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Autore: moira78    23/08/2022    3 recensioni
Una raccolta di missing moments in ordine cronologico, che ripercorrono momenti del manga e del romanzo appena accennati dall'autrice o mai approfonditi. Una mia personale interpretazione dei capitoli più belli e significativi incentrati sull'evoluzione del rapporto tra Candy e Albert e non solo.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing Moments'
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Ero molto, MOLTO indecisa se scrivere questa parte in una serie di missing moments che cercano di ripercorrere in maniera fedele le parti non raccontate del romanzo e del manga. Per come li conosciamo, i personaggi di Nagita sono davvero d'altri tempi e qualunque riferimento a temi scottanti come il sesso appare davvero fuori luogo e lontanissimo da Candy e Albert. Tuttavia, avevo l'esigenza di renderli reali come cerco sempre di fare, ma a differenza che in una fanfiction il lavoro qui è stato arduo. Perché non c'è creatività o fantasia che tenga, dovevo davvero attenermi alla storia originale, senza alcun evento da me inventato al fine di rendere il loro incontro plausibile. Qui, per come la vedo io, loro hanno flirtato con le lettere e poi idealmente si sono sposati (e neanche ne sono tanto sicura), quindi la loro notte di nozze è avvenuta poco dopo l'ultima lettera del romanzo, mese in più o anno in meno. Sono ancora molto titubante sull'averli resi fedeli agli originali, ma visto che mi è costato lacrime di sangue, pubblico anche questo missing: potete decidere se fermarvi al momento romantico/immaginato o fare i guardoni e andare oltre ;-p
 
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Luna di miele



Sera

Candy si ritrovò sola nella stanza, con il ronzio del proprio sangue che le rimbombava nelle orecchie, il cuore che martellava nel petto e una sensazione strana alla bocca dello stomaco che dovevano essere le famose farfalle di quando si è innamorati. E sì, lei lo era, e molto anche. D'altronde, aveva appena sposato l'uomo che amava, il suo principe della collina, il suo compagno di sempre, l'amico fidato, il fratello e il sostegno di una vita. E entro poco, l'amante.

Candy intrecciò le mani, respirando a fondo: non avevano voluto servitori nella loro casetta di campagna in mezzo ai boschi, quella di cui ignorava l'esistenza e della quale Albert le aveva parlato in tono casuale proprio poco prima di sposarsi.

"Sai, è una proprietà molto simile alla mia vecchia capanna, ma un po' più grande. Ho pensato... che per iniziare la luna di miele ti sarebbe piaciuta". Era un lieve rossore quello sulle sue guance? Oh, aveva ben capito che Albert si riferisse in particolare alla prima notte di nozze! E lei aveva accettato, felice come non mai di potersi sentire lontana da tutto e da tutti con lui, per affrontare meglio quel momento delicato.

Tuttavia, ora che si sedeva sul letto sfiorando la coperta leggera, non riusciva a risolversi a togliere l'abito da sposa per indossare la camicia da notte che aveva scelto con Annie e la sua dama di compagnia. E, anche se la sua amica d'infanzia si era sposata prima di lei, era talmente imbarazzata che era stata proprio la sua cameriera personale a consigliarla maggiormente. Da lei, aveva inoltre appreso ciò che come infermiera conosceva solo in teoria.

Aveva ringraziato la donna, che conosceva appena, per essere stata così gentile da farle il discorso che solo una madre dovrebbe fare alla propria figlia: e lei non poteva certo chiedere a miss Pony o suor Lane. O, peggio, alla signora Brighton.

Annie non sarebbe mai cambiata, ma aveva apprezzato che le avesse ripetuto più volte di non avere paura e fidarsi di Albert.

Certo, si fidava eccome di lui! L'aveva sempre protetta, per nulla al mondo le avrebbe fatto del male: e allora cos'era tutto quel nervosismo?

Ripensò alla sottoveste e al corsetto abbinati che aveva sotto l'abito da sposa e arrossì: cosa avrebbe pensato Albert della sua figura esile, dei seni non troppo pronunciati e dei fianchi stretti, quando l'avesse vista? Che sembrava ancora un'adolescente?

Suo marito era nell'altra stanza a darsi una rinfrescata e anche lei ne aveva bisogno. Immerse le mani nel catino di ceramica pieno d'acqua profumata alle rose e si bagnò il viso, respirando a fondo.

Scuotendo la testa e togliendo tutte le forcine dai capelli, Candy cercò nella valigia la camicia da notte che le avevano suggerito di comprare. Ma quando la rivide, non fu certa che indossarla sarebbe stato tanto meglio: il tessuto bianco era così trasparente e velato che in mancanza del merletto a sfiorarle le cosce si sarebbe potuto dire che non esistesse.

Oddio, Albert mi vedrà in queste condizioni!

No, decisamente avrebbe seguito il suggerimento quasi velato di Annie di tenere il vestito da sposa e usare quel capo in un'altra occasione.

Me lo toglierà Albert... o dovrò farlo io? Chissà se si è cambiato o è rimasto anche lui con il bellissimo kilt col quale mi ha sposata!

Era più forte la vergogna o il timore di non piacergli? Candy non lo sapeva, ma quasi urlò quando sentì bussare alla sua porta. Era lui.

"Un... un momento, non sono ancora pronta!", quasi gridò. Non era pronta per cosa? Rimise la camicia da notte, o quel che era, così in fondo nella valigia che non sapeva se l'avrebbe ritrovata a breve e cercò di concentrarsi solo sul bel rapporto libero che avevano sempre avuto lei e Albert. Loro avevano vissuto insieme e non si era mai fatta problemi a saltare fra le sue braccia.

Però non erano mai andati oltre ai baci di due fidanzati.

"Puoi... entrare, adesso", disse cercando di tenere la respirazione sotto controllo.

La porta si aprì lentamente e lo guardò: aveva ancora il kilt e il cuore le saltò un battito, le guance bruciarono.

E quello... lo toglierò io?

I capelli erano ancora bagnati. Lei non aveva fatto in tempo a lavarli, presa com'era dall'impasse di indossare la camicia da notte o meno. Senza rendersene conto, vedendolo così bello davanti a sé, ora che erano soli, si strofinò le braccia con le mani, tremando.

"Hai freddo?", le chiese richiudendo la porta alle spalle.

"Io... un po'", disse anche se non era vero. In realtà, cominciava ad avere molto caldo. Come faceva Albert, che si stava recando con tutta la calma del mondo a ravvivare il fuoco con altra legna, a non sentire il suo cuore che martellava dietro le costole? Faceva tanto baccano che avrebbe potuto udirlo da mezzo miglio!

