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Autore: fiorediloto40    22/07/2022    2 recensioni
Saga non poté evitare che lacrime amare gli attraversassero il volto. Era tutta colpa sua...
L’unica cosa che aveva potuto fare in tredici anni era stato permettergli di vivere lontano dal Santuario, cosicché la sua parte crudele non avesse la tentazione di ucciderlo...ma anche così, ora erano i suoi stessi compagni d’armi a condannarlo...

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I personaggi appartengono a Masami Kurumada, Toei e Bandai.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Aries Mu, Gemini Saga, Gold Saints, Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il grande specchio sul soffitto della camera da letto rifletteva il suo volto pensieroso...e tremendamente stanco. Disteso tra le fresche lenzuola del sontuoso letto, Saga non poteva evitare che le parole di Aphrodite turbinassero nella sua mente caotica.
 
Da quando... Saga? Da quando quel dannato Ariete ha prosciugato quel minimo di sanità mentale che avevi?!
 
Fece una leggera smorfia... nonostante il guardiano dei Pesci fosse il cavaliere a lui più vicino, era evidente come, durante tutti gli anni trascorsi insieme, non avesse compreso l’entità della faccenda.
 
Mu era sempre stato uno dei suoi tormenti. Un tarlo che aveva scavato, giorno dopo giorno, prima nel suo cervello e poi nel suo cuore... in passato per una ragione e, più di recente, per un’altra. Si mosse leggermente, sbattendo dolcemente le palpebre e preparandosi a viaggiare con la memoria.
 
Ricordava perfettamente il giorno della sua nomina a Patriarca, a quarantotto ore di distanza dalla morte di Shion...
 
Molti degli scranni destinati ai cavalieri d’oro erano vuoti, in attesa che i piccoli prescelti dalle stelle fossero pronti per vestire le armature a loro destinate, tuttavia, nessuno come l’Ariete aveva richiamato la sua attenzione. Ed il motivo era che l’Ariete, al contrario degli altri, avrebbe dovuto essere occupato, dato che l’armatura aveva già reclamato come proprio guardiano il ragazzo prescelto... Mu del Jamir.
 
Nonostante Mu avesse solo sette anni, il vaso di Pandora che custodiva l’Ariete d’oro si era aperto al tocco della sua piccola mano solo pochi giorni prima che il Santuario venisse stravolto dal tradimento di Aiolos e dalla morte di Shion. Ironia della sorte, qualcuno aveva azzardato l’ipotesi che il vecchio cuore di Shion non avesse retto all’emozione di vedere il suo giovane allievo diventare cavaliere così precocemente...
 
Saga mostrò un sorriso ironico. Solo uno sciocco o qualcuno estraneo al Santuario avrebbe potuto credere ad una sciocchezza del genere... Shion era un Patriarca giusto, un uomo retto e, a suo modo, anche affettuoso, ma come maestro era estremamente severo e rigido, ed in quegli anni aveva concesso ben pochi sconti al suo piccolo discepolo. Anzi... ricordava benissimo le molte volte in cui aveva dovuto soccorrere Mu privo di sensi, poiché il bambino non conosceva ancora i limiti che il suo corpo imponeva alla riparazione delle armature, ed il suo maestro era decisamente più attendista che interventista. Con tutta probabilità, Saga ignorava che l’atteggiamento di Shion fosse dovuto non ad una mancanza di affetto, perché, al contrario, amava Mu come se fosse suo figlio, bensì alla consapevolezza di avere poco tempo a disposizione, poiché le stelle lo avevano già messo al corrente di quale fosse il suo destino. Comunque, più di una volta si era ritrovato a domandarsi cosa ne sarebbe stato di Mu se sciaguratamente non l’avesse trovato...
 
Fu proprio quella la ragione che lo indusse a tenerlo sottocchio più degli altri. 
 
Va detto che ciò non si rivelò un compito complesso, poiché Mu era un bambino gentile ed estremamente educato, e non era stato difficile prenderlo sotto la sua custodia. E questa cura era stata ricambiata dal bambino con tante soddisfazioni, oltreché con un grande affetto per colui che aveva assunto a secondo maestro e guida.
 
Saga non poteva negare di essersi anche divertito nelle rare volte in cui Mu abbandonava la sua abituale cortesia per mostrare la parte di sé meno amabile, il piccolo Ariete testardo e orgoglioso che, anche se celato, faceva integralmente parte della sua personalità. Se il piccolo tibetano si intestardiva su qualcosa, era impossibile fargli cambiare idea. 
 
E poi c’era quella curiosità, quel bisogno innato di svelare ogni singolo mistero, che era parte del carattere di Mu da quando Saga ne aveva memoria. Non era la curiosità maliziosa di Milo che, da furbo piccolo Scorpione, faceva domande scomode nei momenti meno opportuni mettendo consapevolmente in imbarazzo il suo interlocutore, ma era quel tipo che curiosità che gli faceva spalancare i suoi grandi occhi verdi nell’attesa che gli venisse rivelata chissà quale scoperta.
 
Lo sguardo di Saga si perse tra ricordi lontani.
 
Quando fu annunciata la scomparsa dell’Ariete e del suo guardiano, la prima reazione della sua parte lucida fu di grande preoccupazione.
 
Dove poteva essere andato da solo un bambino di sette anni, cresciuto mai oltre i confini del Santuario, triste e spaventato per la morte del suo maestro?
 
