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Autore: Sognatrice_2000    04/09/2022    0 recensioni
[C\\\'era una volta Hollywood]
[C\'era una volta a Hollywood]
La notte del 9 agosto 1969 ha cambiato per sempre la vita di Rick Dalton e Cliff Booth.
Un segreto inaspettato viene alla luce e il legame che li unisce diventa ancora più profondo.
“Questa è la storia che nessuno si prende mai la briga di raccontare, perché l’amicizia non è affascinante o spettacolare come le grandi storie d’amore.
Questa è una bella storia, una bella storia finita male.
Forse, semplicemente, per noi non c’era speranza."
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Nove anni prima

1960

 

 

 

 

Il ristorante messicano Casa Vega era particolarmente affollato quel quattro luglio 1960. 

Seduti ad un tavolo circolare in un angolo della sala, c’erano due uomini: Rick, biondo, basso e dalla corporatura squadrata, e accanto a lui, Cliff, alto e magro, con i capelli castani pettinati all’indietro con il gel. 

Dei due era probabilmente il più bello, con un viso dai lineamenti armonici che rasentavano la perfezione.   

Quel ristorante l’aveva scelto Rick, che amava scoprire posti nuovi ed esotici, e nonostante il cibo troppo piccante per i suoi gusti, Cliff era felice. 

Momenti come questo, quando erano solo loro due, a ridere e scherzare davanti a qualche birra, erano incredibilmente preziosi per Cliff.

Queste sere spensierate non erano nulla di straordinario, ma per Cliff rappresentavano tutto l’oro del mondo. 

Del resto era sempre stato un uomo di poche pretese.

Gli bastava quello, quei piccoli momenti insieme ritagliati alla fine di una giornata di riprese, quando la tensione di Rick scivolava via e lasciava spazio ad un altro lato di lui, un lato privo di preoccupazioni e insicurezze, un lato più felice.

Vedere il sorriso sulle labbra di Rick e la gioia nei suoi occhi era tutto ciò che bastava a Cliff per essere felice a sua volta.

E ad una parte di lui piaceva pensare che fosse la sua vicinanza a far star bene Rick, a scacciare le sue angosce e a renderlo così sereno e contento.

Ma quella sera, si rese conto Cliff, sembrava esserci qualcosa di diverso nel comportamento dell’amico.

Rick sembrava giù di morale, non sorrideva mai e parlava a malapena, un fatto insolito per lui, che amava essere sempre al centro dell’attenzione. 

“Ehi, partner, che succede? Va tutto bene?” Si decise a chiedere Cliff ad un certo punto, quando la cena era ormai terminata.

Rick annuì, ma il suo sguardo era assente, perso in qualche pensiero a cui Cliff non aveva accesso. “ Mmm-mmm, tutto okay. Stavo solo pensando…”

“A cosa?” Alla domanda di Cliff, Rick sembrò ancora più teso e non disse niente.

“Scusa, non sei obbligato a dirmelo, non sono affari miei. Pago il conto, stasera la cena la offro io.” Cliff stava per alzarsi, quando notò che gli occhi di Rick erano improvvisamente lucidi e qualche lacrima era sfuggita dai suoi occhi. Rick cercò di nasconderlo voltando il viso di lato, ma Cliff se ne accorse ugualmente.

“Ehi ehi ehi, va bene se non vuoi dirmelo, solo… dimmi se posso aiutarti in qualche modo. Sono qui se hai bisogno di me, lo sai vero?” Cliff cercò di far suonare la voce in modo che fosse rassicurante e gli sorrise, affettuoso e gentile, facendo battere più forte il cuore di Rick. Nessuno gli aveva mai sorriso così prima. 

Nessuno gli aveva mai parlato in quel modo, con quella gentilezza, come se gli importasse sinceramente di lui.

“M-magari ne possiamo parlare q- quando arriviamo a casa.” Disse casa come se fosse un posto solo loro, un posto in cui ritornare insieme dopo una giornata difficile e dimenticare ogni ansia, ogni preoccupazione nel loro piccolo rifugio. 

Era solo una fantasia irrazionale e irrealizzabile, ma cazzo, quanto gli sarebbe piaciuto. 

Quanto gli sarebbe piaciuto arrivare a casa alla fine del giornata e trovare il sorriso di Cliff ad aspettarlo.