"Va meglio?", domandò con un sorriso, raddrizzandosi in piedi di fronte al letto. Il loro letto matrimoniale al quale lei si era appena avvicinata, quasi scottasse.

Candy annuì, incapace di incontrare il suo sguardo. Albert aggrottò le sopracciglia e fece il giro del letto per guardare fuori dalla finestra: "C'è una luna splendida e sembra che tutte le stelle dell'universo si siano accese per noi, stasera".

Commossa da quelle parole, Candy guardò il profilo sorridente di Albert e sorrise a sua volta: "Hai scelto un posto bellissimo. Non potevo chiedere di meglio".

"Sicuro, Candy? Non mi sembri a tuo agio come al solito. Se sono io a renderti nervosa...".

"No, come puoi pensarlo?! È che... sono un po' in imbarazzo... e non ho avuto il coraggio di indossare la camicia da notte che mi ha regalato Annie". Cosa diamine aveva appena detto? Lo vide spalancare un poco gli occhi e deglutire. Si stava chiedendo cosa nascondesse così appassionatamente? Oppure stava per prenderla in giro?

"Candy, non farò nulla che tu non voglia". Aveva centrato l'argomento con tranquillità disarmante e lei si sentì davvero sciocca.

Prese un respiro profondo e abbassò gli occhi, giocherellando con i lembi del vestito. Non si aspettava nulla di meno da Albert. Quell'uomo, che rimaneva rispettosamente in piedi accanto alla finestra non osando avvicinarsi per non innervosirla di più, sarebbe tornato nella stanza attigua accontentandosi di un casto bacio della buonanotte. Non avrebbe mai preteso nulla di più da lei, se non si fosse sentita pronta.

Ma Candy lo era, anche se l'imbarazzo offuscava i suoi sentimenti. Amava Albert con ogni fibra del proprio essere e, anche se era abituata ad avere con lui una complicità che non aveva mai superato determinati limiti, decise che era giunto il momento di diventare la donna che si meritava e che lei desiderava essere.

Lentamente, Candy si avvicinò a lui, trattenendo il respiro man mano che si sentiva già quasi nuda e vulnerabile sotto ai suoi occhi pur avendo ancora l'abito. Eccomi, sono qui per te, avrebbe voluto dirgli. Ti appartengo, non voglio avere paura. Sarai tu a togliere il mio vestito da sposa. Fu solo quando colse l'ansito a malapena trattenuto di lui che vide negli occhi azzurri di Albert qualcosa che la scioccò e spazzò via ogni ironia.

Aveva visto spesso l'amore riflesso in quei laghi placidi, ma in quel preciso momento vi lesse il desiderio, seppur controllato. Vide le onde di un mare sempre più impetuoso e si accorse che continuava a inghiottire la sua stessa saliva.

"S... sono un po' sciocca, non trovi?", mormorò voltando il capo verso il muro, senza più avere il coraggio di sostenere quello sguardo che pareva comunicarle l'esatto contrario. Era qualcosa di così inedito in Albert, che pensava di essersi sbagliata di grosso.

Lui prese un sospiro e quasi sussultò quando sentì le sue mani sulle guance. Il cuore le batteva ancora più forte, il volto doveva essere in fiamme e Candy smise di nuovo di respirare.

"Sei bellissima con questo vestito, Candy".

Fu il suo turno di prendere aria in un sibilo veloce: "Dici sul serio?".

Albert annuì, leccandosi le labbra come se cercasse le parole: "Credo proprio di avertelo già detto alla festa. Posso... baciarti?".

Sorrise, sentendo le lacrime salirle agli occhi: eccolo, il suo principe prima della confessione, il ragazzo quasi insicuro che stava per dirle un'ultima, importante verità. Eccolo, l'uomo che aveva sposato, che le stava chiedendo quasi timidamente se poteva amarla come desiderava. Come desideravano entrambi. La vergogna scivolò via come una seconda pelle e Candy rilassò le spalle e le braccia per protenderle verso di lui, accogliendolo quando posò la bocca sulla sua, vicino al loro letto, nella prima notte di nozze.

E Candy si perse nei sussurri, nelle parole dette e in quelle non dette, finalmente rilassata. Dopo, ci furono soltanto i baci, le carezze tenere e quindi più esigenti sulla seta. Poi non ci fu che la seta delle loro pelli e la sensazione di aver conquistato il mondo intero quando il suo corpo si unì a quello di Albert.

 
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* Chi desidera rimanere alla visione romantica della prima notte di nozze può fermarsi qui. Chi, al contrario, vuole spiare ancora nella loro casetta, beh... di seguito i particolari della luna di miele.

 
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Candy

Rabbrividisco ai suoi baci e al tocco gentile ma sempre più possessivo delle sue mani sulla schiena. Credevo che avrei avuto timore, ma queste nuove sensazioni che sto provando sono talmente deliziose che non penso più a nulla.

Mi concentro solo sulle sue labbra che si aprono e si chiudono sulle mie e... oh, Dio! Sulla sua lingua che gioca al limitare della mia bocca con piccoli tocchi, quasi a chiedere il permesso.

Da fidanzati non accadeva spesso e, d'altronde, lo siamo stati per poco tempo.

Non ho mai pensato ad Albert in questi termini: lui era il mio amico sincero e accogliente, le braccia sicure in cui rifugiarmi e anche durante i mesi precedenti il matrimonio è sempre stato dolce e pacato.

Nel giro di una manciata di minuti però comincio a rendermi conto, sempre di più, che adesso siamo anche un uomo e una donna sposati. E siamo in luna di miele. E stiamo per fare l'amore.

Questa consapevolezza mi fa accelerare il battito del cuore, mentre un gemito leggero, un suono che non avevo mai immaginato di poter emettere, sgorga dalla mia gola senza che io possa controllarlo: da una parte c'è la Candy tremante che non conosce altro che brevi nozioni infermieristiche; dall'altra, c'è la donna che sta scoprendo il proprio corpo alla velocità della luce.

E che scopre che trovarsi contro quello del suo uomo è... peccaminoso, eccitante... io desidero di più, sempre di più. E, accidenti, anche Albert ha il respiro irregolare. Dov'è finito il mio imbarazzo di poco fa?

Per la prima volta lo sento come un uomo con i suoi desideri e il pensiero di lui, di solito controllato, che prova quello che sto provando io... beh, mi fa solo venire voglia di perdere ancora di più il mio, di controllo. E di farlo perdere a lui. Di arrenderci all'irrazionalità sensuale che urla alle nostre mani e ai nostri corpi di toccarci, accarezzarci, stringerci sempre di più.

