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Autore: elenatmnt    08/08/2022    1 recensioni
Quando si è alla disperata ricerca di un miracolo, si è disposti a credere in tutto... anche nelle favole.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Note dell’Autrice:
Ciao Ragazzi!!! <3 Spero che questa storia vi stia piacendo. Unico appunto è che le note in corsivo/grassetto sono delle citazioni prese dal libro di Collodi.
Ci vediamo nel prossimo cappy, un abbraccio!!
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Capitolo 2
MANGIAFUOCO


 
Qualche giorno dopo, Michelangelo si era ripreso e la vita era tornata normale.
In coppia con Donatello, i due si erano avviati a lavoro, il loro compito era fare consegne per conto dei commercianti; da mattina a sera, giravano in coppia la città per consegnare pacchi di ogni genere, naturalmente tutto il guadagno andava nelle tasche della signora Null, proprietaria dell’orfanotrofio.

La giornata era trascorsa abbastanza tranquilla, qualche commerciante generoso gli aveva donato qualche monetina extra e i due non avevano perso tempo a comprarsi qualcosa da mangiare.
Le consegne erano quasi giunte al termine, mancava solo l’ultima per poter ritornare in quella che loro chiamavano casa.  I due ragazzini camminavano sotto un cielo che minacciava un violento temporale; nuvole nere avevano coperto i raggi di sole dorati che solitamente ricoprivano la piccola cittadina a quell’ora del tramonto.

 
“Vuoi che porti io la sacca?” chiese Donatello riferendosi alla tracolla di Mickey.
“No c’è bisogno, è un pacco piccolo e leggero. E poi questo era il mio turno!”
“Come preferisci!”.
Dopo qualche altro metro, a Donatello venne una malsana idea di fare uno scherzo a Michelangelo.
“Sai a chi facciamo l’ultima consegna?”.
“No”.
“A Oroku Saki, detto Shredder… il Trituratore!” l’umano cercò di fare una parodia di un vecchio film horror, voleva spaventare Michelangelo per fargli uno scherzo.
“Il Trituratore? Perché lo chiamano così?”
“Vuoi veramente saperlo?”
“Certo che sì”.
“Non è una storia piacevole… potresti fare la pipì a letto se ti spaventi”.
“Figurati se mi spavento”.
“Già, perché tu la pipì a letto la fai comunque” lo canzonò Donatello divertito.
“Non è vero!”.
“Bhe se lo dici tu…” il piccolo piano di fare uno scherzo a Michelangelo era andato in porto. “Dicono di lui che sia uno spietato e violento assassino. Dicono che abbia fatto a pezzi la propria famiglia e li abbia seppelliti nello scantinato. Nessuno li ha mai più ritrovati”.
“D…Davvero?” Michelangelo era palesemente terrorizzato, anche se non lo avrebbe ammesso.
“È tutto vero. Infatti i segni delle sue malefatte sono scolpiti sul suo viso, il diavolo in persona gli ha impresso più di una cicatrice sul volto, in modo che tutti lo riconoscessero al suo passaggio”.
“E noi stiamo andando da lui?”
“Si. Sai, fa il macellaio di professione. Gli strumenti per assassinare gente non gli mancano!”.
“Dobbiamo proprio fare la consegna?”
“Cosa c’è? Hai paura?”
“Certo che no, ma è tardi e…”
Donatello non poté più resistere e scoppiò a ridergli in faccia, la faccia terrorizzata di Michelangelo era più di ciò che poteva sopportare.
“Mi hai preso in giro?” disse infastidito Michelangelo.
“Cavoli, potessi vedere la tua faccia…” continuava a ridere.
“Non fa ridere” Michelangelo aveva messo il broncio che non sarebbe durato più di qualche minuto, non portava rancore, dimenticava in fretta.
“Non ti ho preso del tutto in giro” affermò Donatello calmando la propria risata.
“Ormai non ti credo più”.
“Sul serio Mikey. Io personalmente non credo a questa storia. Ma in città è famosa. Strano che tu non ne abbia mai sentito parlare” affermò continuando a ridere.
 
Nei pressi dell’abitazione per l’ultima consegna, Donatello e Michelangelo videro i loro compagni dell’orfanotrofio venirgli incontro dalla direzione opposta, erano cinque ragazzetti più grandi che li avevano presi di mira e si divertivano a bullizzarli.
Il capo banda era Hun, un colosso di ragazzo, biondo e con gli occhi di ghiaccio; gli altri leccapiedi avevano stazze differenti, seppur sempre più forti dei due malcapitati.
 
