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Autore: ShanaStoryteller    09/08/2022    0 recensioni
Una raccolta di storie brevi che dipingono una nuova versione dei miti antichi.
O:
Quello che accadde a Icaro dopo la sua caduta, come Ermes e Estia si immischiarono e salvarono l’umanità e di come Ade voleva solo schiacciare un pisolino.
Genere: Dark, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Afrodite/Venere, Ares/Marte, Era/Giunone, Poseidone/Nettuno
Note: Lime, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’Olimpo è caduto.

Le sue colonne di marmo giacciono crepate e spezzate. Il sole non lo rischiara più. Il focolare di Estia è freddo e vuoto da decadi, sul monte non è rimasto niente per alimentarlo.

L’Olimpo è caduto, ma Era e Zeus sono ancora lì.

***

Ares aveva provato a parlare con sua madre. Aveva abbandonato da tempo la speranza di cercare di salvare suo padre, ma Era non era stata presa dalla follia come Zeus. Ciò che la faceva restare erano i suoi voti di matrimonio e fedeltà, che la incatenavano ai resti in rovina di quello che una volta era il suo matrimonio con Zeus. Suo padre se ne sarebbe andato dall’Olimpo solo su una pira funebre.

Ares supplicò. Pianse. Fece di tutto per provare a convincere sua madre ad andarsene, ma lei si limitò a toccargli il volto con le mani fredde, premendogli le labbra screpolate sulla guancia. Non avrebbe lasciato suo marito.

Non si sarebbe lasciata smuovere da lui. Dunque, avrebbe dovuto trovare qualcuno che l’avrebbe convinta.

Era negli Inferi, dove ormai passava gran parte del suo tempo. Anche Persefone si trovava spesso lì, ma si limitava a sorridergli, mai adirata dalla sua presenza nel suo regno né nel letto di suo marito.

(“Ti preoccupi troppo.” Gli diceva Icaro, quando erano giovani e impacciati e innamorati dello stesso uomo. “Non è una donna gelosa. Ade ama tutti noi, lei è semplicemente stata la prima.”)

Ma quel giorno non cercava né Ade né Persefone. Andò ai limiti degli Inferi, in perenne espansione e cambiamento, perché era quello il posto che lei amava di più. “Ecate!” La chiamò. “Richiedo udienza.”

L’aria fremette e la dea della magia apparve di fronte a lui. Non sapeva cosa pensare di lei, la donna così vicina al suo amante e che aveva cresciuto suo fratello. Non era mai riuscito a trovarle un titolo che le rendesse giustizia.

“Ares,” lo salutò lei, “a cosa devo il piacere?”

“Stare al fianco di Zeus sta uccidendo mia madre.” Disse. “Ho cercato di farla andare via, ma non mi ascolta.”

Le sue labbra si arricciarono appena. “Ascoltare non è mai stato il suo forte. Cosa ci posso fare? Ho cercato di farle lasciare Zeus in passato. Ho fallito allora, fallirò anche adesso.”

“Lo so. Non voglio che parli con Era. Voglio che parli con Efesto.” Disse.

Ecate sollevò le sopracciglia. Era riuscito a sorprenderla. “Se non ascolta te, perché dovrebbe farlo con me?”

“Non ho provato a chiederglielo.” Disse. “Non crede a niente di ciò che gli dico su nostra madre. A te crederà.”

“E cosa ti fa pensare che gli direi qualcosa di positivo su di lei? È una serpe impertinente: ha mentito, manipolato e addirittura ucciso per ottenere ciò che ha.”

“Sì.” Disse Ares. “E guarda cos’ha.”

Ecate sorrise.

***

Efesto si sorprese di vedere Ecate nella sua cucina. Lasciava di rado gli Inferi. “Zia.” Disse. La chiamava così da sempre. Lei aveva sempre rifiutato il titolo di madre. “Qualcosa non va?”

“Sì.” Disse, e lui scattò sull’attenti.” Era marcisce sull’Olimpo a causa della lealtà per un uomo che non le ha mai dimostrato la stessa devozione.”

“E perché dovrebbe essere un problema mio?” Sbottò, punto sul vivo. Ecate non aveva mai menzionato Era con lui prima di allora. Non capiva perché avrebbe dovuto farlo ora.

Lei prese una delle mele dalla sua fruttiera e ci diede un morso. Lo guardò pensierosa, masticando. Lui incrociò le braccia, guardandola con sguardo truce. Lei mandò giù il boccone e gli chiese: “Non l’hai ancora capito? Pensavo di averti cresciuto più intelligente di così.”

“Parla chiaro.” Era qualcosa che diceva spesso nella sua giovinezza. Stige di solito cercava di annegare Ecate quando diventata criptica.

“Era è tua madre. Ti ha portato nel ventre e il suo sangue scorre forte nelle tue vene.” Efesto stava per sbottare di nuovo, ma lei disse: “Ma tu non sei un figlio del sangue di Zeus, e lui non è mai riuscito a perdonarti per essere figlio di sua moglie ma non suo.”

Nonostante le sue gambe fossero per la maggior parte di metallo, Efesto perse comunque la sensibilità e dovette aggrapparsi al bordo del tavolo. “Cosa?”

Ecate fissò un punto lontano. “Era così smaniosa di avere un figlio quando ti ha avuto. Così giovane, dopotutto.”

Si sedette di fronte a lei. “Raccontami tutto.”

***

Efesto, ancora scosso, scalò le rovine, i resti ormai cenere di ciò che una volta era il grande monte Olimpo.

Era gli era sempre sembrata indistruttibile. Fredda e perfetta come marmo, una madre solo di nome che l’aveva scagliato verso la propria morte quando aveva solo poche ore di vita.