Albert varca un altro confine quando sento le sue dita impazienti slacciarmi i primi due bottoni del corpetto. Con un ansito, interrompo il bacio, stordita.

La magia si spezza.

Lui si stacca da me, un po' ansimante, il viso bello e arrossato e gli occhi color cielo spalancati: "Scu... scusami, Candy, non volevo essere precipitoso...". Sembra imbarazzato per la prima volta in vita sua, almeno da quando lo conosco, e si allontana di più per passarsi una mano tra i capelli. Si schiarisce la voce, sembra a disagio.

"N-non scusarti. Va bene, è giusto. Siamo... siamo in luna di miele". Quelle parole sembrano scuoterlo e lui mi si avvicina di nuovo con l'espressione seria, carezzandomi il viso e riavviandomi i capelli dietro il collo, facendomi anelare di nuovo i suoi baci.

"Non so come ti senti tu, Candy, ma io credo di non aver mai provato niente di simile in vita mia. Voglio dire...". Deglutisce più volte e io gli poso le mani sulle spalle, inducendolo a continuare con un sorriso. Un sorriso che lui ricambia sfiorandomi di nuovo la guancia con le nocche: "Non sono mai stato innamorato come mi accade con te, Candy", sussurra così piano che se fosse stato più lontano non l'avrei udito.

Quella confessione mi fa battere il cuore ancora più forte.

Inclina il viso da un lato ma io gli pongo una mano sulla guancia inducendolo a guardarmi: "Sono... sono davvero la prima donna che tu abbia amato?", domando con l'emozione che trabocca dal mio cuore. Non avevo mai portato a livello cosciente il pensiero di Albert con una donna fra le braccia, un po' perché non riuscivo a immaginarlo e un po' perché temevo di essere gelosa. In realtà è una doppia consapevolezza che mi colpisce solo ora. Non so se le sue parole significhino che non è mai accaduto o non gli è mai successo di amare tanto, ma non è questo l'importante, non voglio saperlo, soprattutto stasera. Eppure, mi viene spontaneo fargli perlomeno questa domanda, annegando nel suo sguardo un po' titubante ma anche sollevato.

"Sì", mi risponde guardandomi con intensa dolcezza.

Cerco disperatamente di dare voce ai miei pensieri, anche se turbinano e si accavallano nella mia testa: "È... è una cosa così... romantica! Mi sento davvero privilegiata, Albert". Non so se ho detto la cosa giusta ma lui sembra aver trovato la chiave di volta per aprirsi a me.

"Visto il mio ruolo in famiglia dovevo comportarmi in modo responsabile, è qualcosa che mi hanno inculcato, ma la verità è che uno dei membri più anziani del clan affrontò questo tema una volta sola, in maniera anche poco chiara per la mia età. Avrò avuto quattordici anni e ritenne fossi abbastanza maturo per sapere che non dovevo compromettermi. Non ricordo bene che termini avesse usato, ma ti confesso che non capii molto di quella imposizione. Il fatto di non legarmi troppo a nessuna con cui non avessi intenzioni serie fu soprattutto una mia decisione. E non mi sono mai innamorato come è successo con te". Parla con tono che pare tranquillo ma che ha le sfumature di una confessione. Io lo ascolto in silenzio, sentendo le lacrime salirmi agli occhi. "Ho sempre pensato che tutto sarebbe stato più naturale una volta che avessi sposato colei che era destinata a me, ma sai una cosa? Tengo così tanto a te che sono un po' nervoso". Fa un risolino affettato, appoggiando la fronte alla mia.

"Lo sono anche io, ma mi sembra che stessimo andando bene, poco fa", rispondo con voce incrinata, cercando di non piangere per non farlo preoccupare.

"Davvero?". Appare genuinamente interessato. "Mi dirai se... sbaglio qualcosa? Se vado troppo veloce per te?".  

"Anche tu! Voglio dire, dimmi anche tu se sbaglio qualcosa. Oh, così sembra un esame!", borbotto imbronciandomi e mordendomi il labbro, frustrata.

"Sì, un pochino". Ridacchia più forte e io rido con lui. Prende un respiro profondo, senza smettere di guardarmi negli occhi: "Sai una cosa? Lasciamo che siano i nostri desideri a guidarci". Mi guarda con gli occhi velati da qualcosa che oserei chiamare passione e sento la fiammella dentro il mio corpo riprendere vita, lenta ma inesorabile. "E io ora vorrei tanto baciarti di nuovo e finire quello che ho iniziato poc'anzi".

"Allora fallo", rispondo senza titubanze, offrendogli la mia bocca e perdendomi di nuovo in un bacio che diventa intenso da subito.

Tutto accelera all'improvviso, ma mi rispecchio nel suo stesso desiderio e lo assecondo con passione. Scopro ancora quanto sia bello il frutto proibito della sua lingua sulla mia e quanto io sia più disinibita di quel che pensassi per ricambiare un bacio simile, così ardito, così... unico. Il sapore della sua bocca è dolce e speziato al contempo, per il vino che abbiamo bevuto a cena, e immagino che lui avverta lo stesso aroma in me.

Mentre mi sto ancora godendo queste sensazioni, Albert mi preme una mano sulla nuca per approfondire il contatto tra le nostre bocche. Il suono soddisfatto, stavolta, lo emettiamo quasi all'unisono ma dobbiamo anche staccarci per respirare. Dio! Ero così concentrata sul bacio che non mi ero resa conto che intanto mi aveva slacciato tutti i bottoni! La sua mano risale sulla schiena che ora è nuda e mi guarda con attenzione, le sopracciglia aggrottate come in attesa di una conferma, e la bocca semichiusa.
Mi concentro su quelle labbra: le voglio di nuovo e voglio che non smetta di toccarmi mandandomi brividi lungo la spina dorsale. Scendendo, scendendo fino al limite del proibito e poi risalendo per infilare due dita nella spallina sinistra del vestito cominciando ad abbassarla.

Il mio corpo segue un istinto primordiale quando s'inarca contro di lui e rilascio il respiro che stavo trattenendo. La mia evidente resa deve incoraggiarlo, perché ora sento l'altra mano di Albert sulla spallina dall'altro lato e in un battito di ciglia il mio vestito da sposa cade pesantemente a terra, con tutti i suoi strati di tessuto e tulle.

