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Autore: giuliacaesar    15/09/2022    0 recensioni
LA STORIA E' UNO SPOILER ENORME DI ASSASSIN'S CREED: ROGUE. LEGGETE A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO.
Le vie di Parigi sono strette per Claudette Dubois. Quasi soffocanti.
La città è troppo indaffarata per prestarle la giusta attenzione e la sua Confraternita ancora bigotta per poter sfruttare appieno il suo potenziale.
La voglia di dimostrare il suo valore e il suo coraggio superano le iniziali paure e l'amore per la sua terra, in cambio di un viaggio nelle fredde terre di un'America in crescita e in via di sviluppo.
Nelle sue peripezie incontra Shay Patric Cormac, più marinaio che Assassino, che ama attirare l'attenzione su di sé con i suoi modi di fare particolari. Entrambi sono mandati alla ricerca di un manufatto e di una scatola, senza l'una o l'altra entrambi gli oggetti risultano incomprensibili, che ora sono nelle mani dei Templari.
Riusciranno nella loro impresa? O si incaglieranno in un iceberg ancor prima di vedere la terra ferma?
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Shay Patrick Cormac
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Dicembre 1752, Boston 

Chère sœur, 

Félicitations per il tuo matrimonio, Estelle! Mi spiace molto non essere potuta venire, mi sarebbe piaciuto incontrare tuo marito, ma dalle tue lettere e da quelle di mamma sembra essere un uomo affascinante e che di certo saprà prendersi cura di te. 

Ferma quella penna! So già come mi stai per chiedere, petite commère, o meglio di chi... inoltre sento il bisogno di parlarne con qualcuno! Con Shay va tutto a gonfie vele, per usare una immagine calzante. Lui è così diverso dalla prima impressione che mi ero fatta, certo continua a fare il bambino quando si tratta di attirare la mia attenzione con le sue solite battutine oppure gli piace tormentare Liam con i suoi sproloqui, ma è così gentile, divertente, premuroso, disponibile! Non è come gli altri uomini che ho incontrato, che, sebbene abbiano sempre avuto buone intenzioni, mi hanno sempre fatto sentire inferiore o che mi hanno trattato come una bambola di vetro. Anche quando lo riempio di domande, non mi guarda mai dall’alto verso il basso, ma mi sorride e mi spiega le cose così come le vede lui, senza cercare di semplificarmi le cose. Ascolta ciò che ho da dire e mi contraddice esattamente come se stesse parlando con Liam, non cerca di indorarmi la pillola o di darmi a prescindere ragione. Per la prima volta in vita mia, è lui che quasi mi spintona in prima linea, non perché sia un fifone, ma perché sa che io so fare le cose e che posso farle meglio di lui. Non mi tratta come una bambina, finalmente ho qualcuno affianco che mi tratta come una donna, come un’Assassina esperta e non l’ennesima novellina che va lasciata indietro. 

Non so cosa io provi per Shay, se semplice amicizia, gratitudine o qualcosa di più profondo, ma è la cosa più bella che abbia e che mi porterò per sempre nel cuore. 

Questa è decisamente la lettera più lunga che ti abbia mai scritto! Smetto di tediarti e ti lascio al tuo amato marito e alla vostra luna di miele. Spero di avere dei nipotini quando tornerò a farvi visita a Parigi! 

Bises à tout le monde, 

La tua cara sorella Claudette. 

 

*** 

 

Grazie per aver abbreviato la mia fine. 

Nella testa di Shay era una macabra ninna nanna che continuava a ripetersi senza mai smettere, senza mai dargli pace. E ogni volta che ripartiva sentiva sempre più il bisogno di lavarsi le mani, di passare il sapone su ogni centimetro di pelle a contatto col sangue di Washington anche se ormai non ne rimaneva più traccia, di scartavetrarsi la pelle fino a farla arrossire pur di non udire più quella voce roca e tremolante, piena di sangue. Deglutì e gli tremarono le mani, mentre il Templare continuava a perseguitarlo come un fantasma, reprimendo l’istinto di scrollarsi di dosso la donna e lo sguardo dolce e comprensivo che di certo aveva in quel momento per rincominciare a lavarsi ancora e ancora, finché la voce non avrebbe finalmente smesso di parlare. 

