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Autore: Iaiasdream    03/08/2022    0 recensioni
Vincenzo Gargano, ricco novantenne proprietario terriero, muore lasciando tutti i suoi averi al figlio Diomede e ai due nipoti Stefano e Carmine, a patto che a scadenza di un anno dalla sua morte, uno dei due prenda moglie.
Per non rischiare di perdere tutto, poiché Stefano dieci anni addietro tagliò i ponti con l'intera famiglia, Diomede cerca di affrettare i tempi accettando la proposta di sua cugina Rita Ferrara, facendo sposare Carmine con la procugina Marella.
Il giovane, però, è contrario, poiché innamorato di Arianna, figlia adottiva del cugino di suo padre, da tutti chiamata Aria.
Carmine sembra propenso a non voler piegarsi a quel obbligo e decide con la sua amata di scappare insieme, ma il destino sembra essergli avverso e proprio il giorno previsto per il matrimonio, degli imprevisti inaspettati cambieranno i loro progetti.
A complicare la situazione è anche il ritorno di Stefano, il quale porta con sé un segreto che riguarda Arianna e che insieme dovranno scoprire poiché prima di morire, Vincenzo era propenso a rivelare qualcosa di sconvolgente.
Tra misteri, intrighi e passioni, non mancherà il forte sentimento che travolgerà i due giovani.
Tutti i diritti sono riservati
Genere: Erotico, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Capitolo 11
 
Quel sabato si era presentato con un sole splendente e il cielo era privo di nuvole. Era giorno di mercato a Murgella e, ormai da anni, Corso Cavour venne allestito da due file parallele di bancarelle.
I mercanti esponevano la loro merce, strillando all’aria ciò che offrivano per catturare l’attenzione dei passanti. Donne anziane, alcune a braccetto delle proprie figlie o nipoti, altre sole, trascinavano carrelli con borsoni per contenere i propri acquisti, che si limitavano solo a frutta e verdura; le ragazzine si nascondevano tra gli stand di abbigliamento per comprare o tutt’al più osservare la nuova moda estiva. Inoltre c’era chi passeggiava senza alcuna intenzione di spendere soldi, solo per il semplice gusto di godersi la bella giornata e chiacchierare. Tra questi ultimi c’era anche donna Valeria, accompagnata da Aria che la reggeva da un braccio per aiutarla a camminare.
Valeria non era tipo da perdersi in chiacchiere, come si era capito e non amava nemmeno la confusione, figuriamoci il mercato. Ma quella mattina si era incaponita di volerci andare insieme alla ragazza per non si sa quale motivo. Aria se l’era vista entrare in quella camera che la ospitava da parecchi giorni e le aveva ordinato di sbrigarsi perché voleva uscire.
Camminavano in silenzio senza nemmeno guardarsi, parevano due estranee. Chi le conosceva le salutava, ma Valeria non rispondeva perché non aveva intenzione di sprecare fiato per degli ipocriti e Aria… beh, Aria era immersa nei suoi pensieri.
La mente vagava ancora al ricordo del secondo schiaffo che aveva mollato a Stefano e, oltre a sentirsi ancora in colpa per quel gesto, rimuginava su quegli occhi limpidi che l’avevano guardata a lungo e in silenzio.
Perché mi guarda così? Si chiese sospirando profondamente dopo aver sentito qualcosa diramarsi nello stomaco. Doveva finirla di pensare a lui, non era altro che un viziato e poi non poteva dimenticare quello che aveva fatto a Tempesta, ma in fin dei conti che cosa aveva fatto di tanto grave?
La verità è che la sola assenza della giumenta la faceva cadere in uno stato di panico, la spaventava il pensiero di poterla perdere. Era questo il motivo per il quale si era arrabbiata in quella maniera anche se esagerata.
«Compriamo un’anguria!» la riportò al presente la voce dell’anziana. Aria si guardò intorno smarrita e quando metabolizzò dove si trovava la bancarella del fruttivendolo, Valeria ritornò a catturare la sua attenzione facendola trasalire quando nominò a gran voce Stefano Gargano.
