A martin’s, pioveva a dirotto da almeno due giorni.
Frank guardava fuori dalla sua finestra crepata la pioggia con sguardo disinteressato.
Da quelle parti, talmente tanto a nord di Washington da sfiorare il confine con il Canada, le precipitazioni c’erano per il novanta per cento di tutto l’anno.
Martin’s era una cittadella che sfiorava a stento i duecento abitanti, ed era siffattamente isolata che per arrivare alla contea più vicina ci voleva un’intera giornata.
‘Che palle’ pensò.
-Frank!- si sentì chiamare al piano di sotto -devi portare Floppy dal veterinario- disse sua madre, dalla scale. Floppy era il loro dobermann, preso qualche anno fa.
-ma manna!- protestò, infastidito - piove a dirotto! Mi prenderò qualcosa!-. Sentì sua madre sbuffare, poi gli disse, in tono di supplica -e dai Frank. Io non posso, devo pulire.
Frank si lasciò cadere sulla sedia delle sua scrivania, poi disse seccato -E va bene-.
Si tolse il pigiama di Cars e indosso i suoi soliti jeans neri e una consunta e malandata felpa bianca con il logo della Fox, dei tempi in cui suo padre lavorava per essa.
E di quando era ancora con loro, prima di scapparsene con l’amante.
Era un argomento tabù in casa; non si parlava mai degli anni antecedenti a quelli di suo padre, se non strettamente necessario.
Scese le scale, chiamò Floppy mettendogli il suo guinzaglio squallido, e uscì di casa, salutando apaticamente la madre.
Fuori dalla porta, si alzò il cappuccio della felpa e corse verso lo studio del veterinario.
Era un piccolo studio sulla sud-conm everdeen, incassato a forza tra il supermercato e il microscopico studio fotografico di suo zio.
-che giornata di merda- disse, mentre la pioggia gli gelava le ossa.
Il cane all’improvviso si fermò, annusando in giro.
Dall’altra parte della strada, c’era il fitto bosco che circondava tutta martin’s. Il cane doveva aver visto uno scoiattolo, o un gatto, perché inizio ad abbaiare e a tirare il guinzaglio.-forza Floppy- gli disse Frank seccato -andiamo!-.
Il cane, all’improvviso, scattò in avanti trascinando con se Frank, inoltrandosi verso il cuore del bosco.
Quando si fermò, Frank si fece prendere dal panico, perchè non sapeva né dov’erano, né come tornare sulla via del veterinario.
-Oh, ma andiamo!- esclamò ad un certo puntò, sbattendo le braccia sui fianchi.
Una voce dietro di lui, gli chiese -serve aiuto, figliolo?-.
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Il veterinario si riscosse dalla sedia, quando il telefono fissò iniziò a squillare
-pronto?- disse.
-salve, signor Hulton. Mio figlio Frank è lì con lei? Sono preoccupata, il cane a qualche problema?-.
Il veterinario, confuso, rispose -Frank? No, qua non c’è-