Tutto tacque, finalmente, quando Claudette gli prese le mani delicatamente, come se stesse reggendo un fiore. Rimase fermo a guardare le mani della donna, più sottili ed eleganti rispetto alle sue, ruvide e piene di calli. Con la destra, che prima gli aveva posato sulla schiena, gli reggeva le mani stringendole appena in una morsa ferma e sicura, ma gentile, mentre con la sinistra rovistava in un cassetto alla ricerca di un panno. Una volta trovato, prese a tamponargli le mani con delicatezza seguendo lo stesso percorso che aveva seguito lui poco prima. 

Mignolo, anulare, medio, indice, pollice, dorso, unghie, in mezzo alle dita, dorso, palmo, polso, avambraccio. 

Claudette non disse una parola e Shay non aveva il coraggio di dare voce ai suoi pensieri. Chiunque lo avrebbe preso per pazzo, lo avrebbe denunciato ad Achille puntandogli il dito contro. Non resistette a lungo a capire cosa invece stesse pensando la ragazza di fronte a sé e così alzò lo sguardo. Claudette era concentrata in quello che stava facendo, le palpebre erano socchiuse e le labbra rilassate, niente comunicava disprezzo o pietà. Aveva la fronte leggermente aggrottata, come se si stesse svolgendo una tempesta nella sua testa. Lo sguardo di Shay scivolò sulle sopracciglia, sottili e leggermente increspate, scese lungo il naso dritto fino all’arco di Cupido delle sue labbra. Notò che sporgeva leggermente il labbro inferiore, in un piccolo broncio che riscaldò Shay meglio di un camino. 

Claudette era consapevole degli occhi di lui su di lei e in altre occasioni lo avrebbe considerato un oltraggio. Se fosse stata in Francia, se fosse ancora costretta a indossare gli abiti stretti e scomodi della nobildonna, lo avrebbe ripreso indignata. Non lo fece però. Si limitò a continuare ad asciugare le mani di Shay con il panno, godendosi la sensazione delle sue dita che gli accarezzavano la pelle. Una bambinata ecco cos’era. Gli stava solo toccando le mani e sentiva i polpastrelli formicolare. Lo riteneva un gesto intimo, forse troppo per come si conoscevano, ma non lo sentiva fuori luogo e nemmeno Shay a quanto pare. 

Dopo essersi assicurata che le mani fossero asciutte e ben pulite, immerse una piccola porzione del panno nella bacinella. Alzò finalmente lo sguardo, ma senza riuscire a guardarlo negli occhi, posati sulla piccola macchietta rossa vicina sulla guancia, che strofinò delicatamente per lavarla via. Il contatto tra le loro mani non si ruppe mai, tant’è che Shay si ritrovò a stringere la mano destra di Claudette tra le sue quasi inglobandola del tutto. Abbassò lo sguardo perdendosi ad analizzare le dita sottili e affusolate della ragazza, così poco adatte all’omicidio e al sangue. Le girò la mano con il palmo verso l’altro accarezzandolo con il pollice e perdendosi ad osservare le piccolissime cicatrici cosparse su di esso come stelle. Tracciò con le dita le linee, seguendole con l’indice, chiedendosi se davvero fossero in grado di prevedere il futuro come gli aveva detto una sciamana a New York e, se davvero fosse così, cosa stessero dicendo. 

Vide anche dei piccoli calli sulla punta delle dita e nella sua testa tornò a galla una domanda che avrebbe voluto fargli tempo addietro. 

«Suoni qualche strumento?» disse alzando lo sguardo su di lei. 

Claudette aveva finito e stava posando il panno sulla toeletta, si girò verso di lui sorpresa. Non si aspettava questa domanda. 

«Sì, ho preso lezioni di violino. Perché me lo chiedi?». 

Shay sollevò la mano di Claudette con una delicatezza che non gli apparteneva e indico i calli sulle dita, come un bambino curioso. 

«Non hai le mani di un Assassino, ma quelle di un musicista.». 

Claudette alzò le sopracciglia sorpresa. Sentì anche un punteruolo infilzarsi nel suo petto, si umettò le labbra prima di parlare di nuovo. 

«E che mani avrebbe un Assassino?». 

Shay prese un grosso respiro, un groppo alla gola, che sembrava come se tutta l’aria che respirava si tramutasse in un sasso. Riportò lo sguardo alle loro mani, alle quali aveva aggiunto anche quella sinistra, che aveva girato osservandone il palmo liscio, sempre con gli stessi calli e le stesse cicatrici. Si perse a percorrere con le dita tutte e cinque le falangi come se stesse accarezzando delle piume. 