“Ecco qui gli sfigati! Lo sdentato e il mostro!” li schernì Hun.
“Non sono sdentato, vedi che io i denti li ho tutti!” rispose seccato Donatello riferendosi al suo diastema; sapeva che non doveva dargli soddisfazione, ma anche quelli più pazienti alla fine cedono.
“Ooooh e così non sei uno sfigato totale, hai fegato a sfidarmi”.
“Lasciaci in pace Hun, dobbiamo finire il lavoro” insistette Michelangelo.
“Anche le bestie hanno la sfacciataggine di parlare davanti ai loro padroni… ma non per molto” Hun lo insultò provocandolo.
“Che cosa intendi dire?” chiese Michelangelo.
“Che una legge Anti-Mutante è in attesa di approvazione. Tra pochi giorni perderete il vostro diritto di parità agli umani e regredirete a ruolo di bestie e… schiavi. Credo non rimarrà granché di voi. Goditi questi giorni di vitto e alloggio mostro, perché appena la legge sarà approvata, verrai venduto come schiavo. Ho sentito la Signora Null che contrattava un prezzo per te. Sei spacciato bello”.
 
Michelangelo rimase di ghiaccio, non ne sapeva nulla. Che gli umani fossero ostili nei confronti dei mutanti, questo lo sapeva bene, ma che gli avrebbero dato la caccia e rinchiusi era tutt’altra storia.

Il ragazzino impallidì.

Anche il cielo infuriato, mostrò il suo diniego; luci di lampi e grida di tuoni incombevano sulla città, le prime gocce di pioggia cascarono dalla volta celeste preannunciando la tempesta.
 
“Cosa c’è? Hai perso la lingua mostro?”.
“Mikey, lascialo perdere, finiamo il lavoro e torniamo all’orfanotrofio”.        
 
Michelangelo rimase immobile, tutto ciò in cui credeva, tutto ciò in cui sperava era solo una menzogna.

“Tu lo sapevi Donnie? Sapevi di questa storia?”.
“Bhe io…”
“Lo sapevi?” insistette Michelangelo.
“Io… ecco… sì Mickey, lo sapevo” Donatello era mortificato, aveva mantenuto il segreto per non far soffrire il suo unico amico, non aveva agito in male. Omettere quella verità era il suo modo di proteggerlo.
“E non mi hai detto niente?”
“L’ho fatto per il tuo bene”.
“Ma noi siamo amici, siamo fratelli e alla famiglia non si mente”.
“Mi dispiace Michelangelo, non era mia intenzione farti soffrire”.
“A no? Bhe ci sei riuscito!”

Michelangelo era arrabbiato, nel profondo del suo cuore, non aveva nulla da rimproverare a Donatello, la sua crescente ira era l’atto di un cuore disperato. Sapeva di non avere via di scampo, se avessero approvato la legge, cosa molto probabile, avrebbe fatto una brutta fine.
 
“Come vedi mostro, non ci si può fidare nemmeno fi chi chiami ‘fratello’. Ma come dare torto a Donatello? In fondo tu sei solo un animale e le bestie vanno addomesticate”. Hun si divertiva a provocare la tartaruga, che rimase immobile con i pugni stretti.
“Stai zitto Hun!” urlò Donnie. “Andiamocene Mickey, abbiamo un lavoro da finire”. Provò a tagliare corto, ignorando lo sguardo adirato di Mickey contro di lui.
 
Gli altri bulli fecero da scudo umano e impedirono ai due il passaggio, le loro facce erano adornate da sorrisi minacciosi; Donatello sapeva che stavano rischiando grosso, c’era aria di pestaggio e nessuno li avrebbe aiutati. Non poteva permettere che a Michelangelo accadesse qualcosa di male, e non negava a sé stesso la paura che sentiva scorrere nelle proprie vene.