Sono in corsetto e sottoveste davanti ad Albert e mi pare di essere tornata indietro nel tempo, quando mi cambiavo alla Casa Magnolia, sola nella stanza da letto o in bagno.
Solo che stavolta Albert non è altrove, in attesa che io sia di nuovo presentabile, ma mi sta guardando e mi sta anche aiutando a scavalcare l'ampia gonna perché mi allontani di un passo e lui possa vedermi meglio. Le braccia, che d'istinto stavo per incrociare davanti al petto, ricadono: non ho voglia di coprirmi, non mi vergogno del suo sguardo ammirato e stupefatto. Appartengo a quegli occhi che amo tanto e voglio comunicare loro, silenziosamente ma in maniera inequivocabile, che tutto di me è loro proprietà.
Tremo un poco, sopraffatta dal desiderio che anche le sue mani rivendichino il loro possesso. Non ero pronta a passare così velocemente da un rapporto platonico al desiderio di una donna innamorata.

"Sei bella, Candy", dice lui con una voce roca e tremante che non gli avevo mai sentito prima, spazzando via ogni mio dubbio. La voce dolce del mio Principe adesso è quella di un uomo che, forse, mi vuole almeno quanto lo voglio io. Di nuovo, mi stupisco di quanto il timore, ora, sia una parte davvero minima di ciò che sento.

Ma la frase che mi esce poco dopo di bocca stupisce anche me: "Sono certa che lo sei anche tu". È uno sguardo malizioso quello che gli sto rivolgendo? Non lo so, ma il suo lo diventa mentre si porta le mani ai bottoni della giacca del kilt e inizia a slacciarli.

Si ferma a metà: "Vuoi farlo tu?", mi domanda.

Mi avvicino a lui e, senza dire una parola, eseguo quel semplice compito come se stessi per saltare da un burrone. Ma è facile, oh, come è facile arrivare alla fine, imitare i suoi gesti e proseguire, senza che lui lo chieda a parole, finché non mi trovo a sfiorare le cicatrici che gli ha lasciato il leone!

Albert prende un respiro tremante e io ritiro la mano. Lui mi prende il polso con gentilezza: "Mi piace che mi accarezzi, Candy. Posso farlo anche io?". La sua è una richiesta dolce ma non timida. Stiamo imparando insieme a conoscerci e più velocemente di quanto avessi immaginato.

Mentre lo accarezzo sul torace e sento guizzare ogni singolo muscolo in apprezzamento, le sue mani sono dietro la mia schiena, si spostano sulle spalle, indugiano sulle braccia e ritornano di nuovo all'altezza della spina dorsale.

I respiri si fanno pesanti e poi tutto è uno stringersi convulso e scomposto. Molto scomposto. Le bocche si reclamano, affamate, i corpi s'incollano e le mie, di mani, sono sul suo busto ovunque: schiena, fianchi, torace, avambracci.

Albert non è da meno e fa penetrare le sue sotto alla stoffa del corsetto incendiando la mia pelle. Mi accorgo a malapena che stiamo gemendo e respirando con sempre maggior fatica, tutto diventa disordinato e... sto cadendo.

Sto cadendo sul letto e Albert è addosso a me e adoro che il suo peso sia appena attutito dai suoi gomiti che si puntano sul materasso, forse per non farmi male.  Se prima eravamo stretti in un abbraccio, ora siamo quasi fusi in un unico corpo e sento ogni parte di me coincidere con il suo.

Ogni. Parte.

Spalanco gli occhi: "Albert", lo chiamo in un ansito.

Lui, che aveva interrotto il bacio per passare le labbra sul mio collo facendomi venire la pelle d'oca, alza il viso per guardarmi, confuso: "Eh?", è l'unica cosa che mi chiede, col fiato corto.

Apro la bocca per parlare e mi accorgo che non so cosa dirgli. O almeno, non so come dirglielo. Perché sono rimasta tanto sconvolta da fare il suo nome? Come spiegargli che il suo desiderio è tangibile e lo avverto chiaramente, proprio dove anche il mio mi sta consumando? Deglutisco, poi sibilo qualcosa che somiglia a un "ti sento".

Albert sbatte le palpebre, credo proprio che non abbia capito, così scuoto la testa e avvicino il viso al suo perché mi baci di nuovo. Lui non si fa pregare e ricomincia l'altalena con baci profondi, leggeri, spostati sulle guance e sul collo.

Quando mi ha slacciato il corsetto? Sentivo le sue dita tirare e armeggiare, ma non sapevo ci fosse riuscito. Ora le sue mani sono all'altezza dei miei fianchi e vanno su, più su ancora.

Mi catturano i seni e d'istinto mi inarco su di lui, approfondendo ogni singolo contatto tra noi. Incluso quello che poco fa mi ha spiazzata per la sua intensità.

Il gemito di Albert è profondo e copre il mio respiro, ed è un altro suono che non avrei mai pensato potesse provenire da lui. Il che mi sconvolge in un miscuglio di orgoglio ed eccitazione. Sto cercando di capire perché non provi alcuna vergogna a muovermi contro i suoi fianchi per approfondire quel contatto, quando Albert fa qualcosa di molto simile ondeggiando dolcemente contro di me.

I baci e le carezze aumentano prima di smettere del tutto e ci ritroviamo a guardarci per un attimo, confusi, agitati, annebbiati come per aver bevuto troppo.

"Candy...".

"Non fermarti". Lo sto supplicando? Siamo già arrivati a questo? E il mio nome pronunciato con quel tono dolce non era forse la sua, di supplica?

Di certo non perdiamo altro tempo e tutto ricomincia di nuovo. Le sue mani. Le mie mani. Su noi stessi e tra i nostri corpi, che ci spogliano quasi completamente. Albert si gira su un fianco per agevolare i movimenti e riprendiamo fiato dai baci e dalle nostre esplorazioni rallentando per goderci il momento solo quando rimane la sola biancheria a dividerci dalla completa nudità.

Sorridiamo con aria complice e quando Albert mi tocca di nuovo con gesti controllati quasi fossi qualcosa di prezioso, io chiudo gli occhi di riflesso. Perdendomi. Emulandolo con la stessa dedizione. Ripetendogli quanto lo amo quando lui lo sussurra a me. Adoro le sue cicatrici e le bacio più volte. Ricambia posando le labbra sul mio seno prima come il tocco delle ali di una farfalla, quindi con baci intensi come se si trattasse delle mie labbra. Devo mordere le mie per non gemere.

"Non trattenerti, lasciati andare", mormora quando se ne accorge e mi abbraccia fino a farmi rotolare su di lui. Lo sovrasto, un po' impacciata e un po' imbarazzata, e ridacchio facendogli ricadere i capelli addosso, sul viso. Albert li bacia ciocca per ciocca, riprende a baciarmi il collo e il seno. Tra le mie gambe lo sento fermo e teso e so solo che voglio essere sua. Vedo la mia stessa urgenza riflessa nel suo sguardo, nel suo ansimare, nel suo stesso corpo. Un corpo che sembra una scultura perfetta eppure imperfetta, dove ogni singolo muscolo non è definito in maniera esagerata ma rende tonica la sua pelle. Il mio Principe è bello e segnato da quelle ferite che torno a sfiorare perché sono l'espressione stessa del suo amore incondizionato per me.

