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Autore: Justice Gundam    28/08/2022    1 recensioni
Fin dagli inizi, la storia di Golarion è stata colma di tragedie, eventi drammatici e violenza. Questo mondo ha visto innumerevoli civiltà ascendere per poi crollare. Eserciti si sono scontrati in innumerevoli occasioni, e il sangue è stato sparso ovunque in tutto il globo. Ora, nell'Era dei Presagi Perduti, dopo la morte del dio Aroden, si snodano le vicende di coloro che scriveranno un nuovo capitolo nella tormentata storia di questo mondo...
Nella città portuale di Korvosa, la tensione e il malcontento hanno ormai raggiunto livelli insostenibili. Di fronte alla minaccia dell'anarchia, un gruppo di eroi esordienti si riunisce rispondendo al richiamo di una misteriosa sostenitrice. Strane magie e misteriose profezie li mettono sulle tracce di un nemico comune, un percorso che li trascina in una lotta per salvare la città dalla rovina.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Era dei Presagi Perduti'
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Pathfinder: L'Era dei Presagi Perduti 
Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam 

 

 

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LIBRO 2 – LA MALEDIZIONE DEL TRONO CREMISI

Capitolo 8 - Nelle strade di Korvosa

 

Due settimane dopo la prima missione del gruppo di Krea, l'atmosfera che si respirava a Korvosa era ancora di ansia e tensione. I disordini che avevano accompagnato l'ascesa al trono di Ileosa erano stati per gran parte tenuti sotto controllo, ma il sentore di malcontento che serpeggiava per la città era ancora palpabile. I negozianti che si erano arrischiati di riaprire chiudevano un po' prima, e le persone restavano per la strada soltanto il tempo strettamente necessario a fare quello che dovevano. Nonostante i tentativi della guardia cittadina e della Compagnia dello Zibellino di far calare la tensione, Korvosa rimaneva in stato di subbuglio; e la presenza dei Cavalieri Infernali, che pure all'inizio avevano contribuito al mantenimento dell'ordine, era ora diventato per i cittadini motivo di sospetto e di inquietudine. Malgrado la città non fosse la polveriera che era stata fino a poco prima, ci sarebbe voluto molto tempo prima che Korvosa tornasse ad una parvenza di normalità.  

E in un contesto così pericolante, di tanto in tanto si verificassero degli incidenti, che le forze dell'ordine e gli avventurieri al servizio della corona si prodigavano per contenere...

 

oooooooooo

 

"Muori, schifoso!"

"Morte alla falsa regina!"

Una folla di infuriati cittadini di Korvosa, armati di bottiglie rotte, vanghe, bastoni ed altre armi improvvisate, stava avvicinandosi pericolosamente alla figura dall'aspetto elegante ed indifeso che cercava in qualche modo di calmarli e di risolvere quell'incidente senza ricorrere alla violenza. Ma le sue preghiere e i suoi inviti alla calma cadevano su orecchie sorde, perdendosi in mezzo agli insulti e alle urla della marmaglia.

"Signori... signori, per favore... sono sicuro che possiamo discuterne!" balbettò un giovane biondo di non più di vent'anni, vestito in una maniera semplice ma elegante (una camicia di seta bianca con pantaloni di raso e scarpe nere) che lo identificava subito come un membro di una delle classi più abbienti di Korvosa. Teneva le mani davanti a sè, mostrando i palmi in modo da far vedere a tutti che era disarmato. Senza successo, in quanto il gruppo di aggressori continuava ad avanzare con rabbia contro di lui. "Sentite... io non so che problemi abbiate con la mia famiglia... o con la nostra regina, ma... ma non credo che usare la violenza potrà risolverli..."

"Hah! Ma sentitelo come parla, il cagnolino della regina!" gracchiò una corpulenta donna di mezz'età dall'aspetto rude ed aggressivo, i capelli lunghi e sporchi che incorniciavano un volto appesantito. Si fece strada tra la folla, incoraggiata dal resto dei popolani, e il giovane nobile terrorizzato cercò a tentoni il pugnale che portava rinfoderato ad un fianco. Riuscì a sfoderarlo, ma la donna, di gran lunga più forte e possente di lui, gli afferrò il polso e glielo strinse con rabbia, come se volesse spezzarglielo. Il giovane gemette per il dolore e sentì le dita della mano perdere sensibilità, e la sua unica arma cadde a terra con un tintinnio acuto.

"Ma guarda che braccino esile! Scommetto che il signorino non ha mai fatto un solo giorno di lavoro onesto in vita sua!" gracchiò la donna con un sorriso beffardo, abbastanza vicina al giovane da fargli sentire il suo alito puzzolente. Poi, il suo umore peggiorò di colpo, e la donna scosse dolorosamente il braccio del nobile, strappandogli un grugnito. "Quando mio fratello era più giovane di te, si è schiacciato un braccio con un barilotto mentre lavorava su un pontile! Non ha più potuto nemmeno sollevare un boccale di birra con quella mano! Vuoi sapere come ci si sente, eh?"

"Sì! Faglielo sentire a quel cane d'un nobile!" esclamò la voce roca di un uomo nella folla.

Un altro faconiroso sputò verso il giovane nobile. "Cane bastardo! Voi nobili vi date tante arie, mentre noi ci spacchiamo la schiena per un piatto di minestra!" ringhiò. "Beh, ora tocca a noi ridere!"

"Spaccagli il culo, a quel vermiciattolo!" Un terzo giunse ad incoraggiare il donnone, che ghignò e strinse ancora la presa...

