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Autore: LadyYuna94    12/09/2022    1 recensioni
Sequel della mia "Guard Me For Eternity" che è necessario aver letto prima di cominciare questa
"La tua anima gemella giace in un corpo perduto nel passato e rigenerato per un nuovo futuro [...] La sua mente è plagiata e la sua nera arma scintilla come una fiamma nel buio. Una fiamma distruttrice che ha sete di potere [...] Ricorda, figlia del solstizio d’estate, solo tu puoi vincere il gelo nel cuore di un’anima spenta e dimenticata"
Lyn Kon è la meravigliosa figlia adolescente di Rei ed Elena; il giorno del suo sedicesimo compleanno parte per la Cina insieme ai suoi genitori e, come membro della Tribù della Tigre Bianca, deve sottoporsi ad un rito di passaggio, nel quale le verrà predetto il futuro dal Grande Saggio della Tribù. Ma la profezia di cui l'anziano parla non presagisce nulla di buono...
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12:

Viktor avanzava a passo deciso negli oscuri corridoi di quel monastero, che gli sembrava essere vecchio quanto il mondo, forse anche di più.
Aveva appena sorpassato il terzo gruppetto di ragazzi, che nel vederlo avevano smesso di parlottare tra loro e lo avevano salutato quasi con riverenza, increduli di rivederlo in piedi e soprattutto così in buona salute tanto presto.
Il primo giorno di nuovo rinchiuso in quella dannata topaia e doveva sorbirsi anche i commenti bisbigliati di quei mocciosi. Quanto li odiava, pensò Viktor.
Era uscito da appena un mese dal coma e nonostante avesse trascorso tutto quel tempo in un letto d’ospedale, il suo fisico tonico e asciutto sembrava non averne risentito affatto di quel riposo forzato. Aveva ripreso gli allenamenti subito dopo la dimissione dal reparto di terapia intensiva per ragazzi dell’ospedale di Mosca, voluto fortemente da suo padre Vladimir e inaugurato proprio prima che avesse l’incidente. Che cosa potevano fare i soldi e l’influenza di quell’uomo, pensò lui, mentre procedeva a sguardo basso e serio e le braccia conserte verso l’ufficio di suo padre, maledicendolo mentalmente per averlo ubicato così lontano dalle arene d’allenamento.
- Viktor, bentornato!- una voce maschile e matura attirò la sua attenzione.
Lui semplicemente arrestò la sua camminata senza alzare gli occhi e l’uomo che aveva parlato gli si avvicinò.
Era alto, snello e i capelli rossi come fiamme di un braciere erano attraversati da qualche fascia argentea. Gli occhi severi dal colore chiarissimo, ricordavano i ghiacciai delle regioni del nord del paese.
Tra tutte le persone che potevano rivolgergli la parola direttamente, Yuri Ivanov era quello che voleva decisamente e a tutti i costi evitare.
- Peccato che ti sia perso la festa per i miei trent’anni di servizio alla Borg- cominciò il rosso, con un sorrisetto beffardo.
- Ti sarebbe piaciuta, tuo padre non ha badato a spese, come sempre- continuò con il suo tono di voce fastidiosamente mellifluo. Quell’uomo era capace di mandare Viktor su tutte le furie anche solo respirando.
- Preferisco di gran lunga il coma, alle feste di mio padre- rispose il giovane, serio.
- Banchetti dove la maggior parte degli invitati è lì solo per mangiare gratis e leccare il culo a Vorkov, sono contento di essermela persa- concluse lui e Yuri vide un accenno di ghigno sul suo viso.
- Vedo che nonostante tu abbia diciannove anni, la passione per imbrattarti il viso non ti è passata- commentò Yuri cambiando argomento e sottolineando volutamente la sua età, commettendo poi il fatale errore di allungare un dito verso la guancia squadrata del ragazzo, dove troneggiavano due singolari triangoli blu.
- Prova a toccarmi e vedrai che fine farai- sibilò Viktor, bloccando con forza il polso di Yuri, senza alzare nemmeno lo sguardo. Il giovane mollò la presa solo dopo essersi assicurato di aver spaventato abbastanza il cinquantenne.
La prossima volta ci avrebbe pensato bene, prima di provare anche solo a sfiorarlo, pensò Viktor.
Senza neanche degnare Yuri di un cenno di saluto, il ragazzo riprese a camminare tranquillo verso l’ufficio di suo padre, di cui finalmente poteva vedere la grossa porta in ferro battuto con ai lati due uomini armati fino ai denti, immobili come statue con le braccia dietro la schiena, le divise dell’esercito e gli occhiali da sole; non appena videro Viktor si affrettarono ad aprire e gli fecero segno di entrare.