«Shay?». 

Non alzò lo sguardo, si limitò a rispondere senza guardarla. 

«Rosse. Le mani di un Assassino sono rosse come il sangue degli innocenti dal quale ci impegniamo a tenere le lame lontane. Come anche quello dei moribondi dei quali non ci curiamo di uccidere senza alcun rimorso. E anche sporche, sono sporche le mani... le mie mani.». 

Claudette rimase sorpresa, increspando le sopracciglia. Se solo sapesse quanto si sbagliava quel ragazzo, fin troppo buono per quel mondo. Strinse le labbra indecisa se raccontargli una cosa, un avvenimento che l’aveva lasciata sconvolta e delusa come lo era anche lui in quel momento. Al solo ricordo il cuore prese a correrle nel petto, sentiva le tempie invase da un calore di vergogna e rabbia che la stordirono per qualche secondo. Non aveva mai parlato dei suoi dubbi con nessuno, mai. A Parigi non erano accettate le critiche, i pareri degli Assassini, tutto quello che bisognava fare era eseguire gli ordini senza mai permettersi di alzare la testa. “Zitta ed esegui” questo le avevano sempre ripetuto i Maestri Assassini. 

Strinse la mani di Shay per farsi coraggio, aggrappandosi a lui per non farsi travolgere da una tempesta di emozioni incontrollabili. 

«Avevo 18 anni, ero entrata da poco nella Confraternita. Mi affidarono un compito: intrufolarmi in una festa, trovare un politico che ci stava ostacolando e ucciderlo. Non era nulla che non avessi già fatto e, anche se ero da sola, mi era già capitato di svolgere missioni in solitaria, era tutto nella norma. Arriva il giorno della festa, dopo aver passato una settimana a fare ricerche su quest’uomo, alleato dei Templari, un senzapalle che non aveva il coraggio di unirsi a loro definitivamente. Scopro, tra le altre cose, che era un padre di famiglia, aveva un figlio e una figlia per l’esattezza, ma la cosa non mi toccò minimamente. Non mi ero documentata molto sulla sua vita privata, sarebbe stata una perdita di tempo. 

«Arriva il giorno della festa e io non ho neanche bisogno di intrufolarmi, anche la mia famiglia era stata invitata, perché era stata fatta per celebrare il matrimonio di una importante casata. Mi ritrovai a tavolo con lui e il figlio, un giovanotto di 13 anni. Avevo deciso che avrei aspettato la fine della festa per uccidere, avrei attirato troppa attenzione assassinandolo nel bel mezzo dei festeggiamenti, così mi ritrovai a conversare con lui. Non ho mai incontrato una persona talmente deliziosa, acuta e intelligente come quell’uomo. Attento ai bisogni dei francesi, anche se con mezzi opinabili lui metteva al primo posto le esigenze altrui e non il proprio successo. Parlammo molto dalla situazione politica in Europa con la guerra di successione austriaca da poco iniziata alla famiglia, persino di letteratura. Il figlio partecipava, guardando il padre con occhi pieni di ammirazione. Si vedeva che era anche un buon padre. Eppure lo feci. 

«Dopo esserci salutati, io lo pedinai di soppiatto. Era da solo in giardino a fumarsi un sigaro e a sorseggiare il vino, era di spalle rispetto a dove stavo io. Quando... – si bloccò come se le avessero risucchiato il respiro dalle labbra con violenza, sentì il pollice di Shay accarezzarle il palmo con delicatezza. – Dicevo, quando ho deciso di agire, ho cercato di rendere la sua morte il più indolore possibile: un colpo alla testa e stramazzò ai miei piedi. Dovetti reprimere un conato di vomito alla vista del sangue e al suo odore, era una cosa che non mi era mai capitata. Corsi via immediatamente, vergognandomi di ogni mia singola azione, però per poco non incrociai il figlio dell’uomo... L’urlo che fece quando vide il padre mi tormenta tutt’oggi.». 

Shay aveva ascoltato tutto con interesse e un piccolo fuoco che gli cresceva nel petto lentamente, diventando sempre più intenso a ogni parola. Rimase zitto anche quando riprese a parlare. 