“Okay amico, ne parliamo più tardi.” La voce di Cliff lo riportò alla realtà.

Lo stuntman si alzò dalla sedia, ma prima che potesse muovere un altro passo improvvisamente Rick lo bloccò, afferrandolo forte per il braccio.

“Grazie.” Grazie per essermi accanto nei momenti difficili, per credere in me quando nemmeno io non credo in me stesso, per aver creduto che nonostante le mie debolezze  valessi qualcosa. 

Grazie di abitare questo mondo di merda e renderlo un posto migliore con la tua sola presenza.

Rick voleva dirgli tutte queste cose, invece sussurrò solamente quel grazie appena accennato, senza neppure avere il coraggio di guardarlo negli occhi, ma Cliff sembrò capire ugualmente e gli sorrise, facendogli l’occhiolino. “Quando vuoi, collega.”

Cazzo, di nuovo quel sorriso. Non per la prima volta, Rick notò che Cliff era un uomo molto bello. 

Tutti quelli che lo incontravano gli dicevano che era troppo bello per essere un semplice stuntman. 

Cliff sarebbe potuto essere un attore eccellente, sicuramente più affascinante e talentuoso di lui.

Eppure, chissà perché, si accontentava di vivere ai margini della storia anche se avrebbe potuto esserne il protagonista indiscusso. 

Cosa spingeva un uomo straordinario come Cliff Booth a scegliere di restare accanto a questa persona mediocre e inutile che era Rick Dalton?

Per quanto si sforzasse, Rick non riusciva a trovare una risposta.

“Rick…” La voce di Cliff interruppe bruscamente il filo dei suoi pensieri.

“Che c’è?”

“Se non mi lasci il braccio non posso muovermi.” Cliff sorrideva divertito e solo in quel momento Rick si rese conto imbarazzato che aveva continuato a stringere con forza il braccio dell’amico, e che ancora si ostinava a non volerlo lasciare.

“Vado solo a pagare il conto, Rick.” Disse Cliff con quella voce calda e confortante che aveva sempre il potere di calmare i suoi nervi tesi. “Non ho intenzione di scappare.”  Le parole erano scherzose, ma il tono con cui le aveva pronunciate era serio e deciso. “Vado a pagare e torno subito. Poi andiamo a casa tua e parliamo.”

Solo allora Rick lo lasciò andare lentamente, rassicurato dalle sue parole. 

Cliff non sarebbe andato da nessuna parte, continuava a ripetersi. Non era un sogno. 

Quest’uomo gentile che si preoccupava davvero per lui non era un’illusione creata dalla sua mente affamata d’affetto.

Cliff Booth era il primo vero amico che avesse mai avuto in tutta la sua vita, e aveva promesso a Rick che non sarebbe scappato via. 

Che non l’avrebbe lasciato solo in quel ristorante a singhiozzare come un patetico bambino abbandonato a se stesso.

Che a differenza delle altre persone, che si erano tirate indietro quando stare con lui diventava la sfida più difficile del mondo, Cliff sarebbe rimasto al suo fianco.

Se fosse per i soldi o perché ci teneva veramente, Rick non sapeva dirlo, ma Cliff tornò davvero da lui indossando il solito sorriso che illuminava le stanze in cui entrava, e questo rese Rick scioccamente, incommensurabilmente felice; quel sorriso era come un balsamo per il suo cuore tormentato.

Il tragitto verso la casa di Rick fu silenzioso, e quando arrivarono alla villa dell’attore si sistemarono entrambi a sedere sulla sedia a dondolo del portico, con la scusa di guardare i fuochi d’artificio che illuminavano il cielo notturno.

“Allora… volevi parlare?” Chiese cautamente Cliff dopo un po’, con voce morbida e incoraggiante.

“Sì, io…” Rick sospirò, un sospiro esausto e rassegnato che sottolineava la sua frustrazione. “Io non lo so più…”

“Non sai più cosa?”

“Non so più s-se sono soddisfatto della direzione che ha preso la mia vita. Voglio dire, ho sempre sognato, fin da quando ero bambino, di diventare un attore, ma certe volte mi sento come un p-pesce fuor d’acqua in questo ambiente.  M-mi sento come se sbagliassi continuamente, come se continuassi a inciampare a-ad ogni passo che faccio. 