"Ora basta, voi!" esclamò improvvisamente la voce rude di un mezzorco, sovrastando il caos e la cacofonia di voci. L'intervento ebbe l'effetto desiderato, e la folla distolse la sua attenzione dal giovane nobile. Il donnone mollò la presa sul ragazzo, che barcollò all'indietro agitando la mano per riattivare la circolazione... e Kostur si fece avanti, accompagnato da Rilo. Il ragazzino Varisiano era circondato da una tenue aura azzurrina, e cercava di portarsi con più decisione di quanta non ne sentisse in quel momento, contando sulla sua presenza e sul suo carisma naturale per trattenere la folla infuriata.

"Eh? E voialtri chi cazzo siete?" ringhiò la donna. "Altri cani della regina, eh?"

"Siamo qui per far rispettare l'ordine, è diverso!" esclamò prontamente Kostur, mostrando il suo distintivo. “Ora, vi chiederemmo gentilmente di spostarvi e permettere a quel ragazzo di tornare a casa! Per favore, ora andatevene e non provocate ulteriori problemi.”

“Che… che diavolo state dicendo? Come immaginavo, siete soltanto dei cani del Trono Cremisi! Toglietevi di mezzo!” esclamò la donna. Con un gesto sprezzante, distolse la sua attenzione dal ragazzo, che si allontanò di due passi e tirò un sospiro di sollievo. “Non crederete di farci paura soltanto perché avete un distintivo!”

“Esatto! Noi ce ne sbattiamo dei vostri distintivi!” esclamò un omaccione armato di una bottiglia rotta che brandiva come un pugnale. “Fuori dalle palle, tutti quanti!”

“Non se volete fare del male a quel ragazzo o creare ulteriori problemi.” esclamò Rilo di rimando. Con un gesto lento e studiato, il ragazzino Varisiano alzò una mano e concentrò la sua energia magica sulle punte delle dita, e una tenue aura violacea si accese attorno al suo corpo. “Per favore, ve lo ripeteremo un’altra volta. Lasciate in pace quel ragazzo, e ritiratevi pacificamente. Non fate cose di cui potreste pentirvi.”

“Hah! Di certo non mi pentirò di dare una lezione ad un moccioso come te!” ringhiò l’uomo armato di bottiglia. La donna si fece avanti e si sgranchì le nocche delle mani, mentre i due agenti della regina restavano fermi al loro posto, decisi a non concedere loro neanche un passo. Prima che i facinorosi potessero fare un solo passo, Rilo pronunciò una parola magica, e improvvisamente i suoi occhi si tinsero di nero, come se si fossero trasformati in due pozze di petrolio. Tornarono normali un istante dopo, mentre la donna muscolosa restò come inebetita a guardarlo, lo sguardo perso. La folla si trattenne e guardò verso la donna, che infine tirò un sospiro e scosse la testa.

“Hey! Ma che cosa… che stai facendo, Guilde?” chiese l’omaccione.

Guilde si ritirò con un grugnito. “Ecco… stavo pensando che forse non è il caso di farsi venire cattivo sangue per questo. Abbiamo già abbastanza problemi a cercare di mettere qualcosa sul tavolo per la cena.” Affermò. “Io me ne vado. E se siete saggi, ve ne andrete anche voi.”

Rilo sorrise lievemente e gettò uno sguardo di intesa a Kostur, mentre il giovane nobile che era sfuggito alla furia della folla cercava di ripararsi dietro i suoi salvatori.

Heh… quel ragazzino deve aver lanciato un incantesimo di Charme Persone su quella befana…” pensò tra sé il mezzorco. “Questi Varisiani sono davvero pieni di sorprese…

“Che… che diavolo hai fatto, moccioso? Hai lanciato una magia su Guilde?” ringhiò l’uomo armato di bottiglia. “Maledizione! E’ uno di quei dannati stregoni Varisiani! Lo dico sempre io, che quelli non portano altro che guai!”

“Riempiamo di botte lui per primo!” esclamò un uomo allampanato, brandendo una gamba di sedia come un manganello improvvisato. “Facciamogli vedere che lui e quelli che lui non sono i benvenuti a Korvosa!”

“Sì, sono d’accordo!” esclamò una donna non più tanto giovane. L’uomo armato di bottiglia avanzò verso Rilo, che alzò un braccio e fece il gesto di lanciare un altro incantesimo… ma questa volta fu Kostur ad intervenire. Con un rapido movimento del braccio, il mezzorco investigatore estrasse la frusta dalla cintola e la fece scattare verso l’avversario, colpendolo al polso con precisione incredibile e uno schiocco assordante! Con un ringhio, l’uomo mollò la bottiglia rotta e si afferrò il polso dolorante, mentre l’arma improvvisata cadeva a terra e si infrangeva.

“Aaaargh! Dannato pelleverde…” ringhiò l’individuo.

“Inventati un insulto più fantasioso. Questo l’ho già sentito un bel po’ di volte.” Rispose Kostur, stringendo pericolosamente gli occhi. “Adesso, sarete così gentili da smetterla con queste sciocchezze e tornare alle vostre mansioni? Se cercherete ancora di fare del male a quest’uomo, vi informo che abbiamo l’autorità per arrestarvi. E che non ci faremo scrupoli ad usare dei metodi… non troppo gentili per dissuardervi.”

Per dare maggiore enfasi alle parole di Kostur, Rilo fece di nuovo sfoggio della sua magia, e fece accendere ancora una volta la sua aura di ombre turbinanti attorno al suo corpo. Messi di fronte a questa dimostrazione di potere, e intimoriti da quello che avevano visto fare a Guilde, i popolani esitarono e infine, furibondi ma impotenti, decisero di abbandonare i loro propositi e disperdersi senza causare ulteriori problemi.