Era tutto una bugia.

Era andata contro la sua propria natura di dea per concepirlo, cosa che non aveva mai fatto prima né avrebbe più fatto in futuro. L’aveva portato in grembo e partorito da sola, e aveva lottato con Zeus per salvarlo quando il sangue era ancora fresco tra le sue gambe.

Lo aveva affidato a Ecate per proteggerlo. Era cresciuto negli Inferi non perché era stato dimenticato e considerato inutile, ma perché era amato. Era stato cresciuto negli Inferi per la sua sicurezza, non per allontanarlo.

Era stata lei a dargli il suo nome, e lo aveva amato in silenzio per tutti quegli anni.

Avrebbe potuto crescere sull’Olimpo, crescere con lei. Si sarebbe presa cura di lui con la stessa fierezza con cui aveva cresciuto Ares. Avrebbe potuto crescere con Ares, conoscere suo fratello quando era piccolo e in cerca di libertà, senza incontrarlo per la prima volta come un adolescente impertinente infilatosi di nascosto nel suo vulcano.

Se non fosse stato per Zeus, che l’aveva scagliato giù da quello stesso monte quando era appena nato, avrebbe potuto crescere con una vera famiglia.

Amava Ecate. Amava Ade. Stige era diventata la sua migliore amica.

Ma non era la stessa cosa. E non era giusto.

***

Era era bella anche quando vicina alla morte.

I suoi capelli erano acconciati in una pila di ricci intricati e vestiva di seta. Ma era così magra che anche solo sedersi sul trono pareva affaticarla. Era fin troppo pallida e la pelle era piena di ematomi, gli occhi infossati.

Zeus giaceva sul trono al suo fianco, addormentato. Non provava che smania o stanchezza.

“Efesto.” Disse lei. Anche se il suo corpo si stava deteriorando, i suoi occhi erano luminosi e acuti come sempre. “A cosa devo il piacere?”

Cadde in ginocchio davanti a lei, e i suoi occhi si spalancarono. “Stare qui aggrappata a un potere che non ci appartiene più ti sta uccidendo. È tempo di andare.”

“Sono la dea del matrimonio e della famiglia. Finché mio marito rimane, così farò anch’io.” Gli disse, il capo inclinato con fare arrogante per guardarlo dall’alto al basso.

“Non siamo più dèi di niente, ormai,” disse, “non proprio.”

Lei distolse lo sguardo e le sue labbra ebbero un fremito, come se stesse cercando di non sorridere. “No. Immagino di no. Ma sono ancora una moglie e rimarrò con mio marito.”

“La dea del matrimonio e della famiglia.” Ripeté lui. “Che mi dici di Ares? Di Ebe?”

“Ade si prenderà cura di Ares. Ebe è adulta, lo è da secoli ormai.” Il suo volto venne turbato da qualcosa che Efesto non riuscì a comprendere. “Viene sempre il giorno in cui i figli devono salutare la loro madre per l’ultima volta. Nessuno vi si può sottrarre, neanche gli dèi.”

Le posò una mano in grembo, il palmo verso l’alto. Lei sbatté le palpebre, guardando la sua mano e poi il suo volto. Efesto non ricordava se l’aveva mai toccata prima. “Era delle Alture, di Argo, del Colle. Era dall’occhio bovino, dea dalle bianche braccia del matrimonio e della famiglia. Era, regina degli dèi.” Mosse la mano e lei, piano, vi posò la sua, fredda. “Madre. Mi hai salvato dalla morte per mano di Zues. Lascia che ora sia io a farlo.”

Lei divenne incredibilmente pallida e cercò di ritrarre la mano, ma lui glielo impedì. “Cosa stai- Non so di cosa tu stia parlando. Lasciami!”

“Me l’ha detto Ecate. Mi ha detto tutto.” Le baciò le nocche. “Lascia questa montagna. Lascia Zeus. Vieni con me.”

Lei guardò suo marito, profondamente assopito, una mera ombra rispetto a ciò che era. “Io lo amo.”

“Ma lo odi.” Disse lui. “Rinuncia al tuo status di dea e vieni con me. Ti prego, madre.”

“È sempre stato un confine così labile per noi, quello tra odio e amore.” Disse, guardando ancora Zeus. “Lui è mio. L’ho scelto io, e gli ho fatto scegliere me. Sono stata io a farlo, a entrambi. Dovrei restare.”

Efesto si premette la mano di lei sulla guancia, e lo sguardo di Era tornò su di lui. “Anch’io sono tuo. Ares è tuo. Ebe è tua. Non morire per tuo marito. Vivi per i tuoi figli.”

“Non ti è mai importato di me prima.” Disse lei. “Non dovresti preoccuparti. Solo perché non ti ho gettato giù da questa montagna non vuol dire che sia mai stata una madre per te.”

“Allora forse questa è la nostra occasione,” disse lui, “forse questa è la nostra ultima occasione per essere qualcosa di più che estranei. Vieni con me, e sii qualcosa di diverso oltre alla moglie di Zeus e regina.”

***

Era troppo debole per camminare. Efesto la portò giù in braccio da quello che rimaneva dell’Olimpo. A metà della discesa, il cielo si aprì e vennero circondati da fulmini. Il rumore di tuono era così forte da soffocare le grida di angoscia di Zeus.

Era nascose il volto contro la spalla del figlio e pianse.

Le gambe di metallo di Efesto non esitarono né inciamparono una singola volta durante la discesa dalla montagna.

***

L’Olimpo è caduto.

Rimane solo Zeus.
 


Note dell'autrice: Spero che vi sia piaciuta!

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