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Autore: Sarandom    23/08/2022    0 recensioni
Gennaro/Ciro
What if: seconda e quinta stagione finiscono in modo diverso. La presenza di Maria Rita cambierà Ciro portandolo a ritroso cambiando percezioni e ad affrontare le conseguenze con Gennaro il quale non deve solo occuparsi di Pietro, tornando a tratti il ragazzo che era un tempo. Un 'viaggio di famiglia' con vecchi incubi e nuova complicità.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ciro Di Marzio, Gennaro Savastano, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve!
Questa è la prima fanfiction scritta in questo fandom ma neanche l'ultima in cantiere >.< Ci ho messo quasi un anno a finirla per cercare cosa volevo mettere e come. Molte scene hanno continuato a cambiare ma il mio scopo era darmi una gioia (e darla anche a loro, dai). Per inesattezze, qualche OOC e momenti con i ragazzi aggiunti soprattutto per mostrare dei dettagli o fare battute, probabilmente, molto sceme - sono create apposta (direte: grazie al-) per andare al punto e approfondire il legame. Troverete un nuovo personaggio che personalmente adoro. Ho deciso di pubblicarla senza capitoli, non me ne vogliate se vi terrò qui per troppo tempo e per cosa andrete a leggere; ci ho provato! PS: NON sono di Napoli, neanche chi ha betato quindi perdonate per errori nei dialoghi.

Mi trovate anche su AO3 

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2016

 

Quando Gennaro viene a sapere cosa il padre ha commissionato a Malamore avverte Ciro che perde i suoi uomini e Don Pietro riesce a tornare a casa. Gennaro va dal padre e capisce che nulla cambierà, ha fatto male a tornare da lui quindi dà a Ciro la pistola con cui ucciderlo e insieme si occupano anche di Malamore. Alla fine, Ciro parte con Rita e Gennaro va da Azzurra che sta per partorire

 

 

2018

 

Quando lasciano Gennaro in mezzo a una strada a Secondigliano, bussa alla porta di Ciro che è tornato ma da solo.

<< T'hanno conciato male.>> la stanza è buia, pochi raggi di sole penetrano dalla finestra e a Gennaro sembra rispecchi anche lo stato d'animo suo. << a do sta Rita?>>

<< Sta buon’. Agg fatt’ chell che era meglj pe iss.>>

Gennaro si voltò, quanto i lividi gli permisero <> Il guizzo di rabbia negli occhi di Ciro sfumò via con il fumo della sigaretta. << Me pare che stamm messi uguale.>>

<< Pcche sì turnat?>> tornò di nuovo a guardare fuori la finestra senza veramente prestare attenzione al di fuori.

<< Azzurra e Pietro?>> Ciro era ancora alle sue spalle ma lo vide chiaramente vacillare prima di girarsi e scuotere la testa, occhi bassi e letteralmente bastonati. Si contavano sulle dita di una mano le persone che conoscevano quel suo lato vulnerabile, si sedette sconfitto su una sedia.

Ciro si avvicinò sedendosi sul letto e si guardarono quando Gennaro continuò. <>

Non era sincero solo perché gli serviva aiuto ma gli mancava, non c'era mai stato un altro con cui si capiva e con cui poteva permettersi di cadere.

Non aveva intenzione di far trapelare il ragazzo del passato ma vedendolo riuscì a vedere l'amico di cui aveva bisogno e in sé sperava. << Se o' fai ppe a' famigl’ tuja, i sto cu’ te.>>

Gliene fu grato e quasi non riuscì a credere a tutto quello che erano riusciti a passare per potersi trovare lì.

 

 

 << Dobbiamo iniziare ra capo ma forse so cu’ chi.>> gli disse, affacciati dal balcone dell'hotel dove alloggiava Ciro.

<>

<< L'importante è chell ca' facimme nuje.>> lo fissò e Gennaro annuì, si teneva sempre cauto quando sapeva di dover andare con i piedi di piombo, però se potevano trarne un'altra cosa la domanda la fece.  << O’ saje do sta issa?>>

Negò. << Li spostano, ppe chist nu a' pozz trovà mo’ mo’.>>

 

<< Te ricordi comm teng fatto cu te? Quello sto a fa.>> lo guardò con la sigaretta tra le labbra seduto sul bordo del cornicione del terrazzo, il buio gli creava ombre sul viso ma l'irritazione di Gennaro fu ben visibile, girò il mento verso i palazzi. << E meglio ca' si ferma a' però>>

Tirò di sigaretta e sbuffò. << Che si geloso?>>

Gennaro spostò il peso di lato. << Meglio ca' nun ce divento, crer’m.>> e passò avanti per andarsene.

Lo sapeva non si trattasse di una minaccia ma della paura che portava dentro, quella di essere lasciato solo come una ruota bucata in mezzo la via. Ciro però conosceva anche il suo essere impulsivo e questa gli si sarebbe rivolta conto.

 

Appena arrivati sullo yacht una brutta sensazione gli era calata sullo stomaco ma cercò di ignorarla, era tutto finito, avevano vinto e sarebbe partito presto. All'inizio del teatrino di Enzo e l'amico suo, aveva capito, un veloce dejavù fece passare davanti agli occhi un film già visto e finito male, invocò una possibilità. Valutò quella migliore e sincera, sapeva Rita fosse al sicuro, probabilmente gli mancava, lo sperava in cuor suo. Gennaro l'avrebbe aiutata? Avrebbe dovuto chiederlo? Non avevano più tempo.

All'ultimo, le parole di Attilio prima che tradisse i Savastano, tornarono a ricordargli quanto si fosse lasciato andare, quanto la sua stessa leggenda l'avesse reso immune al mondo, condannato a stare sulla terra da solo e adesso doveva prepararsi a morire per mano della persona che fino all'ultimo aveva creduto di contare niente. Almeno in quel momento poteva leggere tutto il contrario.

 

<< Nisciun adda sapè che s’i ancora vivo.>>

<< C'è nu' motivo sol’ ca' m’ha purtat’ fino a lì.>>

<>

E non poteva dire di no, questa volta le mani legate era lui ad averle, Aiello lo sapeva anche se la fitta vicino al cuore richiamava la sua attenzione, doveva continuare ad andare avanti come sempre fatto. << So dov'è.>>

Bastò quello a convincersi e dimenticò tutto.

 

'E Ij che t'aggio lasciat

e mo’ che vac truvann a’ te

Ij po’ senza e’ te

Saij nun so stat mai buon.'

 

L'addore forte d'o mare - Ivan Granatino

 

2021

 

Che ci avesse sperato o che fossero stati incubi, che lo trovasse era un presagio. Lo sentì al centro del petto subito dopo aver controllato il contenuto della scatola. Sapeva quanto non potesse essere contento ma vedere la macchina avvicinarsi aveva portato indietro il tempo a tutti gli sbagli e le poche scelte giuste all'occasione. Non condivisero una parola, lo sguardo di Gennaro urlava senza avere niente con cui coprirsi, solo un motivo per continuare a tacere.

 

Poi tutto finì velocemente, l'unico modo che teneva per farlo stare fermo era rinchiuderlo e per farlo soffrire era allontanarlo ancora di più dall'unica speranza. La rabbia di entrambi ormai esplosa, il punto di rottura per qualcosa che entrambi conoscevano a metà ma era abbastanza per il veleno che scorreva nelle vene. Non s'era mai placato e non si erano mai fermati ad ascoltarlo o almeno così erano convinti.

 

Ciro ebbe l'ultima conferma del suo timore, il luogo era andato perso con Don Aiello e nell'ignoranza di Gennaro, questo gli donò la forza per vivere quell'ultima partita. La morte doveva solo aspettare il suo segnale se voleva prenderlo.

C'era un tintinnio angosciante che non lo mollava però, era lontano e non riusciva a distinguerlo, si diceva fossero le catene dei fantasmi fermi nella sua testa che volevano impedirgli di fare l'ennesima scelta sbagliata, poteva mettere un punto e andare a capo. Il piano nella vita che poteva guardare non cambiava però, voleva fargli perdere tutto come era capitato a lui, altrimenti il loro essere uguali era solo una bugia. Voleva vederlo crollare e ci stava riuscendo, il potere era suo adesso.

 

 

Il secondo passo andava a rilento, e sentire il disprezzo da Munaciello, uno che veramente non contava un cazzo non giovava alla salute di Gennaro chiuso in auto con lui. A Ciro non sarebbe importato di perderlo, sarebbe morto in un modo o nell'altro quindi meglio per mano sua adesso quando ne aveva bisogno. Ci stavano mettendo troppo quindi si aggiunse alla ricerca di Pietro e lo trovò da solo nel corridoio mentre guardava Ciro in ginocchio davanti a lui, poi si girò. << Papà!>>

<< Vieni qui a papà.>> Lo chiamò Gennaro tra le sue braccia, poi vide Ciro girarsi e capì che doveva cambiare tutto.

 

 

Si sentiva irrequieto, non era calmo per niente nonostante quanto volesse dimostrarlo con Gennaro seduto al posto di guida. Lo stomaco bruciava quanto la voragine nel petto.

Uscì lui dall'auto per accelerare le cose, salì le scale, chiuse gli altri in una stanza senza telefoni e andò alla ricerca del piccolo. Aprì la porta e lo notò seduto nel letto, impaurito per i rumori e nel vederlo al buio lì dentro ma lo conosceva, lo ricordava e sapeva fosse lì per portarlo al sicuro.

<< Cirù? E papà?>>

<< Andiamo da lui.>> lo prese in braccio e uscì veloce solo per bloccarsi nel mezzo del corridoio, la pistola cadde ed ogni cosa da seguire divenne un ricordo lontano, lasciò Pietro scendere sul pavimento con i piedi nudi, intento a capire se fosse vero o solo un sogno, uno di quegli incubi da cui si svegliava in piena notte facendogli perdere la voglia di dormire.

<< Papà?>> Poi sentì la voce ed era lei.

 

 

Riconobbe i capelli lunghi, era cresciuta. Restò ad osservarla, fino a quando non sentirono qualcuno forzare la porta chiusa. Gennaro teneva in braccio Pietro mezzo addormentato, Ciro stringeva forte Rita completamente avvolta dal suo abbraccio.

<< Cirù, amma i'.>> si avvicinò afferrandogli una spalla ma non dava cenno di muoversi. << Ciro!>>

Scosse la testa e si alzò, senza lasciarla andare. Uscirono tutti e quattro per trovare il corpo di Munaciello per terra in una pozza di sangue, Rita sussultò e Ciro la allontanò facendola salire in auto mentre guardò Gennaro. << Nun fa domande.>> sistemò Pietro accanto a lei e Gennaro li guidò alla spiaggia non senza alternare l'attenzione tra la strada e cosa stesse pensando Ciro con lo sguardo fisso davanti a sé.

<< Venite via cu noij.>>

Continuava a respirare a fondo, sapeva stesse ascoltando.