In preda all’angoscia, oltreché al caos che era in quel momento la sua mente, impiegò un po' di tempo per capire dove potesse essere Mu, ma quando le nebbie si dissiparono lasciando filtrare uno spiraglio di luce, gli fu assolutamente chiaro.
 
Rozan. Sebbene non avesse mai avuto il benché minimo contatto con il cavaliere della Bilancia, era certo che dietro la fuga di Mu ci fosse il vecchio maestro. E d’altronde...il legame che condivideva con Shion era talmente forte, che sicuramente doveva essersi accorto immediatamente di ciò che era accaduto quella notte...la notte in cui il cosmo dell’amico si era spento per sempre.
 
Con tutta probabilità, Dohko aveva compreso cosa fosse accaduto, o forse Shion lo aveva avvisato del pericolo imminente... Saga aveva sempre sospettato che tra i due antichi cavalieri ci fosse un legame più profondo della lealtà cavalleresca e della semplice amicizia... fatto sta che il vecchio maestro aveva ritenuto opportuno allontanare Mu dal Santuario il prima possibile, imponendogli di servirlo a debita distanza.
 
Per diversi anni, dovette ammettere che questo non gli aveva creato alcun problema. Per quanta poca simpatia nutrisse nei confronti del cavaliere della Bilancia, sapeva che Mu era in buone mani, nonostante immaginasse quanta diffidenza il maestro avesse inculcato in lui nei confronti del Santuario e di chi lo reggeva; inoltre, dopo qualche anno, ormai cresciuto, il tibetano aveva preso definitivamente possesso della torre di Jamir ereditata da Shion, dedicandosi a tempo pieno alla riparazione delle armature per conto del Grande Tempio.
 
In cuor suo, Saga sapeva quanto ingiusta fosse la preoccupazione che nutriva per Mu rispetto al disinteresse che mostrava nei confronti del povero Aiolia. Il piccolo aspirante all’armatura del Leone era colui che, più di tutti, aveva scontato la pena per colpe non sue. Tenuto ormai ai margini della vita del Santuario, Aiolia continuava ad allenarsi nonostante il disprezzo latente da parte di quasi tutti i compagni, nel tentativo di riscattarsi dal marchio di infamia lasciato da Aiolos. 
 
E la colpa di tutto era sua. Perché Aiolos era la vittima, e lui, la persona più importante e degna di obbedienza, secondo solo alla dea, era il carnefice, l’impostore. Il vero traditore.
 
Una fitta intensa quanto rapida gli trapassò il cranio, costringendolo a sedersi e a tenere la testa tra le mani nel tentativo di controllare il dolore.
 
Non è vero. È stata colpa di Shion. Il posto di Patriarca doveva essere mio, non di Aiolos... io l’ho meritato!
 
E probabilmente era vero. Quello che Saga, però, non aveva mai compreso, era che se Shion aveva scelto Aiolos come successore, era stato solo a causa dell’instabilità che aveva sentito provenire dal Gemelli...se fosse stato mentalmente più forte ed in grado di padroneggiare la sua parte più oscura, Shion non avrebbe neanche esitato nell’affidare a lui le sorti del Santuario.
 
Quando il dolore e le voci nella sua testa si placarono, si distese con cautela, ritrovando di nuovo il suo stesso viso a fissarlo...quasi fosse una presa in giro, l’immagine che lo specchio rifletteva era quella di un volto sereno, che mostrava un’espressione benevola, quasi dolce...l’esatto contrario dell’inferno che infuriava nella sua testa e nel suo cuore.
 
Chiuse gli occhi nel tentativo di controllare nuovamente il respiro, e così facendo la sua mente tornò alla causa dei suoi tormenti...
 
Lunghi anni erano trascorsi al Santuario, e tutte le armature d’oro, ad eccezione del Sagittario, appartenevano ormai ai giovani prescelti, che adempivano ai loro doveri di cavalieri sotto il comando del Patriarca. Più di una volta, il fatto che Mu svolgesse il suo lavoro dal lontano Jamir era stato causa di discussioni tra i suoi compagni, ma Saga, avendo sempre dato il suo benestare a questa situazione, era riuscito a reprimere, almeno in apparenza, qualunque malumore nei confronti dell’Ariete.
 
Finora.
 
Non avrebbe mai potuto immaginare che Aphrodite si sarebbe spinto così oltre, portando tutti i compagni a decidere sulla sorte di Mu. Aveva sempre pensato, sbagliando, che il cavaliere dei Pesci fosse soddisfatto della posizione privilegiata che aveva occupato in quegli anni. Ma evidentemente non era così, ed il motivo era più che ovvio...la gelosia. Ed il perché, all’improvviso, il dodicesimo guardiano fosse diventato geloso dell’Ariete, quando per tanti anni si era limitato, quasi, ad ignorarlo, era stato l’aver notato dei cambiamenti in Saga e nel loro rapporto, cambiamenti databili a partire da un momento ben preciso. 
 
Saga sospirò, mentre i suoi ricordi tornavano a due anni prima...
 
Flashback
 
- Patriarca...c’è un problema... - una delle guardie del tredicesimo tempio spostava nervosamente lo sguardo da un lato all’altro, non sapendo come spiegare alla massima autorità del Santuario che le armature d’argento, che avrebbero dovuto essere assegnate alla fine del torneo previsto per quello stesso giorno, non erano ancora arrivate.
 