Vorkov sedeva di spalle su una grossa poltrona di velluto rosso, costata un occhio della testa ad un’asta a Liegi, così come la metà dell’arredamento volutamente eccessivo che trasudava ostentazione e ricchezza.
Quell’uomo avrebbe venduto l’anima al demonio per avere soldi e potere e Viktor non escluse la possibilità che quel patto fosse stato già siglato.
- Figliolo, ben arrivato- disse Vorkov allegro per quanto poteva esserlo, girandosi completamente nella direzione di Viktor, che si dirigeva tranquillo verso la grossa scrivania di legno finemente intagliata.
- Com’è stato tornare a casa? È tutto esattamente come lo hai lasciato?- si preoccupò di sapere Vladimir.
- Dov’è Yuya?- chiese Viktor alzando per la prima volta lo sguardo, ignorando deliberatamente le false premure di suo padre. Due scintillanti ametiste inchiodavano Vorkov alla sua costosissima poltrona.
- Ragazzo mio, parleremo di questo a tempo debito, ma ora dimmi di te. Come vanno gli allenamenti? Boris dice che sei più in forma che mai, sono lieto di sentirlo- rispose lui, tornando sull’argomento di conversazione da lui stesso intavolato.
Viktor, di tutta risposta, strinse gli occhi a due fessure e sbatté i pugni sul tavolo, facendo saltare i reggilibri d’acciaio di suo padre dal ripiano della scrivania. Vorkov deglutì impercettibilmente, mentre suo figlio si chinava su di lui con fare minaccioso.
- Se non vuoi che dica a tutti che l’ultimo ricordo che ho prima di andare in coma è il figlio di Yuri mandato da te che ci taglia la strada con l’auto, farai bene a dirmi dov’è Yuya- sibilò categorico il giovane.
- Non vorrai perdere il rispetto di questa massa di coglioni che ti ricopre d’oro e crede nei tuoi folli piani, spero- lo minacciò ancora con malcelato sarcasmo
Vladimir si schiarì la voce e si allentò il nodo della cravatta, poi riprese la sua solita gelida compostezza e guardò dritto negli occhi Viktor, con tutta l’intenzione di non farsi intimorire da quel ragazzino arrogante e viziato.
- Figliolo, io voglio che tu comprenda la grandezza di questo progetto. Ci lavorano migliaia di persone da oltre un secolo- cominciò tranquillo il magnate, poi si alzò lentamente dalla poltrona e andò cautamente accanto a suo figlio, poggiandogli le mani sulle spalle.
- Bisogna rompere qualche uovo per ottenere una gran bella frittata, ti pare?- chiese lui con un sorrisetto, mentre Viktor osservava ogni suo movimento con le labbra serrate e lo sguardo attento.
- E in questo caso una delle uova è stata, per un fortuito caso del destino, il tuo amichetto Yuya-
Vorkov confermò i sospetti che Viktor aveva in testa da quando quella mattina aveva messo piede al monastero per impegnarsi in qualche incontro di Beyblade e riprendere gli allenamenti nelle sfide uno contro uno. Il fatto di non aver trovato il suo amico di sempre ad attenderlo fuori dal cancello col suo sorriso allegro e la capacità di fargli dimenticare le giornate di merda che sembravano capitare tutte a lui da che ne aveva memoria, lo aveva fatto insospettire parecchio.
Non aveva osato chiedere in giro se qualcuno avesse visto Yuya quel giorno, già quell’insopportabile brusio al suo passaggio in corridoio era diventato subito snervante, figurarsi avvicinarsi a qualcuno per parlare. Era decisamente fuori discussione.
Ora che gli aveva implicitamente detto che Yuya aveva perso la vita quella notte sulla moto, Viktor sentì di odiare quell’uomo che chiamava “padre” in modo totalmente irreversibile, non che fosse mai stato un tipo capace di dare affetto o riceverne, addirittura si credeva incapace di provare qualsiasi tipo di sentimento tranne la rabbia, ma Yuya era stato, probabilmente, l’unica persona nella vita di Viktor Vorkov a cercare la sua amicizia in modo disinteressato. Il giovane aveva una marea di domande riguardo il suo passato, a cui non aveva mai ricevuto una reale risposta; quando provava a scavare un po’ più in profondità nei suoi ricordi, otteneva come risultato incubi confusi su quattro figure incappucciate e una nebbia indistinta di volti e suoni.
