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Autore: The Darkness Inside Me    11/07/2022    0 recensioni
Dal testo:
“Coraggio. Un pregio di cui lo Svitato era privo. Tant’è che durante certe sessioni, molte volte, lui stesso suggeriva ai ragazzi di fare un passo indietro nei momenti più critici. Lo disse giusto un paio di sere prima (sembrano passati secoli): “Non c’è alcuna infamia nella ritirata, non cercate di fare gli eroi”. Ma allora cosa stava facendo in quel momento? Possibile che, in nemmeno 48 ore, era cambiato tanto?"
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eddie Munson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The labor of my love

Pedalava. Eddie spingeva in avanti la bicicletta, sferzata dopo sferzata. Lo faceva quasi con violenza, con una forza che mai avrebbe pensato di possedere.

Pedalava, sempre più forte. In condizioni normali le sue gambe si sarebbero letteralmente sciolte: saranno stati gli anni passati a scappare (scappare, cazzo) da tutto ciò che non era mai stato in grado di affrontare. Nonostante il respiro affannoso, non provava dolore, ma solo una forte emozione proveniente dallo stomaco invadergli il petto, la gola, la testa, riscaldandoglieli in maniera sorprendente. Apparve nella sua mente un breve flash di quando provò una sensazione simile: la prima volta in cui suonò la sua amata chitarra. Ricordò di come l’aveva stretta tra le sue mani con una foga delicata, in quanto temeva di poterla danneggiare con niente. Un’anima fragile (alla fine non siamo così diversi).

Pedalava, sentiva il disgustoso fruscio delle creature inseguirlo, senza rendersi conto di quanto effettivo vantaggio avesse su di loro. Stridevano, strillavano, crepitavano. Quando sentì, per la prima volta, il loro verso appena arrivato in questo… mondo, si era paralizzato per un secondo, sbigottito. Gli era penetrato nei timpani, una sensazione orribile lo aveva attanagliato. Sensazione durata una manciata di secondi, spezzata dalla vista di Harrington che stava venendo mangiato da quelli. Abbozzò un mezzo sorriso ricordando come si era lanciato verso di lui, forse la prima volta in cui aveva deciso di non filarsela. Cercò di scacciare quello stridio tentando di pensare a qualsiasi altra cosa, ma l’unico rumore che rimbombava nel cervello di Eddie erano i furiosi battiti del suo cuore (mi prenderà un infarto prima che mi raggiungano).

Pedalava, vedeva in modo nitido davanti a sé nonostante quella porcheria che aleggiava nella dimensione, simile a neve. Ma dove cazzo era finito? Nemmeno nelle sue più geniali campagne si era mai immaginato una roba del genere. I suoi dungeon, i suoi mondi, i suoi universi pullulanti di demoni e mostri sembravano favolette in confronto. Aveva avuto troppo poco tempo per realizzare che era tutto vero e mille volte peggiore, sentendosi un coglione per aver fantasticato di voler combattere le sue creazioni assieme agli altri dell’Hellfire. Era tutto lì, così reale, specialmente Vecna. Eddie ripensò a quella sera con Chrissy, gli occhi ribaltati, il ronzio delle luci impazzite, lo schioccare delle sue ossa. Ripensò a come si era fiondato fuori dal camper (non l’hai aiutata), urlando (l’hai lasciata lì), scappando a perdifiato verso l’auto (sola).

Pedalava, ma di colpo uno dei mostriciattoli lo scaraventò giù dalla bici. Finì qualche metro più in là, e in quel singolo secondo impiegato ad alzarsi realizzò quanto fosse realmente a pezzi. Zoppicava: le gambe, in quel momento, sembravano andargli a fuoco (devi andartene, va’ via). Velocizzò il passo, e senza rendersene conto stava tornando indietro, verso la sua, per così dire, casa.

Ma qualcosa lo bloccò.

Cominciò a ragionare in maniera repentina, quasi febbrilmente.

(Ma cosa vuoi fare, eh?) Eddie lo pensò quasi schernendosi da solo. (Ti farai ammazzare). Già, forse.

