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Autore: Martin Eden    03/09/2022    1 recensioni
Ciao a tutti! Dopo anni di latitanza, mi è venuta voglia di tornare su questo Fandom, che ho tanto amato...e lo faccio con una vecchia storia LOTR che ho ripreso in mano ultimamente, dopo aver rivisto i film della trilogia de Lo Hobbit...mi è venuta voglia!
Scommetto che molti di voi, come me si sono posti questa domanda: ma Legolas e Aragorn dove si saranno conosciuti?! :D
Questa fanfiction cercherà di dare una risposta...allora voi leggete e commentate! :)
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Legolas, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Compagni di Sventura'
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Legolas

 

Quel giorno avevo sognato che Gandalf era venuto a bussare alle nostre porte, avvolto nel suo cappuccio grigio.

Poche volte nella mia vita era capitato: per questo, anche nel sogno pensai che dovesse trattarsi di un’occasione speciale, nel bene o nel male. Ero io che lo incontravo sulla soglia, e lui con quell’usuale e sorniona letizia mi invitava ad accompagnarlo da mio padre:

- Buone nuove in arrivo!- chiocciava, mentre il sole si spegneva alle sue spalle – Rallegratevi, la nostra buona stella non ci ha abbandonato!-

Erano parole piuttosto lontane da qualsiasi realtà che io e mio padre stessimo vivendo.

Il Male aveva preso sempre più piede a Bosco Atro: le schiere di Ragni erano ormai dilaganti, e senza l’aiuto di Tauriel non riuscivo a tenerli a bada. Le frange meridionali del regno erano cadute indebitamente in mano loro, tanto che ora nessun elfo Silvano poteva avventurarsi tra quelle selve a cuor leggero. Ogni tanto avevamo tentato qualche incursione, per decimare le loro tane e dar loro fuoco, ma il colle di Dol Guldur continuava imperterrito a borbottare e a proteggere quegli avanzi di sventura, e sembrava non ci fosse scampo per quella parte di bosco.

Non ero abituato alle sconfitte e dover abbandonare il campo mi era bruciato come non mai. Per questo, alle parole di Gandalf nel sogno, avevo opposto uno scettico sorriso. Forse ce l’avevo ancora stampato sul volto quando mi svegliai.

Il sole non era ancora sorto ma già si intravedeva il suo gentile saluto tra le chiome verdi: lo potevo ammirare dalla mia stanza. In quell’alba senza nubi, riconobbi la speranza che ancora albergava nei nostri luoghi e che io e mio padre ci impegnavamo strenuamente a sostenere.

Mi vestii, mi sciacquai la faccia con l’acqua fresca, ferma in un catino, e con il viso ancora bagnato mi diressi nel salone, dove sapevo che avrei trovato re Thranduil già in piedi. Sembrava non dormisse mai, o almeno non dormisse mai il suo pensiero, costantemente rivolto agli affari del reame. Temevo che prima o poi sarebbe stato sopraffatto da tanto oneroso lavoro, ma ancora non mi permetteva di affiancarlo e prendere su di me un po’ di quel peso.

Quando varcai la soglia, l’odore dell’aria, ancora prima degli occhi, mi avvisò che c’era una grossa novità a palazzo.

Alzai lo sguardo ed eccolo lì, Gandalf, di fronte a me. Thranduil era davanti a lui, voltò appena la testa quando mi sentì entrare.

Lo stregone mi rivolse un caldo sorriso:

- Legolas!- mi venne incontro – Che gioia rivederti! Tuo padre stava giusto affermando che la tua presenza sarebbe stata imprescindibile.-

Thranduil fece una smorfia che poteva essere di disappunto, anche se non potevo esserne certo.

Al contrario, ero molto più certo che il mio fosse stato un sogno premonitore.

Gandalf volle abbracciarmi. Accolsi con gioia quel nuovo modo di darsi il benvenuto, e istintivamente ricambiai con slancio. Un viso amico, dopo tanto tempo, mi era di conforto. Magari avrebbe saputo darci qualche saggio consiglio.

Mio padre fece ancora quella faccia, lo vidi con la coda dell’occhio.

Lui non si lasciava andare a simili convenevoli.

Un po’ imbarazzato, feci un passo indietro e mi inchinai solennemente per celebrare il lieto arrivo:

- Quali nuove, Mithrandir?- chiesi.

- Novelle interessanti.- replicò lui – Ne stavo giusto parlando a tuo padre. Ma prima di riprendere il discorso, permettete che vi introduca anche un terzo interlocutore.-

Fece cenno a qualcuno che se ne stava a un lato della sala: uno dei nostri paggi, probabilmente. Quello si mosse con rapidità innata: corse ad aprire una porta laterale e sorprendentemente dal cubicolo avanzò un’ombra a me molto nota, seguita da un’altra piuttosto deforme.

Non potevo credere ai miei occhi, ma quello era proprio Aragorn, il mio migliore amico.

