gridava e una figura che cadeva in un lago.
Il tempo riprese a scorrere, quando fermarono la barella accanto a lui. Sorpreso e allo stesso tempo impaurito, domandò: “Cosa è successo?”.
“Stephanie è caduta nel laghetto ghiacciato” rispose Christine. Stephen estrasse una biro e, aprendo prima un occhio della figlia, poi l’altro, illuminandone le pupille, disse: “Non c’è reazione. Sta andando in ipotermia. Dobbiamo riscaldarla”. E iniziò a spingere la barella.
“Voglio venire anche io” disse Christine. Stephen si fermò e, voltandosi verso di lei, replicò: “Tu hai già combinato abbastanza! Sii fortunata che nostra figlia non muoia, se no non puoi neanche immaginare come possa diventare!”. Rivoltandosi, riprese a spingere la barella, accompagnato da un paio di infermieri.
Christine se ne rimase nel corridoio, per poi portarsi una mano sul viso. Se Stephanie fosse morta, Stephen ce l’avrebbe per sempre avuta con lei.
Poco dopo, Christine stava aspettando seduta su alcune sedie in un corridoio separato alla sala d’attesa. Sembrava passata un’eternità da quando Stephen aveva portato via la figlia, poi però lo vide camminare verso di lei. Si alzò e, dopo che si fu tolto la mascherina, disse: “Per ora è fuori pericolo, ma dobbiamo ancora aspettare”.
Christine tirò un sospiro di sollievo; poi però Stephen replicò: “Come è potuto accadere una cosa del genere?! Avresti dovuto tenerla d’occhio!”.
“Lei e un suo amico sono andati a giocare fuori dalla mia vista. Stavo chiacchierando con i suoi genitori. Le avevo anche detto di stare attenta e di non avvicinarsi a quel laghetto” spiegò Christine.
“Non cercare di darle la colpa! È solamente tua per non aver prestato attenzione! E dire che sarei dovuto venire a riprenderla, invece me la ritrovo qua in fin di vita! Mi dici come posso fidarmi ancora di te quando arriverà di nuovo il momento per riaffidartela nel weekend? Come ti è venuto in mente di portarla in un posto altamente pericoloso?!” ribatté Stephen.
“Mi dispiace” disse Christine.
“Un semplice ‘mi dispiace’ non cancellerà ciò che hai fatto!” replicò Stephen e si incamminò. All’inizio, Christine non si mosse, ma poi lo seguì, trovandolo in una camera ed accanto al letto di Stephanie. La bambina dormiva e al suo braccio sinistro era attaccata una flebo, che Stephen stava controllando in quel momento.
Christine se ne stava sulla soglia della porta, non riuscendo a muoversi. Aveva visto tanti pazienti in quelle condizioni ma mai si sarebbe immaginata di vedere anche la figlia su quel letto di ospedale.
“Vuoi entrare o hai paura che ti cacci?” disse Stephen. Christine si mise dall’altra parte del letto. Osservò Stephanie, accarezzandole dolcemente i capelli: “E dire che ieri era così contenta di aver incontrato Babbo Natale. Gli ha semplicemente chiesto di poter passare il Natale tutti e tre insieme”
“Lo so. Lo ha detto anche a me” disse Stephen, guardandola.
“Credi che possa essere possibile?” gli chiese.
“Christine, lo sai in che situazione ci troviamo e sto cercando le parole più adatte per dirglielo. Per il momento, non voglio renderla triste” rispose.
“Potremmo provarci per il bene di nostra figlia. Ti prego, Stephen” disse Christine. Ci fu silenzio; poi si sentì una vocina: “Papino”. Stephen e Christine la guardarono e il padre, sorridendole e mettendole una mano sulla guancia, disse: “Ciao, cucciola, va tutto bene: il papà è qua”.
Stephanie volse lo sguardo verso la madre: “Mi dispiace, mammina. Non volevo disubbedirti. Mi avevi detto di stare lontana dal laghetto ghiacciato, invece io ci sono andata lo stesso”.
“È tutto a posto. Papà si è preso cura di te e presto uscirai da qua” disse Christine, sorridendole.
“È stato Babbo Natale a salvarmi. Prima che svenissi, ho visto un uomo vestito di rosso che nuotava verso di me. Lui è veramente molto buono con tutti e non immaginavo che sapesse anche nuotare. Al Polo Nord devono esserci dei laghi” spiegò Stephanie. Stephen e Christine si guardarono stranamente; poi la bambina, voltando lo sguardo verso la finestra, aggiunse: “Ehi, sta nevicando! Allora Babbo Natale ha esaudito quello che gli ho chiesto ieri al centro commerciale” e, guardando i genitori, disse: “Passeremo il Natale tutti e tre insieme”.
Stephen si avvicinò a lei, dicendole: “Ora cerca di riposare, cucciola. Torneremo fra poco. Chiamaci se qualcosa non va” e, dopo averla baciata sulla fronte, uscì. Christine fece lo stesso, per poi seguirlo.
Poco dopo, Christine stava prendendo un caffè dalla macchinetta, con Stephen accanto a lei, quando i due vennero raggiunti da un uomo ed una donna: “Christine, allora come sta Stephanie?” domandò la donna. Si trattavano di Mary e di suo marito Matthew.
“Per ora è fuori pericolo, però bisogna aspettare. Stephen si è occupato di lei” rispose.
“Ancora non capisco perché si possa essere gettata in quel laghetto. Stephanie è una bambina molto intelligente e pensa prima di agire” disse Stephen.