“Tsk… per questa volta abbiamo deciso che non vale la pena perdere tempo con voi!” ringhiò uno degli individui. “E tu, nobile dei miei stivali, non farti più beccare da queste parti!”

“La prossima volta non ci saranno i leccapiedi della regina a salvarti, disgraziato!” ringhiò un altro dei facinorosi, anche mentre la folla cominciava a disperdersi. Lentamente ma inesorabilmente, il gruppo si sciolse ed ognuno si allontanò per conto suo, sotto lo sguardo attento di Kostur e Rilo. Quando finalmente anche l’ultimo se ne fu andato, Rilo si passò una mano sulla fronte e sospirò con evidente sollievo. Se non altro, non era stato costretto ad usare nessuno dei suoi incantesimi offensivi contro la folla… se fosse stato costretto ad usare la forza, non aveva idea di come sarebbe potuta finire.

“Okay… è tutto finito, ragazzo. Sei al sicuro, adesso.” Affermò Kostur mentre riportava la sua attenzione al giovane nobile che si nascondeva ancora dietro di loro. Adesso che il pericolo era cessato, il biondo si era seduto su un gradino vicino, passandosi una mano sulla fronte per tergersi il sudore. Il suo viso era ancora contratto per la paura, e il suo colorito non era ancora tornato normale. La paura era stata indubbiamente grande…

“Ah… grazie… grazie infinite…” rispose il giovane nobile con voce flebile. Riuscì a riprendere fiato e riprese una postura più dignitosa. “Sono… Vi sono estremamente grato per il vostro intervento. Se non fosse stato per voi, temo che non sarebbe finita bene per me… Grazie mille… Ma voi chi siete? Non… non credevo che la nuova regina… avesse reclutato altri agenti…”

“Beh, in effetti è stata una cosa abbastanza recente, signor…” cominciò Rilo, per poi accorgersi di un piccolo particolare. “Ehm… signore, non credo di aver ancora sentito il suo nome…”

“Ah! Chiedo venia, signori… nella concitazione, temo di essermi scordato le buone maniere…” rispose il giovane nobile. “Il mio nome è Amin Jalento, e sono… sono un membro di una famiglia nobile di Korvosa… non che fossimo esattamente troppo prominenti nelle politiche della città, ma certamente vivevamo abbastanza bene… almeno finchè il nostro re non è morto all’improvviso, e la nostra famiglia si è ritrovata improvvisamente in difficoltà… e come potete vedere, siamo invisi a buona parte della popolazione di Korvosa per i nostri stretti rapporti con il Trono Cremisi…”

“Ah… ma certo, ho già sentito parlare della vostra famiglia, signor Jalento!” esclamò Rilo. Il giovanissimo stregone aveva sentito quel nome diverse volte quando era più giovane e la sua famiglia non era ancora incappata nelle varie difficoltà che erano costate loro la posizione sociale. Tuttavia, non aveva mai sentito prima d’allora il nome di quel biondo. “Sì, avevate dei rapporti abbastanza stretti con il re Eodred II, che Pharasma lo abbia in gloria. Ma mi permetta di presentarmi… il mio nome è Rilo Aldinn, forse avrà già sentito il mio cognome da qualche parte?”

“Ma certamente!” rispose Amin, andando a stringere la mano prima a Rilo e poi a Kostur. “La famiglia Aldinn… avete fatto parlare di voi, ancora un bel po’ di tempo fa! Suo padre è Vergiliu Aldinn, vero? Mi dispiace per tutto quello che è successo… e spero che un giorno potrete recuperare i fasti di un tempo.”

Rilo sorrise, un po’ malinconico. “Eh… grazie, signor Amin… è quello che mi auguro anch’io.” Affermò. “Oh, e il mio compagno è l’agente Kostur Kyle, investigatore della guardia cittadina di Korvosa.”

“Onorato di fare la vostra conoscenza.” Rispose il mezzorco, facendo un inchino elegante che contrastava un po’ con il suo aspetto rude. “Comunque, non credo che le strade di Korvosa siano un luogo molto sicuro per lei, in questo momento. Potrei suggerirle di permetterci di accompagnarla fino a casa, in modo che non si possano più verificare incidenti come questo?”

Amin annuì lentamente. “Credo… che sia una buona idea, agente Kyle…” rispose con un sorriso gentile. “E poi, una volta giunti alla mia mansione, vi potrò ricompensare adeguatamente. Prego… seguitemi, vi condurrò io. E… grazie ancora per il disturbo che vi siete presi.”

“Nessun disturbo, signor Jalento!” rispose allegramente Rilo, contento di aver trovato qualcuno che fosse in grado di comprendere la posizione della sua famiglia. “Anzi… per noi non è stato un disturbo. Abbiamo fatto il nostro dovere verso la nostra città.”

“E continueremo a farlo. Finchè non sarà tutto tornato alla normalità, cosa che spero accada presto, noi ci occuperemo di aiutare la guardia cittadina e la Compagnia dello Zibellino a tenere sotto controllo le strade di Korvosa.” Continuò Kostur.

“Beh… dovere o no, state facendo un lavoro encomiabile.” Affermò Amin, iniziando a guidare i suoi salvatori. “Spero che possiate dare un esempio migliore dei Cavalieri Infernali… che al momento stanno facendo poco più che aumentare le tensioni.”