«Platone diceva: “Il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusto senza esserlo”. La Confraternita è fatta da persone, uomini e donne che sbagliano, che compiono ingiustizie, è vero, ma non per questo agiscono in questo modo di proposito, con cattiveria. Io so per certo che sia Liam sia Achille fossero in buona fede, Shay. E anche Mireille quando mi ha fatto assassinare Pierre de la Serre. Tieni a mente che qualsiasi gesto, buono o cattivo, giusto o ingiusto, è fatto per un bene superiore, che riguarda tutti, me e te compresi.». 

Shay sollevò lo sguardo, vedendo che anche lei lo stava osservando. Non si sentiva giudicato o deriso, compreso semmai. Lo aveva stupito quella confessione, la voce di Claudette aveva tremato durante tutto il racconto e le mani si erano serrate sulle sue, come se fossero una corda a cui aggrapparsi. Il discorso che aveva fatto lo aveva tranquillizzato, aveva cancellato dalla sua testa la voce di Washington con un panno bagnato, esattamente come era aveva fatto alle sue mani. Improvvisamente sentiva il bisogno di alleggerire l’atmosfera. 

«Chi è Platone?». 

Claudette lo guardò sgranando gli occhi. Era serio? 

«In che senso?». 

«Nel senso più letterale: chi è Platone? Era un Assassino anche lui?». 

La ragazza scoppiò a ridere, tra tutte le domande non si aspettava quella. Shay increspò le sopracciglia. 

«Oh, andiamo così mi fai sentire stupido!». 

Claudette smise immediatamente di ridere e agitò una mano per sottolineare il suo dispiacere. 

«Oh, no! Assolutamente no, non era mia intenzione! Solo che non me lo aspettavo. Platone è un filosofo greco, uno dei miei preferiti.». 

«Ah, non solo musicista, ma anche secchiona!» 

Claudette emise una risatina leggera tirando un colpetto al braccio di Shay, anche lui sorridente per la sua stessa battuta. Su di loro ritornò il silenzio, interrotto solo dallo scoppiettio del fuoco e dal fruscio delle onde che faceva dondolare mollemente la nave, come una pigra sedia a dondolo. Nell’aria aleggiava ancora l’odore pungente e pulito del sapone, che tentava di mescolarsi con quello delicato e fiorito della camomilla, ma senza riuscirci coprendo tutto quando con un profumo pungente e persistente. La luce era fioca, veniva solo dal camino e dalle poche candele che c’erano nella stanza che illuminavano quel giusto perché lui potesse osservare Claudette e le loro mani ancora intrecciate tra loro. 

La donna aveva riabbassato lo sguardo, questa volta ispezionando lei stessa le mani callose dell’uomo. Erano più grandi delle sue, ruvide e c’erano dei calli alla base delle dita, nel punto esatto dove si tengono le corde quando bisogna tirarle. Erano arrossate, la pelle era scorticata per averle strofinate con così tanta foga e per così tanto tempo. Quasi senza pensarci, si girò verso la toelette e ne aprì un cassetto, tirando fuori una delle poche creme che si era portata dietro. Ne prese un punta con l’unghia e la mise sul dorso della mano destra di Shay, iniziando a spargerla e massaggiandola per farla assorbire. Aveva un forte odore di lavanda. 

«Cos’è?» chiese Shay sospettoso, eppure non si mosse. Sentiva la mano scivolosa, quasi burrosa, non era una bella sensazione, ma più Claudette massaggiava e la portava anche sul palmo e lungo le dita, più si asciugava. 

«Banale crema per le mani.» rispose con nonchalance continuando a fare quello che stava facendo senza curarsi dello sguardo confuso di Shay. 

«E serve per?». 

Claudette sbuffò e non gli rispose subito, girandosi di nuovo verso la toelette per prendere un’altra punta di crema e continuando il suo lavoro sulla mano sinistra. Shay si osservò l’altra mano portandosela vicino al viso curioso. La sentiva un po’ strana, era un po’ lucida e pastosa come se l’avesse immersa in un barattolo di burro, d’altro canto non percepiva più quel prurito fastidioso alle nocche attutendolo a un leggero stiramento di pelle. 

«Usando tutto quel sapone ti sei scorticato per bene le mani. Ora, se non vuoi che ti diventino di carta pesta, accetta questo piccolo aiuto e taci.». 

«Ma è una sensazione stranissima.». 

«Ma che dici!». 