Era stato proprio uno di quegli incubi a spingere Viktor a lasciare quel monastero maledetto, quella notte di giugno e il suo migliore amico, anche in quella circostanza, era subito corso in suo aiuto, senza badare alle conseguenze e, soprattutto, senza fare domande, mettendosi addirittura alla guida del mezzo usato per la fuga.
Quel gesto eroico e avventato aveva costato la vita a Yuya e Viktor, per la prima volta in vita sua, avrebbe voluto piangere e provare il lutto per la perdita di una persona cara, capire come ci si sentiva, ma le lacrime sembravano non volerne sapere di uscire. A volte si chiedeva se quello che gli batteva nel petto fosse un cuore o uno strano scherzo della natura privo di qualsiasi emozione.
- Senti, in tutta onestà, non potevo lasciarti scappare così- confessò l’uomo, stringendogli piano le spalle.
- Stavi per mandare a monte il progetto più grande di tutta la mia esistenza e la tua- proseguì lui, parlando concitatamente sottovoce per enfatizzare il concetto.
- La tua sola ragione di esistere è questa missione e se quella notte te la sei cavata con qualche graffio, qualche livido e un mese in ospedale assistito dalle cure dei migliori medici del mondo, la prossima volta che mi tradirai non credo che sarò tanto magnanimo- disse in tono calmo Vorkov, quasi non voleva farla suonare come una pesante minaccia, quella che aveva appena pronunciato.
Viktor serrò i pugni talmente forte che sentì le unghie conficcarsi nella carne, ma se voleva avere anche solo la minima possibilità di essere libero un giorno, doveva forzatamente comportarsi da figlio modello per compiacere quel malato di mente esaltato che era Vladimir Vorkov.
- Che cosa vuoi che faccia?- chiese dopo qualche secondo Viktor, mantenendo il suo tono freddo e distaccato.
- Così mi piaci!- rispose il padre, sfoderando un sorriso entusiasta.
- Vieni con me- aggiunse, per poi aprire un passaggio segreto in una delle pareti del suo ufficio, quella dietro il Rembrandt rigorosamente originale.
Dietro quella porta si nascondeva un sofisticatissimo laboratorio, dove gli scienziati davanti agli schermi sembravano essere lì da una settimana senza bere o mangiare e, conoscendo il loro capo, poteva tranquillamente essere come lui immaginava.
Viktor si guardò intorno senza prestare la minima attenzione al lavoro di quegli uomini che pigiavano sui tasti del computer come dei forsennati, si limitò a seguire Vorkov che camminava fiero qualche passo più avanti, fino a fermarsi dinanzi ad una parete in vetro ultra spesso. Dallo sguardo decisamente soddisfatto che Vladimir aveva dipinto sul volto ciò che c’era attraverso quel divisorio doveva essere una sua personalissima scoperta o invenzione e Viktor ne ebbe la conferma quando volse lo sguardo nella stessa direzione di suo padre.
Al di là di quel vetro, poggiato su un piedistallo del medesimo materiale, scintillava un oscuro oggetto dalla forma irregolare, ma che Viktor conosceva alla perfezione.
- Cos’è quello?- chiese il giovane, sforzandosi di mascherare la sua reale curiosità.
- Quello, figlio mio, è il tuo Beyblade, Black Dranzer- sentenziò Vorkov gonfiando il petto con orgoglio.
Nonostante Viktor fosse sorpreso a quella notizia, continuò a mantenere un certo distacco dalla situazione.
- Potrà sembrare stupido da parte mia regalarti la cosa più preziosa al mondo, per cui lavoro fin dalla gioventù, all’indomani di un tuo imperdonabile tradimento- cominciò l’uomo mentre Viktor continuava ad osservare quell’oggetto che sembrava esercitare su di lui uno strano potere. Ne era attratto e non poteva fare a meno di guardarlo.
Si chiese per un attimo cosa si potesse provare a tenere quel Beyblade che emanava un’indicibile potenza tra le mani e cosa si potesse provare a lanciarlo addirittura in un’arena.
- Ma vedi, tu sei l’unico degno di usarlo- Vorkov si girò verso di lui, attirando la sua attenzione.
- Io ho già un Bey tutto mio- ritrattò Viktor con una smorfia di disappunto.
- Lascia perdere quel ferro vecchio, ti sto offrendo il risultato di anni di ricerche, sangue e sudore di milioni di scienziati, io su tutti- ribatté l’uomo con aria risoluta.
- Il Black Dranzer è la mia eredità e io te la sto offrendo- continuò Vladimir tranquillo.
- Non ti aspettare la mia gratitudine- commentò tagliente il ragazzo.