“Kody ci ha raccontato che è stata una bambina di nome Brittany a prendere la sua cuffia e a lanciarla sul laghetto ghiacciato. Kody aveva detto a Stephanie di non andarla a recuperare, ma lei ha affermato che quella cuffia valeva molto per lui, visto che era stato un regalo fatto a mano da mia madre prima che morisse. Vostra figlia è davvero molto gentile. Ha rischiato la sua vita per una cuffia. Fortunatamente mio marito si è tuffato per salvarla” spiegò Mary.
Stephen guardò Matthew, notando il vestiario rosso. Poi disse: “Ora capisco perché prima Stephanie ha detto che è stato Babbo Natale a salvarla”.
“Grazie ancora, Matthew. Senza di te, ora Stephanie sarebbe…” disse Christine, ma non riuscì a terminare la frase.
“Figurati. Vostra figlia non meritava di morire. Chi l’avrebbe poi sentito il padre?” disse Matthew e guardò Stephen, che non disse nulla.
“Kody ha fatto questo per Stephanie. Ha chiesto se potete farglielo avere” disse Mary, estraendo un foglio di carta con sopra un disegno, consegnandolo a Christine che, sorridendo, disse: “Ma certamente. Glielo daremo dopo”.
I genitori di Kody, dopo averli salutati, si congedarono. Stephen prese il foglio dalle mani di Christine e, guardando il disegno, lesse ciò che c’era scritto: “Guarisci presto, Stephanie. Ti voglio bene. Kody” E questi cuoricini qua, erano proprio necessari? Mia figlia non ha bisogno di spasimanti alla sua età. È ancora troppo giovane”.
“È solo una cotta giovanile” disse Christine.
“Farò in modo che quel bambino stia alla larga da lei. Avessi la magia potrei confinarlo in qualche posto sperduto” disse Stephen. Christine riprese il foglio e, mentre si dirigeva verso la camera della figlia, disse: “Invece, sei solo un neurochirurgo”.
“Allora potrei cucirgli gli occhi, così non potrà guardarla” disse Stephen, seguendola.
Si fermarono di fronte alla camera della figlia. Christine disse: “Mi dispiace che tu abbia dovuto rivivere un doloroso ricordo del tuo passato. È tutta colpa mia”.
“Non ho mai smesso di pensare a lei. Avrei potuto salvarla, invece sono rimasto sul bordo di quel lago ghiacciato, mentre affondava davanti a me. E, quando ho visto la mia Stephanie in quelle condizioni, e mi hai raccontato come è accaduto, mi è sembrato di essere ritornato indietro nel tempo” spiegò Stephen; poi guardò la figlia che si stava guardando intorno e aggiunse: “Stephanie non dovrà più essere fuori dalla mia vista. La terrò sotto stretta sorveglianza. La seguirò durante tutta la sua crescita e farò di tutto pur di proteggerla da qualsiasi cosa. L’ho giurato quando è nata e così sarà”.
“Questo è decidere della sua vita. Del suo futuro. È come se la rinchiudessi in casa per sempre” disse Christine.
“È per proteggerla” disse Stephen, continuando a guardare la figlia.
“Non sono d’accordo. Dovresti lasciarle i suoi spazi o, quando sarà diventata maggiorenne, potrebbe anche ribellarsi contro di te. Vuoi che accada questo? Pensaci bene” disse Christine. Stephen continuò a guardare la figlia. Sospirò. Poi Christine aggiunse: “Stephanie non è tua sorella. Sono due persone diverse e non puoi continuare a darti delle colpe per ciò che è accaduto. Ti fai solo del male per nulla”.
Stephen si voltò verso di lei, replicando: “Non dimenticherò quello che accadde a mia sorella! Stephanie crescerà come dico io e diventerà la miglior neurochirurga che esista. Io e lei opereremo insieme i casi più complicati e tutti ci verranno a cercare. Tu pensala pure come vuoi, ma la mia cucciola avrà solo il meglio!” Rivoltandosi, entrò nella camera, affiancandosi a Stephanie che, appena lo vide, gli sorrise, allungando le braccia verso di lui. Christine li guardava, stando al di fuori. Li vedeva felici. Era bastato stare accanto alla figlia, per far cambiare atteggiamento a Stephen.
Stephanie guardò la madre, sorridendole. Christine le sorrise a sua volta, per poi entrare in camera e raggiungerli. Le mostrò il disegno che Kody aveva fatto per lei e, mentre la bambina lo guardava, gli sguardi di Christine e Stephen si soffermarono l’uno su quello dell’altra. Non potevano continuare a litigare in quel modo e, forse, avrebbero potuto davvero festeggiare il Natale tutti e tre insieme. Solo per il bene della loro bambina.








Note dell'autrice: Buona sera e grazie ancora per tutte le bellissime recensioni. Vi sta piacendo la storia? E vi è piacciuto questo capitolo "puccioso"? Ho voluto far capire del perchè Stephen sia così iper protettivo con l'adorata figlia e, ovviamente, ha dovuto rivivere il brutto ricordo della sorella morta.
Grazie per tutti coloro che hanno recensito; che hanno messo la storia tra le preferite e seguite e anche a coloro che sono passati semplicemente di qua. Grazie davvero di cuore.
Spero che non vi stia annoiando troppo
Un grazie anche alla mia preziosa amica Lucia
Con ciò ci sentiamo al prossimo capitolo
Vi auguro una buona notte ed un buon proseguimento di settimana
Un forte abbraccio
Valentina








 
 
 
 
 

 
  
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