“L’Ordine del Chiodo di Cittadella Vraid…” mormorò Kostur, mentre Rilo scuoteva l testa con disapprovazione. “Speriamo di non dover mai avere a che fare con quella gente…”

 

oooooooooo

 

Poche ore dopo…

“Hmmm… okay, ragazzi, dovremmo essere a buon punto.” Affermò Krea. La ragazzina Varisiana si stiracchiò e guardò attentamente da un lato all’altro della piazza, ammirando le bancarelle che rendevano la piazza del mercato un luogo ancora più vibrante e rumoroso di quanto già non fosse. “La nostra ronda termina qui, e una volta che avremo finito potremo tornare a fare rapporto alla comandante Kroft. Tenete gli occhi bene aperti, e state attenti a tutto quello che succede. Un luogo come questo è una ghiotta occasione per ladri e borseggiatori.”

Runyar fece un grugnito che bene esprimeva la scarsa considerazione che aveva verso quei malviventi – certamente, riflettè Krea, un prodotto del suo credo come chierico di Abadar. “Nessun problema, ragazza mia. Non ci faremo sfuggire nulla.” Rispose. “Hey, Fedra, com’è la tua situazione? Riesci a vedere abbastanza bene?”

La giovanissima caligni annuì rapidamente, cercando di nascondere il fastidio che le dava la luce del sole. Mancavano ancora un paio di ore al tramonto, più o meno… e Fedra non poteva nascondere che avrebbe preferito di gran lunga fare quelle ronde sotto la cappa confortevole dell’oscurità. Ma il mercato non si faceva certo di notte, e Fedra sapeva che avrebbe dovuto rassegnarsi ed adattarsi. “Me la cavo, Runyar, nessun problema.” Rispose. “Allora, che cosa dite? Ci separiamo e teniamo ognuno d’occhio un angolo del mercato?”

Krea si sfregò il mento e annuì. “Mi sembra una buona idea.” Rispose. “Okay, Fedra, magari tu mettiti a sorvegliare i sottoportici, dove sei un po’ meno esposta ai raggi del sole. Runyar, noi due potremmo…”

“Prendetelo! Prendete quel piccolo ladro!”

La voce di un commerciante infuriato interruppe di colpo la giovane maga-spadaccina, e sia lei che i suoi compagni si voltarono di scatto in quella direzione, solo per trovarsi all’improvviso di fronte ad un ragazzino lacero e vestito di abiti sporchi e mal tenuti che correva a rotta di collo, tenendo stretta a sé una pagnotta ancora calda, chiaramente rubata, come se da essa dipendesse la sua vita! Krea sobbalzò per la sorpresa e si scansò per istinto prima che il ragazzino impattasse su di lei, e il ladruncolo si districò agilmente tra la folla, cercando di guadagnare l’ingresso di uno dei vicoletti che si immettevano nella piazza! A pochi metri da lui arrancava un uomo sulla trentina vestito in maniera piuttosto semplice, con gli abiti e il grembiule sporchi di farina. A giudicare dalla sua espressione furiosa, quello doveva essere il malcapitato a cui era stato rubato il pane… in quel momento stava cercando di raggiungere il piccolo ladro e farsi ridare il maltolto, ma non riusciva a farsi strada tra la folla con altrettanta abilità.

Il ragazzino, sempre tenendo la pagnotta tra le mani, svoltò rapidamente e cercò di entrare nel vicolo più vicino… ma la sua fortuna si esaurì quando due imponenti figure in armatura nera apparvero dalla stradina e si pararono davanti a lui, bloccandogli la strada! Con un verso di paura, il ragazzino – che non doveva avere più di dodici o tredici anni – si fermò appena in tempo per non andare a sbattere contro quei due individui: un uomo e una donna armati di minacciose alabarde, coperti dalla testa ai piedi di terrificanti armature nere che lasciavano scoperti solo i loro volti dallo sguardo severo e spietato. La gente di Korvosa si ritrasse intimorita davanti a quelle figure inquietanti, e il ragazzino emise un’esclamazione di terrore quando si rese conto con chi aveva a che fare. Sempre tenendo ben stretta la sua pagnotta, cercò di correre nella direzione opposta, ma l’uomo in armatura nera si mosse più velocemente di quanto ci si potesse aspettare e gli tagliò la strada, usando la sua alabarda per costringerlo a fermarsi…     

“Ah! P-Per favore! Per favore, non fatemi del male!” si lamentò, guardandosi attorno con evidente terrore. Gli abitanti di Korvosa presenti lì attorno si erano ritirati e avevano lasciato un ampio spiazzo attorno ai due tizi in armatura – cosa che non doveva stupire, visto che era fin troppo evidente chi fossero: due Cavalieri Infernali dell’Ordine del Chiodo, membri della temuta polizia di stato dell’Impero di Cheliax.

Per nulla mossi a compassione dalle preghiere del ragazzino, i due si avvicinarono ancora di più a lui, in modo da invadere il suo spazio. “Cosa sta succedendo qui?” tuonò l’uomo, mostrando un volto abbastanza giovanile ma dall’espressione fredda ed inflessibile che si addiceva fin troppo bene ad un Cavaliere Infernale. “Mi sembra di capire che qui si è verificato un furto.”

“E’… è così, signori.” Replicò il panettiere derubato, arrivando a pochi passi dai due individui in armatura. Avevano un aspetto davvero terrificante, con le armature ricoperte di spuntoni e lame, le corna ricurve sugli elmi e i pettorali decorati con dei volti ghignanti che ricordavano quelli di diavoli minacciosi. “Quel… quel ragazzino mi ha rubato una pagnotta. L’ha presa senza pagare, e voleva portarla via!”