Un sorriso nacque spontaneo sulle mie labbra quando lo vidi entrare. Ero davvero felice di rivederlo. Gli andai incontro, in tempo per accorgermi di quanto poco presentabile fosse. La caccia e l’esperienza l'avevano stremato, oltre che ridotto a brandelli. Era forse passato qualche anno, e si vedeva sul suo viso. Gli misi una mano sulla spalla e lo invitai a rilassarsi, prendendo quell’essere immondo, Gollum, sotto la mia custodia.

Mio padre guardava, impassibile. Non amava concedere familiarità agli sconosciuti, nemmeno se questi si fossero rivelati personaggi chiave nei suoi piani.

Non avevo raccontato molto delle nostre avventure o della nostra solida amicizia, per timore di venire dileggiato, ma sarebbe stato troppo ottimista pensare che mio padre non avrebbe fatto caso a quei piccoli particolari di noi.

La nostra confidenza non gli era sfuggita.

Gandalf osservava la scena e dopo un po' si intromise, per spezzare quello spiacevole silenzio:
- Mio Sire – cominciò – Gollum è stato catturato: lo affido a te, affinchè tu lo tenga sottochiave in una delle tue segrete e non possa nuocere. Aragorn deve venire con me per allenarsi alla nuova vita che lo attende. Inoltre, dobbiamo tornare a cercare l'Unico Anello, scomparso, ci ha detto Gollum. Qualcuno deve averlo. E io ho anche idea di chi potrebbe averlo preso...-

Aragorn e lo stregone si lanciarono un'occhiata complice.

Io non riuscivo a seguirli.

Mio padre li guardava entrambi con diffidenza:

- Posso sapere qual è il tuo piano, Mithrandir?.- interrogò, senza mezzi termini.

Gandalf scosse la testa:

- Voglio solo portare questo ragazzo fuori di qui – indicò Aragorn - Non abbiamo tempo da perdere. Spero capirai e ci perdonerai per non esser stati, in questa occasione, ospiti degni della tua tavola.-

Era chiaro che stava nascondendo qualcosa a mio padre.

- Perchè tutto questo mistero? - continuò imperterrito re Thranduil.

- Tornerò per dirti anche il resto, se mi lascerai andare ora, mio sovrano...- tentò di persuaderlo Gandalf – Del resto, se riesci a far capitolare Gollum e a farti raccontare qualcosa di utile, dovremmo reincontrarci per forza. Ma non fargli del male, te ne prego. Non lo merita...ancora.-

Gollum scoccò un’occhiata preoccupata a me e poi allo stregone, che lo apostrofò semplicemente con un colpo di ciglia. La creatura si mosse nervosamente e poi si buttò a terra, gemendo.

Legato com’era, non avrebbe comunque potuto tentare nulla di più, se non squarciare i nostri timpani con i suoi lamenti.

Avevo voglia di tirargli un pugno sul muso, ma mi trattenni.

Mio padre inarcò un sopracciglio.

- Legolas, se vuole, può venire.- aggiunse Gandalf, notando il mio smarrimento.

Non ero pronto a separarmi di nuovo da Aragorn, non senza aver scambiato qualche parola con lui. Non prima di essermi sentito veramente a casa, al fianco suo, e lo stregone l’aveva capito benissimo. Stava solo cercando di rimediare al mio bisogno.

Anche Aragorn sembrava sulle spine. Non capiva il motivo di tanto contrasto tra Gandalf e il re, evidentemente. A dire il vero, non lo comprendevo appieno nemmeno io. Era come se lo stregone non si fidasse più di mio padre, almeno, non più del necessario per portare a termine una missione che solo lui conosceva.

Il sentimento, evidentemente, era reciproco.

Scoccando un'occhiata veloce a Thranduil, compresi senza ombra di dubbio che non era suo desiderio sapermi di nuovo lontano da lì, anche se il motivo mi rimaneva oscuro. Di solito mi spronava fare del mio meglio, a dare aiuto; invece stavolta appariva titubante. Le circostanze, poi, non aiutavano certo a stemperare la tensione.

- Legolas può fare quello vuole .- sentenziò, con un tono che non ammetteva replica.

Mi sentii in difficoltà, in trappola. Come se un mio avvicinarmi a Gandalf potesse ora essere considerato un tradimento.

Io volevo andare, rendermi utile; d’altra parte, volevo anche essere vicino a mio padre, poiché sembrava avesse bisogno di me. Come poche volte nella vita.

Ancora una volta, non permettei che il mio egoismo avesse la meglio. Non volevo che Thranduil si sentisse abbandonato nel suo regno, senza un valido erede a disposizione e con cui gestire quella spinosa faccenda. Ero quasi certo che Gandalf aveva parlato solo per il mio bene, perché di me si fidava e avrebbe voluto darmi la possibilità di mettermi alla prova, ma la mia presenza in quella faccenda non era affatto una questione di vita o di morte. Glielo leggevo negli occhi.