Prende un respiro profondo, come se volesse calmarsi e, con gesti così lenti che mi fanno rabbrividire e quasi mi esasperano, mi adagia di nuovo accanto a lui. E mi accarezza i fianchi fino a far scivolare le dita ai lati della mia biancheria. Ne afferra i lembi, senza mai smettere di guardarmi: mi sembra persino che stia tremando un po'. Dio, sto tremando anche io!

Sollevo i fianchi per facilitargli il compito e ora sono davvero nuda davanti a lui.

Il sospiro di Albert è altrettanto tremulo: "Ti... desidero, Candy". Gemo piano a quell'affermazione e sono io ad allungare le mie mani sui suoi fianchi. Il suo pomo di Adamo sobbalza un paio di volte quando, prendendo tutto il mio coraggio a raccolta, infilo le dita tremanti di timore e desiderio sotto l'elastico della sua biancheria, spostandole quasi senza rendermene conto dal bacino ai muscoli forti delle natiche.

Non posso credere a quello che sto facendo ma mi accorgo che è la stessa cosa che sta facendo a me. Ci stiamo scoprendo reciprocamente e io sono uno specchio che emula i suoi gesti.

Sentire le mani di Albert sulle mie, di natiche, che scendono lungo le cosce e poi risalgono è inebriante quasi quanto perdere le mie sulla sua schiena e... oltre. I suoi gemiti di apprezzamento si mescolano coi miei e quasi grido quando mi accarezza nel luogo più intimo del mio corpo.

Ma è solo un attimo, come se volesse solo rendersi conto di quanto io sia pronta per lui. E lo sono, con tutto il mio cuore e con tutto il mio corpo. Lo sono al punto che con la mano destra accarezzo il suo ventre, incontrando la fossetta del suo ombelico, indugiando lì e ripetendomi che sto toccando l'ombelico di Albert, di mio marito. Qualcosa che mi pare persino più ardito di tutto ciò che è accaduto finora.

Ma non è così e lo so bene, perché sto per fare qualcosa di molto, molto più ardito. Toccare lui nel luogo più intimo del suo corpo.

Le sensazioni, nonostante il mio indugiare sia breve, sono molteplici: la sensazione di durezza che contrasta con la morbidezza del tessuto che ci separa; quella di onnipotenza nel rendermi conto che le sue braccia intorno al mio corpo tremano mentre trattiene un ansito strozzato; e l'impulso che ho di averlo già dentro di me, senza più esitazioni.

Albert mi afferra piano per il polso e mi sussurra, roco: "Candy, non so più quanto controllo ho sul mio corpo", mi confessa serio e un tantino contrito.

Non capisco bene il senso delle sue parole, ma lo comprendo a livello profondo.

"Neanche io ho più il controllo sul mio, Albert. Anche io ti desidero", gli rispondo di rimando.

Come stiamo imparando, bastano poche battute per porre fine alle parole e alle titubanze e lasciare che i nostri corpi parlino per noi.

Albert mi cerca le labbra in un altro di quei baci che adoro, e da cui divento ogni minuto che passa più dipendente. Poi si toglie da solo l'ultimo capo che indossa.
Ora sì che paura e desiderio convergono in me in parti uguali.

Lui deve accorgersi del mio sguardo sconvolto perché si lascia cadere sul letto a pancia in giù, nascondendo alla mia vista ciò che ormai è marchiato indelebilmente nelle mie retine e nel mio cervello.

Mi guarda con un sorrisetto, i gomiti affondati nel cuscino: "Non volevo spaventarti, ma non posso fare a meno di... beh...".

Giro il capo verso di lui e cerco, ancora un volta, di fargli capire cosa provo: "So che non mi faresti mai del male, Albert. E... non sono spaventata. Forse solo un pochino, ma non per colpa tua".

Ancora una volta, il suo sorriso dà il via a una specie di magia e sembriamo perfettamente sincronizzati nel momento in cui ci voltiamo sul fianco per abbracciarci, unendo la nostra pelle e i nostri corpi, ansimando soddisfatti mentre ci accorgiamo che ci tocchiamo dalla fronte, che teniamo unita uno all'altra, al busto, ai fianchi, alle gambe, alla punta dei piedi.

Albert è caldo e solido ovunque, ma è anche morbido e delicato mentre si muove contro di me ricominciando a baciarmi. La sua pelle è compatta e liscia, ricoperta in parte da una leggera peluria bionda che mi fa il solletico, ma tutta la mia attenzione converge dove pulsano i nostri desideri, dove si incontrano per la prima volta accarezzandosi a vicenda e mandando in completo delirio ogni mio autocontrollo.

Albert porta i suoi baci ovunque, in questa giostra infinita: li sento sul collo, sul seno, sull'addome, persino sulle gambe, quasi volesse imprimersi tra le labbra il sapore di ogni parte di me.

"La tua pelle è come nettare", mi dice quasi in riflesso ai miei pensieri e desidero scoprire se anche la sua ha lo stesso sapore. Così mi avvicino per baciargli finalmente l'intero torace oltre alle cicatrici, il collo dove sento pulsare forte il suo cuore, la guancia, la spalla, il braccio. E di nuovo la sua bocca che sembra avere fame di me, come io di lui.
Il vortice ci risucchia di nuovo, ma stavolta siamo a un punto di non ritorno, dove fermarsi per fare altro è impossibile. Ora Albert si è spostato fino a stare quasi sopra di me, le nostre braccia si allacciano prima che le mani esplorino: le sue ora tracciano una scia rovente dai seni ai fianchi, una s'insinua di nuovo proprio dove voglio che mi tocchi e getto la testa indietro gemendo e chiedendogli di più.

E mi tocca, Albert, accarezzandomi sempre più in profondità mentre io sono spinta da un bisogno primordiale che mi fa a mia volta toccare il suo corpo fino a incontrare ciò che, unito a me, ci renderà alfine una cosa sola.

Geme anche lui, forte, in un respiro lungo e urgente. Ed è già dove prima c'erano le sue dita, che tenta di farmi sua senza riuscirci. Ci muoviamo ancora in modo scomposto, inconsapevole, poi sempre più consapevole. Capisco che devo aprirmi a lui. Capisce che deve guidarsi.

Lo fa lentamente, con attenzione, i nostri respiri e lamenti d'amore che si mescolano sulle bocche unite. Mi irrigidisco quando mi sento dolorante e Albert si ferma: "Ti ho fatto male?", mi chiede puntellandosi su un gomito.