La ragazza si volse di scatto e incrociò la figura alta e affascinante del giovane che era a pochi passi da loro in compagnia della sua reflex sempre pronta per essere usata.
Pur volendo ignorarlo, dovette assecondare i movimenti dell’anziana, che tentava, con piccoli e insicuri passetti, di avvicinarsi al fotografo.
Quest’ultimo, quando si accorse di loro, la prima persona a cui regalò il suo sguardo cristallino fu proprio Aria. Mollò la presa sulla Reflex che gli penzolò sul petto e si avvicinò volgendo lo sguardo alla donna che era in sua compagnia.
«Donna Valeria! Che piacere incontrarvi!» esclamò lasciandosi toccare il volto, poi si abbassò alla sua altezza per essere baciato sulle guance e, mentre veniva elogiato, permise ai suoi occhi di ricadere di tanto in tanto sulla giovane, la quale si volse da un’altra parte intenzionata a ignorarlo.
Malgrado tutto, Aria non poteva nascondere la sorpresa di vedere per la prima volta Valaria Marinelli, l’anziana più burbera e scorbutica di Calenda, comportarsi in maniera totalmente diversa con un giovane che da quel che aveva compreso doveva conoscere molto bene.
I due parlarono del più e del meno e, solo quando l’anziana si accorse della noncuranza della sua accompagnatrice, decise di intrometterla nei loro discorsi, dicendole: «Arianna! Ma come? È ritornato il figlio del cugino di tuo padre e non mi dici niente?»
Aria, che a sentirsi chiamare era trasalita per poi volgersi verso di loro, si sentì avvampare le guance nel guardare Stefano che a sua volta la fissava con sguardo enigmatico. Non seppe cosa rispondere e fu il giovane a farlo, prese tutt’e due le mani della donna e con voce suadente disse: «Ho detto io di non dire niente a nessuno, altrimenti non vi avrei preso di sorpresa, Donna Valeria.»
«Non sei cambiato affatto!» ribatté Valeria colpendolo affettuosamente sulla guancia. «Che ne dici di pranzare con me e Arianna a casa mia?»
A quelle parole, Aria le lanciò uno sguardo che si mescolava tra la sorpresa e il diniego.
Stefano si accorse del suo atteggiamento, ma volle comunque accontentare la donna. Accettò.
«Scusatemi Donna Valeria – mormorò la giovane con voce insicura – ma io ho da fare…»
«Non hai nulla da fare a quest’ora, Arianna. – la interruppe Valeria senza volgerle lo sguardo – quindi pranzerai con noi.» aggiunse autoritaria.
Anche se non era d’accordo, la giovane acconsentì tacendo.
 
***
 
Si avvicinò a lui lentamente, stringendo tra le mani le posate e in tal maniera gliele porse davanti, ma la mano le tremò e, nel momento in cui stava per ritrarla, fece cadere il coltello.
Aria si abbassò velocemente per raccoglierlo, ma in quello stesso istante si sentì toccare le dita da quelle del giovane. Alzò di scatto la testa e si ritrovò a pochi centimetri dal viso di lui e sentì il suo fiato infrangerle il volto.
Rimasero così per qualche istante, malgrado la ragazza sentisse ancora la rabbia invaderle i sensi per quello che era accaduto con la sua giumenta, l’altra sensazione che tentava di invaderle il cuore con coraggio, non poté ignorarla.
Gli occhi di Stefano, cromati da quel colore cristallino e puro, parvero ipnotizzarla tant’è che il ricordo di quello che era accaduto tra di loro nelle scuderie la travolse facendola arrossire violentemente. Spostò lo sguardo su quelle labbra invitanti, cerchiate dalla barba ben curata e udì una vocina dentro di lei che la tentava affinché le assaggiasse ancora una volta. A un tratto, però, il verso improvviso di donna Valeria che tossicchiò per catturare la loro attenzione, la riportò alla realtà facendola trasalire e rialzarsi di scatto, lasciando che fosse il giovane ad occuparsi del coltello.
Aria si allontanò avvisando che sarebbe andata in cucina per portare la teglia di riso patate e cozze che aveva preparato quella mattina, ma la padrona di casa la interruppe chiedendole di recarsi in cantina per prendere una delle bottiglie del buon vino che teneva conservato per le occasioni.