- Quale? - la voce di Saga non nascondeva l’irritazione causata dalla disorganizzazione dei suoi uomini.
 
- Le armature...beh...sì...insomma - la guardia stringeva le mani sudate - non sono ancora arrivate... -.
 
- Che cosa???? - Saga si alzò in piedi minaccioso - Com’è possibile? Abbiamo mandato nel Jamir ben quattro guardie a ritirare due armature e non sono ancora tornate?! - la furia era evidente nella voce del Patriarca.
 
La sventurata guardia impallidì, domandandosi perché fosse toccato proprio a lui quel compito ingrato - In realtà sono tornate...questa mattina...è solo che... - portò lo sguardo contrito sul pavimento - non sono riuscite a localizzare la torre del cavaliere dell’Ariete... -.
 
Saga si lasciò cadere sul suo scranno, domandandosi se stesse accadendo davvero... Quattro guardie, addestrate all’interno del luogo che presiedeva, non erano state in grado di trovare un luogo, dopo le spiegazioni ricevute dai cavalieri che vi si recavano normalmente...era chiaro che avrebbe dovuto rivedere qualcosa nell’addestramento dei ranghi minori.
 
Dopo aver liquidato la guardia che gli stava di fronte, decise di recarsi personalmente nell’arena di combattimento, con l’intenzione di capire il da farsi insieme ai cavalieri che si erano occupati dell’organizzazione.
 
Si mosse con discrezione, attraversando il Santuario, come spesso faceva durante le sue frequenti notti insonni, tramite i corridoi sotterranei che collegavano le case al Colosseo, e dei quali gli stessi ori erano all’oscuro, sebbene lambissero tutte le dodici case. Ad onor del vero, era stato grazie alle sue passeggiate notturne che era venuto a conoscenza delle attività notturne della sua élite, in alcuni casi tra la sua élite...
 
Giunto dietro agli spalti dell’arena, un luogo pressoché deserto, si guardò intorno alla ricerca dei cavalieri responsabili del torneo, e non trovandoli, decise di muoversi verso un’area più affollata; tuttavia, quando qualcosa attirò la sua attenzione, si paralizzò per lunghi istanti.
 
A pochi metri dal punto in cui si trovava, vide particelle di materia ricomporsi velocemente in una figura umana...
 
Saga conosceva pochissime persone in grado di teletrasportarsi, ed il solo pensiero lo mandò in confusione... in un barlume di lucidità soppresse il proprio cosmo, ritirandosi tra le ombre delle colonne del Colosseo in attesa di verificare la sua ipotesi.
 
Evitò persino di respirare, mentre le sue palpebre sembravano pietrificate nella loro posizione spalancata. Era passato molto tempo, eppure non ebbe difficoltà a capire chi si stesse materializzando davanti ai suoi occhi in quel momento. A spiazzarlo, però, non fu il fatto di rivedere Mu dopo undici anni, bensì il fatto di vedere cosa Mu fosse diventato durante quegli undici anni...
 
I tratti infantili del piccolo Mu erano diventati i lineamenti dolci ed eleganti del cavaliere dell’Ariete...un volto fine e delicato sul quale spiccavano due grandi occhi color smeraldo dal taglio leggermente obliquo, conferiva a Mu un aspetto esotico estremamente attraente. Ma l’eleganza di Mu non era solo nel suo viso, perché il suo corpo, slanciato e mascolino, appariva aggraziato e forte al tempo stesso, esercitando su chi lo stava osservando un fascino magnetico...
 
Saga era abituato alla bellezza. Da massima autorità del Santuario aveva sempre avuto a sua disposizione le donne e gli uomini più affascinanti...lo stesso Aphrodite, unanimemente riconosciuto il cavaliere più bello, pendeva dalle sue labbra e dai suoi desideri.
 
Eppure...nonostante fosse abituato alla bellezza, si ritrovò ad ammirare, ammaliato, l’uomo che gli stava di fronte. Sì, Mu ormai era diventato un uomo, un uomo bellissimo, tuttavia non era solo la sua avvenenza ad attrarlo magneticamente. 
 
Il tibetano aveva qualcosa che lo rendeva differente da tutti gli altri cavalieri. Saga impiegò un po' di tempo per capire di cosa si trattasse, ma quando lo vide consegnare i due vasi di Pandora contenenti le armature del torneo, comprese immediatamente cosa rendesse l’Ariete così speciale ai suoi occhi, così diverso dai suoi stessi compagni... il sorriso discreto, la gentilezza ferma con la quale si rivolgeva ai suoi interlocutori sebbene fossero di rango inferiore al suo... Mu aveva ancora un’anima.
 
E Saga desiderò ardentemente essere divorato da quei grandi smeraldi curiosi, trangugiato nell’animo e nella purezza di Mu...purificato dalle sue nefandezze, e mondato dalla bestia che, giorno dopo giorno, annientava la sua mente, il suo volere, ed il suo cuore.
 
In una calda mattina di giugno, Mu passò dall’essere un affettuoso ricordo d’infanzia ad ossessione di colui che da bambino aveva ammirato, considerandolo una guida, un maestro, un esempio. 
 
Con grande rammarico di Saga, il tibetano svanì con la stessa rapidità con la quale era comparso, lasciandolo sbalordito, ammaliato, stregato, ma soprattutto insoddisfatto.
 