“Mi… mi dispiace, signori…” rispose il ragazzino, gli occhi pieni di lacrime di paura. “Io… io… avevo fame… sono già tre giorni che non mangio niente, e non ho saputo resistere… alla tentazione…”

“Aspettate un momento!” Krea scelse quel momento per intervenire, e lei e il suo gruppo avanzarono con audacia verso i due Cavalieri Infernali, sotto lo sguardo incredulo di numerosi cittadini di Korvosa. “Per favore, signori, manteniamo la calma! Che cosa vorreste fare a questo povero ragazzo?”

La donna in armatura nera fissò la maga-spadaccina, quasi sprezzante. “Mi sembra ovvio. Dobbiamo arrestare questo agente del caos.” Rispose gelida.

Runyar corrugò la fronte in un’espressione di disapprovazione. “In prigione per aver rubato un tozzo di pane?” chiese, vedendo che anche il panettiere sembrava scioccato da una punizione così dura.

“Il… il nano qui ha ragione!” esclamò il derubato. “A me basta che questo ragazzino paghi per quella pagnotta!”

L’uomo in armatura non sembrò per nulla convinto, e rivolse agli agenti della corona di Korvosa uno sguardo severo. “Non esistono reati minori o reati gravi. Esistono soltanto l’ordine e l’anarchia.” Sentenziò. “Ogni atto di caos erode le fondamenta sulle quali si fonda la civiltà, e come tale deve essere punito in maniera esemplare.”

Oh, per la miseria… adesso capisco perché i Cavalieri Infernali hanno la fama di essere fanatici in armatura… perché lo sono davvero!” riflettè Fedra, massaggiandosi la fronte per calmare il mal di testa che cominciava già a presentarsi. Se volevano risolvere questa spinosa situazione e allo stesso tempo evitare un incidente con Cittadella Vraid, sarebbe stato necessario misurare bene le parole…

“Beh, voi non potete venire qui ed arrestare un cittadino di Korvosa!” esclamò la caligni, mettendosi davanti al ragazzino spaventato per proteggerlo. “Quella che state compiendo è una violazione!”

“Vi ricordiamo che l’Ordine del Chiodo è stato convocato appositamente per garantire il rispetto della legalità a Korvosa dopo la scomparsa di re Eodred II.” Rispose la donna in armatura. “In questo frangente, noi rispondiamo delle nostre decisioni soltanto al lictor Severs DiViri e al governo di Cheliax.”

Krea non esitò e tirò fuori il suo distintivo per mostrarlo ai due Cavalieri Infernali. “Davvero? Bene, in tal caso credo di dovervi avvertire che noi siamo rappresentanti del Trono Cremisi e della nuova regina di Korvosa, Sua Maestà Ileosa Arabasti!” esclamò. “Non credo che Sua Maestà sarebbe contenta se sapesse che degli agenti di Cheliax stanno andando in giro per la sua città, imponendo le loro leggi!”

“Finchè vi trovate nel territorio di Korvosa, dovete attenervi alle sue leggi!” continuò Runyar. “Korvosa non è più parte dell’Impero di Cheliax.”

“Si tratta di una sfida, rappresentanti della corona?” chiese l’uomo in armatura nera. Restituì a Krea uno sguardo feroce, e la ragazzina, nonostante il timore che provava, restò al suo posto e sostenne l’espressione severa dei due agenti di Cheliax.

“Stiamo semplicemente facendo valere i nostri diritti, e quelli di questo ragazzo.” Replicò Fedra. “Quelli che Cheliax sembra in procinto di calpestare.”

Il duello di sguardi proseguì ancora per un po’… e alla fine, comprendendo che sarebbe stato inutile insistere, i due Cavalieri Infernali decisero di lasciar perdere. “Hmph… bisogna ammettere che i vostri argomenti hanno senso.” Sentenziò. “Quand’è così… se questo ladro fosse disposto a pagare per quello che ha rubato, allora potremmo dichiarare chiuso questo incidente.”

Il ragazzino restò fermo al suo posto e guardò penosamente verso terra. Non si sarebbe abbassato a rubare quel pezzo di pane se non fosse stato così disperato.

“Pago io per lui.” Rispose Krea, per poi tirare fuori un sacco di monete d’argento e deporne alcune nella mano del panettiere. “Questo non è proibito dalle leggi di Korvosa e neanche da quelle di Cheliax, giusto?”

“Beh… quand’è così, accetto di buon grado questa sistemazione.” Rispose il panettiere, che contò rapidamente i soldi e se li mise in tasca. Il monello tirò un sospiro di sollievo, mentre i Cavalieri Infernali restarono ancora per un attimo a guardare la scena, come se volessero assicurarsi che tutto si svolgesse nel rispetto delle regole. Finalmente, entrambi gli agenti di Cheliax voltarono le spalle al gruppo e se ne andarono, mentre la folla che si era fermata a guardare applaudiva Krea e i suoi compagni.

“Bene… io torno al mio negozio. Vi ringrazio per l’aiuto, signori.” Il panettiere chinò umilmente il capo, poi guardò verso il monello, che si era messo già a divorare la pagnotta. “E tu, ragazzino, vedi di non abituarti a rubare. Ci sono altri modi per guadagnarsi da vivere, e tu lo sai.”

“Non condivido la severità dei Cavalieri Infernali. Abadar, il Padre Facoltoso, si aspetta che la legge venga applicata con ragionevolezza, in nome del bene comune.” Affermò Runyar. “Detto questo, quel negoziante ha ragione, ragazzo. Il furto non è certo il modo giusto per guadagnarsi da vivere.”