La giovane non disse nulla e si precipitò per eseguire la richiesta, contenta di allontanarsi da quel posto, anche se per poco, poiché il viso sembrava voler prendere fuoco e non voleva farsene accorgere.
Stefano, dal canto suo, non riuscì a tenere il suo sguardo lontano da lei e, nonostante Valeria cercasse di attirare la sua attenzione chiedendogli che cosa avesse fatto in tutti quei dieci anni di lontananza, il giovane le rivolse una domanda.
«Chi è Arianna?»
Domanda alquanto sciocca, giacché quella ragazza abitava nella sua stessa famiglia, ma Valeria non la ritenne tale, così, compreso l’interesse che il giovane provava, decise di rispondere lo stesso.
«Tuo nonno la portò qui, dieci anni fa, qualche mese dopo la tua partenza. Penso che te l’abbiano detto»
Stefano non rispose, ma con lo sguardo spronò la donna a continuare.
«È una ragazza d’oro. A parer mio, l’unica del paese. Una grande lavoratrice.»
Il giovane sbuffò un sorriso, «È ovvio che vi piace, ma queste cose le ho già constatate. Quello che voglio sapere è perché mio nonno l’ha portata nella nostra famiglia?»
Valeria lo guardò sott’occhio, «E credi che io ne sappia qualcosa?» chiese sorridendo.
«Lo credo, dato che la donna più discreta, silenziosa e diffidente di tutta Murgella e Calenda, si è fatta entrare una perfetta sconosciuta in casa, a meno che non sia stato mio nonno, l’uomo di cui lei si fidava di più, a convincerla.»
«Hai ragione. – tagliò corto l’anziana – È stato grazie al nome di tuo nonno se l’ho accettata. E credi bene quando dici che so il motivo per il quale tuo nonno si è spinto ad adottarla in un certo qual modo, ma… - fece una breve pausa seguita da una smorfia – non te lo dirò.»
Stefano sorrise ancora a quella schietta rivelazione.
«Ho promesso a tuo nonno di portarmi nella tomba il suo segreto, quindi, non farmi altre domande. Non penso di farmi sotterrare presto.»
Ci aveva provato, ma anche se non aveva ricevuto soddisfazione, Stefano aveva capito che quella donna non aveva nulla a che fare col telegramma inviatogli a Firenze.
Non volle insistere, ma tentò comunque di sviare il ragionamento, parlando sempre dell’assente e, quando Valeria si fece scappare qualcosa a proposito dell’allontanamento da casa dei Ferrara, a Stefano si accese un’altra lampadina d’interesse.
Perché Aria si era trasferita a casa de La Vedova?
In quello stesso istante, quest’ultima si ricordò che il vino richiesto si trovava in un punto un po’ alto, così chiese al fotografo di recarsi in cantina per aiutare la giovane.
Era ovvio che la donna volesse sviare anche quel ragionamento, così, senza aggiungere nulla, si fece indicare la strada per raggiungere la cantina e si allontanò.
Giunse in silenzio, in quel posto occupato da scaffali di legno, da sacchi di farina, da damigiane di olio, da salumi e ruote di formaggio appesi e da botti che contenevano vino.
Stefano trovò Aria alle prese con quella bottiglia richiesta dalla padrona di casa, che non riusciva a prendere, poiché come aveva ben detto La Vedova, si trovava in un punto abbastanza alto, così senza farsene accorgere si avvicinò a lei e, sfiorandole la spalla col suo petto, allungò il braccio per prendere l’oggetto in questione.
La sentì tremare, forse presa alla sprovvista, poi la vide girarsi verso di lui, appoggiarsi di schiena allo scaffale e guardarlo sorpresa.
Il giovane fotografo abbassò il volto per guardarla negli occhi e accorciò la distanza che lo divideva dal suo.
Aria si sentì mancare il fiato e il cuore le batteva freneticamente nel petto, tant’è che le parve voler fuoriuscire e ancora quella sensazione approfittarsi del momento, poi come un fulmine a ciel sereno, si ridestò da quello stato e lo spinse lontano da sé.