"Un... po'... ma è normale. Succede così. Ora passa". Respiro a fondo e lui mi accarezza il viso.

Resta immobile ma mi bacia di nuovo, le nostre gambe rigide sotto i corpi uniti in profondità. "Candy... ".

Sì, il suo bisogno ora è anche il mio e lo accompagno con un movimento dei fianchi e un gemito e adesso è lui ad essere come uno specchio, che emula tutto ciò. Ancora una volta, più veloce. E di nuovo. E di nuovo.

Ci invochiamo a vicenda, poi il mio cervello si spegne e mi sembra di perdere i sensi quando un'ondata di estasi potente parte dal mio nucleo unito al suo e risale fino alla gola dove esce un grido che non sembra neanche il mio.

Sono persa in una luce abbagliante, in una marea di sensazioni che contraggono le mie viscere ma sento distintamente il corpo di Albert irrigidirsi per un istante prima che lui spalanchi gli occhi nei miei, poi li chiuda strettamente e rovesci la testa all'indietro gemendo a sua volta.

Si muove più veloce contro di me, dentro di me, sopra di me e io lo stringo, ancora persa nell'eco di ciò che ho appena scoperto essere la sensazione più vicina alla morte e alla rinascita. E sapere che anche lui sta morendo e rinascendo nel mio corpo mi fa salire le lacrime agli occhi per la gioia.

I suoi gemiti divengono singulti mentre abbassa il viso sul mio collo: possibile? Gentilmente, gli porto le mani ai lati del capo e gli infilo le dita tra i capelli sudati e spettinati e mi rendo conto che anche lui sta piangendo.

Albert sta piangendo.

Tocco le sue lacrime con i pollici e lui, scorgendo le mie, cerca di parlare: "Ti amo, Candy", dice con voce così rotta che non posso fare altro che abbracciarlo e singhiozzare con lui, mentre ancora siamo uniti nel nostro abbraccio intimo che ci ha emozionati tanto da scioglierci in lacrime nello stesso istante.

"Ti amo anch'io", bisbiglio.

 
- § -
 
 
Albert

Candy vibra tra le mie braccia mentre la bacio a lungo, prima di staccarmi per guardarla e accertarmi che stia bene. I suoi occhi brillano e, vedendo la sua cascata di riccioli biondi che scende verso terra, provo l'impulso irresistibile di infilarvi le mani in mezzo solo per sentirne la consistenza.

L'amore trabocca dal mio cuore e trasuda sulla mia pelle, anelando di incontrare la sua.

La guardo: è bellissima. L'ho sempre saputo, ma oggi mi rendo conto appieno di quanto la sua anima e il suo aspetto siano in equilibrio pressoché perfetto, conferendole la luminosità che solo la gioia di una sposa riesce a mostrare in tutto il suo splendore.

Il desiderio e il timore reverenziale s'impossessano di me, assieme alla commozione di sapere che Candy è finalmente mia. Noto il suo nervosismo dalle risatine affettate che fa e cerco di contenere il mio.

Dovrei guidarla, ma in realtà dovrò lasciare che lei guidi me. Che questa scoperta dell'amore totale tra noi due avvenga mano nella mano, come è sempre stato fra noi.
Io la proteggerò e la adorerò; lei si affiderà a me e sarà la mia stella Polare al contempo. Perché lei è unica, è la sola che abbia mai amato davvero.

La guardo e, ancora una volta, non servono parole tra noi. Possiamo scambiarci sguardi per minuti interi conversando senza bisogno della voce. Ora servono solo pochi istanti per avere la conferma che posso baciarla ancora. Grazie alla complicità che ci contraddistingue possiamo assecondare i nostri desideri in modo naturale, senza imbarazzo ma con tanta, tanta aspettativa e quel dolce tocco d'inquietudine.

Non penso, mi limito ad assaporare la sua bocca come non ho mai osato fare prima, rivivendo il passato mentre lo faccio. Una bambina piangente; una ragazzina in pericolo; un'adolescente che sa già cosa vuole dalla vita; un'infermiera che prende le redini della sua vita e anche della mia quando ho perso l'orientamento assieme alla memoria. Oggi, tutte queste meravigliose persone sono la donna che tengo fra le braccia e che presto sarà mia anima e corpo. Sono quasi commosso da questa consapevolezza e mi domando cosa ho fatto di buono nella mia vita per meritare tanto.

Quando inizio a nutrirmi del nettare nella sua bocca, deliziandomene e diventandone subito dipendente, sento un suono provenire dalla sua gola mentre risponde, timida ma decisa a ricambiare: è un suono che accende in me istinti quasi sconosciuti che ho sempre cercato di sopire, soprattutto con lei. Ma che oggi, tenendo Candy fra le braccia, rivendicano la loro presenza nel mio corpo, facendolo risvegliare come fosse stato intorpidito per anni in attesa dell'anima giusta in cui fondersi.

E lo ammetto, perdo la testa e la ragione e le mie mani vanno ai bottoni del vestito, anelando il tocco della sua pelle senza che quasi mi accorga di quello che sto facendo. Prima la stavo solo stringendo dandole quello che spero fosse un bacio alla francese dolce e ardente, ora sono già passato alla fase successiva.

Forse troppo velocemente.

Mi stacco da lei, rendendomi conto che ho il respiro un po' affannato e che lei non è da meno. La guardo, mi scuso, cerco di capire se sto andando troppo in fretta. Infine le confesso tutta la verità: quella parte del mio passato che non potevo certo scriverle o dirle prima. Quella che rappresenta la profondità del mio amore per lei. Sì, Candy, sarai la prima donna che stringo fra le mie braccia amando davvero, e sei così fragile e meravigliosa che temo di farti del male. Eppure è lei che mi infonde coraggio e ricominciamo a parlare come sempre, muovendoci su questo territorio comune che stiamo per affrontare mano nella mano. Un po' confusi, un po' imbranati. Ma decisi a condividere tutto fino all'ultimo ansito del nostro cuore.

Non indugio più, non potrei. La voglio, Dio mi aiuti, la voglio così tanto che non posso aspettare oltre e le rubo un altro bacio profondo, felice che lei ricambi come e più di prima. E i gemiti sono di entrambi. E le mie dita, di nuovo, sfuggono al mio controllo e si adoperano per spogliarla. Il bellissimo abito da sposa cade e io sbatto le palpebre credendo di avere davanti una specie di allucinazione mistica.