<< Ppe comm stanno e' cose nun sarà maje sicuro ppe issa.>>

L'altro si girò di colpo verso i sedili posteriori. << Stai buon’?>> il tono era cambiato, non aveva un cenno di rabbia, dallo specchietto vide lei fare sì con la testa sopra la mano di Ciro che le accarezzava il mento. << Da quanto stai cca?>>

<< Nu paio e’ mis.>> scrollò le spalle, lui si voltò verso Gennaro. << Tu o’ sapev’? >> stava contenendo la collera.

<< No.>>

<< Non me ricere cazzate.>>

<< Tu sapevi e' Pietro. Sei tu ca' ma’ purtato cca.>>

<< Non lo sapeva nisciuno.>> li interruppe lei. << Lo avevano fatto promettere anche a me e’ nun cercarti… avessero fatt caccos’ a te. Poi c'è stato nu sbaglio e song finita int’a’ stessa casa e’ Pietro e lì agg solo aspettat’.>>

<< Sbaglio interessante.>> disse Gennaro.

<< Aiello l'ha spostata.>>

Gennaro lo guardò. << Prima ca' o' facessi fòra>> sospirò stringendo le dita sul volante, che fosse andato per il verso giusto nonostante tutto? Aveva paura anche solo nel pensarlo. Calò il silenzio dove continuò a seguire la strada con la sensazione degli occhi di Ciro puntati addosso.

 

Arrivati alla spiaggia, Gennaro vide Azzurra scendere dalla macchina con la piccola Imma e correre verso di loro, abbracciò forte Pietro e notò la persona in più nell'abitacolo.

Ne chi aveva salvato Azzurra, né lei conoscevano sua figlia ma sicuro lei avesse capito. Nella strada verso la barca che li avrebbe portati a Roma, stringeva Rita per mano e dovette pensare di nuovo ad un piano, dietro di lui aspettavano che facesse la sua mossa; quello precedente era farlo soffrire come avevano fatto loro, uccidere Pietro.

 

Mentre Gennaro preparava il motore, Azzurra sistemava i suoi figli al caldo, Ciro vide i suoi uomini muoversi dubbiosi, doveva fare in fretta. Sollevò Rita per farle scavalcare il bordo, le prese il viso tra le mani. << Vai cu loro.>>

<< No! Voglio stare con te.>>

<< Non puoi, è pericoloso. >>

 

 

Li stava ascoltando e le parole fecero così male come se le avesse dette a lui, lasciò i comandi ad Azzurra e lo afferrò dalla giacca spingendolo verso di loro. << Io nun te rimmang qui! Muov’t. Non c'è cchiu' niente ppe nuje cca.>>

Dietro di loro sentirono degli spari, si voltarono e i due che lo aspettavano adesso erano a terra e non si muovevano. << Muoviti!>> lo riprese tirandolo più forte, la barca però si era incastrata non ancora del tutto in acqua. << Scendi, damm na’ mano.>> con Azzurra al timone, gli spari si fecero più vicini e anche loro presero le pistole dopo aver spinto la barca in avanti. << Ci siamo, salite! Gen->>

Si girarono tutti verso l'impatto dell'ultimo sparo, la frase detta a metà ed uno strano gorgoglio, Azzurra si teneva stretta il collo dove un fiotto di sangue uscì imbrattandole il poncho di lana bianca. << Mamma!>> Nel momento in cui Pietro urlò e si alzò dalla banchina, Ciro urlò a tutti di stare giù afferrando Gennaro per la spalla salendo entrambi.

<< Azzù. Azzù! >> la prese tra le braccia, il sangue non le permetteva di respirare, le scostò i capelli dalla fronte sporcandosi di sangue. << Scusami.>> gemette guardandola.

<< … Per loro.>>

<< Ci penso io. Sta tranquilla.>> dopo qualche spasmo il suo corpo si fermò, gli occhi continuarono ad osservare il cielo scuro.

Gennaro pianse tra i suoi capelli, i bambini erano ancora a terra a coprire le teste, impauriti e scossi da singhiozzi.

<> le accennò Ciro, la stranezza di poter dire a voce alta il suo nome, guidando il timone a largo, mentre sua figlia li copriva con una coperta e cercava di calmarli. Bloccò la rotta e Gennaro non si era mosso, le accarezzava ancora i capelli. Ciro si avvicinò e le chiuse gli occhi, lo spostò. Gennaro provò fiaccamente a fermarlo ma riuscì a farla cadere in mare. Gli si mise accanto con un ginocchio a terra, continuava a guardare il punto dove il corpo era scomparso inghiottito dall'acqua. La riva ormai lontana, le stelle alte nel cielo a guidarli, non erano più belle come le aveva sempre viste.

Ciro vide Rita voltandosi un'altra volta, era vero. I bambini avvolti nel suo abbraccio e si accorse di quanto Gennaro stesse tremando nel suo, un braccio solo da spalla a spalla, anche se non solo per il freddo, scivolò per sedersi, il pericolo imminente sembrata passavo ormai. Gennaro tirò su col naso << S' cuntent’ mo'?>> gli domandò e lui abbassò la testa, restarono così fino a vedere le luci dell'alba.

 

 

 

Arrivati al punto stabilito, il contatto tornò a largo per sparire chissà dove, preso il borsone che Azzurra aveva nascosto nella stiva e con due bambini piccoli, infreddoliti, in preda al sonno, traumatizzati e un adulto sotto shock riuscirono in qualche modo ad arrivare ai confini di Roma, un luogo sperduto abbastanza per fermarsi e riprendere le forze prima di capire cosa fare.

 

Le orecchie di Gennaro fischiavano, la testa rimbombava e i colori del primo mattino erano troppo scintillanti, sentiva una costante presenza accanto che lo aiutava a camminare, riusciva a sentire parole ma il suono era ovattato. Si ritrovò al caldo e al chiuso, poi tutto tornò buio.

 

Ennesima fortuna fu mostrare i documenti nuovi e puliti per affittare la stanza, in un palazzetto anonimo con appartamenti ammobiliati. Riuscì finalmente a sedersi su qualcosa di morbido, un divano di pelle marrone lasciando la testa cadere all'indietro chiudendo gli occhi. Ascoltò i rumori dei passi dietro di lui, Rita era intenta a cercare delle coperte in più per Pietro e Imma che già dormivano sul letto di una delle stanze, visibile dal soggiorno. Non gli piacque affatto vedere quanto fosse cresciuta ma era bello averla lì, non doverla solo immaginare.

<< Dici che va bene?>> gli domandò dalla soglia della porta, parlava anche meglio di loro.

<< Stanno bene, vieni qua.>>

Gli si sedette accanto, gambe carponi, stringendolo per la vita, le sfiorò una guancia con le dita, <> le lasciò un bacio sui capelli.

<> le vide chiaro il rancore negli occhi.

<> la rassicurò abbracciandola forte.

Dopo un po' sentì il suo respiro pesante segno si fosse addormentata, si voltò per guardare le porte, una chiusa e una aperta ma entrambe silenziose, poteva chiudere gli occhi anche lui.

 

Al risveglio il sole era alto nel cielo e notò quanto sembrasse una vera casa, accogliente. Dormivano ancora, spostò Rita per farla sdraiare sul divano e la coprì con la sua giacca, andò a perlustrare la cucina ma non trovò né per un caffè, né per lasciare un messaggio su cui scrivere sarebbe tornato subito.

Nessuno si era riposato abbastanza, anche mentre mettevano sotto i denti qualcosa, i bambini erano sonnolenti e silenziosi e da Gennaro ancora nessun movimento. Non si era mosso da quando era riuscito a chiudere occhio né quando li aveva aperti per la luce dalla finestra. Non c'era più tanto silenzio, sentiva le voci dall'altra parte, ma non trovava la forza per sedersi e andare a vedere dove si trovasse e cosa stessero facendo. Non lo voleva vedere, non una cosa facile da evitare; udì la porta aprirsi, dei passi e il bordo del letto ad altezza ginocchia abbassarsi. Distolse lo sguardo dal muro e lo incontrò, Ciro continuò ad osservarlo senza dire niente, il tempo non girava come prima sembrò stessero passando ore, deglutì e tirò su col naso, percepì due lacrime cadere sul cuscino.

Notò l'altro muoversi, sentì una mano su un fianco, sul braccio ma non sentì il calore che avrebbe dovuto, restò al freddo e, dopodiché, solo di nuovo.

La notte tornò e si rese conto di quanto lenti fossero passati gli eventi. Solo quella prima aveva perso Azzurra ma era riuscito a fuggire con i suoi figli lasciando la città. Solo la notte prima pensava non sarebbe più riuscito a ritrovare un briciolo di ciò che restava del rapporto con Ciro e adesso doveva comunque ricompattarlo, ma a modo suo. Chiuse ancora una volta gli occhi, quella paura era tornata peggio di quanto si aspettasse.

 

 

Ciro si svegliò un'altra volta ed era strano dato che era tornato a dormire per ore di fila senza incubi. Sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio di Rita e la lasciò continuare a dormire sul divano di cui si erano impadroniti. Ne aveva passate di giornate strane ma quelle ventiquattro ore sembravano non terminare mai. Dopo una doccia veloce, una volta rivestito, trovò la figlia al bancone e il caffè sul fuoco, stava parlando con Pietro seduto su una sedia del tavolo. Gli andò a scompigliare i capelli. << Hai dormito buon’?>>

Lui fece sì con la testa poi distolse lo sguardo incerto.

<< Fame?>>

Scosse la testa per un altro sì, più convinto.

<< Guarda che ha preso, erano i miei preferiti.>> Rita gli piazzò davanti una confezione di cereali che lui accettò con entrambe le mani sorridendo e si ritrovò a sorridere anche lui che entrambi lo avessero ricordato.

Restò ad osservarli dall'isola della cucina fino a quando non sentì dei passetti sul pavimento lucido.

<< Oj.>> la salutò, Imma lo guardava con un dito in bocca, oscillando una gamba sul posto, lei lo conosceva molto meno per essere completamente a suo agio. La vide che adocchiava il fratello e Rita ridere sul tavolo con la voglia di unirsi. Si spostò andando ad inginocchiarsi accanto a lei e le sussurrò con un dito a solleticarle il fianco.

<< Ca bbuo' ppe colazione?>>

Lei rise e oscillò ancora.

<< Allora?>> disse sorridendo.

<>

<< Biscotti eh.>> La prese in braccio. << E quali vuoi?>>

La mise su una sedia con un cuscino e Rita le versò il latte, lui si sedette vicino a Imma per controllare cosa mangiasse, data la vasta scelta e la curiosità delle manine della bimba.

 

Il contrario di ciò che provava stava avvenendo in salone, trovò la voglia per alzarsi dal letto per la curiosità di un suono che non sentiva da troppo tempo. Aprì la porta ed erano tutti attorno al tavolo, due posti vuoti di cui uno che non aveva ancora occupato. Ciro era in piedi, il cartone del latte in una mano e una spugna nell'altra.

<< Attento, ma ca' site animali.>> rise allontanando il contenitore.