«Non sto scherzando, è come se mi avessi cosparso le mani di grasso di balena!». 

Claudette alzò gli occhi al cielo. 

«Uomini! Poi siamo noi donne quelle tragiche!» borbottò. 

Shay sorrise nonostante la frecciatina, continuò a osservare Claudette che spargeva la crema burrosa sulla sua mano ammorbidendola con gesti decisi e gentili delle dita. Era rilassante, però. Si era sempre curato poco delle sue mani, nonostante fossero la parte più importante per lui: issare le bandiere, fare nodi, gettare le reti in mani e poi riprenderle, timonare la nave, destreggiarsi con le spade, sparare con la pistola. Mai come in quel momento, si era reso conto di quanto fossero fondamentali e di come poco se ne curasse. 

Claudette invece le trattava come se fossero un qualcosa di prezioso, come se valessero qualcosa anche per lei. O forse la questione era molto più complicata di come il suo cervello, stanco morto, riuscisse a processare in quel momento. In quella situazione di pura calma e tranquillità, gli era piombata addosso una stanchezza e una sonnolenza che sembravano macigni sulle sue palpebre. E forse il massaggio rilassante che continuava a fargli Claudette non aiutava, aveva iniziato a fare cerchi con i pollici sul palmo della sua mani sinistra, concentratissima sul suo lavoro, quasi incurante di Shay. Quando portava i pollici verso il centro, gli scappava un piccolo solletico che gli risaliva lungo il braccio strappandogli un sospiro soddisfatto. 

La testa era leggera, pregna solo del profumo invadente della lavanda, che sembrava seguire Claudette ovunque, non si accorse nemmeno di aver avvicinato la mano destra al viso della donna di fronte a sé. Le accarezzò la mascella delicatamente con il pollice, aveva la pelle fredda, nonostante fossero al chiuso già da un po’. Claudette alzò subito lo sguardo su di lui, gli occhi castani sorpresi di quel gesto, ma non si allontanò, anzi inclinò la testa venendogli incontro, tant’è che arrivò a circondarle la guancia con tutto il palmo della mano. La sensazione era simile a quando cadi nell’acqua ghiacciata e per qualche secondo ti si mozza dolorosamente il respiro nei polmoni, che sembrano due blocchi di ghiaccio nel petto. In situazioni simili l’unica cosa da fare è spingersi con le gambe verso l’alto per tornare in superficie, mentre in quel momento l’unica cosa che riuscì a fare fu avvicinare il viso a quello di Claudette, rosso e con ancora gli occhi spalancati a guardarlo incredula. 

Ci volle una gran forza di volontà per fermarsi a pochissimi centimetri dalle labbra di lei, rosse ancora per il freddo e tremolanti per l’emozione, era come se avesse nuotato come un pazzo verso l’alto e dovesse restare ancora in acqua a pochi centimetri dalla superficie. L’aria era lì, gli bastava solo un movimento della testa, ma rimase comunque fermo ad aspettare, con ogni secondo che diventava fuoco nei suoi polmoni congelati. Non voleva spaventarla o imporsi su di lei, se avesse voluto schiaffeggiarlo avrebbe potuto farlo. Claudette però sembrava nella sua stessa situazione, sul pelo dell’acqua indecisa se rimmergersi o se prendere quella boccata d’aria che le mancava e che le stava consumato il fiato. 

Aveva il cuore che le correva come un forsennato in giro per il corpo, in preda al puro panico, mentre il cervello era un cavallo imbizzarrito che aveva smesso di ragionare. Claudette semplicemente non sapeva cosa fare, perché lei non era come le persone normali. Per lei, per la società in cui era cresciuta un bacio equivaleva a una proposta di matrimonio, a una condanna a stare con la stessa persona per sempre finché morte non vi avrebbe separate. Ne conosceva di casi di donne beccate anche solo da sole con un uomo e costrette a sposarlo senza neanche avere la possibilità di ribattere, era una pena senza processo. E lo sapeva, lo sapeva benissimo, che era solo uno stupido bacio in una striminzita cabina di una nave a migliaia di chilometri da suo padre che probabilmente avrebbe colto la palla al balzo per sistemarla, ma era sempre presente quella costante paura del giudizio altrui che si aspetta qualcosa da te e che ti impone tutti una serie di “dovresti essere” e “dovresti fare”, scomodi come un corsetto troppo stretto. 