Alla fine risposi:

- Va bene così.-

 

Prima di partire, ebbi l’occasione di conversare con Aragorn ancora una volta.

Lui e Gandalf erano rimasti una sola notte, il tempo di ristorarsi, ma lo stregone era stato irremovibile circa la sua idea: Aragorn avrebbe dovuto fare fagotto subito e andare a Rohan, dove avrebbe servito alla reggia di re Thengel sotto falso nome, tentando di ricucire pazientemente i vecchi fili delle alleanze tra gli Uomini dell’Ovest e il regno di Gondor, ormai andate in rovina.

Non avrei voluto essere al suo posto: era una posizione scomoda e delicata, e lui ancora privo della necessaria cognizione. A questo serviva il suo viaggio: a superare quella mancanza.

Gli giunsi alle spalle, mentre preparava il cavallo. L’animale mi sentì per primo: alzò le orecchie e sbuffò, poiché riconosceva i miei passi - era uno dei nostri migliori stalloni.

Aragorn si voltò e sorrise nel vedermi:

- Mae govannen, Legolas – mi salutò, ponendomi una mano sulla spalla.

Mi avvicinai e accarezzai il destriero, già pieno di nostalgia per entrambe quelle creature:

- Avrei voluto avere più tempo a disposizione per passarlo con te. Ti avrei mostrato il regno.- esordii, poco convinto.

Non c’era molto da vedere, durante quei tempi, ed ebbi il timore di aver appena fatto una promessa che non sarei stato in grado di mantenere.

Lui mi fissò per un attimo ed ebbi la certezza che mi avesse capito:

- Che cosa c’è? Questioni?- interloquì – Si respira un’aria strana alla tua reggia, Mio Sire.-

Scossi la testa, ridendo:

- Per te voglio essere Legolas, sempre e solo Legolas. E l’aria strana non deriva da me, ma da mio padre.-

- E’ esattamente come lo ricordavo.- mormorò Aragorn, accarezzando anche lui il cavallo.

- E’ esattamente come lo vedi.- aggiunsi.

Lui abbassò gli occhi sul cumulo di paglia lì accanto, pensieroso. Poi li chiuse:

- Non posso restare, ma lo vorrei.- mi disse – Ho ancora molte cose da imparare da voi Silvani. Non ho mai passato sufficiente tempo sotto i vostri alberi. E’ come se mi mancasse qualcosa.-

- Quando potrai farlo, mi troverai qui.- lo incoraggiai – Ti insegnerò tutto quello che vorrai sapere.-

Lui mi ringraziò e finì di sellare il cavallo.

- Avremo ancora bisogno l’uno dell’altro, prima di quanto crediamo – mi predisse.

La pensavo allo stesso modo.

- Sta’ attento.- mi raccomandai.

- Senz’altro. Devo arrivare vivo alla fine dei miei giorni.- rise.

Un’ombra greve avanzò sui nostri visi.

- Teniamoci in contatto.- mi propose.

- Sai dove trovarmi. Ci aiuterà Gandalf.-

Annuì.

Strinse per bene la cinghia sotto la pancia del cavallo, poi infilò un piede nella staffa e si issò. Lo stallone sbuffò ancora, questa volta per il fastidio, ma Aragorn teneva ben salde le redini e con un’altra carezza e due parole dolci lo aveva già conquistato. Io contribuii ben poco a tranquillizzare la bestia, prima che Aragorn gli piantasse i talloni nei fianchi e lo spronasse a partire.

Li precedetti lungo la stalla fino al portone, che spalancai per loro.

Aragorn mi rivolse ancora un sorriso colmo di gratitudine:

- Namarie, Legolas.-

Strinsi le labbra, incapace di dire una sola parola. Qualcosa nel mio cuore si stava strappando, anche se non ce n’era motivo. Gli auguravo ogni bene e la mia certezza era che presto avremmo combattuto schiena contro schiena, come i nostri avi prima di noi.

Non c’era nulla di cui preoccuparsi.

Con un ultimo incitamento, Aragorn partì, senza voltarsi.

Lo salutai con la mente come si saluta un fidato compagno d’armi, il proprio braccio destro.

D’ora in avanti avrei dovuto cavarmela da solo.












***NDA***
Argh, che fatica questo ultimo capitolo! Il tempo è sempre meno, ma io sento che c'è ancora qualcosa da dire su questa storia...non voglio fermarmi!
Prima o poi doveva accadere: i nostri eroi si reincontrano, ma il destino si fa beffe di loro e li separa un'altra volta, così come noi sappiamo (più o meno bene) dal SIgnore degli Anelli... Ci sarà spazio per approfondire ulteriormente questa amicizia, ma ciò non è possibile ora. Inutile dire quanta sofferenza questo porta...
Così l'ho immaginato, e spero di non avervi deluso. Alla prossima!

 

  
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