Lo sai che oggi ho dovuto rifare la stessa scena d-dieci volte perché continuavo a sbagliare le battute? E l’altro giorno sono stato invitato ad una festa e sono rimasto d-due ore in un angolo senza parlare con nessuno perché a-avevo paura di cominciare a balbettare come un idiota?”

“Rick, prima di tutto non sei assolutamente un idiota. Lo so che gli eventi mondani non fanno per te, ma questo non vuol dire che tu debba buttare all’aria la tua carriera-”

“Non si tratta della festa, Cliff. Io non…non mi ci ritrovo qui.” In questo lavoro, in questa casa, in questa vita. C’è mai stato un momento nella mia vita in cui ho sentito di appartenere a qualcosa o a qualcuno?

“Questa città è interamente popolata da gente che non ci si ritrova. Credi di essere l’unico ad avere delle paure, delle insicurezze? Le persone sono così fottutamente incasinate.

Io sono convinto che molte più persone di quante credi hanno gli stessi dubbi che nutri tu. Sono solo più bravi a nasconderli, tutto qui.” Rick non sembrava del tutto convinto dalle sue parole, così Cliff decise di confessargli ciò che aveva provato quando aveva avuto il suo primo assaggio di com’era la vita a Los Angeles e nel mondo del cinema hollywoodiano. “Ascolta, non te l’ho mai detto, ma un anno fa stavo per mollare tutto. Mi sentivo assolutamente fuori posto in questa città, ogni mattina mi chiedevo cosa diavolo ci facevo qui, io che non avevo nessun talento, in un posto pieno di stelle del cinema.”

Rick lo guardò a bocca aperta. Sul serio Cliff, così sicuro di sé, così a suo agio in ogni situazione, trasudando fascino qualunque cosa facesse, sul serio si era sentito inadatto a frequentare questi ambienti? Non riusciva a crederci. 

Cliff non era come lui. 

Cliff era sicurezza e stabilità, un porto sicuro, una roccia incrollabile. 

Sembrava così assurdo che avesse delle debolezze come tutti gli esseri umani. 

Ed era ancora più assurda la sicurezza con cui affermava di non avere alcun talento, quando Rick lo considerava il miglior stunt-man di Hollywood.

Avrebbe voluto dirgli che era lui quello che non sapeva fare niente, era lui quello che non valeva niente.

Cliff era semplicemente straordinario in tutto ciò che faceva. Avrebbe voluto dirglielo, ma Cliff stava già continuando il suo racconto: “Avevo anche già fatto i bagagli… ma poi mi sono convinto a provare per altre due settimane.”

“E cosa è successo?”

“Ti ho incontrato.” Di tutte le risposte che si era immaginato, Rick non si aspettava assolutamente ciò che disse Cliff. Arrossì, pregando che il buio nascondesse il calore sbocciato sulle sue guance, mentre il suo cuore minacciava di uscire dal petto e volare nel cielo in mezzo alle stelle.

Cliff Booth, che uomo straordinario. 

Se ne stava lì perfettamente tranquillo, come se quello che aveva appena detto non fosse niente di importante. Come se non fossero state le parole più belle che qualcuno gli avesse mai detto.

Rick era stato una ragione per scappare per molte persone, mai una ragione per restare.  

Cliff sorrise, dolce e meraviglioso, e il cuore di Rick volò ancora un po’ più in alto. “Non permetterò che tu rinunci ai tuoi sogni. Non ti permetterò di mandare tutto al diavolo per dubbi così sciocchi. Con l’aspetto e il talento che hai, tu sei destinato ad essere una star. Io, d’altra parte, sarò sempre conosciuto come Cliff Booth, la controfigura e l’ombra del mitico Rick Dalton.”

“Ma smettila…” Rick rise, dandogli un piccolo pugno scherzoso sulla spalla. Non sei solo questo, non lo sarai mai. Sei il tutto che compensa il mio niente. Sei la risata che illumina le mie ore più buie. Sei la felicità che ho sempre inseguito. Sei l’angelo che cammina tra i mortali.

Mi piace pensare che qualcuno lassù ti abbia mandato per salvarmi.

“C’è una ragione se non ti ambienti qui: non è perché sei diverso, ma perché sei assolutamente unico e speciale.”

Nella sua vita, Rick Dalton non aveva mai sentito di appartenere a niente e a nessuno.

Ma dopo aver sentito queste parole, il suo cuore fece la sua scelta: apparteneva a Cliff Booth.

  
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