<< Io coccodrillo.>> disse Pietro mostrando i denti.

<< Cu chella vocca accussì peccerella.>> rispose lui indicandolo e tornando a sedersi, poi si rivolse a Imma. << E tu?>>

<< Gatto.>>

<< E come fa il gatto?>> chiese Rita, sistemandosi con un ginocchio sulla sedia.

La bimba, sorprendentemente, rispose con il soffio portando il labbro inferiore tra i denti ma invece di produrre suono uscì saliva che la fece ridere con gli altri, poi Ciro lo notò e si girò, non smise del tutto di sorridere e si alzò per andare in cucina.

Fu felice di vedere come i bambini continuassero a scherzare.

<< Tieni.>> gli passò una tazzina e restarono lì a guardarli, come fosse una scena da un altro mondo.

Ciro fissò lo sguardo basso poi si rivolse a lui fugace. << Sei riuscito a dormire, senza incubi?>>

Non rispose, come non l'avesse sentito e bevve l'ultimo sorso, non riusciva a non pensare, gli rivolse un'altra occhiata, stava aspettando una risposta.

 Gennaro restò interdetto, sembrava un'altra persona. Lo ignorò tornando sui suoi passi e chiudendo la porta.

<< Gennà.>> lo chiamò.

Guardò il soffitto sospirando seduto sul letto, l'altro bussò ma all'ennesimo silenzio aprì comunque, gli dava le spalle.

<< Io nu sacc se ce a' facc’.>> si sporse di lato puntellando una mano sul letto.

<< Ci vorrà tempo.>> la voce si era avvicinata ma Gennaro scosse il capo. << Nun parlo e' Azzurra. Agg imparat’ a perdere e’ perzone a cui voglio bene, so ca' vuo’ ricere. È cu te ca' ce l'ho.>>

<<... Si tu ca' me aie ritt e' seguirti.>>

Annuì con il capo. << Sì, ma prima.>> si voltò. << prima e' perderla e prima e' bberè ca' saje essere normale. Ma no cu me.>>

Si era bloccato spalle al muro accanto alla porta, non lo guardava, palpebre basse. <> Si alzò. << Song cuntento ppa issa e song cuntento ppe te, o’ song. Nun aie idea e’ comm me song sentito quando me tenen ritt ca vuleveno accirere, non t’agg maje voluto fa’ male.>> gli si strinse la gola. << Non t’agg maje pigliato pe o' culo, t’agg sempe cercato perché ci tenev.>> osservò i suoi lineamenti, << E credevo over fosse o' stesso ppe te.>> arricciò le labbra. Almeno vide lo smarrimento per quella sincerità, vacillò, un punto a suo favore. Non era affatto bravo ad esprimersi e infatti si era voltato dall'altra parte.

<>

<< Vuoi ca’ ce ne jamm’?>> domandò sollevando la testa, occhi puntati sul letto.

Sbuffò. <> lo vide sentirsi colpito, rigido mentre si sforzava di tenersi lontano dalle parole, fallendo. <>

Non c'era modo per mitigare ormai, gli occhi erano rossi e una lacrima gli scese lungo la guancia. <>

<< Cosa?>>

<>

<< Così è stato cchiù facile.>> ammise amaro Gennaro.

Ciro chiuse gli occhi. << Mi dispiace.>> abbassò la testa di lato, tutte cose che avrebbero dovuto già essersi detti, come se le avessero trovate solo lì. << ppe comm song andate e' cose. Nun essere stato presente o' matrimonio. Cu Pietro. Nun t’agg maje ringraziato ppe Mariarita.>> respirò a fondo un paio di volte, seguito da Gennaro mentre pendeva da quelle parole. <> indicò la porta, sconfitto. <> ammetterlo fece male, se l'era sempre cavato il solitudine ma era arrivato al punto da avere paura di sé. Gennaro non aveva smesso di fissarlo, ascoltare cose che aveva immaginato tante volte ma non avevano mai raggiunte le sue orecchie e annuì, due, tre volte. Poi Ciro ruppe quello strano incantesimo, si asciugò il volto, tirò su col naso e uscì dalla stanza, lanciò un'occhiata ai ragazzi intenti nelle loro cose e uscì dalla porta. Arrivato al muretto afferrò il pacchetto di sigarette dalla tasca, se ne infilò una in bocca, le mani agitate per prenderla e per usare l'accendino, fece un tiro per cercare di calmarsi. Il dorso dei pollici uniti a sfiorare la curva del naso fino alla fronte, si circondò il collo con le mani. Un peso sul petto abbandonò, si sentì strano, non gli era mai capitato.

 

 

Una volta pronto a tornare dentro si accorse fosse quasi passata l'ora di pranzo quindi si mise ai fornelli, non ci aveva mai passato del tempo optando per della semplice pasta al pomodoro, Rita sistemò i piatti e Pietro, ancora sulle sue, le posate e i bicchieri. Da Gennaro nessun suono mentre loro si erano riuniti a tavola, voleva lasciargli spazio, guardò Imma; Pietro era ancora provato.

<< I', vai a portare questo a papà?>> le passò un piatto, una forchetta già arrotolata tra la pasta e un bicchiere. Lei li prese sorridente. <>

La osservò decidere come bussare e scontrò il piede sulla porta. <>

Si era tolto la felpa restando con la maglietta, sorrise nel sentirla e aprì subito, <> sollevò le braccia.

<> le tolse gli oggetti dalle mani posandoli sul comò e la prese in braccio lasciandole diversi baci sul viso e lei rise del solletico. <>

<>

<> fece per metterla giù.

<< Appetta aappetta.>> gli prese il colletto tra le dita.

<>

Si fece mogia. <>

<>

Sorrise soddisfatta e corse al tavolo.

 

 

Pietro

 

Si svegliò di colpo, ricordava di aver sentito un botto, forte e colorato nella testa. Il cuore gli batteva forte ed era buio. Mariarita dormiva nel singolo al lato opposto al suo da quando Imma dormiva con il padre per fargli compagnia. Si percepì in un posto estraneo, non era casa sua, era piccola e quel corridoio non lo conosceva, gli uscì un singhiozzo. << Mamma.>> la chiamò ma non ricevette risposta. Riprovò e sentì le lacrime uscire, si passò la mano su un occhio, perché non lo sentiva? << Mamma?>> Finalmente qualcuno arrivò ma non era lei.

<< Vieni, andiamo da papà.>> Però era zio Ciro, si sentì tirare su e lo portò in un'altra stanza buia.

<< Gennà.>>

Lo lasciò sul letto e appena riconobbe il padre gli circondò le braccia attorno al collo.

<< Voglio mamma.>>

<< Lo so.>> lo strinse forte e pensò che papà andava bene, era grande e la notte non fece più paura, Gennaro lo sistemò sull'altro lato.

 

 

 

Mariarita

 

Nella manciata di giorni che dedicarono all'ozio, soprattutto per far distrarre i bambini, Gennaro si unì a loro al mattino all'inizio. La discussione aveva calmato gli animi per il momento ma sentiva che non sarebbe finita così. Mentre Imma continuava a dormire con lui, Pietro preferiva il divano e la compagnia della nuova amica, restando comunque taciturno. Ciro lo faceva alzare e con Rita uscivano per non rinchiudersi in quattro mura e prendere la luce del sole.  Trovarono un sentiero sbucare sulla riva di un piccolo lago e iniziarono a passare del tempo lì e le spese nel paese dei dintorni dove Mariarita si era fatta prendere dei libri che leggeva seduta su una coperta sull'erba.

Ogni tanto distoglieva l'attenzione per guardare Pietro giocare con suo padre con un pallone che il primo aveva adocchiato. Del passato da cui stavano scappando lei non aveva mai saputo molto, ricordava solo le tante perdite di persone che conosceva e a cui aveva voluto bene. Sua madre, anche le famiglie di tutti gli amici di suo padre e zio Rosario; il modo in cui era riuscita a fermare la sua rabbia e a vederlo seduto accanto alla porta, l'aveva percepita la paura lì, erano rimasti soli.

Dopo quell'evento la memoria le giocava scherzi, tutto molto confuso e veloce, una chiamata che il padre non si aspettava, una visita e un saluto. Non fu come i suoi soliti, nessun abbraccio, nessuna parola, una lunga occhiata, un'espressione strana sul volto del padre e Gennaro con quella sua solita aria impassibile che solo adesso stava iniziando a capire. Ai suoi occhi il significato non risultò percettibile.

Da quel momento i giorni erano susseguiti, anche lì, ed erano sempre insieme. Come se il desiderio espresso prima di andare via da casa si fosse finalmente espresso. La chiamavano vacanza, in effetti ne avevano girati di posti, sempre più lontani, prima diceva di andare da una parte e all'ultimo cambiava. Non le dispiaceva, con lui si sentiva al sicuro e si divertiva quindi lo seguì fino a quel posto dove sentì parlare una lingua strana che però lui conosceva. Ma da quando erano lì si fece più cupo, si guardava di più dietro le spalle fino a quando non le prese le mani e le disse che non voleva rischiare, era in pericolo se continuava a restare con lui ma un giorno sarebbe tornato, le promise quando la portò al collegio.

Di sentimenti contrastanti dentro ne aveva a bizzeffe a cui non riuscì a dare un nome, forse l'aveva odiato per i primi giorni, pensava veramente fosse più al sicuro in un luogo sconosciuto piuttosto che accanto a lui? Ma fece la brava, come gli aveva promesso, aspettando.

Nel vederli così, adesso, era sollevata, forse ne era valsa la pena e non era poi passato così tanto tempo. Non erano neanche più soli e questo le dava conforto; aveva sempre voluto dei fratelli. Era convinta che non avrebbero diviso le loro strade, per lo meno lei era pronta ad evitarlo.  Sorrise vedendo sullo sfondo Gennaro con in braccio Imma osservare ogni piccola cosa seduto su un tronco di traverso spiaggiato.

Ogni tanto notava suo padre che si girava verso di lui da dietro le lenti scure degli occhiali da sole.

Non aveva idea di quali avvenimenti si portavano dietro, ciò che era accaduto, Imma e Pietro, non lo avrebbero ricordato per sempre, e non lo avrebbero affrontato da soli, voleva esserne sicura.

 

 

Rita stava sistemando il tabellone del gioco da tavolo quando Gennaro si chiuse la porta alle spalle unendosi a loro in soggiorno. Lei lo guardò sorridendo. << Ti aggiungo?>>

Lui fece segno di sì sedendosi sulla poltrona, mani nelle tasche della felpa, Ciro si sedette vicino a lui su un lato del divano.

Gennaro lo adocchiò mentre Ciro sistemava i soldi, pagava e distribuiva i modellini sulle sue caselle, creando il suo impero di alberghi, e fu una reazione ben accolta da un altro tiro di sigaretta e uno sguardo.