“Mi… mi dispiace… lo so, non è corretto rubare…” rispose il ragazzo di strada. “Ma… non sapevo che altro fare… ero disperato e non vedevo altra via d’uscita…”

Il nano chierico sorrise gentilmente e diede una pacca amichevole sulla spalla del ragazzo. “Beh, non sia mai detto che Abadar non offra consiglio a chi ne ha bisogno.” Rispose. “In questo momento, Korvosa è in profonda crisi… e c’è bisogno di giovani volonterosi che siano disposti a fare anche lavoretti umili per cercare di sanare questa crisi e aiutare i cittadini. Che ne diresti se ti accompagnassi al più vicino tempio di Abadar? Lì i miei superiori potranno trovarti un lavoro, così potrai guadagnarti da vivere onestamente e avrai un avvenire più sicuro.”

Dapprima stupito ed incredulo, il ragazzo si illuminò in viso e guardò speranzoso i tre agenti del Trono Cremisi. “Che… che cosa? Dite davvero? Potreste darmi una mano a trovare un lavoro? Un… un modo per guadagnarmi di che vivere?” esclamò con improvviso entusiasmo. “Io… io… ve ne sarei infinitamente grato! Non… non saprei proprio come sdebitarmi… come posso esprimere… la mia gratitudine? Non… non immaginavo che…”

“Hey, hey, con calma! Prima di tutto, cerca di respirare!” disse Fedra con una breve risata. “E per quanto riguarda la tua domanda… non lo facciamo certo per avere un premio o cose del genere! Anche questo fa parte del nostro dovere verso la nostra città, dopotutto.”

“Sì, Fedra ha ragione. Ammetto che all’inizio ci siamo imbarcati in questa vicenda per questioni personali, ma… adesso siamo diventati a tutti gli effetti dei tutori dell’ordine, e sappiamo quello che dobbiamo fare per aiutare il popolo di Korvosa.” Rispose Krea, mentre il gruppo si affrettava verso il tempio di Abadar più vicino. “E adesso… diciamo che sarà questo il nostro lavoro, finchè le cose a Korvosa non torneranno alla normalità. E poi… e poi vedremo. Chissà quali opportunità avremo…”

Per la prima volta dopo tanto tempo, il giovane monello di strada riuscì a sorridere, e a pensare che forse c’era qualche speranza che il suo futuro fosse migliore…

 

oooooooooo      

      

Nel frattempo, in un’altra zona di Korvosa…

I cittadini scappavano in preda al panico, cercando di infilarsi nei vicoli più stretti per sfuggire alla mostruosità aberrante che si era arrampicata sulla strada da una crepa nel pavimento della piazza. Un corpo repellente e lurido, dominato da una bocca esageratamente grande, tre tozze zampe cilindriche e tre tentacoli, due dei quali erano armati di rostri uncinati, mentre il terzo presentava numerosi occhi giallastri che fissavano con bramosia il mondo attorno a lui… e in particolare, la piccola figura armata di spada e scudo che cercava in qualche modo di ostacolarlo.

“Ugh… è in giorni come questi che dico che non mi pagano abbastanza per questa merda…” commentò Orik Vancaskerkin, per poi parare con lo scudo un fendente che quella cosa disgustosa aveva cercato di sferrargli. Un otyugh, senza ombra di dubbio. Un’aberrazione lunga quasi tre metri, che vive in luoghi insalubri e si nutre di spazzatura. Sfortunatamente, questo esemplare aveva tutta l’intenzione di integrare la sua dieta con carne fresca, e in quel momento aveva a disposizione un bel po’ di popolani terrorizzati.

Con un gorgoglio orripilante, il mostro fece scattare i suoi tentacoli verso Orik, e i rostri affilati sollevarono un terrificante stridio quando graffiarono l’acciaio dello scudo. Orik si tolse dalla portata del mostro con un abile gioco di gambe e vibrò un fendente con la sua spada, aprendo un taglio nel tentacolo destro della creatura. Dalla ferita uscì uno spruzzo di sangue verdastro e puzzolente, e lo otyugh gorgogliò di nuovo prima di puntare le zampe a terra e far scattare nuovamente i tentacoli verso Orik. Una di quelle fruste uncinate gli graffiò il braccio e cercò di avvinghiarsi attorno a lui per trascinarlo verso la mostruosità puzzolente. Ma il mercenario, abituato a simili lotte, riuscì a districarsi dalla presa della bestia e restituirli un poderoso fendente.

L’otyugh reagì con prontezza e riuscì a parare il colpo di spada con il tentacolo sinistro, per poi usare il destro per cercare di agguantare la gamba di Orik e trascinarlo verso la sua bocca cavernosa. Il mercenario di Riddleport evitò il colpo con un rapido movimento del suo scudo, poi si allontanò a distanza di sicurezza, la spada sollevata davanti a sé per dissuadere l’otyugh ad incalzarlo.

“Maledizione… avevo sentito parlare degli otyugh e di quanto fossero disgustosi… ma per gli dei, che fetore nauseante!” commentò tra sé Orik. Forse la cosa che lo impressionava di più era il fatto che quella bestia mostruosa non era un animale senza cervello – negli occhi giallastri che si aprivano sul suo tentacolo centrale, il robusto guerriero riusciva a vedere dei lampi di intelligenza. La creatura lo stava studiando, attendeva il momento giusto per sferrare un attacco decisivo.