- C’è gente che ha perso la vita per perfezionare quel Beyblade, quindi abbi un minimo di rispetto!- la voce imperante del capo bombardò in quell’antro segreto producendo una fastidiosa eco.
- Come se ti importasse della gente che muore- lo provocò ancora il ragazzo, facendo chiaramente riferimento al suo amico e, di tutta risposta, suo padre gli sorrise.
- Non vuoi almeno provarlo? Sono più che certo che te ne innamorerai al primo lancio- lo stuzzicò Vorkov.
- Sai, bisogna essere dei blader molto esperti per maneggiare quel Bey e soprattutto, bisogna essere disposti a tutto- l’uomo guardò dritto negli occhi suo figlio, uno sguardo carico di significato.
Viktor sospirò brevemente, più esasperato che preoccupato e chiese ad uno degli scienziati di sbarazzarsi di quel vetro. Vladimir ammirava con totale soddisfazione quel sogno che si avverava ad ogni passo che il ragazzo faceva verso quel Beyblade dalle infinite quanto distruttive capacità.
Il giovane si prese qualche altro secondo per osservare quella trottola così misteriosa e giurò di vedere un oscuro scintillio provenire dall’interno del bit chip.
- Perché vuoi donarmelo proprio adesso?- Viktor si voltò nuovamente verso suo padre, prima che lo toccasse.
Se c’era una cosa che Vorkov sapeva fare più di ogni altra era raggirare le persone e farle cadere nelle sue trappole. Il ragazzo lo aveva imparato a sue spese, nel modo peggiore possibile.
- Perché dovevo aspettare che tu fossi pronto e disposto a tutto, come ti ho appena detto- ribadì l’uomo.
- Spiegati meglio- lo esortò Viktor accigliandosi.
- Quel Beyblade è capace di una forza distruttiva pari a un milione di volte maggiore di un qualsiasi altro Beyblade. E questo solo riguardo la sua struttura- cominciò orgoglioso Vorkov.
- Il Black Dranzer grazie al potere del suo inarrestabile Bit Power è in grado di rubare le creature sacre dagli altri Bey e di conseguenza assorbirne i poteri- spiegò il miliardario.
Viktor lanciò un’occhiata all’oggetto e capì finalmente perché ne era così attratto.
Il potere e la sensazione di invincibilità con la consapevolezza di essere temuti, rispettati e spadroneggiare incontrastati erano le uniche cose che gli avevano dato un minimo di piacere nella vita, per quel che ricordava almeno.
- Che ne dici, figliolo, vuoi essere la mia arma letale in questa missione?- propose Vorkov, accompagnando la domanda con un sorrisetto accattivante.
Viktor inspirò profondamente e allungò una mano verso Black Dranzer di cui poteva sentire già il potere a distanza ravvicinata. Prima di afferrarlo fece una muta promessa a sé stesso. Avrebbe vendicato Yuya a qualunque costo e se usare quello speciale Beyblade era il prezzo da pagare per farlo, lui era disposto a tutto. Proprio come gli aveva detto suo padre.
Senza indugiare oltre, il giovane prese tra le mani il Beyblade, chiuse gli occhi e si sentì invaso come da una forza oscura che lottava per prendere possesso della sua anima, già martoriata da chissà quanti e quali sconosciuti eventi del passato.
- Cosa devo fare ora?- chiese Viktor riaprendo gli occhi.
- Innanzitutto allenarti, sei sicuramente l’unico in grado di usare quel Bey, ma è pur vero che dovrai saperlo padroneggiare in modo impeccabile- lo mise in guardia l’uomo.
- D’accordo e poi? Andremo in giro per il mondo a dare la caccia a tutti i Bit Power esistenti?- chiese retorico il ragazzo facendo scoppiare a ridere suo padre a crepapelle.
- Adoro il tuo spirito di iniziativa, ma io ho già un piano ben congegnato in mente- precisò Vladimir.
- Se vuoi che ti aiuti dovrai darmi più informazioni- tentò ancora Viktor.
- Non andremo in giro per il mondo a sfidare tutti i blader e rubare i loro Bit Power, anche se lo ammetto, potrebbe essere piuttosto divertente- cominciò lui sorridendo.
- Bensì, andremo in un sol posto e avrai i quattro leggendari a tua completa disposizione. Sono quelli gli unici che ti occorrono e tu dovrai portarmeli- ordinò con calma Vorkov.
- Bene, dimmi dove andare allora- domandò Viktor.
- Ti ho trovato una sistemazione molto carina in Italia, precisamente a Roma, da lì inizierai la tua missione- concluse Vorkov sorridendo diabolico.

 

   
 
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