Shay aggrottò le sopracciglia, non capendo cosa passasse per la testa della donna. Avvicinò il naso, attento a non baciarla per sbaglio, a quello di Claudette, strofinandolo delicatamente in un invito silenzioso e tenero. Il cuore improvvisamente fermò la sua corsa sfrenata nel suo petto a quel gesto così gentile e si sciolse in una sensazione calorosa che le riscaldò il corpo. La necessità di prendere quella boccata d’aria era sempre più insistente, i polmoni bruciavano e la testa iniziava a farsi sempre più leggera e distante. Raccolse tutto il suo coraggio per prendere in mano tutte le sue insicurezze e le sue paura, inculcatele nella testa come semi velenosi, e li gettò giù dalla nave. 

Chiuse gli occhi e alzò la testa dal pelo dell’acqua, respirando a pieni polmoni l’odore salmastro della pelle di Shay, che era come ossigeno per lei in quel momento. L’iniziale scontro tra le loro labbra fu impacciato e frettoloso, con i denti che cozzarono tra di loro per la foga messa da Claudette, ma a Shay non importava più di tanto, gli scappò un sorriso soddisfatto e intenerito dall’agitazione di lei. Era congelata sul posto dall’ansia e dalla paura, protendeva le labbra e stringeva gli occhi come se avesse di fronte un mostro pauroso. Shay lasciò correre i primi momenti, il tempo che il respiro di Claudette si regolarizzasse e smettesse di artigliargli la camicia come se stesse per annegare. Si staccò pochissimo, di appena qualche millimetro per riprendere l’aria, e il tempo necessario perché Claudette aprisse gli occhi confusi. 

Le sorrise alzando un angolo della bocca, poi si avvicinò di nuovo a lei baciandola con trasporto, mentre le accarezzava la guancia per tranquillizzarla. Claudette rimase immobile per qualche secondo, si sciolse contro di lui nel giro di qualche istante poggiandogli le mani sulle spalle e avvicinandosi di un passo. Shay non riusciva a capire come potesse avere le labbra così morbide e tenere, come i petali della lavanda che la seguivano ovunque e che gli stava impregnando la testa dal momento stesso in cui si era avvicinato a lei. Quando sentì Claudette iniziare a rilassarsi, si lasciò andare pure lui sconnettendo completamente il cervello per immergersi nei brividi che continuavano a corrergli lungo la schiena, così si permise di poggiarle una mano sul fianco, stringendolo appena per avvicinarsi ancora di più. 

Claudette emise uno squittio di sorpresa, ma non osò staccarsi. Mon Dieu, fosse stato per lei avrebbe fermato il tempo in quell’istante, a quelle inaspettate labbra soffici con i baffetti che le pizzicavano leggermente l’arco di Cupido come se gli stessero facendo un dispetto, le mani calde di Shay che la accarezzavano teneramente e le spalle forti a cui si stava aggrappando per non cadere sulle sue gambe tremolanti. Avrebbe voluto non aver bisogno di aria, perché quando si staccarono sentì una sensazione di gelo percuoterla da capo a piedi, aprì gli occhi per guardare Shay in faccia, che la osservava ancora con gli occhi socchiusi focalizzati sulle sue labbra, ancora più rosse di prima. 

Fece scorrere la mano dalla guancia di Claudette fino al suo fianco, facendola irrigidire per quel contatto così intimo. Le strinse piano la vita per attirarla di nuovo contro di sé e riprendere a baciarla, assuefatto dal sapore dolce di quelle labbra soffici e dal profumo pulito della lavanda che lo perseguitava da mesi. Nonostante fosse stato un po’ rude nei modi, cercò di rimediare con baci lenti e profondi, senza strafare troppo, interrotti qui e lì da piccoli schiocchi, che facevano rabbrividire Claudette. 

Anche lei fece muovere le mani, facendole scorrere verso la mascella sulla quale si fermarono per accarezzarla piano con i pollici. Le sembrava di avere una bolla al posto del cuore, che cresceva, cresceva, cresceva. Più Shay la baciava, le accarezzava la vita con le dita, le sorrideva quando le scappava uno squittio sorpreso, più si gonfiava la bolla e aveva caldo alla testa. Si sciolse completamente contro di lui, che le circondò i fianchi con un braccio continuando a fare piccoli cerchi con le dita sulla sua pelle, purtroppo ancora ricoperta dalla camicetta che portava. Claudette infilò le dita tra i capelli di Shay, strappandogli finalmente un verso di approvazione, così non si fermò massaggiandogli delicatamente lo scalpo. Il ragazzo sembrò apprezzare perché la attirò ancora di più contro di sé facendo schiacciare i loro petti in una morsa quasi dolorosa, ma dalla quale nessuno dei due voleva sottrarsi. 