Osservò il camper. Sentì, in lontananza, l’eco di una voce provenire da lì: Dustin che lo stava chiamando, probabilmente. Più guardava la casa, più gli occhi vacui di Chrissy colpivano di nuovo la sua mente. E poi, rivide in un lampo la vita con suo zio (avremmo dovuto parlare di più), la sua camera, la sua chitarra. La vita a Hawkins, i bulli, la musica, la droga, l’Hellfire.

Perché lo stai facendo? pensò il ragazzo. Per la città? Non era mai stata casa sua, non l’aveva mai considerata tale. Non quando sembrava che tutti, specialmente a scuola, si impegnassero ad emarginarlo, a trattarlo come un estraneo, qualcosa di alieno. Schizzato, svitato, perfino satanista. Per concludere la sua misera esistenza ad Hawkins, in quel momento non c’era veramente più nessuno che non lo considerasse un pazzo, un mostro, un assassino. Tuttavia, in qualche remoto angolo del suo cervello, riusciva a comprendere la rabbia di Jason: Eddie stesso aveva a stento creduto ai propri occhi vedendo ciò che era successo a Chrissy e a Patrick. Per di più erano entrambi molto vicini a Jason. Quindi, cosa rimaneva da fare di fronte a qualcosa di inspiegabile? La ricerca di un capro espiatorio. E chi meglio di Eddie l’Esiliato avrebbe potuto ricoprire tale ruolo? (da Munson a Manson non cambia molto… Merda, ma ti pare il momento?*)

E allora perché lo stai facendo?
Raramente si era considerato parte di qualcosa. Aveva passato la maggior parte degli anni in compagnia di se stesso, delle sue cassette, della sua chitarra, talvolta facendosi di qualcosa, o vendendola. Se aveva sofferto? Tremendamente, ma non lo aveva mai ammesso né aveva osato confessarlo a qualcuno. Sarà stata un’altra via di fuga imboccata senza pensarci due volte; nossignore, mai e poi mai avrebbe affrontato così apertamente ciò che provava.

In ogni caso, col tempo aveva imparato a fortificarsi grazie, inizialmente, alla sua abitudinaria solitudine. Aveva, inoltre, cominciato a adottare un atteggiamento diverso nei confronti degli altri, quasi provocante, irriverente. Ed il comportamento e aspetto eccentrici erano pian piano divenuti la sua corazza.

Ma poi, inaspettatamente, aveva incontrato qualcuno che poteva definire amico: Jeff e Gareth. Aveva messo su un gruppo con loro; certo, il più delle volte suonavano letteralmente davanti a quattro gatti, ma non gliene importava. Si divertiva da matti. In seguito, si era avvicinato al mondo di Dungeons & Dragons, e ne divenne talmente pazzo da fondare l’Hellfire Club proprio lì, nella scuola, dove tutti lo scacciavano e nessuno lo comprendeva.

Nessuno, a parte le prime – e le uniche - iscrizioni al club. Non erano molte – a parte lui e gli altri, si erano uniti solamente altri tre ragazzini, tra cui uno più assente che presente – ma andava bene così. Sessione dopo sessione, finalmente, era riuscito a creare una connessione anche con loro, e il loro rapporto si era esteso anche al di fuori del gioco. Eddie non credeva di aver mai passato un periodo così bello.

Ma poi, la catastrofe. Chrissy che gli veniva timidamente a chiedere la droga, Chrissy a casa sua, Chrissy che si librava in aria come in quel dannato film dell’Esorcista. Chrissy che si spezzava, di nuovo lo schiocco delle sue ossa. Tra tutta quanta la merda in cui era finito, quel particolare ancora lo terrorizzava a morte. Come avrebbe potuto aiutarla? Ovviamente era scappato, lo avrebbe fatto chiunque (sola). Quando, poco prima, aveva epicamente suonato per distrarre le creature, oltre ad essersi divertito follemente, aveva dedicato il tutto proprio a lei. L’ho fatto per… redimermi? Riscattarmi?

E poi c’era lui, Dustin. Quel ragazzino logorroico (la sua zeppola mi spezza) che non la finiva mai di parlare, ma pieno di un coraggio che Eddie si sarebbe sognato (non cambiare mai). Ormai era sicuro di aver sentito la sua voce pochi attimi prima: era riuscito a tornare lì sotto, probabilmente stava correndo verso di lui. Disarmato, senza nulla.