<< Guarda ca' stai sbagliann’ i numeri.>> disse Ciro a Pietro il quale nascose la carta dietro di lui. << Nun è o’ ver.>>

<< Si ca’ è o’ ver. Da cca.>> allungò una mano dietro la sua schiena e il bambino rise per il solletico che gli procurò sul fianco. << Nun song chisti ca' aia chierere>> mostrò le giuste cifre sulla carta, allora Pietro indicò la sua collezione di proprietà e banconote. << È colpa tua. Ti sei preso tutto, io come faccio!>>

Rita unì le mani con uno schiocco ridendo seguita da Gennaro che si sporse in avanti e chiese al figlio le sue carte. <>

<< Quali vuoi?>>

<> li allontanò allargando le braccia, sigaretta tra le labbra che Rita gli tolse con uno slancio. << Vi site messi d'accordo, stasera?>> Rita oscillò la sigaretta nell'aria sopra il posacenere. << Accetta le regole.>>

Ciro rivolse una richiesta d'aiuto alla più piccola. << Imma, mi dai una mano?>>

Lei li guardò, prese il dado e lo tirò facendo uscire un quattro. << Non è il turno tuo.>> disse contrariato Pietro.

<< È di tio Cilo.>> Aveva preso a chiamarlo così seguendo Pietro.

Guardò di traverso la bimba mentre avvicinava la pedina alle seguenti caselle. << Mi pozz fida’?>>

Sentì Gennaro trattenere il fiato poi lesse l'ultima casella e lo sentì sghignazzare. <>

<< Brava, amore. È a' sua prima vota, in tutta a' vita, cca' finisce in galera.>> e diede il cinque alla figlia.

<< Hai sbagliato, nun è a’ prima.>> rispose, passando i dadi a Rita, alludendo a Riga. Gennaro lo guardò, gli restituì l'occhiata un attimo dopo dicendo << Ma me la pagherete cara.>> additandoli, riprendendosi la sigaretta e attendendo il suo prossimo turno con leggerezza.

 

Una sera si riunirono a vedere un film però la stanchezza ebbe la meglio su Ciro che continuava a chiudere e riaprire gli occhi fino a quando Gennaro non gli intimò di andare a letto. Era la prima volta che toglieva le scarpe sdraiandosi di schiena sul materasso senza dover restare sul divano, cosa che in realtà si era imposto da solo. Imma e Pietro dormivano in una piazza e mezza nella stessa stanza con il singolo di Rita da quando gli incubi di Pietro si erano placati. Neanche Gennaro si raggomitolava più sull'angolo, nonostante fosse l'unico ad occupare il materasso ma era la prima volta dopo anni che non lo condivideva.

A poca distanza dalla fine si erano addormentati anche gli ultimi tre quindi Gennaro spense lo schermo e li portò uno ad uno sui rispettivi letti, Pietro e Imma in braccio, Rita a tentoni guidandola per le spalle. Al suo turno restò un attimo sulla porta a guardarlo dormire. Vestito e direttamente sulla coperta, una mano sull'addome che si alzava e abbassava a ritmo del respiro e l'altra sulla collana, sotto la maglia, che gli aveva ridato. Il volto era verso il suo lato, si avvicinò senza fare rumore, salì con un ginocchio e si stese accanto a lui, vicino da osservarlo per bene. Ogni dettaglio che conosceva a memoria e lo rendeva chi era. La cicatrice del sopracciglio, la linea del naso, piccoli nei sparsi sulla pelle, la barba leggermente più folta, i lineamenti erano cambiati per entrambi ma lui vedeva sempre la stessa persona.

 

Si svegliò con un dolore al collo che scrocchiò quando girò sull'altro lato insieme ad un punto della schiena, strofinò due dita alla base del naso e aprì gli occhi. Girandosi trovò Gennaro che dormiva ancora, stessa posizione. Bastò posargli la mano sulla guancia, strofinando la barba per fargli aprire gli occhi. Scivolò la presa sul retro del collo e si guardarono a lungo, come sapessero leggere nel pensiero, i suoi occhi neri gli parvero più attenti.

Si avvicinò per unire la fronte alla sua, chiudendo gli occhi afferrandogli la nuca <> sussurrò e il petto di Gennaro si strinse quanto il groppo nella gola.

 

 

Ciro

 

Con la faccenda Gennaro sulle buone e fuori dal limbo adesso sentiva nuova angoscia addosso, quella che aveva ignorato perché non poteva permetterselo. Non almeno fino all'essere fuori pericolo. La felicità si era mista all'egoismo per il troppo tempo passato, aveva voluto godersi quei momenti perché sapeva ciò che sarebbe arrivato dopo. Aveva cercato di raccogliere ricordi e rinchiuderli ma si erano fatti strada da soli, silenziosi, più forti che mai. Anche peggio delle gesta di Gennaro per il buio di quella cella.

Non riusciva neanche a guardarla negli occhi. La vedeva, e ogni tratto gli ricordava lo sbaglio più grande. Notò il modo in cui lei lo guardava curiosa, certo se ne fosse accorta; non aveva il coraggio di affrontarla.

 

La cosa che più sembrò strana a Rita è che smise di sorridere da un giorno all'altro, lo guardava e lui distoglieva lo sguardo, come quando si cambia strada sul marciapiede all'improvviso. Aspettò che Imma e Pietro lo circondassero per ricevere le sue attenzioni prima di scambiare impressioni con Gennaro. Se ne stava seduto al bancone della cucina con quello che dava l'aria di essere un plico della contabilità; chissà quanto stavano spendendo, quanto avessero da parte, per quanto tempo gli sarebbero bastati, come ne avrebbero recuperati altri. Di quel mondo non aveva mai fatto parte.

 Mentre lei prendeva del pane e apriva un'anta per il contenitore della cioccolata, controllò che nessuno potesse sentirli.

<< Posso farti una domanda?>> aprì il panino in due con il coltello.

Distolse l'attenzione dalla penna. << Dì.>>

<< Non ti sembra strano papà?>>

Gennaro corrugò la fronte e si voltò, Ciro stava con un braccio in alto per evitare che Imma prendesse qualcosa e lei gli si stava arrampicando addosso, tornò su di lei. <> le disse in tono leggero ma non sorrise.

Lei fece spallucce spalmando la crema. << Non lo so, mi guarda come se avesse costante paura. Ma siamo al sicuro qui, no?>>

La contemplò per un po' fino a quando non chiuse il barattolo e diede il primo morso. Lei si fermò interdetta dall'attesa. << Ne- ne vuoi?>> indicò lo spuntino, lui inclinò un lato delle labbra all'insù e negò con la testa. << Lascialo fare. Abbiamo vissuto cchiu' cose in chisti paio e' mis ca' in nu' anno. Gli passerà.>>

<< Okay.>> annuì.

 

 

Quella notte Gennaro si accorse di cosa gli fosse sfuggito, Ciro la passò sulla poltroncina accanto al letto, testa appoggiata al muro, occhi fissi sulla finestra, gambe distese e piedi incrociati. Se n'era accorto solo girandosi per cambiare posizione; l'aveva guardato e domandato: <>

Gennaro si distese sulla schiena. << Nemmeno a me.>> ma non si riaddormentò presto.

 

La mattina Imma e Pietro avevano deciso di fare i capricci perché volevano uscire. <>

<< Posso portarli io.>> disse Mariarita finendo la sua fetta biscottata.

<< Sicura?>>

<< La spiaggia è vicina e poi mi va di uscire.>> scrollò le spalle.

<< Sì, papà, dai.>>

<< Basta ca’ facite i bravi.>>

<< Promesso.>> Pietro si infilò subito la giacca e Rita prese la sua e quella di Imma.

Gennaro attese sul corridoio che fossero pronti. << Nun dimenticate niente?>>

Pietro e Imma lo guardarono e poi sorrisero correndo. << Io, io stavo pima.>> Imma alzò la voce e spintonò il fratello. << Piano.>> Gennaro si abbassò su un tallone per permetterle di dargli un bacio sulla guancia e lo stesso fece Pietro, dopo di lei.

<< Non vi allontanate da Rita.>>

<< No!>>

Lei alzò il pollice. << Ci penso io.>> gli fece l'occhiolino e Gennaro scosse la testa divertito quando chiuse la porta. Lui e la strana indole del fidarsi dei Di Marzio.

Almeno gli aveva offerto la possibilità di stare soli, Ciro fece subito capolino fuori la camera fermandosi sulla porta.

Condivisero un'occhiata, Gennaro non disse niente ma lo capì.

<< 'O sacc >> disse Ciro di punto in bianco.

<< N'agg ritt nient.>>

Guardò in basso, poi verso il soggiorno vuoto. << Le somiglia.>>

<< Deborah?>> non voleva nominarla ma sentiva di dover prendere il toro per le corna.

Ciro chiuse gli occhi, ne vedeva solo il profilo ma quando li riaprì vide che erano lucidi. << Glielo aggia ricere.>>

Gennaro restò fermo, schiuse le labbra e prese un paio di profondi respiri per poi avvicinarsi. << nun staje ricenn ncopp o’ serio>>

<< Nun pozz cchiù menti’.>>

<< Devi.>> gli uscì con più astio di quanto volesse ma avrebbe veramente voluto scuoterlo. << Te si impazzito?>>

<< Tu ca facisse?>>

<> gli disse indicandolo. << No a te.  È nu’ peso da cui tu vuo' liberarti>> la rabbia lo aveva raggiunto, in parte quella di sempre, l'altra per ciò che era accaduto ad Azzurra quando erano stati ad un passo così vicino dall' essere liberi. <> il suo stesso respiro si era fatto più corto, gli era sembrata l'unica possibilità per fargliela pagare ma aveva complicato tutto e se ne era subito reso conto. Poteva ancora vederne le conseguenze negli occhi, nel mento tirato su, gliel'aveva fatta pagare e solo un miracolo non lo aveva fatto sotterrare. Fu quando decise non avrebbe ricevuto una risposta che tornò a vedere una traccia di sentimento su di lui, la linea delle sopracciglia si incurvò e la fronte trovò l'incavo tra la sua spalla e il collo. Lo prese in contropiede, non se l'aspettava ma lo assecondò un attimo dopo stringendolo a sé.

<< Tutt' chille c’ amma fatt pe arriva’ cca adda restare nu brutt’ suong>> la voce gli tremò e il corpo contro il suo fu scosso da singhiozzi. Più calore era ciò che mancava ad entrambi.

 

 

Imma arrivò di corsa arpionando le sue manine sui pantaloni e tirandoli. << Pissza fuori. Pissza fuori. Oggi.>> Si sarebbero preoccupati della dizione più avanti, in quel momento le fu grato della distrazione e del modo in cui ci riuscisse. Sorrise e si sporse dal divano. << Due zeta, Imma, due. Zz.>> le disse prendendo il suo mento tra due dita. Lei chiuse gli occhi e si concentrò. << Pisssssza.>> Gennaro rise e le accarezzò la guancia. << Riproveremo. Andiamo a sentire se usciamo.>>

La prese in braccio e seguirono le voci nella camera, la porta era aperta da dove videro Rita seduta su una sedia davanti uno specchio appoggiato al muro della scrivania, Pietro teneva delle forcine e rideva con Ciro che cercava di seguire le indicazioni di Rita mentre le legava i capelli in delle trecce. Surreale quanto quell'immagine differisse da quella comune, bussò sulla porta e si girarono tutti. <> li invitò Ciro prendendo un piccolo elastico stretto tra i denti.