“E va bene, sei furbo, gran figlio di puttana… ma più furbo di me? Non credo proprio.” Mormorò Orik tra sé. L’otyugh sferrò un piccolo affondo di prova, in modo da testare le difese dell’avversario, che non si fece ingannare e riuscì ad evitare il colpo successivo. Con un passo laterale, il mercenario scansò il colpo successivo e si portò ad un fianco dell’otyugh, per poi sferrare un fendente che raggiunse il labbro della bestia, aprendovi un taglio superficiale ma doloroso. La schiuma che si era formata sulla bocca di quella fetida cosa si tinse quasi all’istante di verde, mentre l’otyugh cercava di voltarsi e frustava l’aria con i tentacoli per scacciare quell’ometto irritante. Orik riuscì ad evitare il tentacolo sferzante del mostro abbassandosi di colpo, ma si trovò improvvisamente davanti la bocca sbavante dell’otyugh, e fu costretto a scansarsi in fretta e furia quando un’ondata di fiato nauseabondo lo raggiunse in faccia. L’enorme bocca simile ad una tagliola di quell’orrida creatura si chiuse a meno di mezzo metro dal volto di Orik e mancò di pochissimo il braccio con cui reggeva la spada. Evidentemente, il mostro si aspettava un altro affondo di spada… ragione per cui restò sorpreso quando Orik lo colpì sul muso con il suo pesante scudo d’acciaio. Si sentì un rumore inquietante quando uno dei denti acuminati della bestia si spezzò, e l’otyugh si ritirò mugolando di dolore, barcollando sulle sue tre zampe non più ben ferme.

Ma il dolore della ferita fece infuriare il mangiatore di spazzatura, che ebbe una scarica di adrenalina e si scagliò con tutto il suo peso contro Orik, facendo cadere a terra il robusto spadaccino con un grugnito. Agendo per puro istinto di autoconservazione, Orik riuscì a tirare indietro le gambe ed evitò di farsene troncare una dal morso dell’otyugh, ma un colpo di tentacolo lo raggiunse, aprendo un taglio abbastanza profondo sulla sua spalla destra. Il mercenario emise un breve grido di dolore e alzò di nuovo lo scudo per difendersi, mentre cercava freneticamente di rialzarsi e sottrarsi alle frustate dei tentacoli del mostro. Finalmente, colto il momento giusto, Orik si gettò di lato… ma l’altro tentacolo della bestia gli avvinghiò la gamba destra, e Orik grugnì nuovamente quando sentì gli uncini affilati penetrargli nelle carni. Per qualche secondo, il mercenario cercò di resistere, ma ben presto, la forza dell’otyugh si rivelò troppo grande, e Orik perse la presa sul terreno e venne trascinato verso le fauci spalancata della mostruosa creatura.

Agendo con un misto di esperienza ed istinto di autoconservazione, Orik afferrò strettamente la sua spada e la puntò contro l’otyugh, che continuava a tirare Orik verso di sé e si rese conto della lama affilata soltanto all’ultimo momento. Con un poderoso fendente, il mercenario colpì ad un fianco la mostruosa creatura, che emise un altro dei suoi gorgoglianti ruggiti di dolore, mentre del fluido verdastro e disgustoso colava lentamente lungo la lama. Il disgustoso otyugh si allontanò dolorante, usando i suoi tentacoli per farsi scudo come poteva, e si ritirò nella crepa del terreno, tornando nei sotterranei di Korvosa da dove era venuto. Per sua fortuna, Orik non aveva intenzione di inseguirlo, e nel giro di pochi secondi, l’otyugh aveva abbandonato il campo. Il mercenario tirò un sospiro di sollievo e si controllò la ferita, tamponandola come meglio poteva con un lembo di tessuto. Si ripromise di curarsi meglio una volta tornato a Cittadina Volshyenek, poi mosse una mano verso i korvosani più vicini, che si erano nascosti dove potevano per ripararsi dalla fame dell’otyugh.

“Hey, gente! Qui il campo è libero. Quel bestione se n’è andato!” esclamò, mentre faceva cenno ai più vicini di uscire pure dai loro nascondigli. Quando i primi abitanti si fecero vedere, Orik strizzò un occhio per il bruciore della ferita e indicò la fenditura da cui era uscito il mostro, e dalla quale usciva un terrificante odore di acqua stagnante e spazzatura. “Consiglierei di fare un po’ più di manutenzione alle vostre strade! Escono i mostri da quelle fogne a cielo aperto! Ma cosa diamine ci fa un’otyugh nel vostro impianto fognario?”

“Grazie… grazie mille, signore…” mormorò un popolano spaventato. “Non… non so esattamente quando sia iniziata questa faccenda, ma… da decenni ormai noi di Korvosa abbiamo introdotto quelle creature nelle nostre fogne. E’ un modo economico di mantenere le fogne quanto più pulite possibile… e non dobbiamo neanche spendere tanti soldi per mantenerli.”

Orik alzò gli occhi al cielo. Questa sì che era un’idea folle… non avevano pensato ai danni che avrebbe potuto fare un’otyugh che si fosse in qualche modo liberato? “Mah… comunque, chiamate chi di dovere in modo che chiudano quella fenditura. Per questa volta c’ero io, ma la prossima potreste non avere tutta questa fortuna. E ora, se permettete, vado a rimettermi un po’ a posto… e magari anche a farmi un bagno.”

Orik rinfoderò la spada e fece un cenno di saluto, per poi incamminarsi nuovamente verso Cittadella Volshyenek. Ricordandosi di fare rapporto di questo incidente, guardò dietro di lui, dove alcuni korvosani stavano già provvedendo a delimitare come meglio potevano l’area in cui si era aperto quello squarcio nel terreno.