Stefano non fu sorpreso da quel gesto, ma dovette ammettere che quel comportamento lo stava stancando, soprattutto perché non ne capiva il motivo.
Non poteva essere per il bacio, in fin dei conti era stata lei a iniziare anche se aveva capito fin dall’inizio che si era sbagliata. C’era qualcos’altro sotto e lui voleva scoprirlo, ma nonostante questo, decise di ignorare il suo atteggiamento brusco. Barcollò all’indietro reggendo forte la bottiglia e, quando riacquistò l’equilibrio, le disse: «Donna Valeria mi ha mandato ad aiutarti.»
Aria, riprese a respirare e ora ansimava come se avesse corso. Scattò in avanti, gli tolse di mano la bottiglia e lo intimò ancora una volta a starle lontano. Tentò di andarsene, ma a quel punto Gargano l’afferrò per un polso, fermandola.
«Quant’altro ancora hai intenzione di trattarmi in questa maniera?»
«Lasciami!» cercò di sottrarsi lei senza voltarsi, ma tremava e non era per la paura, o per la rabbia. «Non voglio avere niente a che fare con te!»
Infastidito da quelle parole, Stefano la tirò a sé per farla voltare, poi infilò la mano libera nella tasca dei jeans, estrasse il cellulare e glielo porse sulla mano.
Aria lo guardò titubante, ma quando si accorse che si trattava del cellulare che aveva perso in camera del nonno, non seppe più come comportarsi.
«Volevo solo ridarti questo - si giustificò il ragazzo – è tuo.» e detto questo se ne andò.
Aria rimase sola e mille domande le vorticarono nella mente. Sapeva che il cellulare lo possedeva lui, quello che non riusciva a comprendere era il significato di quelle parole che allegò al bacio di quella sera nelle scuderie.
Ciò stava a significare che si era recato lì solo per consegnarglielo e non perché aveva voluto baciarla. Anche se era stata lei a prendere quell’iniziativa, anche se si era sbagliata, provò delusione.
Quando ritornò nella sala da pranzo, Stefano se n’era andato.
«Aveva da fare» avvisò Donna Valeria senza che le fosse stato chiesto e quella fu l’ultima frase del giorno che espresse, dopodiché calò il silenzio.
Ad Aria non andò più di pranzare, le si era chiuso lo stomaco.
 
***
 
Fortuna volle che tenesse, in casa della Vedova, un altro carica batterie e, anche se titubante, volle accendere il cellulare.
Quando apparve la sua foto con Carmine, si sentì una stretta al cuore, ma tentò comunque di non piangere e di non ricadere in amari ricordi.
Dopo qualche istante, il cellulare iniziò a vibrare mostrando le varie notifiche. Su WhatsApp c’era un messaggio vocale di Enea e qualche altro di Paride. Un messaggio della segreteria, la informava che Carmine aveva tentato di chiamarla proprio il giorno del matrimonio, ma oltre a quello nient’altro.
Aria aveva sperato fino all’ultimo, da quando Stefano glielo aveva riconsegnato, di trovare almeno un messaggio da parte del suo ex che poteva spiegarle il motivo delle sue gesta e invece nulla.
Sbuffò cacciando via le lacrime e scaraventando il cellulare sul letto della camera che la ospitava in casa di Donna Valeria. Si sedette di peso sul materasso e quel movimento fece sobbalzare il cellulare che cadde sul tappeto, accendendosi e mostrando ancora una volta la notifica dei messaggi vocali dei gemelli.
A quel punto, presa forse dalla voglia di sorridere, dato che Enea e Paride le portavano sempre il buon umore, decise di ascoltare.
Ascoltò quello di Enea.
“Ehi, Aria. Dove sei? Ti stiamo cercando. Volevamo dirti che sei stata un po’ ingiusta nei confronti di Stefano.”
«Ingiusta per cosa? – sussurrò la ragazza – Sapeva che non poteva toccare la mia Tempesta!»
“Lui è solo andato a cercarla. Tempesta è scappata e quando glielo abbiamo detto, Stefano si è subito prodigato per cercarla. Tutto qui.”