Candy è bellissima, eterea e virginale e io tremo al solo pensiero di continuare a toccarla. Io, il grande patriarca degli Ardlay, rischio di perdermi nel corpo della donna che amo. Così perfetto eppure vero. Così invitante. Le tendo le mani, l'aiuto a scavalcarlo e glielo dico, quanto è bella. Glielo dico e i miei occhi si nutrono di lei.

Non è più timida come prima e mi aiuta persino a spogliarmi. Sento le sue mani sul mio petto e so che se morissi adesso, mentre sta tracciando con le sue dita le cicatrici del leone, morirei felice. Ho bisogno di toccarla anche io e lo faccio, viaggiando lungo il suo corpo e osando, infine, avventurarmi sotto la stoffa del corsetto. Voglio di più, anelo sentirla contro di me perché neanche l'aria deve più separarci e, seguendo di nuovo l'istinto, la inclino sul letto puntellandomi sopra di lei, cercando di non schiacciarla con il mio peso ma beandomi di questo contatto completo, sentendo il calore della pelle di Candy entrare nella mia, poro per poro.

Nella nebbia del desiderio crescente, continuo a sentire le sue mani sulla mia schiena mentre la bacio e divento frenetico. Voglio proprio toccarla di più e la stringo finché Candy non mi dice qualcosa a bassa voce che io non capisco. Dice che non importa e ricominciamo a esplorarci con devozione, con intensa e crescente devozione. Si muove contro di me nel momento in cui io lo faccio contro di lei, colto da un impulso primordiale che si concentra laddove il mio desiderio convoglia alla velocità della luce.

La sensazione è così intensa che ci guardiamo, sconvolti: siamo arrivati al limite dell'unione pur non essendoci uniti e io sono immerso nel profumo e nella morbidezza di Candy. Toccare i suoi seni, tondi e tesi verso di me, piccoli e perfetti, ha azzerato ogni autocontrollo e mi sono ritrovato a slacciarle il corsetto per puro istinto.

D'altronde, mi ha praticamente pregato di non fermarmi e non ne ho intenzione, né potrei più, arrivato a questo punto. Voglio solo sentire, sentirla, scoprire ogni parte di Candy. Mi rendo conto che mi sono spostato da lei quel tanto che potesse concedere alle mie mani di spogliarla, lasciandola in biancheria intima, restando ad ammirarla prima dell'abbraccio più incantevole che ci siamo mai scambiati. Pelle a pelle, cuore a cuore, col desiderio a rendere i sensi così intensi che potrei gridare.

Ma voglio prendermi il mio tempo, concederci il nostro tempo, e nutro i miei occhi guardandola e le mie mani accarezzandola. Trattenendo il respiro e morendo d'amore quando lei lo fa con me. Potrei passare ore anche solo così, ma cuore e corpo vogliono diventare una cosa sola e sono certo che neanche lei desideri attendere tanto a lungo.
Sentire il suo dolce peso sopra di me è quanto di più struggente e inebriante io abbia mai provato in vita mia.

E tremo, tremo come un ragazzino inesperto quale forse sono davvero, mentre mi accingo a far scivolare via anche l'ultimo capo dal suo corpo delizioso. Candy si solleva un poco, come se volesse aiutarmi, e questo serve solo a incendiarmi di più. A farmi persino confessare, in un sospiro, quanto la desideri.

Non credevo che lei avrebbe reagito in questo modo. Pensavo che l'avrei messa in imbarazzo o, peggio, spaventata, tuttavia lei sta proprio cercando di spogliare me. Non capisco quasi più nulla, mi sento un fascio di istinti primordiali e non va bene. Ma come cercare ragione, tenerezza e autocontrollo quando le sue mani mi stanno toccando lungo i fianchi e persino sulle natiche, dove non avrei mai lontanamente immaginato avrebbe avuto il coraggio di posare neanche lo sguardo? La sensazione di questo tocco assomiglia alla libertà selvaggia che si respirava in Africa, slegata a briglia sciolta da ogni convenzione e da ogni falsa buona creanza e me la godo, oh, se me la godo! Anzi, emulo il suo gesto e la esploro nella sua interezza, la mia bella moglie, temendo che possa scomparire come in un sogno meraviglioso. Non resisto oltre, affogo anche io nei gemiti il mio apprezzamento e mi spingo molto, molto più in là: non avevo forse pensato di voler scoprire proprio ogni parte di lei? Ed eccolo, il suo giardino più segreto, che sfioro appena con sommo rispetto, scoprendo che è già pronta a consentirmi di diventare tutt'uno con lei.

Colgo il respiro sorpreso e affannoso di Candy e sono quasi compiaciuto quando mi accorgo che sembra delusa che quel contatto sia durato così poco. Ma sono così vicino a perdere la testa che devo riordinare un attimo le idee e capire come procedere senza sembrare una sorta di selvaggio, di giardiniere impaziente di cogliere la Dolce Candy più incantevole che sia mai sbocciata.

Il mio nobile intento di dire o fare qualcosa di tenero prima di farla mia, però, se ne va a farsi benedire quando le sue dita scendono sul mio ventre, bloccandomi il respiro in un sibilo. Un sibilo che in pochi, ardenti istanti, diventa un singulto strozzato. Perché Candy sta di nuovo imitando i miei gesti. E se poco fa immaginavo come ardito e delizioso il suo tocco sulle mie natiche, ora rischio seriamente di perdere ogni controllo e ogni decenza.

Candy sta accarezzando la parte più intima di me, quasi saggiandone la consistenza attraverso la stoffa e d'istinto le blocco la mano. Non ho dubbi su quello che sta per accadermi, se non la fermo. Sto ardendo e tutto questo fuoco si sta concentrando nelle parti meno nobili del mio corpo.

Cerco di spiegarle che non ho più molto controllo, se continua così, e lei mi confessa la medesima cosa. Sono io che mi sto facendo problemi inutili? Sì, credo proprio di sì: Candy mi desidera tanto quanto io desidero lei, ne ho persino avuta la conferma tangibile, così rompo ogni indugio e catturo di nuovo le sue labbra, che anelo già da troppo tempo. E nello stesso momento, stacco le mie mani da Candy solo per spogliarmi completamente e mostrarmi a lei così come sono venuto al mondo.

E Candy mi guarda, la sua espressione cambia e anche se non dovrei mi costringo a nascondermi mettendomi a pancia in giù, quasi per darle tregua. Non ho capito bene se è spaventata o imbarazzata. Io penso di essere entrambe le cose in parti uguali, ma anche divertito e un po' insicuro. Provo a spiegarle ciò che provo e, con una naturalezza che sto imparando ad amare, lo fa anche Candy. Siamo sintonizzati sulla stessa linea d'onda, stiamo scoprendo insieme i nostri corpi e la passione reciproca, nulla deve più fermarci.