<< Aio, aio.>>

<< Dovevi prendere l'altra.>> rise Pietro indicando una ciocca di capelli.

<< Nun è vero. Uarde ca belle>>

<< È storta, ma accettabile.>> fece Rita grattandosi una tempia per alleggerire la tensione tra i capelli stretti in una morsa di mollette. << Stanno ferme, quello è importante.>>

<< Comme prima vota direi ca è superata>>

<>

Pietro si tirò sul letto. <>

Gennaro guardò la figlia sorridendo. << Menti simili ragionano uguale, eh?>>

 

Quella bolla di normalità procedeva in uno strano effetto stando seduto ad un tavolo di un locale dove non avrebbe mai messo piede prima, gli dava un senso di pace. Prese a girare l'anello della mano poggiata sul tavolo, Imma cercava di coordinare le posate per tagliare sul grande piatto, guai se si sporcava le maniche dei vestiti al che Rita la aiutò strappando pezzi di pizza con le mani. La piccola la guardò male però ci ripensò e prese un pezzo. Intanto Pietro aveva tra le sue la bottiglia di coca cola difficile da tenere e versare da solo, Ciro andò in soccorso e gliene versò solo due dita. << D cchiù.>>

<< 'O vire ca saje parlà.>> gliene versò altre due.

<< D cchiuu.>> si agitò sulla sedia.

Gennaro lo fermò per una spalla << Nun dicere accussi' ca po' ce crer.>>

<< Basta, che poi non mangi.>> Gli allontanò la bottiglia e Rita prese quella della birra e se ne versò metà bicchiere.

<< Buona fortuna.>> le disse Ciro sfidandola e Rita ne bevve un bel sorso di cui si pentì. << Come fa a piacervi.>> tossì.

<< Io. Io.>> ne approfittò subito Pietro, mentre Imma li guardava impassibile. << Si' propr figlio a pat’t>> commentò Ciro e Gennaro rise sotto i baffi.

Per quanto il mare gli avesse fatto da sfondo in momenti tragici gli dava sempre l'impressione di tenerli vivi, quasi come forma di meditazione; Ciro se ne accorse proprio quando sulla via del ritorno ascoltò le parole di Rita.

<< Mi manca.>>

Le avvicinò una mano sulla spalla. << Pure a me.>>

<< Non ricordo molto. È stato il padre di Gennaro, no?>>

Le sfiorò la giacca di jeans con le dita. << Sì, ma isso nun c'entra niente>> Rita si voltò e rispose allo sguardo, voleva vedere se credeva alle sue parole.

<< Poi cos'è successo?>>

<< Caccos ca nun adda cchiù intromettersi tra nuje, d'accordo?>> Lei annuì e lui le baciò una tempia. Passeggiarono in silenzio, con la tensione tra le spalle che si affievoliva, si concentrarono su una Imma dormiente in braccio a Gennaro e Pietro schiacciato sul suo fianco mentre cercava ancora di camminare sbadigliando, lo teneva per la maglia.

<> erano quasi arrivati alla scalinata.

<> si sedette su un gradino e accese una sigaretta, lei rimase in piedi appoggiata al corrimano a muro.

<< Ma andremo via tutti insieme, giusto?>>

Lui sorrise e sbuffò del fumo << Te si’ affezionata, eh.>>

<< È bello avere dei fratelli.>>

Annuì, anche senza conoscerne il vero significato, entrambi erano figli unici, solo tanti fratelli conosciuti in strada. <>

Fece leva con un piede sul muretto e slanciò in alto << Al collegio mi stavano insegnando a suonare il flauto.>> con l'altra gamba per salirci sopra atterrando con le ginocchia, poi con le mani fece leva per sedersi <> si sdraiò guardando il cielo notturno; riusciva a vedere uno spicchio di luna e qualche stella.

<> come stesse esprimendo un desiderio.

<>

<> voltò la testa e guardò in basso al suo secondo gradino.

<> rise. <> si soffermò ad osservarla, lo faceva spesso. << Quante seje cresciuta>>

Lei fece lo stesso poi fece un lungo un sospiro, tornò su di lui, la serenità di quella giornata smorzata dalla malinconia <>

Buttò il mozzicone e si alzò salendo due gradini, lei si sedette, le prese il viso tra le mani,

<<'o sacc.  Ma o’ rifarei>>

Rita annuì. << Lo so.>> e lo abbracciò affondando il viso nella sua camicia.

 

Con Rita e Pietro, Gennaro aveva intrapreso il gioco del poker, non ci si era mai veramente imbattuto ma la maggior parte nella cerchia ci si divertiva e le regole se le era portate dietro. Pietro non ne sembrò interessato e andò a guardare la tv mentre Rita continuò a riprovare. Gennaro rimescolò le carte quando Ciro si unì a loro. <> l'attenzione sulla figlia davanti alla libreria del soggiorno. <> gli lasciò il mazzo e prese in braccio Imma che era salita uno sgabello per prendere delle caramelle. << Aropp.  Mettiti cca mo’>> Gennaro la fece sedere sul mobile della cucina mentre lui ai fornelli. << e contali, po' me rice quant' so'.>> disse indicando il vassoio con i ravioli. Lei posò un dito su uno e poi un altro ricordando i numeri. << Uno. Due. Tle. Quatto… sei, dieci, tledici.>> sorrise nel sentire ragionare a voce alta. <> per evitare di farsi sentire ridere passò l'attenzione sul tavolo dove era in corso la mini partita di poker, <> disse Rita e Ciro abbassò le sue carte, lei fece lo stesso ridendo e prendendo la sua vincita, lui si passò una mano sulla nuca e si grattò una tempia sistemando la sigaretta sull'orecchio, riprese le carte per mescolarle.

<> Domandò Gennaro con il mestolo in mano. Lei sorrise scuotendo la testa contenta.

<< Fortuna del principiante.>> rispose il diretto interessato sistemando le carte.

<< Per tre volte di fila? Non credo.>> disse lei unendo le mani davanti le labbra, sopracciglia inarcate.

<< Papà! Fatto.>> Imma reclamò la sua attenzione.

<< Quanti?>>

<< Millecento.>>

<<'e magna' tutte, eh.  Nun si spreca niente>> Imma annuì e la fece scendere. <>

<< Cinque minuti.>> chiese tempo Ciro concentrato sulle carte. <> gli fece il verso Rita. Imma arrivò di corsa, lo afferrò per il maglione facendolo abbassare per prendergli la sigaretta. <> ma la lasciò fare. <> scartò una carta e Imma rise buttandola divisa in due nel cestino.

Spuntò un ghigno pericoloso sul suo viso quando disse. <> Rita mostrò le sue e attese muovendo un dito con nonchalance, Ciro abbassò le sue e lei annuì scrollando le spalle. << Una te la posso concedere.>>

<< È difficile perdere pa iss.>> li raggiunse Gennaro dando ai bambini i bicchieri.

<< Si vede.>> Rita prese i piatti.

<> li indicò entrambi e poi aiutò a sistemare prendendo le forchette.

<< Vuoi dire che questa non è una vera partita?>> Alzò le spalle e allargò le braccia puntando le forchette al soffitto in fare comico.

<< Quann faje riciott anne ti porto a juca' seriamente>> Le promise Gennaro arrivando con la cena fumante.

<< ‘O regalo a’ spettarsi.>> commentò Ciro.

<> fece sarcastico guardandola mentre lei si versava dell'acqua.

<< Divertente.>>

<< Com'è?>> Si concentrò lei per ricordare <>

Ciro sbuffò una risata. <>

<> domandò Imma mentre si arrampicava sulla sedia, Gennaro la tirò su per sistemarla su un cuscino. << Niente e non la ripetere.>>

<>

<> lo riprese Rita ma tanto ricevette una schicchera sull'orecchio da parte di Gennaro. << Si' proprij strunz>>

Allontanò la testa da lui continuando a sorridere.

 

Durante la notte Imma si svegliò in preda ad un sudore freddo << Papà.>> chiamò e iniziò a piangere.

<> Rita si era subito svegliata e avvicinata a lei.

<< Mi fa male la pancia. Voglio papà.>> pianse gridando più forte. La porta si aprì e Gennaro si inginocchiò ai piedi del letto, Pietro si strofinò gli occhi. << Che succede?>>

<> gli accarezzò la testa e poi fece una carezza a Imma e la sua scottava. << Mi viene da vomitare.>> disse lei.

<< Andiamo.>> la prese in braccio massaggiando la schiena, <> domandò Ciro con la porta della loro camera aperta seguendoli in cucina.

<>

<< Nun era previsto rimanessimo lungo assaj. Nun c’avemm pensat.>> rispose restando a braccia conserte.

Gennaro riempì un bicchiere d'acqua ma Imma non lo volle. <>

<< Vienn cca.  Ce so' ij>> erano di nuovo al mobile della cucina. <> respirava a singhiozzo con grandi lacrime negli occhi, il viso rosso.

<<È meglio fòre, amo'.  So' cca>>

Imma fece no con la testa ma si vedeva stesse per andare al contrario. << J’amm al bagno.>> Le massaggiò lo stomaco e appena la fece avvicinare alla tazza tossì pesantemente e la piccola si svuotò in piccoli e diversi scossoni. << Accussì, brava.  Va tutt' appost>>

Ciro che era rimasto sulla soglia, gli passò un asciugamano con cui le pulì la bocca e le rinfrescò il viso, poi la girò verso di sé. << Staj meglio, vero?>>

Imma annuì ancora spaventata e lo abbracciò per il collo. << Nuje j’amm ncoppa o’ divano.>>

L'altro annuì << Dimane matina vac’ a piglia' caccos>>

 

La fronte contro le labbra risultava anche più calda adesso e mugugnava un debole lamento tra brividi, la coprì con una coperta e cercò di farla addormentare cullandola.

Fino a quel momento non erano mai stati male, un po' di raffreddore nei giorni di scuola che durava solo qualche giorno. Conosceva bene l'influenza dei fatti però e non poteva chiudere gli occhi su quanto stessero affrontando anche se li considerava piccoli e facilmente atti a poter dimenticare. Il tempo avrebbe alleviato, però intanto doveva fargli affrontare il cambiamento e la perdita. La nota positiva era che si prendevano cura l'uno dell'altra, era innegabile, nelle piccole cose. Da quando erano nati entrambi si chiedeva come fosse avere un fratello o una sorella, se quel vero legame di sangue e anni passati insieme fin dalla culla sarebbe diventato un modo per distruggersi comunque a vicenda. Si sarebbero traditi come normali fratelli nati dalla strada? Doveva fare in modo di allontanarli il più possibile da ogni cosa che li avrebbe separati.