Coraggio. Un pregio di cui lo Svitato era privo. Tant’è che durante certe sessioni, molte volte, lui stesso suggeriva ai ragazzi di fare un passo indietro nei momenti più critici. Lo disse giusto un paio di sere prima (sembrano passati secoli): “Non c’è alcuna infamia nella ritirata, non cercate di fare gli eroi”. Ma allora cosa stava facendo in quel momento? Possibile che, in nemmeno 48 ore, era cambiato tanto?

Non lo faccio per salvare Hawkins, né tantomeno per fare l’eroe. Non sono un eroe.

Ti stai ammazzando, pensò di nuovo. Sì, lo stava facendo. Doveva attenersi al piano, lo aveva promesso. Questa volta non sarebbe scappato, non voleva farlo. Sarebbe dovuto resistere quel tanto per aiutare gli altri. D’altronde, cosa gli rimaneva da perdere? Non c’era più nemmeno una casa a cui fare ritorno.

Sarà il mio anno.

Si voltò. Alzò la lancia e lo scudo improvvisati (cosa pensavamo di farci con questi, eh Dustin?). Li impugnò in maniera talmente salda che le nocche impallidirono. Gli venne da ridere: conciato così sembrava proprio il paladino di Wheeler.

Fissò lo stormo di pipistrelli: una marea nera, formicolante, si attorcigliava e si contorceva su sé stessa in maniera raccapricciante. Centinaia di migliaia di code aggrovigliate tra di loro, ali che sbattevano, zanne che schioccavano. Si stagliò come un’oscura, sinistra nube contro quel cielo perennemente ingrigito, illuminato di tanto in tanto da qualche saetta scarlatta.

Per un secondo, il tempo stesso rimase sospeso. Il ragazzo deglutì, fece degli ampi, profondi, ma tremanti respiri. Di nuovo quella travolgente sensazione.

È la fine. È la fine. Lo sto facendo. Cazzo Dustin hai visto sono qui. Sono proprio qui. Cristo ne deve valere proprio la pena se quelli non riescono ad ammazzarlo giuro che…

Il flusso di pensieri di Eddie si interruppe. Lo stormo scattò, piombando verso di lui. L’Esiliato cominciò a gridare senza rendersene conto. Non sentiva più il suono della sua mente. E per un altro lungo, interminabile attimo, la sua voce e le strida delle creature si fusero insieme, divenendo un tutt’uno.


“Farewell, I've gone to take my throne above
But don't weep for me
'Cause this will be the labor of my love.” 
- Warriors, Imagine Dragons

 
 
 
*riferimento a Charles Manson, criminale statunitense. Era a capo della setta “Manson Family”, la quale perpetrò una serie di delitti a fine anni 60, tra cui la strage di Cielo Drive. (fonte: Wikipedia)

 
 
 
 
Note dell’autrice: Salve! Ammetto che ormai sono passati 7 anni senza scrivere una riga. Credo che questo si veda nel testo, e quindi chiedo venia! Comunque, il giorno in cui sono usciti gli ultimi episodi della quarta stagione, ho ritrovato anche il mio vecchio account EFP (sarà stato il caso? Il destino?). Da qui è nata subito l’idea di tornare a scrivere, in particolare (scontato, lo ammetto) su come il personaggio di Eddie (uno dei meglio riusciti a mio dire) possa aver affrontato sia gran parte della sua vita che questo preciso e decisivo momento. Pensieri difficili da concentrare in poco spazio, ma anche in poco tempo. L’obiettivo era di dare un’idea del motivo per cui Eddie abbia fatto ciò che ha fatto, e anche di come una vita intera possa passare davanti agli occhi di qualcuno in una manciata di secondi.
Spero tanto di essere riuscita a trasmettere il vero significato della storia, e spero anche che vi sia piaciuta!
Marti.
Ps: le frasi che leggete tra parentesi sono i suoi pensieri. Credevo che renderli in maniera fulminea con questa tecnica fosse l’idea migliore.
   
 
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