E abbraccio la mia Candy, perdendomi in lei, toccandola ovunque desidero, sentendola contro di me. La gloria di avere ogni pollice del suo corpo contro il mio mi manda in una specie di delirio e ora so cosa significhi essere travolti dalla passione. Dall'amore nella sua espressione più alta e intima. Capisco che lei prova le stesse cose, non è affatto spaventata, invece ricambia quelle carezze e s'inarca contro di me finché la sua morbidezza più segreta incontra la fermezza del mio desiderio struggente di lei.

Non ho più aria, la cerco, la inspiro in ansiti lunghi e urgenti, cercando di mettere fine a questa lunga e dolorosa attesa. All'inizio i movimenti di entrambi sono un po' goffi, ma è così semplice trovare la strada che ci farà incontrare che la troviamo nel medesimo istante.

La strada per il Paradiso, per il cuore e il corpo di Candy, per l'unione completa è stretta e deliziosamente umida e io provo l'impulso di baciarla per la gratitudine che trabocca da me, interrompendomi quando la sento irrigidirsi.

Perché so che aprirà quell'ultima porta per me e che solo io ho la chiave.

Piano, con delicatezza, mi immergo in lei, commosso, felice, completo. Le riprendo le labbra prima di chiederle se provi dolore a causa mia. È l'unico timore che m'impedisce di perdere del tutto la testa e continuare senza remore. Fino all'estasi che anelo e che, dalla sua risposta, anela anche lei.

Non so con quale sforzo stoico e titanico, ma riesco a rimanere immobile mentre le accarezzo il viso, baciandola e soffocando il suo nome nel bisogno che mi pervade. Stavolta Candy non risponde con le parole, ma ondeggia i fianchi contro i miei e so che siamo quasi alla fine di questo sentiero meraviglioso, accecante.

La prendo, la conduco, lei conduce me. Siamo trascinati nel sole. Oh, devo attendere che lei sia la prima a giungere alla meta, battendomi sul tempo, quasi stessimo correndo una gara giocosa! Siamo due bambini che sfrecciano su un prato a piedi nudi e lei deve vincere. Farò di tutto perché vinca e tocchi il muro prima di me. No, anzi, il cielo. Lo vedo, lo scorgo nei suoi occhi, nel mio nome che grida con trasporto e adoro il suo viso sfigurato dall'estasi che sono riuscito a donarle. Ne sono travolto, emozionato, e non posso fare a meno di seguirla.

Seguirla sentendomi spezzare in due. Seguirla chiamandola mentre tendo ogni muscolo del mio corpo e chiudo gli occhi. Seguirla avvertendo le fiamme avvolgermi i lombi e le lacrime salirmi agli occhi. Acqua e fuoco che s'incontrano nella sensazione più potente che abbia mai provato in vita mia, tanto che non so se potrò sostenerla.
Mi spingo più forte contro di lei, volendo fondermi in Candy e non lasciarla più.

Abbasso il viso nel suo collo per sentirne il sapore e l'odore e so che sto piangendo solo perché lei mi tocca il viso quando infine riesco a staccarmi un po' per guardarla.

E le dico che la amo, beandomi della sua risposta appassionata. E la trattengo ancora un po', fino a che il mio corpo me lo permette, perché voglio essere una cosa sola con lei il più possibile. Da qui all'eternità.
 
 
- § -
 
 
Mattina

"Albert?".

"Mh?".

"Succederà così ogni volta?".

"Cosa intendi?".

"Ci metteremo a piangere tutte le volte che... sì, insomma... che accadrà?".

"Non lo so, Candy. In realtà penso che siano entrate in gioco emozioni molto potenti legate al fatto che fosse la nostra prima volta".

"Abbiamo atteso tanto per essere felici e stasera... siamo uniti come mai prima".

"Già, credo proprio che sia così".

Il profumo del roseto di Lakewood. Fu la prima cosa che Albert avvertì quando aprì gli occhi e si rese conto che invece aveva il naso affondato in un mucchio scomposto di riccioli dorati. Il sorriso gli sorse spontaneo sulle labbra e prese un altro respiro profondo tra i capelli di Candy.

Il sogno che aveva appena fatto, conducendolo al risveglio, non era altro che una conversazione sussurrata tra le carezze la notte precedente. Credeva non l'avrebbe mai dimenticata in vita sua, come non avrebbe mai dimenticato le emozioni travolgenti che lo avevano unito a Candy.

L'abbraccio pelle a pelle si era allentato durante la notte, anche se non di molto, e Albert trattenne persino l'impulso di stirare tutte le membra pur di non perdere il contatto quasi totale con il corpo di sua moglie. Un contatto che gli risvegliò tutti i sensi e che lo riportò alle sensazioni e alle emozioni della sera prima.

Candy gli era sembrata così piccola e timida fra le sue braccia, prima di trasformarsi interamente in donna, che aveva temuto davvero che non fosse ancora il momento giusto per lei. Eppure, le stelle nei suoi occhi gli dicevano il contrario. E i sospiri, e le carezze che pian piano cominciava a restituirgli, e quel modo acerbo ma delizioso di lasciare che lui la toccasse...

Quando l'aveva vista nella sua gloriosa nudità, aveva pensato che Dio fosse stato estremamente generoso con lui, concedendogli non solo di sposare la donna che aveva sempre amato, ma dandogli la conferma della sua eterea bellezza dalla testa alla punta dei piedi. Ma amarla completamente... oh, come descrivere tanta emozione? Come scindere il cuore dal corpo che sembravano un'unica entità ebbra di sensazioni connesse tra loro?

Candy si rannicchiò contro di lui mormorando qualcosa nel sonno e Albert l'avvolse nel suo abbraccio protettivo, come aveva sempre fatto. E seppe, in quel preciso istante, che ora che la loro unione era completa avrebbe potuto stringerla in ogni istante delle loro vite, anche di notte.

Il sonno lo reclamava, ma non credeva che sarebbe riuscito a dormire. Desiderava assorbire quel contatto così intimo e unico fino a quando lei non si fosse svegliata, magari per farle l'amore ancora una volta, lentamente e dolcemente; desiderava continuare a sentire il ritmo del respiro di lei, così simile al soffio meraviglioso del vento; e desiderava riempirsi gli occhi e l'anima dell'immagine di Candy che dormiva nuda fra le sue braccia.

Eppure, mentre cercava di combattere contro il torpore crescente, Albert si rese conto che la coscienza si stava pian piano spegnendo, cullata dallo stesso sonno sereno di sua moglie. E vi si arrese, felice e beato, certo che avrebbero vissuto mille e mille notti come quella.
                                                                         
   
 
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