Quando Aphrodite, che era a capo dell’organizzazione del torneo, seppe come fossero infine arrivate al Santuario le tanto attese armature, si limitò a mostrare una smorfia di noncuranza sul suo bel viso, relegando la comparsa dell’Ariete ad evento di poca importanza. Tuttavia, quando i comportamenti di Saga nei suoi confronti cambiarono e la frequenza dei loro incontri si ridusse drasticamente, non impiegò molto tempo a collegare le cose. Soprattutto, ogni qualvolta nominasse il tibetano, l’aura di Saga oscillava pericolosamente, segno inequivocabile del fatto che ormai la sua mente vivesse nel lontano Jamir. 
 
Stava a lui trovare un modo per riportarla indietro...
 
Fine Flashback.
 
Il ricordo di quel giorno gli portava sempre una pace insperata. Senza rendersene conto, Saga scivolò in un piacevolissimo sonno senza sogni.
 
Torre del Jamir
 
-  Di chi stai parlando? - costringendosi ad una calma che in realtà era ben lungi dal provare, Mu rimase fermo nella sua posizione, fronteggiando Shaka a pochi, pericolosi, centimetri di distanza.
 
- La donna che vive qui con te...dove la nascondi Mu?! - continuando a puntare negli occhi di Mu i suoi zaffiri bellissimi ed infidi, Shaka si avvicinò ulteriormente, riducendo lo spazio tra il proprio corpo ed il tavolo da lavoro dal quale il tibetano stava prendendo alcuni attrezzi.
 
Una donna? Mu si impose di ragionare rapidamente, sebbene la situazione, oltreché rischiosa fosse anche imbarazzante, considerata la vicinanza del sesto guardiano.
 
Se Shaka pensava che lì vivesse una donna voleva dire averlo già distratto da Kiki, e questo, da un lato, lo tranquillizzava, tuttavia...come se potesse leggere nei suoi pensieri, non poteva neanche tollerare che il compagno lo immaginasse vivere tranquillo e spensierato, quando invece era esattamente il contrario.
 
Viveva da ormai tredici anni in un eremitaggio imposto dagli eventi, o meglio, da qualcuno che aveva deciso per molti altri, serviva il Santuario sebbene non avesse alcuna considerazione di chi lo reggesse né di coloro che si erano uniformati al suo volere, riparava le loro armature nonostante lo considerassero un traditore, e da otto anni si prendeva cura del suo discepolo affinché i doveri del cavaliere dell’Ariete fossero garantiti anche nel caso in cui fosse venuto a mancare all’improvviso. 
 
In realtà, a ben vedere, stava dando troppo peso a ciò che Shaka pensava di lui; in fin dei conti, l’indiano era uno di quelli che, più di tutti, si era conformato all’autorità del falso Patriarca, ne eseguiva gli ordini senza battere ciglio, dunque avrebbe dovuto essere tra coloro meritevoli di biasimo, eppure...attribuendo la ragione al suo innato senso di giustizia e verità, ed ignorandone il vero motivo, in quel momento desiderò più di ogni altra cosa chiarire l’equivoco.
 
Optò prontamente per un compromesso...avrebbe detto la verità, o meglio, una parte di essa. 
 
- Non nascondo nessuna donna... - armandosi di una serenità che non aveva, parlò fronteggiando lo sguardo intenso di Shaka - Sai meglio di me che i nostri doveri non lasciano spazio ad altro che non sia servire la dea...tuttavia... - si prese qualche secondo per riflettere su quello che stava per dire - ...se avessi una relazione con qualcuno, donna o uomo che fosse, sarebbe indegno da parte mia anche solo pensare di nasconderlo... -.
 
Neanche la più piccola indecisione attraversò gli occhi di Mu mentre pronunciava quelle parole. Shaka scrutò attentamente ogni impercettibile espressione del bellissimo viso che lo fronteggiava apertamente, trovandovi nient’altro che sincerità. E questo non lo stupì affatto. 
 
Alcune delle parole pronunciate da Mu riecheggiavano nella sua mente... donna o uomo che fosse...
 
Dunque Mu non escludeva la possibilità di innamorarsi di un uomo?
 
In più di un’occasione, durante le sue meditazioni, Shaka si era interrogato su quali fossero le preferenze di Mu. Il fatto che fosse andato via dal Santuario in giovane età non lasciava spazio ad alcuna certezza...
 
Lentamente, ed a fatica, si allontanò dal tibetano lo spazio necessario per restituirgli un minimo di mobilità, sebbene la distanza che li separava fosse ancora molto ridotta. In realtà, preso dalla sua stessa rabbia, aveva fatto quello che gli riusciva meglio fare... imporsi, non rendendosi conto di essere praticamente addosso a Mu. Tuttavia, a differenza dell’imperturbabilità che normalmente non gli consentiva di provare alcun tipo di sentimento, rimase interdetto quando si rese conto di come il suo corpo reagisse alla vicinanza con l’Ariete... il battito accelerato del suo cuore, quel calore che lo percorreva da capo a piedi insinuandosi nelle fibre dei suoi muscoli, il leggero rossore che ne derivava. 
 
Prendendo consapevolezza di quello che stava accadendo, Shaka decise, a malincuore, di fare qualche passo indietro, staccandosi completamente dal compagno, e cercando di mettere ordine nella sua testa e nel suo cuore. Che brancolavano nel buio più totale. 
 