Tempesta era scappata? Cosa stava dicendo?
Non c’erano altri messaggi di Enea, allora passò a Paride la cui voce risuonò bassa.
“Ehi, Aria. So che non dovrei dirtelo. L’ho promesso a Enea, ma penso che questa volta non la possiamo coprire.”
Il primo messaggio terminava così. La curiosità era alle stesse così passò al seguente.
“Non dire a Enea che sono stato io a riferirtelo, ma non trovo giusto che Stefano abbia la parte peggiore in questa storia. È stata Mina a far scappare Tempesta. L’ha fatto per ripicca, ma non abbiamo capito per cosa. Stefano è solo andato a cercarla, fortunatamente l’ha trovata. Penso che tu debba chiedergli scusa.”
Aria strinse tra le mani il telefono fino a sentirsi lacerare la pelle delle dita. Erano risapute le ripicche che serbava Mina nei suoi confronti, ma fino a quel giorno non era arrivata a tanto, non si era mai permessa di toccare Tempesta. Cos’è che le aveva fatto di tanto brutto per farla agire in quella subdola, quanto malvagia maniera?
Ma la cosa che più la frustrava era la convinzione di aver sbagliato nei confronti di Stefano.
Lui voleva solo aiutarmi e io…
«Ah, Aria! Quanto sei stupida!» sbuffò rumorosamente stendendosi sul letto.
La rabbia che aveva provato fino a quel momento nei confronti del giovane era scomparsa all’istante e lei ne fu contenta perché era come se sperasse in un’occasione per liberarsi di quel peso, di cambiare idea su quel giovane. Pensava che per lei non fosse importante, ma sentiva il bisogno di vederlo e chiedergli scusa. In fin dei conti anche il fatto che gli aveva restituito il cellulare senza sputtanarla, era la prova evidente che Stefano non aveva nulla a che fare con Diomede e che di lui, forse, si poteva fidare.
Si rimise a sedere e prese una decisione.
 
***
 
La sera calò lentamente sulle campagne di Murgella, lasciando che l’odore del fieno continuasse a pervadere l’aria intiepidita. Alle spalle del casale dei Gargano, a distanza di qualche chilometro, si estendeva un seminativo, lo stesso nel quale avvenne il primo incontro tra Arianna e Stefano e quest’ultimo si trovava proprio lì. Non che si potesse ammirare qualcosa la sera in quel posto e per dirla tutta Stefano non vi si era recato per fotografare. Qualcosa lo aveva spinto lì, la consapevolezza che non riusciva a togliersi dalla mente Arianna. Si era steso sul prato e rifletteva su tutto quello che avrebbe voluto realmente dirle quel mezzogiorno nella cantina de La Vedova. Non voleva solamente restituirle il cellulare, voleva qualcosa che lui stesso aveva paura al solo pensarla.
Chiuse gli occhi come a voler cancellare quei pensieri, ma dovette subito aprirli dopo che ascoltò dei rumori farsi più vicini, erano zoccoli di un cavallo. Si sollevò da terra dandosi peso sui gomiti e si guardò intorno. Phobos, il cavallo di suo fratello che aveva preso per recarsi in quel posto, se ne stava a pochi passi da lui a brucare l’erba, volse lo sguardo da un’altra parte e si accorse che dalla via per ritornare a casa giungeva qualcuno a cavallo. Quando il manto dell’animale si fece più vivido, il desiderio di vedersi arrivare in contro Aria si avverò.
Era proprio lei e non c’erano dubbi: era lì per lui.
Quando la giumenta si accostò a Phobos, la sua padrona tirò le redini per fermarla e scese dal dorso.
Stefano, dal canto suo, non si mosse, ma continuava a guardarla e la vide avvicinarsi con passo incerto.
«Non me ne andrò da qui se è questo che vuoi.» le disse poi, stendendosi e volgendo gli occhi al cielo.
«Ti cercavo» lo contraddisse la giovane strofinandosi un braccio con una mano.
Il fotografo riaprì gli occhi, sorpreso e si volse ancora una volta a guardarla, ma vedendo che lei non accennava nient’altro si mise a sedere incrociando le gambe.