 

<< Accussì t’ammali pure tu e a issa nun passa>> Gennaro neanche si rese conto fosse tornato fino a che non allontanò Imma dalle sue braccia per stenderla dall'altra parte del divano.

<< Si na fonte e’ calore e issa ne tene pure troppa>> spiegò come stesse parlando ad un bambino, Ciro tolse a Imma il sopra del pigiama a maniche lunghe per lasciarla in canottiera sotto la coperta. Si sentì uno stupido per una cosa così ovvia. Ciro restò con un ginocchio a terra accanto a loro. << Dimane starà meglio.>>

<>

<< 'O saje ch'è o’ stress. >>

Fece una smorfia con il naso posando una mano sul fianco della figlia.

<< Oh.>> sentì la mano di Ciro di nuovo sulla guancia, lo guardò. << Stai facenn nu buon lavoro>> almeno sapeva che peggio del suo di padre non poteva comportarsi, Ciro sparì di nuovo.

 

Saltò per via di un rumore accorgendosi di essersi addormentato, era mattina e c'era l'odore di caffè nell'aria. << Si è abbassata.>> Ciro passò una tazza a Rita e Pietro sbadigliò sul suo posto a tavola con il cucchiaino pronto in mano.

Gennaro si strofinò forte gli occhi poi passò il dorso della mano sulla fronte della piccola e constatò fosse vero e si svegliò.

<< Hai fame?>> le domandò, scostandole, i capelli sudati dal viso, lei annuì con seppur poca voglia.

<> Ciro arrivò con due tazzine, una più grande per lei e una per lui. << E’ medicine stann llà.>> indicò il bancone.

 

 

 

<< Cosa stiamo aspettando per andare via?>>

Rita lasciò la domanda sospesa, mentre osservava Pietro mangiare e storse il naso.

Ciro la guardò, cosa stavano aspettando? Giusto. Il mezzo con il quale riuscire a fuggire di lì. << Nun fa’ domande.>> Non che le risorse scarseggiassero così tanto ma per la sicurezza di una nuova vita altrove gliene servivano di più. E quello era un problema per due motivi, il primo a chi li avrebbero chiesti anche se con una buona condizione da parte loro. Secondo, c'era ancora il rischio di poter restare ingabbiati, o almeno uno di loro e non dalle autorità ma da sé stessi. Era così logico pensare nel girare pagina ed evitare di sbirciare indietro a qualcosa che ormai conoscevano bene?

 

Anche a Gennaro il pensiero di andare via da lì non piacque così tanto, quella dinamica sapeva di una casa in cui aveva sperato e trovato per così poco tempo. E, soprattutto, non voleva vederlo cambiare di nuovo. Per sé, Gennaro, ormai aveva deciso. Ciro? Che fosse veramente sincero?

 

Quando i bambini stavano per i fatti loro, discutevano sul dove andare, sul chi contattare per farlo e su un punto Ciro era stato chiaro; se ne sarebbe occupato lui. Non aveva obiettato solo perché il motivo era ovvio, anzi erano: Imma, Pietro e Mariarita dovevano restare fuori da occhi indiscreti.

<<'o contatto è o’ tuj ma cca 'e conoscenze so' e’ mi.>> incalzò Gennaro, quando evitò di rispondere guardando il pavimento, schiuse le labbra. <> constatò.

Ciro sospirò e sollevò la testa, << T'arricuord ca riciste? ca teng a’ capa pe fa' a’ guerra, mo’ a’ sto usann pe n’accordo ca ce porterà via, salvi>> Si avvicinò. <> Piantò gli occhi in quelli di Gennaro, sicuro il messaggio fosse stato registrato nel modo giusto. << Tengo bisogno e’ sape' ca stann appost>> Distolse lo sguardo un attimo per tornare ancora su di lui. << A’ chist me fir>>

Il cuore di Gennaro batté prepotente nelle orecchie, il respiro era profondo per controllarsi, gli occhi bassi e lucidi, il riferimento alla famiglia non era mai uscito dalla sua bocca includendolo. Riuscì solo ad annuire, stessa cosa che fece Ciro uscendo dalla stanza e da quella bolla protettiva. Era tornato anche un cellulare usa e getta, aspettò seduto sui gradini quando un’auto gli si fermò con il muso davanti, non si guardò indietro ed entrò sedendosi sull'unico sedile posteriore libero. Abbassò il finestrino ma il tizio sul sedile del passeggero si voltò <> di discutere per una sigaretta non ne valeva la pena quindi volò al di là del finestrino atterrando ancora accesa sull'asfalto.

 

A Pietro piaceva tanto vedere Gennaro giocare, scherzare e ridere con loro, come accadeva solo volte particolari in casa, nella vecchia casa. Era sempre occupato per lavoro ma la mamma gli diceva che gli voleva bene e che si assentava per fargli avere tutto. E questo era vero, ricordava la festa a sorpresa all'asilo, l'altalena e lo scivolo montati in giardino, ma c'erano stati i momenti in cui a casa non lo aveva visto più entrare perché non poteva e sua madre era arrabbiata e triste e lui se n'era accorto. Percepiva la stessa aria strana, sul padre taciturno quando zio Ciro usciva da solo sempre più spesso. Qualche volta chiudevano la porta della loro stanza e discutevano a bassa voce, lì Pietro guardava Rita e li aspettavano uscirne in silenzio. Però ne era stufo, non voleva vedere più nessuno stare così e voleva un posto vero perché quello a lui non piaceva anche se non lo aveva detto a nessuno. Non c'erano amici ad aspettarlo, scuola a cui tornare, e cosa che più faceva male era l'assenza di un ricordo di sua madre. Neanche una foto, solo nei sogni che avevano smesso di essere incubi. La porta si era chiusa da un po' e stava cercando un modo per riaprirla senza farsi sentire dal padre, voleva partecipare anche lui, avrebbe aiutato. Mariarita uscì dal bagno per andare in salotto, Gennaro era alle prese con Imma e i rituali per convincerla a lavarsi i denti e dormire presto, ma tanto vinceva lei.

<< Rita.>>

<< Dimmi.>> si voltò, ondeggiando i capelli di lato, il telecomando in mano.

<< Posso andare a vedere se il gatto è tornato?>> Almeno era una mezza bugia, il gatto c'era e lo avevano visto tutti e il padre sapeva quanto volesse un animale domestico.

<<... È tardi.>>

<< Vado, se non lo trovo torno. Promesso.>>

<< Pietro.>>

<< Te lo giuro.>>

Lo osservò indecisa, tutte le cose brutte che avrebbero potuto capitargli non se ne erano viste. << Non ci mettere troppo.>>

<< Va bene.>> Rispose già infilandosi il giacchetto e con le dita sulla maniglia.

Una volta fuori guardò da un lato e dall'altro, non c'era nessuno, allora si avviò per il corridoio e nello scendere le scale sentì delle voci provenire dall'interno di un'auto scura e in moto. Riuscì anche a vederlo all'interno prima che buttasse dal finestrino la sigaretta per poi allontanarsi. Aveva fatto tardi, sbuffò ma a quel punto sentì miagolare e alzò la testa dall'asfalto correndo con un sorriso all'area dei bidoni. Era lì dove lo avevano trovato la prima volta a mangiare da una busta di plastica rotta. Era tutto bianco con la schiena e il muso nero, occhi celesti. Quella volta si fece anche accarezzare e così perse la misura del tempo.

 

 

<< È rimasto stupito quando hai chiamato.>> disse il giovane, biondo e più alto, l'altro con la rasatura era alla guida.

Si limitò a fissarli uno per uno. I giovani si scambiarono un cenno. << Vorrebbe proporti una cosa.>>

Annuì.

Dal posto alla guida si aggiunse una voce roca. << Ce ne rimedi uno fisso e noi ti diamo il doppio.>>

<< facc’ arriva’ o’ carico, vuje me pavat’, i ve rong 'o numero e nu' nce simm maje sintiti>>

Quello accanto a lui si mosse girandosi verso di lui. << Il contatto è come un segreto, e te ce lo dai così, senza problemi?>>

<<È l'unica cosa ca m’è rimasta e nun la pozz usa’>>

<< Con noi potresti.>> Il biondino davanti si sporse e sorrise. << È sembrata una strana barzelletta vedervi qui insieme. Anche secondo il capo stai tramando qualcosa, vuoi farlo in bello stile, eh? Tu allo stesso livello di quello là?>> Accanto a lui sentì uno schiocco di lingua.

<< Si è chist chill che stat capenn.>> rispose senza guardarlo.

<< Abbiamo saputo tutti cos'è successo e conosciamo i fatti. Tutto quello che i Savastano ti hanno fatto. E credere che questa sia la nuova realtà… ti stai preparando, è ovvio. Ti sei avvicinato anche ai piccoletti. Non è come facesti con Gennaro? Sembra che i geni loro siano la tua fortuna, pure a Don Pietro hai fregato, quindi noi vogliamo sta al servizio tuo.>>

<< Nu cap già ce l'avete, no?>>

<< Lui vuole te. >>

<< E i nun so' n’ vennita.  Ve l'ho già ritt>>

fece una pausa, non che non avesse calcolato quella possibile piega nel piano. << Vi dimenticate e’ me.>>

<>

Lo fissò dallo specchietto interno senza rispondere, si sentì soffocare e non gli era mai successo, sospirò a fondo guardando fuori dal finestrino.

 

 Era già quasi alla porta quando Imma gli andò incontro. <> per rispondere alzò le buste della spazzatura che reggeva con una mano. <> e alzò le braccia, Gennaro si abbassò per afferrarla, <> e la bambina inclinò il busto di lato per afferrarle dal mobile all'ingresso. Imma giocò con gli anelli metallici e la placchetta quando arrivati in fondo alle scale lui si bloccò. Gli occhi fermi sulla sigaretta quasi a metà abbandonata sull'asfalto.

 

<< Pecchè ttai fermo qua?>>

Fece un ultimo lungo sospiro e continuò per la loro strada fino a tornare indietro e schiacciarla con un piede, prima di salire però Imma si voltò verso di lui, << Pà. Ti voglio bene.>> gli sorrise, con quei denti così piccoli, le mancava un canino inferiore. Riuscì a fargli dimenticare il resto regalandogli una dolce sensazione allo stomaco, poche volte aveva lasciato le emozioni tradirlo ma erano quelle importanti alla fine e con gli occhi lucidi le sorrise. << Anche io.>> Stampandole un bacio sulle labbra, poi un altro sulla guancia e lei rise portando le sue braccia a stringergli il collo.

Poi sentì dei passi veloci dietro di loro e si voltò di scatto solo per ritrovarsi Pietro con in braccio un gatto. << Papà, guarda! Possiamo portarlo dentro?>>

<< E tu ca ce faje cca?>> la bella sensazione provata poco prima sparì, era abituato.

<< Ho chiesto a Rita se->>

Entrambi videro l'astio nei suoi occhi neri, che a Pietro non piaceva mai.