Sapeva, sentiva che Mu aveva detto la verità, eppure... era certo di aver sentito la presenza di qualcun altro nella torre...
 
Intuendo i suoi pensieri, Mu ruppe il silenzio, districandosi nel labile confine tra il bisogno di dire la verità e la necessità di tenere Kiki al sicuro. 
 
- Solo una donna ha messo piede nella torre, e non per la ragione che stai pensando... - avendo maggior spazio, Mu ritrovò la sua naturale compostezza, parlando al compagno che continuava a scrutarlo con attenzione - lo scorso inverno c’è stata un’epidemia nel villaggio che si trova ai piedi della montagna in cima alla quale siamo ora - indicò con la mano lo spazio esterno che si intravedeva da una piccola finestra alle sue spalle - gli animali si stavano ammalando e la gente rischiava di perdere la sua principale fonte di sussistenza... - abbassò leggermente lo sguardo ricordando quei giorni di apprensione - sapendo che nella torre del Jamir dimora un cavaliere al servizio di Atena, gli abitanti hanno chiesto il mio aiuto -.
 
Shaka si mosse impercettibilmente, continuando a mantenere la concentrazione sulle parole del tibetano.
 
- Ho trascorso diversi giorni e notti cercando di capire quale fosse la causa dell’epidemia, e quando finalmente l’ho trovata ho potuto preparare i rimedi necessari per guarire gli animali - Mu appoggiò le mani sul tavolo dietro di lui - qualche giorno dopo, in segno di ringraziamento, la donna più anziana del villaggio è venuta alla torre a portare doni da parte di tutti...i discendenti del popolo lemuriano hanno un cosmo molto potente, soprattutto gli anziani, che utilizzano anche nelle loro attività quotidiane...probabilmente ce n’è ancora traccia nei regali che mi ha portato... -.
 
Shaka si limitò ad ascoltare. Non percepiva traccia di menzogna nelle parole di Mu. Eppure...c’era qualcosa che non tornava...
 
- Se non mi credi puoi scendere al villaggio - Mu intuì i pensieri dell’indiano - per confermare se ciò che ti ho raccontato corrisponde alla realtà - alzò le spalle con noncuranza...pur non essendo la verità che Shaka stava cercando, aveva raccontato un evento accaduto realmente durante l’ultimo inverno... nell’evenienza che la Vergine avesse davvero voluto controllare.
 
Ma Shaka non rispose. Dopo avergli rivolto un’ultima, carica, occhiata, girò le spalle avviandosi verso la scala che portava ai piani superiori.
 
- Penso che tu abbia quasi terminato. Ti aspetto di sopra per tornare al Santuario -. 
 
Senza farselo ripetere due volte, Mu si affrettò a prendere gli ultimi attrezzi per poter lasciare quel luogo il prima possibile. Preoccupato dal fatto che Shaka si aggirasse da solo nella torre, non poteva dargli il tempo di riflettere o avrebbe capito, esattamente come aveva capito Camus prima di lui. 
 
Apparentemente l’indiano sembrava aver creduto alla sua storia, non aveva battuto ciglio, il suo tono di voce non aveva tradito alcuna emozione, eppure... qualcosa dentro Mu diceva che quella storia non sarebbe finita così...
 
Santuario
 
- Idiota...sono davvero un idiota! - seduto sul divano, i gomiti appoggiati sulle ginocchia, Milo si strofinava nervosamente il viso, fermandosi di tanto in tanto a fissare il vuoto.
 
- Dimmi qualcosa che non so... -.
 
Milo si voltò di scatto, mostrando una smorfia quando vide Aiolia, appoggiato pigramente allo stipite della porta, guardarlo con un sorriso sbilenco stampato sul volto.
 
- Che fai... ti diverti a spiarmi, gatto? - fingendosi infastidito, Milo indicò con la testa il posto accanto a lui, facendo cenno ad Aiolia di sedersi.
 
Lo Scorpione era uno dei pochi cavalieri d’oro, insieme a Mu e Aldebaran, a condividere un’amicizia con il quinto guardiano.
 
- A dire il vero avrei molte altre cose da fare, decisamente più interessanti, che spiarti... - Aiolia si sedette girandosi per guardare l’amico - ma, non avendoti visto oggi nell’arena per il solito allenamento, ho pensato che non stessi bene... - lo guardò attentamente, e le occhiaie di Milo gli dicevano che aveva ragione.
 
Milo abbozzò un sorriso... gli piaceva il fatto che Aiolia si preoccupasse per lui. Ad onor del vero, a parti invertite avrebbe fatto lo stesso, tuttavia, non avrebbe ceduto così facilmente alla confessione.
 
- Quali cose interessanti? - un’espressione maliziosa vestì il suo volto - Del tipo... guardare di nascosto l’allenamento di un cavaliere d’argento di nostra conoscenza? -.
 
Aiolia sentì il suo viso bruciare di vergogna...come accidenti faceva Milo a sapere del suo interesse per Marin?!
 
Tuttavia, non si lasciò prendere in giro. Quando non aveva voglia di parlare, Milo utilizzava il sarcasmo e la malizia per sviare l’attenzione dai suoi problemi, e questa volta non stava facendo eccezione.
 