«I gemelli mi hanno detto che potevo trovarti qui.»
«Allora?» chiese il giovane sollevando le spalle.
Prima di continuare, Aria gli si avvicinò ancora di più. Voleva vederlo bene in volto e per fortuna la luna piena l’aiutò, illuminando l’intera area.
«Io… volevo chiederti scusa per il mio comportamento, per quello che accadde ieri con Tempesta.»
Stefano non rispose, ma continuava a guardarla.
«Sono molto affezionata a Tempesta e il solo pensiero che da un momento all’altro possa perderla, mi fa impazzire.»
«Non ho nessuna intenzione di far del male a qualcuno, soprattutto a te.»
A quelle parole, Aria trasalì, si sentì mancare un palpito. La voce del giovane l’era entrata nella mente come un fiume di miele e il tono che aveva usato le aveva fatto fremere il cuore. Imbarazzata, distolse lo sguardo dal suo e lo portò sul prato scuro.
«Dovevo capirlo dall’inizio – continuò – da quando hai preso il mio cellulare e non hai riferito a nessuno della foto…»
«Che cosa ci facevi nella camera di mio nonno?» la interruppe Gargano cercando di non pensare all’immagine di lei con suo fratello che sembrava infastidirlo e, dato il silenzio che ne seguì, si alzò accorciando la distanza che li divideva.
«Puoi fidarti.»
Certo che poteva. Aria lo sapeva benissimo, in fondo gliene aveva già dato prova, così, riempitasi quanta più aria possibile nei polmoni e fattasi coraggio iniziò a raccontare.
Gli parlò dell’ultimo istante di vita di Vincenzo e di quello che voleva dirle ma che la morte non gliel’aveva permesso.
«M’indicò qualcosa, il suo armadio. Io ero convinta che volesse dirmi qualcosa d’importante. Lo sono tutt’ora. Altrimenti nonno Vincenzo non avrebbe lottato così duramente contro la morte. Da quel giorno, mi sto tutt’ora chiedendo perché voleva parlami. Venivano i suoi famigliari prima di me, sua sorella, suo nipote… suo figlio…» e disse l’ultima parola con riluttanza.
«Forse, voleva informarti di questo» Stefano estrasse dalla sua tasca un foglio ripiegato. Aria fu guardinga, poi lo afferrò con sicurezza. Il giovane accese la torcia del cellulare per permetterle di leggere.
Quando arrivò al post scriptum la ragazza alzò lo sguardo verso di lui, confusa e a quel punto il fotografo spiegò.
«È per questo motivo che sono tornato qui. Ricevetti questa lettera che il nonno era già morto. All’inizio non volevo lasciare Firenze e far ritorno in quella casa, ma questa lettera e la chiave che ne era contenuta, mi incuriosirono a tal punto. Volevo sapere chi fosse l’orfana e che cosa avesse a che fare con me, ma soprattutto che cosa volesse da me questa persona. Perché io?»
«Quale chiave?» chiese Aria ancora confusa.
Stefano non esitò e prese dall’altra tasca l’oggetto in questione, porgendoglielo. Aria se la rigirò tra le mani, osservò con attenzione il ciondolo che riportava una X, ma non riusciva a connettere ancora cosa significasse.
«Non ho idea di cosa apra. È per questo che volevo parlarti. La lettera dice che sei lo scrigno, ma non c’ho capito poi molto.»
«Chi te l’ha inviata?»
«Non saprei»
«Che cos’ha a che fare tutto questo con me?»
«È la stessa cosa che mi chiedo anch’io. Forse questa persona si fida di me, o forse è stato mio nonno a fare il mio nome. L’unica cosa ovvia è che adesso che ti ho trovata, non ci rimane altro che scoprire questo mistero. Quindi, se tu sei convinta che Vincenzo volesse indicarti qualcosa che si trova nella sua stanza, ho deciso di aiutarti a entrare.»
Aria fissò intensamente quel ragazzo. Era come se avesse trovato in lui un alleato e questo non poté che alleggerirle il cuore.

 
   
 
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