“Cosa vuoi Hun?” Donatello provò un approccio più diplomatico.
“Voglio la vostra razione di cibo per i prossimi due giorni” ghignò maligno.
“Hun, sai che ci stai chiedendo troppo… mangiamo una sola volta al giorno!” protestò Donatello.
Hun si avvicinò minaccioso e il suo pugno era già pronto a colpirgli il viso; violenza e minacce, era il modo di un ragazzo spaventato, prossimo a lasciare una casa sicura, come l’orfanotrofio, perché si avvicinava alla maggiore età. Hun molto presto sarebbe stato sbattuto fuori e mai e poi mai si sarebbe mostrato debole, seppur dentro, moriva di paura.
“Fermati Hun!” urlò Michelangelo fermando l’azione di Hun. “Avrai il mio cibo, solo il mio, per quattro giorni. Ma lascia stare in pace Donatello”. Era arrabbiato, sì, tuttavia non avrebbe permesso che Hun picchiasse il suo amico.
“Mikey sei impazzito?”.
“Non sono affari che ti riguardano!” Michelangelo rispose stizzito.
 
***
Tonava forte forte, lampeggiava come il cielo pigliasse fuoco, e un ventaccio freddo e strapazzone, fischiando rabbiosamente e sollevando un immenso nuvolo di polvere, faceva stridere e cigolare tutti gli alberi della campagna.
Pinocchio aveva una gran paura dei tuoni e dei lampi: se non che la fame era più forte della paura.
***
 

Incombeva una feroce pioggia su tutti loro.
Hun guardò verso gli altri bulletti con sguardo complice, aveva in mente un’idea non del tutto buona, un’idea che avrebbe coinvolto il divertimento dei suoi amici.
Il pugno che si era fermato, riprese inaspettatamente la sua traiettoria in pieno viso Donatello che rotolò con facilità a terra mentre il suo naso e la sua bocca cominciavano a sanguinare.
“Pensi che io scenda a patti? E con un abominio per giunta?”.
 
Donatello comprese di non avere scampo, le avrebbe prese, per l’ennesima volta. Qual era il suo peccato, il suo errore? In fondo lo sapeva, era troppo buono per un mondo così crudele.
 
Subito i bulli corsero ad accerchiarlo.
“Michelangelo scappa!” gridò invano Donatello. Che fu accerchiato e poi pestato. Due dei bulletti tenevano fermo Michelangelo costretto a guardare lo scempio su Donatello.
“Vedi mostriciattolo? È colpa tua, è per colpa di mostri come te che gli umani finiscono nei guai. E Donatello lo sdentato è uno di loro, che questo gli serva di lezione, rimanerti amico significa… morte”.
“No! Lasciatelo stare!” urlava agitandosi il ragazzino mutante, ma a nulla servivano le sue suppliche.
“Sei una disgrazia mostro, peste nera per tutti. Non ti vogliamo hai capito? Non ti vogliamo!”
Mentre le parole di Hun si fecero più chiassose e brutali; mentre Donatello si raggomitolava a terra per coprirsi viso e parti intime ed evitare di venir colpito nei punti più sensibili; mentre Michelangelo implorava un briciolo di pietà per il suo migliore amico; mentre la tempesta infuriava su di loro… I due ragazzini chiusero gli occhi, pregando che quella tortura finisse al più presto.
 
Un’ombra nel buio della notte si fece strada tra loro.
 
In un primo momento, Donatello e Michelangelo non capirono bene cosa fosse successo, l’unica cosa di cui si resero conto è che furono lasciati andare. Michelangelo fu il primo ad aprire gli occhi e fu in quel momento che vide i bulletti scappare via spaventati come non li aveva mai visti prima.
Non capì immediatamente, ma quando si voltò verso Donatello disteso a terra, vide chiaramente un omone avvolto da un mantello nero e un cappuccio che gli copriva la testa, a malapena lasciava trapelare il viso deturpato.
Michelangelo si sgomentò.
“Il T…Tri…tura…tore…” balbettò terrorizzato prendendo atto di chi fosse l’uomo.
 
*** 
Allora uscì fuori il burattinaio, un omone così brutto che metteva paura soltanto a guardarlo. All’apparizione inaspettata del burattinaio, ammutolirono tutti: nessuno fiatò più. Si sarebbe sentito volare una mosca. Quei poveri burattini, tremavano come tante foglie.
***
 
 
Il diluvio non aiutò di certo quella situazione tanto assurda e l’uomo era ad un passo da Donatello che non accennava a muoversi; svenuto per terra dalle botte ricevute ora rischiava di essere ucciso da un brutale assassino.

L’uomo misterioso si chinò e sollevò il ragazzo che giaceva a penzoloni tra le sue braccia, strappando via a Michelangelo, l’unica famiglia che gli era rimasta.
   
 
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