Prendendo un respiro profondo, si sforzò di restare calmo. - Smettila di dire idiozie...e parla! - disse incrociando le braccia in attesa.
 
Milo sospirò, prima di girarsi verso l’amico rivolgendogli un sorriso triste e sincero.
 
- Ho fatto una cazzata, Aiolia...una cazzata gigantesca... -. Ma prima che potesse spiegare, il Leone lo anticipò.
 
- C’entra il re del ghiaccio vero? -.
 
- Come diavolo fai a saperlo?! - Milo guardò Aiolia sorpreso.
 
- Semplice... - Aiolia si limitò ad alzare le spalle - ...quando si tratta di Camus fai sempre delle cazzate gigantesche! -.
 
- Sono così ovvio? - un’espressione di disgusto attraversò il bel viso dello Scorpione, provocando una leggera risata nel suo interlocutore.
 
- Non è questo... - rispose Aiolia divertito - ...siamo amici... per me è evidente che sei innamorato di Camus da una vita, così come tu hai notato il mio interesse per Marin! -.
 
- Lo ammetti allora! - Milo puntò il dito contro l’amico che si limitò a fargli una smorfia.
 
- Non vedo perché dovrei nasconderlo...soprattutto a te - Aiolia roteò gli occhi infastidito - e comunque piantala di cambiare argomento e dimmi che accidenti hai combinato! -.
 
Milo rivolse gli occhi al pavimento parlando con un filo di voce. - L’ho baciato... -.
 
- E? - Aiolia allargò le braccia in attesa che continuasse - Non mi sembra una grande idiozia... -.
 
- A tradimento Aiolia...l’ho baciato a tradimento... - Milo gesticolava nervosamente - l’ho baciato perché ero geloso della sua amicizia con Mu, l’ho baciato perché si comporta sempre come se gli dessi fastidio, l’ho baciato perché mi fa sentire un intruso nella sua vita... -.
 
- In pratica lo hai baciato per varie ragioni, tranne per l’unica per la quale avresti dovuto farlo... - lo interruppe Aiolia, guadagnandosi lo sguardo sorpreso del compagno.
 
- Io...io...non... - Milo non sapeva cosa rispondere - non volevo che fosse così...e adesso Camus è furioso! - si passò una mano tra i capelli sospirando rassegnato.
 
- Per quel poco, anzi, pochissimo che so di Camus, dubito che sia furioso - il Leone attirò nuovamente l’attenzione di Milo - penso piuttosto che si senta umiliato...d’altronde...non lo hai baciato per amore...lo hai fatto per punirlo... -.
 
Milo aggrottò le sopracciglia in un’espressione di dolore. Sentì una mano sulla spalla, mentre una lacrima scendeva lentamente rigando il bel viso abbronzato. Aiolia aveva ragione...in quel bacio non c’era niente che assomigliasse anche solo lontanamente al sentimento che provava da sempre per Camus...
 
 
Ai piedi della scalinata che portava alle dodici case, la distorsione spazio temporale annunciò il ritorno di due cavalieri.
 
Shaka barcollò leggermente, ma, prima di perdere l’equilibrio, sentì le mani di Mu sostenerlo prontamente. Avrebbe voluto, con tutta la ragione che possedeva, staccarsi da quel contatto, ma il suo corpo, ben più saggio di lui, si rifiutava di ascoltare la sua mente.
 
- Quando arriverai al tuo tempio cerca di riposare un po’ prima di cominciare la meditazione - Mu ruppe il silenzio - teletrasportarsi comporta sempre un grande dispendio di energie -.
 
- Delle tue sicuramente...io non ho fatto molto... - Shaka alzò leggermente le spalle sottolineando come lo sforzo maggiore fosse quello del tibetano.
 
Mu assentì piegando la testa leggermente di lato e facendo un piccolo sorriso - Comunque non è piacevole...il corpo ne esce sempre provato...so che non vedi l’ora di riprendere la tua meditazione ma riposati...non fare il solito Shaka... -.
 
Anche mentre lo diceva avrebbe voluto mordersi la lingua. Il solito Shaka... Che accidenti ne sapeva di come fosse Shaka? Aveva un tenero ricordo dell’indiano da bambino, o meglio...un tenero ricordo che, crescendo, era diventato qualcos’altro...ma Mu aveva sempre attribuito il cambiamento dei suoi sentimenti al fatto di aver idealizzato l’amico lontano. La realtà era che non aveva la benché minima idea di cosa fosse diventato. Anche se...le voci che gli erano giunte alle orecchie, soprattutto da parte di Aiolia e Aldebaran, non lasciavano molto spazio all’immaginazione. E per quanto Mu fosse una persona poco propensa ad accettare giudizi sugli altri senza averli prima constatati di persona, sapeva che Shaka era diventato un fedelissimo del Patriarca, elevato addirittura al ruolo di consigliere. Con tutta probabilità, era uno dei cavalieri che si poneva meno domande sulla legittimità della causa che aveva sposato.
 
- Perdonami - Mu tornò serio, la sua voce suonava malinconica - non ho alcun titolo per dirti cosa fare -.
 
Dopodiché si incamminò verso la scalinata, con l’intenzione, o per meglio dire, il dovere, di salire al tempio patriarcale per riferire sulla missione.
 