<< Volevo solo->>

<< Mettilo giù e andiamo.>> si girò per continuare la propria strada e in cima alle scale vide la loro porta aperta e Rita che li aspettava, occhi sgranati a reggersi contro la porta, teneva un'unghia tra i denti. << Scusa, me l'ha chiesto e non ho fatto caso all'ora.>>

Gennaro la osservò avvicinandosi lentamente, si bloccò tirando un sospiro, anche di sollievo perché comunque non era successo nulla. Fece scendere Imma che corse da lei e si voltò su Pietro con la testa bassa e le mani nelle tasche del giacchetto. << Nun putimme mo’, te ne prenderò uno>>

<< Prometti?>> domandò ancora a testa bassa giusto alzando un po' lo sguardo.

<< Sì, te o’ promett.  Ma me o’ aia sempe addummana' a me>>

Pietro annuì con la testa e Gennaro lo abbracciò.

<< Scusa.>>

<< Nun fa niente.>>

Restarono in silenzio fino a che Pietro non tirò su col naso e lo asciugò sulla manica sotto un sorriso di Gennaro che gli accarezzò la testa. << Non sono uscito… solo per il gatto.>>

<< E pe cca cosa?>>

Pietro lo guardò. << Volevo andare con zio Ciro, voglio aiutarvi ad andare via. Voglio che sei felice.>>

<> gli si bloccò la gola così lo baciò sulla guancia. << Ve voglie bene, 'o saje vero?>>

<> Pietro lo abbracciò. << E Ciro?... ce ne vuole?>>

Restò fermo e interdetto, << Certo.>> non gli suonava come bugia dato ciò che stava facendo, no? Lo strinse, poi si ritrasse.

<< J’amm.>> lo prese per mano e si avvicinarono all'entrata dell'appartamento. <> gli lasciò la mano e si tolse il giacchetto, si unì alla sorella e all'amica sul divano che li guardò rientrare. Sperò di riuscire a continuare a crescerli con quelle prese di coscienza, che Azzurra continuasse a guardarli da un posto inesistente.

 

Passarono due ore da quando l'altro era uscito e tra Imma, Pietro e il resto della serata andato comunque bene ormai la tranquillità si era dissolta. Erano davanti al televisore e non la smetteva di importunare l'anello, con il gomito sul poggia-mano del divano. Pietro e Rita si erano rintanati nella loro stanza. Controllando l'orologio i minuti non passavano come se il tempo si fosse fermato fino a quando finalmente Ciro fece capolino e notò subito quanto fosse strano controllando la stanza e defilandosi in camera svelto. L'irritazione si affievolì, aprendo la porta lo vide dargli le spalle e tenersi con una mano al muro.

<< Cirù.>>

Aveva gli occhi chiusi e respirava forte. << Nu mma riesco a calma’.>>

Girò la chiave nella serratura e gli si avvicinò. << Ch’è successo? È andata male?>>

<< Non… nun credo.  Nun 'o sacc>>

Si accigliò mentre lo vide agitarsi senza sapere se voltarsi o continuare e concentrarsi sulla parete. Gli afferrò il braccio standogli di lato. <> comunicò a entrambi, si divincolò per necessità di appoggiare la schiena al muro.

 << Nun 'o voglie cchiù fa'>> strinse i denti e inspirò forte dal naso, scosse la testa. << Nun 'o voglie->> gli uscì un verso dalla gola, un grugnito, basso che finì in acuto, scivolò a terra.

<> lo prese per le spalle stringendolo a sé, l'altro strinse gli occhi e si spinse in avanti, tempia sul pavimento. Era un fascio di nervi, lo strattonava e continuava a tendersi per sentire e lui continuava a porre resistenza. Quando le spalle iniziarono a sciogliersi mollò la presa e gli massaggiò la schiena, il respiro era tornato normale, si tirò su sedendosi contro i piedi del letto. <>

<>

<< Nun direttamente… ma o’ sapimm comm va.  Ce sta na taglia ncopp' a’ capa tuj.  Vogliono riportarti a casa>>

<>

Ciro abbassò lo sguardo annuendo e tornando su di lui permise a quella spaccatura di andare più in fondo. <>

Gennaro accolse quel flusso di parole, finalmente lo aveva ammesso. << Te è toccato arriva’ all'inferno pe capi' a ca punto iri fernute>> sussurrò, con una nota preoccupata perché vederlo così vulnerabile non gli dava comunque pace.

Sbuffò un sorriso. << Sò rotto, Gennà.  'O so' sempe stat.>>

<< Simm sempe stati cchiù uguali ca diversi, Cirù.>> Nel parlare si erano avvicinati di più per permettere ai sussurri di farsi sentire e quell'attimo durò, ritrovò la quiete persa in quel l'abitacolo. Non voleva smettere di guardarlo perché in quel momento era la sua fonte di calma. Poté anche concentrarsi su quel buco allo stomaco dove non l'aveva fatto abbastanza, da quegli occhi neri che non lo mollavano sentiva solo un porto sicuro. La schiena si scollò dal letto e si avvicinò al suo viso, Gennaro gli andò dietro e un momento dopo si scontrarono, entrambi con gli occhi aperti. Ciro per vedere la reazione e l'altro per capire se fosse vero. Soddisfatto, Ciro allargò le labbra in un sorriso, piegò la testa di lato e si lasciò andare.

 

 

 

Lo schienale del divano si abbassò, sentì le sue dita alla base del collo e sistemò i capelli di Imma dietro l'orecchio. <> le domandò Ciro.

<< È quasi finito. Stai con noi?>> batté le mani sul posto accanto a lei, così superò il divano. Imma si accomodò di traverso ridendo con le spalle sul grembo del padre e le gambe su Ciro il quale gli prese i piedini e fece finta di mordere. Lei scalciò e si dimenò, Gennaro le fece il solletico sulla pancia. Ai titoli di coda Imma era sonnecchiante e la portò in braccio sul letto, Pietro era già sotto le coperte e parlava con Rita. Li lasciò fare raccomandando di spegnere le luci.

 

Ciro lo aspettava sul divano, guardando un telegiornale locale, tornò al suo posto. <>

<>

Suonava così facile evitò di pensare al dubbio di quell'ultima passeggiata in auto di due giorni prima. Gennaro lo osservava e taceva, sembrava strano non avesse da dirgli, che fosse teso per la giornata che li aspettava ma dalla postura non era dato vedere. << vado a dormire>> si tirò su ma lo trasse sul divano con un una mano, balzò sul cuscino e gli assalì la bocca, veemente, con tutta la fretta del mondo. La mano ancora stretta sulla sua felpa, l'altra a tenergli la testa a suo piacimento. Capì che era solo rimasto in attesa, ormai il piano lo sapevano anche i muri, lo ripeteva perché era l'unica cosa su cui si concentrava.

Però avere una pausa, ogni tanto, non faceva male, no? Si staccò respirandogli addosso, gli leccò e succhiò il labbro inferiore per poi scendere sul mento, pomo d'Adamo e infine al lato del collo. Per tutta risposta ansimava e chiudeva gli occhi quando faceva qualcosa di particolarmente bello, che gli scaldasse la pelle dove lo toccava e il ventre, poco prima di perdere la lucidità lo scansò gentilmente di lato e lo guardò, le palpebre erano diventate pesanti o lo era la lingua.

<< Se qualcosa va storto->>

<< Statt zitt.>> sentì la nota supplichevole e vide i denti stingersi. << Se per le sette non mi vedi, andate via.>> Flesse leggermente la mascella poi deglutì come avesse archiviato la questione. Si alzò e lo prese con entrambe le mani dal petto. << Mo stai zitt?>> gli disse a un palmo dal viso per riprendere da dove si erano interrotti, di nuovo si staccò e continuò a tirarlo chiudendosi la loro porta alle spalle, negli ultimi passi prima del letto si tolse e gli tolse solo la parte sopra e scacciarono le scarpe.

 

Le pareti erano troppo sottili per andare troppo oltre ma la televisione accesa gli dava spazio per non dover restare in silenzio, gli era rimasto uno spiraglio per comunicare ogni gesto, carezza. Non c'era uno spazio libero, così surriscaldati da sudare l'uno sull'altro, Ciro inarcò la schiena un paio di volte fino ad arrancare per girarsi sotto di lui, Gennaro lo fece fare e iniziò a muoversi contro di lui con una mano nei pantaloni. Testa contro il cuscino, mano libera a tenersi sulla testata del letto e Gennaro lo aiutò tenendolo per il bacino, accompagnandolo strusciando la sua erezione contro di lui. Tutto in un impossibile silenzio, con il caldo che li stava soffocando ma era piacevole che li fece finire con un paio di frizioni in più. Ciro restò a pancia sotto a far tornare il respiro regolare, Gennaro si spostò di lato, senza allontanarsi. << Avevi detto che stavi cà. Se domani non torni, t'odierò fino alla fine dei miei giorni.>>

Non c'era spazio di una risposta in quel momento, chiude gli occhi e la sua fronte si appoggiò alle sue labbra.

 

L'allarme sul telefono squillò alle tre e mezza, si cambiò e andò verso la porta cercando di non fare rumore. << Papà.>> sentì prima di avvicinarsi alla soglia.

<< Che fai sveglia. Dormi.>> Si avvicinò a Rita che si stropicciava gli occhi rossi di sonno.

<< Torni a casa, vero?>>

A casa. Il modo più semplice per dire tutti loro. Riuscì solo ad annuire e le lasciò un bacio sulla fronte. << Torna a letto.>> Aspetta di vederlo uscire per farlo e sotto le coperte l'ansia arrivò, ricordò come fosse accaduto da poco la prima notte alla casa famiglia, non aveva intenzione di rivivere quel periodo.

 

Le due ore prima di andare al posto stabilito erano scandite dall'attesa di una chiamata che tutto era andato per il verso giusto. Anche Gennaro si era procurato un telefono, lo fissava sul tavolo, nell'appartamento silenzioso. Anche l'aria aspettava una risposta affermativa. Lo schermo tardava ad illuminarsi e questo non preoccupava solo lui ma anche un altro corpo nell'ombra del corridoio. Prese posto davanti a lui sollevando le gambe e circondandole con le braccia sulla sedia. <> la paura non l'aveva abbandonata, non era più riuscita a dormire e sicuramente vedeva i suoi occhi rossi e stanchi. Le rispose con un sospiro greve.

Voleva continuare a parlare per dissimulare ciò che stava provando. << Ho tanti ricordi sparsi, sai? Tante persone…>> anche lei guardava lo schermo ancora buio. <> Non volò una mosca, nessuna reazione. << Eri lì per fare male a me?>>

Dopo un attimo di esitazione, << No. Non conoscevo né te, né tua madre.>>

<< Volevi colpire solo lui?>>

Non rispose.