Shay non capì più nulla, l’unica cosa su cui era concentrato erano quelle labbra soffici e profumate e il corpo così morbido di Claudette, che gli stava facendo vedere le stelle. Se poi si aggiungevano quelle manine tremanti che continuavano ad accarezzargli i capelli, hell... In mezzo a quei baci un po’ impacciati e dolci sentiva il bisogno di qualcosa di più, voleva testare fino a dove Claudette gli avrebbe permesso di spingersi. Cercò di spostarsi lentamente, portando con sé anche la ragazza con più delicatezza possibile, e la portò con le spalle contro la toeletta. Fece un passo avanti, quello che bastava per farla premere contro il mobile, poi all’improvviso, non è che potesse usare molta gentilezza in un gesto simile, la sollevò dai fianchi per farla sedere sopra e farla smettere di tendersi sulle punte per baciarlo. Così erano perfettamente alla stessa altezza. 

Sentì Claudette irrigidirsi e fermarsi per un secondo, Shay però non le diede il tempo di elaborare del tutto quello che era successo riprendendo il bacio, che divenne più profondo, umido. Le posò di nuovo le mani sulla vita, così piccola che quasi riusciva a circondarla con entrambe le mani, disegnando forme immaginarie per tranquillizzarla. Sembrò funzionare, perché emise un respiro tremante e lo attirò a sé ancora, ma questa volta con più sicurezza, più fermezza nelle mani, che gli avevano afferrato il viso con una tale gentilezza da fargli battere il cuore come un adolescente alla prima cotta. 

Solo che Shay non aveva più sedici anni e c’erano un paio di ginocchia fastidiose che gli impedivano di gustarsi la meravigliosa sensazione di avere quel corpo flessuoso contro il suo. Fece scendere le mani dalla vita giù, oltrepassando i fianchi stretti e percorrendo con i polpastrelli le cosce morbide e fasciate dai pantaloni, fino ad arrivare alle ginocchia. Le fermò lì per qualche istante, notando come Claudette si stesse agitando ancora tra le sue braccia, quindi prese a fare cerchi con i pollici cercando di rassicurarla e non farla spaventare, ma non sembrò assortire alcun effetto, perché si staccò da lui. Shay avrebbe tanto voluto rincorrerla e non smettere mai di baciarla. 

«Shay-». 

Le si bloccò l’aria in gola quando alzando lo sguardo si trovò il viso dell’uomo così vicino. I suoi occhi erano completamente concentrati a osservarla, come se non volesse perdersi alcun particolare, anche se poi finiva sempre per far cadere lo sguardo sulle sue labbra, che sentiva pizzicare ed erano stranamente umide. Shay l’inclinò di più la testa quando vi passò sopra la lingua in un gesto nervoso e impacciato per scacciare l’ansia che le era saltata addosso. Si schiarì la gola per poter riprendere la facoltà di parlare, attirando l’attenzione del ragazzo, che sembrò risvegliarsi da un sogno fin troppo reale. Si scostò da lei per darle più spazio e tolse anche le mani dalle sue ginocchia, infilandosele invece tra i capelli per scuoterseli e scaricare l’adrenalina in qualche modo. 

«Claudette- io- ah- fuck!». 

La ragazza si prese il labbra inferiore tra i denti, torturandoselo. Si sentiva una bambina impacciata che aveva fatto la guastafeste. 

«No, senti Shay, sono io che-». 

«Non ci pensare nemmeno! Ho esagerato io, scusami.». 

Claudette era incredula, lo guardava con occhi spalancati e sorpresi. 

«Quoi?». 

Shay si allontanò di un altro passo, dando la possibilità a Claudette di rimettersi in piedi e riprendere un po’ aria. La ragazza si premette una mano sul petto, il cuore non sembrava dare segni di voler rallentare, ma ciò che la faceva agitare ancora di più era ciò che aveva detto Shay. Anche lui prese un bel respiro prima di parlare. 