Per qualche secondo Shaka rimase statico. Non avrebbe saputo spiegare perché, ma, per alcuni istanti, il suo cuore aveva aumentato la velocità dei battiti...una sensazione provata raramente nella sua giovane vita dedicata interamente al cavalierato. Era stata breve, ma nella sua fugacità si era sentito vivo. 
 
Felicità. Per un breve istante, Shaka si era sentito felice.
 
Tornando in sé raggiunse Mu, che era ormai arrivato ai piedi della scalinata.
 
Percorsero la salita in assoluto silenzio, la qual cosa non era una novità né un incomodo. Di tanto in tanto, con la coda dell’occhio, Mu osservava le espressioni del sesto guardiano, tuttavia, l’immagine che la Vergine gli rimandava era di consueta, assoluta, impassibilità.
 
Quanto meno era così all’esterno, perché, internamente, Shaka era in preda alla confusione. Erano successe troppe cose in uno stesso giorno...accadimenti che toccavano corde profonde del suo animo, segreti che lui stesso aveva soffocato liquidandoli come fatti di scarsa importanza, poiché lo portavano su un terreno a lui poco familiare e pericolosamente sdrucciolevole. I sentimenti.
 
Nel caos che era la sua mente, non gli sfuggì tuttavia la sensazione di conforto che provava avendo l’Ariete accanto a sé. Il benessere era paragonabile al tepore di una casa accogliente in pieno inverno, e questo gli piaceva molto, lo appagava. Allo stesso tempo, però, quella stessa vicinanza lo turbava, portandolo a desiderare un contatto maggiore...
 
Quando arrivarono al tempio dell’Ariete, Mu si congedò per portare i suoi attrezzi nella fucina che si trovava al piano interrato del luogo. Convinto che Shaka avesse proseguito verso la sua casa, rimase sorpreso quando lo trovò nella sua cucina, in piedi, ad attenderlo.
 
Vedendo lo stupore sul suo viso, Shaka anticipò la risposta alla domanda che Mu avrebbe fatto - Dobbiamo fare la stessa strada, quindi mi è sembrato opportuno aspettarti... -.
 
Nonostante avesse gli occhi chiusi, Shaka osservò attentamente l’ambiente circostante. Mu era tornato solo da pochi giorni, eppure quel luogo trasudava la sobrietà e l'amabilità che erano sempre state tipiche del tibetano. Non mostrando nulla all’esterno, sorrise dentro di sé...pur essendo un luogo semplice e discreto, quel posto sapeva di casa...
 
Con quella calda sensazione nel petto, Shaka si avviò verso l’esterno per riprendere la salita che avrebbero percorso insieme fino alla sesta casa, quando si sarebbe congedato da Mu per permettergli di recarsi dal Patriarca.
 
Attraversarono i templi indisturbati, poiché la maggior parte degli ori era ancora al Colosseo ad allenarsi, e questo si rivelò un bene per entrambi...per Shaka, poiché non amava conversare con i compagni d’armi, ritenendo alcuni di loro piuttosto fastidiosi, e per Mu, perché era ancora fortemente a disagio nel rapportarsi con gli altri cavalieri, a maggior ragione sapendo che lo consideravano un traditore.
 
Perso nei suoi pensieri che tornavano in maniera sporadica sugli accadimenti della giornata, Shaka tornò alla realtà quando vide Mu, fermo accanto a sé, guardarlo in attesa. Solo in quel momento si rese conto di essere innanzi al suo tempio. 
 
Non sapendo come congedarsi, rimasero entrambi statici per diversi secondi senza sapere cosa fare, prima che la Vergine si decidesse a rompere l’ingombrante silenzio.
 
- Seguirò il tuo consiglio... - la voce riecheggiò nel silenzio dell’imponente tempio - riposerò un po' prima di riprendere la meditazione...buona serata Mu - e, senza aspettare una risposta, voltò le spalle per immergersi nella luce fioca delle sue stanze.
 
Mu rimase immobile per qualche secondo contemplando la bionda chioma del sesto guardiano muoversi con grazia al suo passo. Un piccolo sorriso adornò il suo volto...Shaka della Vergine, l’uomo più vicino agli dei, il consigliere del Patriarca, accettava un consiglio da un umile fabbro?
 
Scuotendo leggermente la testa divertito, si incamminò nuovamente per sbrigare l’ultimo dovere della giornata.
 
Quanto gli pesava dover rendere conto all’uomo che occupava indegnamente il posto che era stato del suo maestro, all’impostore, al vero traditore, tuttavia...non poteva permettersi alcuna iniziativa, il vecchio maestro era stato chiaro...avrebbe dovuto attendere l’arrivo della presunta Atena.
 
Nonostante apparisse calmo e sereno, Mu era stanco per la giornata e turbato per ciò che stava per accadere...con l’animo inquieto, arrivò presto, troppo per i suoi gusti, alle porte del tredicesimo tempio.
 
La totale assenza di sorveglianza non fece altro che impensierirlo ulteriormente. Il luogo, abitualmente brulicante di guardie e servitù, era insolitamente deserto e silenzioso...
 
Quando l’imponente portone si aprì prima ancora che Mu annunciasse la sua presenza, il tibetano mise in allerta tutti i sensi sui quali aveva il controllo, poiché quello che stava accadendo non aveva nulla di normale.
 