<< … se potessi tornare indietro per cambiare qualsiasi…>>

Distolse lo sguardo. << Mariarì, sempe pensarci prima e nun aropp.>> il cellulare prese ad illuminarsi a scatti. <> Si guardarono, << Tieniti pronta.>> si alzò accettando la chiamata.

 

 

 

 

Quando si ha la conferma che cuore e cervello vadano per due strade diverse l'evidenza arriva troppo tardi anche se nelle ossa che si bloccano la percezione ce l'hai prima. La sensazione che ti buca lo stomaco, te lo fa scendere e il panico ti rende difficile respirare. Aveva imparato che per lui era facile cavarsela, c'era sempre riuscito. Ma che il calcolo fosse in realtà andato dalla parte giusta? Quella che si era fermata perché adesso doveva pensare non solo alla sua di pelle? Quella chance di fare qualcosa di buono nonostante pre-annunciasse l'ennesimo abbandono.

La testa ragionò così fino a quando gli fu intimato di alzare le mani, si erano fissati col non volerlo lasciare andare e in quel momento odiava il suo passato tanto quanto non avesse mai fatto, suo stesso nome.

<>

Indugiò, unì le mani sulla nuca e provò a prendere tempo, respirò, cacciò indietro le lacrime. Era solo, si era premurato di esserlo.

<< Sei diventato proprio come loro!>>

Sentì dei passi avvicinarsi.

<>

Poi iniziarono gli spari.

 

Sulle prime pensò di essere spacciato, ma non sentì nulla addosso e riuscì a buttarsi a terra coprendosi la testa. Un susseguirsi di colpi da mitraglia e qualche piccolo calibro, alcuni finivano a far saltare vetri delle auto e altri seguiti da tonfi di corpi sulla terra.

<< Copri!>> Sentì urlare da una voce vicina, sconosciuta. << Portatelo via!>> urlò un'altra. Abbassò una mano dalla faccia per poter scorgere la situazione, tre uomini armati erano in piedi davanti a lui che gli davano le spalle, intenti appunto a coprirlo. Poi uno di loro lo sollevò da terra e con un quarto, correndo, lo fecero salire su un'auto che partì prima di lasciare che chiudesse la portiera.

<< Tutto bene?>> gli domandò il ragazzo al volante girandosi a controllare continuando a slittare veloce sull'asfalto.

<< Chi cazzo si’?>> Non che non fosse felice di essere ancora vivo, però la confusione regnava nella sua testa.

<< Piacere, Flavio.>> sorrise quello. << Devo portarti al sicuro. E anche ringraziarvi, sai da quanto si nascondeva? Era sicuro di potervi usare contro di noi.>> si girò per ridere, poi prese il cellulare, la chiamata venne accettata al primo squillo disse, a chiunque avesse accettato la chiamata: << Quasi arrivati.>>

 

 

Lo vide da lontano, accanto ad un'auto e due donne, anch'esse sconosciute.

<< La tua fermata.>> disse quel Flavio, salutando davanti a lui. Lo vide farsi avanti e aprirgli la portiera, appena sceso lo abbracciò e sospirò di sollievo. << Stai bene?>> domandò stringendolo per le spalle. Annuì ancora interdetto, osservò la loro compagnia ma Gennaro sciolse l'abbraccio portando le mani ai lati del suo viso e lo baciò, naturale, come erano soliti farlo in base alle regole di casa loro. Anche se in quel momento era solo la preoccupazione a muoverlo e di fronte a sconosciuti, sempre per lui.

 

<> parlò la mora con un'alta coda di cavallo.

<< Ti presento le Anacleti. Angelica e Nadia. Non le conosci, per questo c'ho pensato io.>>

Ciro le osservò dall'alto al basso, poi si voltò verso di lui senza una parola.

<< Ho chiesto un favore, non cercano niente in cambio.>>

<>

<< Tra un po' lo vedrai il perchè.>>

La ragazza con le treccine, Nadia si avvicinò con Angelica che teneva per mano.

<< Noi annamo, chissà se se rivedemo.>> Allungando una mano in saluto a Gennaro, l'altra con una gonna lunga si alzò sulle punte per baciarlo sulle guance. <> Salirono con Flavio e sparirono per la stessa strada.

 

Sentì l'adrenalina scemare, i muscoli tendersi e tremare, inutile non ammettere che aveva temuto di morire e perdere tutto, di nuovo, e per davvero come infinita punizione. Se lo immaginava proprio così il suo inferno.

<>

 

 

Prima

 

Se voleva tenerlo fuori, non gliene poteva fregare di meno. Se voleva fare da solo ancora non ci aveva capito molto, non se ne dispiaceva più di tanto perché almeno poteva guardare il risultato stampato sulla sua faccia.

Chiamò quel numero salvato nella memoria da un incontro per caso in una serata piena di gente in quelle feste organizzate da Azzurra e il padre nella Capitale; ancora doveva essere usato. Aveva collaudato un metodo e dall'esperienza, ormai, ricordava anche numeri che avrebbe dovuto dimenticare, usava date di fatti avvenuti a Napoli da quando era nato o provocate dalla sua famiglia.

 

In realtà quell'invito era un imbucato, nessuno era interessato alla sua famiglia, troppo pericolosi e poco gestibili. Il tipetto aveva degli occhi vispi in effetti e non solo il taglio di capelli li accomuna quanto anche un senso di irritabilità o inquietudine mostrato attraverso l'incessabile movimento delle dita. Non ricordava la conversazione avuta, solo un guizzo mentre l'altro beveva un cocktail e intanto squadrava un cameriere in sala. Poi il cellulare squillare, un sorriso e dell'aspettativa negli occhi nell'accettare la chiamata e dire: Oh, Aurelià?

 

 

 

 

 

Partenza

 

Erano in attesa del gate, con le valigie sul carrello e un messaggio arrivato a Gennaro da Angelica che gli confermava che il pagamento del carico fosse al sicuro più i parametri per accedervi. Rita teneva stretto il manico del carrello e osservava compulsivamente la loro destinazione sullo schermo. Non vedeva l'ora di andare via e iniziare tutto da capo. Pietro accanto a Ciro che saliva e scendeva dal carrello tanto per fare qualcosa e Imma in braccio a Gennaro a mangiare una caramella gommosa, di quelle lunghe, piatte e piene di zucchero di cui si sarebbero pentiti tutti di aver preso. Ad un certo punto sentì quella voce non smorzata dalla musica di quelle feste romane e provò ad individuare la fonte; gli erano passati accanto.

Era identico a come lo ricordava, stessa capigliatura ma al posto dell'abito elegante indossava una tuta; l'accenno di chi era, visibile nelle Sneakers d'oro.

Parlava con l'uomo, più alto, che li osservava e teneva in braccio un bambino. Il bambino di cui lo aveva aggiornato in quella chiamata per chiedergli aiuto. ''O Spadì. Ricuord nu vecc amico?'

'Gennà?... perché stai a chiama’?'

'Sto dalle parti tuje e teng nu problema.'

 

<< Che c'è?>> chiese Ciro dopo aver osservato in silenzio la sua attenzione.

<< Song loro.  Stann facenn 'a stessa cosa nostra>>

Si ritrovò a inquadrarli, non fu difficile capire di chi si trattasse, ce l'avevano scritto addosso ma c'era anche somiglianza, come se tutti loro condividessero lo stampino.

<< Aureliano co a’ ccriatura. Alberto, Spadino.>>

<< già sentiti>>

<< E mo’ e’ vire>> Ciro adocchiò Gennaro prima di tornare sugli altri due, Aureliano continuava a fissarlo e disse qualcosa al più basso.

 

<< Eccheli.>>

Spadino alzò lo sguardo su di lui e lo seguì. Con Gennaro non si erano incontrati, solo sentiti per telefono, avevano mandato Angelica, Nadia e Flavio per risolvere la questione. Con un solo piano potevano risolvere le vite di tutti e così avevano deciso. Aureliano non aveva fatto storie, era stanco di dover perdere persone e da quando era riuscito a salvare il piccolo Gabriele - scherzo o regalo del destino - decise di dargli retta.

 

'Dimme'

'Amma fuji'

'Pure noi'

 

Spadino gli sorrise da lontano, fece svolazzare le dita di una mano vicino alla fronte e poi abbassò la testa per un piccolo inchino. Era il suo saluto da gitano, Gennaro rispose con mezzo sorriso. Aureliano dal canto suo alzò il mento sotto il suo sguardo celeste e di ghiaccio ma ammorbidito e annuì con due cenni del capo, Ciro abbassò lo sguardo e strinse la presa sulle spalle di Mariarita.

Avanzarono nella fila del check-in e Alberto controllò nello zaino da viaggio. << Oh, ndo' stanno i bìetti?>>

<< Ce l'avevi te >>

<< N'è vero, c’avevi tu ieri.>>

<< T’ii sei ripresi.>> Gabriele stava giocando con la sua catenina e gli strinse il collo. << Ahò, bbono.>>

<< Vòi restà qua?>>

<< Nun ce l'ho io!>> il problema di Aureliano di quei giorni era la troppa serenità, non aveva più rabbia in corpo quindi sorridere per una cosa del genere era segno di bugia e lo fissò.

<< Ce l'ho ioo!>> esordì Lele tirando fuori dalla giacca di Aureliano la mano con stretti i biglietti anche un po' accartocciati.

<< Ve possino.>> li prese Spadino di slancio sorridendo e salutando la hostess di terra pronta per loro.

<< Ce possino a chi? Ma che ce vòle fa'?>> giocò Aureliano con il bambino stampandogli due baci sulle guance pizzicandolo con la barba.

Da lontano continuarono ad essere osservati fino a che Rita non li chiamò con delle pacche sulle braccia comunicando il numero del gate, il carrello già qualche metro più in là, Ciro si girò di lato poi gli prese l'avambraccio << E' finita Gennà, andiamo.>> non mollò la presa, lo spinse a sé per farlo andare con lui per la prima volta, non oppose più resistenza e salutò le schiene di Anacleti e Adami per l'ultima volta.

 

 

'È ora di andare e di non tornare

Indietro sui passi

Giusti o sbagliati, ma comunque fatti

Nessuno è perfetto ed io ancora meno degli altri

Che io possa bruciare nel fuoco

Per ogni errore che non mi perdono.'

 

E' ora di andare - Piotta

Complimenti se siete arrivat* fino a qui ^^
1 Il crossover con Suburra è qualcosa che non potevo non aggiungere dato il fatto che poi me se sò concluse quasi uguali, roba che guardando ho detto: c'è un po' di Suburra in questo Gomorra (detto in modo per niente negativo, anzi, qui l'ho preferito)
2 Si tratta di una fic PER i bimbi e bestdads quindi anche Aureliano e Spadino se ne meritavano uno e Lele è mancato un sacco quindi...
3 Imma Savastano is my queen, ne merita almeno due di bimbi quindi l'ho aggiunta e non solo qui ma sarà fissa anche nelle altre a cui sto lavorando.
4 Anche io so resuscitare persone ;) Seconda parte dei temi principali: la presenza di Maria Rita gli apre la capa <3
   
 
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