“Otyugh nelle fogne. Bah. Che idea balorda.” Grugnì il mercenario mentre si allontanava.

 

oooooooooo

 

Quella sera, in una piccola taverna nel distretto di North Point, il maresciallo Cressida Kroft si stava godendo, per la prima volta dopo tanto tempo, una serata tranquilla di fronte ad un boccale di birra e un pasto caldo. Un’occasione che aveva scelto di condividere con un suo amico personale – il comandante Marcus Thalassinus Endrin, leader della Compagnia dello Zibellino. I due veterani alzarono i loro boccali per celebrare quell’occasione, facendoli toccare con un tintinnio cristallino.

“A Korvosa.” Disse Cressida con un sorriso che esprimeva speranza e stanchezza al tempo stesso.

“Già… a Korvosa.” Rispose Marcus, un uomo di bell’aspetto che doveva avere qualche anno più di Cressida, con i capelli biondi pettinati all’indietro e un viso dai lineamenti un po’ squadrati, reso angolato dall’età e dalle battaglie che aveva sostenuto. “Devo ammettere che la tua idea di reclutare quegli avventurieri ha funzionato, Cressida, ma non sono sicuro di quanto possano essere raccomandabili. Ho avuto le mie esperienze con mercenari e altra… brava gente di questo tipo.”

Cressida prese un sorso di birra e tirò un sospiro per rilassarsi un po’, per nulla risentita delle parole del suo compagno. Aveva sempre saputo che Marcus, come membro di un’importante famiglia di Korvosa di cui molti membri avevano svolto un esemplare servizio militare, era molto legato alla tradizione e all’onore… e questo, qualche volta, non gli permetteva di vedere cosa fosse meglio da un punto di vista politico. “Comprendo le tue esitazioni, Marcus… e credimi, se Korvosa non si trovasse in questo stato, sarei più che felice di fare tutto senza dover trovare questi escamotage.” Rispose. “Purtroppo, però, bisogna fare tutto quello che si deve per alleviare almeno un po’ le conseguenze di questo caos che sta sconvolgendo la nostra città. Krea Aldinn, il fratello Rilo e i loro compagni si sono tutti rivelati all’altezza dei compiti che gli abbiamo affidato. E per quanto riguarda il fratello dell’ex-sergente Vancaskerkin… è stato anche lui un acquisto molto utile. Sono sicura che sia lui che l’ex-sergente sapranno distinguersi.”

“Allora hai deciso di destituire Vancaskerkin.” Rispose Marcus, mentre cominciava il suo pasto. “Immagino che fosse inevitabile, dopo la sua defezione. Va bene… non voglio dirti come gestire la tua compagnia, ma stai attenta a quello che fai.”

“Non ti preoccupare, Marcus. So che sto giocando ad un gioco che ha i suoi rischi, ma credo che alla fine ne varrà la pena.” Rispose Cressida, prima di addentare un bel pezzo di carne. “I fratelli Aldinn si sono dimostrati abili, per il momento… quindi ho intenzione di affidare al loro gruppo un incarico che potrebbe aiutare a risollevare Korvosa dalla sua condizione. E al tempo stesso, mettere i bastoni tra le ruote a qualche pessimo elemento di Cheliax.”

“Ti conosco abbastanza bene da immaginare che tu abbia qualcosa di grosso in mente, Cressida…” commentò il comandante della Compagnia dello Zibellino, stringendo gli occhi. “C’entra per caso… un certo ambasciatore di Cheliax che conosciamo fin troppo bene?”

Cressida fece una breve risata ironica. “Beh, anche tu te lo sei guadagnato, il tuo rango, Marcus.” Rispose. “Sì, diciamo che ho in mente qualcosa di speciale per lui. E quando sapranno del suo coinvolgimento… ho l’impressione che Krea e Rilo Aldinn saranno più che disposti a portare a termine questo incarico. Con un po’ di fortuna… potremmo anche risolvere il problema del famigerato Re dei Ragni.”

Marcus sbattè gli occhi. “Il Re dei Ragni? Vorresti puntare… a togliere di mezzo Devargo Barvasi?” chiese.

“Non ho detto questo, Marcus.” Rispose tranquillamente Cressida. “Quello che volevo dire è che… se per caso, per una fortuita coincidenza, l’incarico che ho in mente per loro avesse come conseguenza la rimozione di Barvasi… Korvosa potrebbe dormire sonni un po’ più tranquilli, non sei d’accordo?”

“A volte mi chiedo se non abbia anche tu qualche Cheliaxiano nel tuo albero genealogico…” disse Marcus, non approvando del tutto i metodi della sua collega. “Detto questo… ti auguro buona fortuna. Credo che ne avrai bisogno, con tutto quello che sta accadendo.”

“Per ora, comunque, non pensiamo a queste cose. Abbiamo una serata libera, e cerchiamo di godercela.” Affermò Cressida, mettendo da parte le preoccupazioni, almeno per il momento. Si ricordò di dovere dei sentiti ringraziamenti al gruppo di Krea. Se non fosse stato per il loro duro lavoro, non avrebbero potuto permettersi nemmeno quella serata di pausa. “E domani… domani sarà un altro giorno. E spero che le cose comincino ad andare meglio per Korvosa.”

“Su questo, siamo perfettamente d’accordo.” Rispose Marcus con un sorriso sollevato, per poi tornare al pasto caldo davanti a lui. L’indomani li avrebbe attesi un’altra mole di lavoro… ma per il momento, era il caso di rilassarsi.  

                               

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CONTINUA... 

 

 

  
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