- Bentornato Ariete... - sebbene appartenessero ad una ritualità di cortesia, quelle semplici parole, riecheggiando cupe e grevi tra le buie pareti del tempio, avrebbero gelato il sangue nelle vene di qualunque comune mortale. Cosa che, però, l’Ariete non era.
 
Senza mostrare alcuna emozione, Mu si avviò verso il suo scranno, facendo risuonare i calzari della sua armatura nell’inquietante silenzio del luogo.
 
Nel frattempo, a diversi templi di distanza, Shaka finì di vestirsi dopo il breve bagno che si era concesso per rilassarsi dopo la giornata trascorsa. Si stava muovendo in direzione del loto di pietra, per tornare alla meditazione che, ne era certo, fosse l’unico modo per calmare il caos nella sua mente, quando all’improvviso si fermò, mettendosi in posizione di guardia. 
 
Riuscì a percepirlo nitidamente...
 
Un cosmo più cupo delle tenebre era presente nel Santuario, avvolgendo nella sua oscurità ogni barlume di luce. Shaka ricordava perfettamente di averlo già percepito, quella stessa notte, quando aveva respinto la forza inquietante che aveva tentato di insinuarsi nella ragione del primo guardiano...
 
Pur non avendo idea di quale fosse la fonte radiante di quel cosmo, comprese subito a chi fosse destinato. Rendendosi conto di non avere il tempo materiale per poter raggiungere Mu, si sistemò sul loto di pietra raggiungendo quasi subito uno stato di meditazione profonda, allertando i sensi ed i riflessi...
 
- È un bene che tu abbia fatto in fretta, Ariete... - nonostante il tono di voce agghiacciante, le mani di Saga tremavano leggermente - ...molte armature necessitano dei tuoi servigi... - vide Mu puntare lo sguardo sulle sue mani - ...quando hai intenzione di cominciare? - domandò più per distrarre il tibetano che per reale interesse.
 
- Non appena tornerò al mio tempio - la voce di Mu suonò asciutta, totalmente priva dell’usuale nota gentile - Per cui, se il Patriarca me lo concede... - si percepì nettamente il fastidio nel pronunciare quella parola - ...mi congedo per tornare ai miei doveri... - naturalmente non seguì l’inchino che normalmente i cavalieri riservavano alla massima autorità del Santuario.
 
Trascorso qualche secondo senza ottenere risposta, Mu interpretò il silenzio quale benestare e, voltate le spalle, si incamminò diretto verso l’uscita. Era già arrivato a buon punto, quando poche, brevi parole, pronunciate con un tono di voce così cupo da far risuonare a vuoto i colpi che il suo cuore cominciò a battere contro il petto, lo paralizzarono sul posto.
 
- Non prima di domani mattina Ariete... -.
 
Sbigottito, Mu si voltò per affrontare il falso Patriarca, facendo istintivamente un passo indietro quando lo trovò a pochi centimetri dal suo corpo. La sua folta chioma color nero intenso era striata di grigio, mentre due tizzoni furiosi, al posto degli occhi, minacciavano di divorarlo fino alle ossa. Con una mano, Saga prese delicatamente una ciocca di capelli del tibetano portandola al naso per inalarne il dolce profumo...
 
- Ti ho scelto...questa notte sarai tu la mia compagnia...che ti piaccia o no Mu dell’Ariete... - le ultime parole sottolineate lentamente.
 
Non capendo il significato di quel che ti piaccia o no, Mu si allontanò muovendo all’indietro alcuni passi, non perdendo di vista ciò che stava succedendo. Aveva sempre sospettato che il tradimento di Saga fosse stato causato dalla possessione di una parte oscura che dimorava nel suo animo, ed era chiaro il fatto che si trovasse dentro uno degli attacchi più feroci della sua personalità...ma doveva trovare il modo di uscire da quel luogo il prima possibile...
 
- Non farò niente del genere... Saga... - sperando di evocare in lui un minimo di lucidità, Mu lo chiamò per nome, ed in quel momento, l’aura oscura di Saga vacillò pericolosamente, facendogli rilasciare un gemito di dolore. Per un momento, ma fu solo un attimo, udì la voce di Saga, quella che ricordava...ma, sebbene questo lo commuovesse, era conscio di non poter indugiare, né di potersi fidare.
 
Continuando a procedere all’indietro, ostentando una calma che era solo apparente, Mu cercò di valutare quanto distante fosse l’uscita, realizzando, con profondo rammarico, i metri che gli mancavano per allontanarsi da quel luogo. Non avrebbe ingannato Saga, o qualunque cosa fosse al suo posto in quel momento...
 
Concentrato sul pensare a come uscire da lì senza scatenare una guerra di mille giorni, Mu non si accorse di cosa stesse effettivamente facendo il falso Patriarca... mantenendo il suo stesso passo, lo seguiva impedendogli di allontanarsi, e le braci visibili da dietro la maschera sembravano quasi schernirlo, mentre, lentamente, alzava la mano destra puntando il dito indice contro di lui. 
 
Il cosmo di Saga opprimeva con la sua oscurità tutto il luogo.
 
L’Ariete non aveva idea di cosa significasse quel gesto... pensava che stesse per parlargli, forse ribadire l’ordine dato pochi istanti prima, tuttavia, quando sentì il suono di una risata riecheggiare in tutta la sua follia nel silenzio sordo del tempio, un rivolo di sudore rotolò velocemente lungo la sua spina dorsale.
 
- Satana imperiale! -.
   
 
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