«Ho detto che mi dispiace se ho esagerato.». 

«Esagerato?». 

«Sì, insomma, mi sembri piuttosto scossa, non volevo metterti a disagio.». 

«A disagio?». 

«Claudette, ti senti bene? Continui a ripetere quello che dico.». 

Mai in vita sua aveva sentito un uomo scusarsi. Tanto meno con lei. Questo fatto la stava sconvolgendo più del bacio. 

OH MERDE, IL BACIO! 

Si premette una mano sulle labbra, mentre nella testa gli rimbombava la voce sprezzante del padre, che la minacciava di non creare scandali all’interno della Confraternita. 

Claudette, giuro sulla Corona di Francia, che se esce fuori anche un solo, misero pettegolezzo o mi fai fare la figura del padre con la figlia puttana ti rinchiudo in un convento o ti faccio sposare l’uomo più sprezzante di tutta Parigi, così sono certo di non vederti fare la baldracca in giro! 

Nella sua testa c’erano due voci che continuavano a urlarsi contro, una che le ricordava che si trattava di un semplice bacio, niente di così tanto scandaloso, aveva sentito di peggio, ma l’altra... l’altra era suo padre che le ricordava il suo posto, che cercava di mozzarle il fiato in un corsetto troppo piccolo e scomodo per lei. Mentre nella sua testa infuriava questa battaglia, Shay la osservava preoccupato. Cazzo, perché doveva sempre incasinare tutto? Per una volta non poteva tenerselo nei pantaloni? 

Teoricamente ce l’ho ancora nei pantaloni... SHAY, CONCENTRATI! FA’ QUALCOSA! 

Non era bravo a confortare le persone. A farle divertire? Sì, si riteneva abbastanza divertente. A intimorirle? Beh, era alto e largo se non ci riusciva, si sarebbe preoccupato. A farle innervosire? Cazzo, sì, soprattutto Chevalier. Confortarle però, no, assolutamente non ne era capace. Si sentiva come se gli avessero lanciato in mano un neonato piangente e lui non sapesse come farlo smettere. Non poteva però andarsene e lasciare Claudette in quello stato, con lo sguardo sbarrato e il fiato corto. In quei mesi insieme si era reso conto di alcune cose strane, si comportava come se pensasse che gli altri, cioè tutti, si aspettassero qualcosa da lei. Erano brevi momenti, quasi non si notavano perché li si poteva notare di sfuggita, ma lui se ne era accorto dalle pose rigide della ragazza, dalle labbra strette e morsicchiate, dalle mani che si torturavano. 

Claudette era quella brava a confortare le persone, a farle sentire bene, come aveva fatto prima con lui. L’illuminazione gli schiaffeggiò il cervello con una sberla. Forse valeva la pena tentare! 

Si fece di nuovo avanti, lasciando comunque dello spazio attorno a Claudette, che ancora sembrava non essersi ripresa dal suo stato di panico. Quando fu abbastanza vicino, allungò la mano per afferrare con più gentilezza possibile le braccia, che tirò verso di sé piano piano, poi fece scorrere le dita verso le mani della ragazza afferrandole in una stretta decisa e delicata. Le accarezzò i dorsi con i pollici facendo ampi cerchi per tranquillizzarla. Lei alzò gli occhi su di lui, così grandi e maestosi, che dovette reprimere la voglia di tornare a baciarla. Le sorrise invece, cercando di infonderle più sicurezza possibile, non sapeva cos’altro fare d’altronde. 

«Claudette, ci siamo solo tu e io qui. E comunque nessuno si aspetta niente da te.». 

Lei avrebbe voluto piangere dal sollievo, ma si costrinse a deglutire e a prendere un bel respiro prima di parlare. Shay continuava a cercare di farle la stessa cosa che aveva fatto lei poco prima, muovendo a caso le dita sulle sue mani, disegnando cerchi e forme che erano tutt’altro che rilassanti, anzi le stava facendo anche un po’ di solletico. Le scappò una risatina, senza neanche azzardarsi a staccare la mani da quelle di lui. 

«Come fai?». 

«A farti questo bellissimo massaggio alle mani?». 

Claudette rise ancora e a Shay parve simile al suono dell’acqua di un ruscello che scorre. 

«A capire cosa mi passa per la testa.». 

Lui fece scattare le sopracciglia verso l’altro, sorpreso. 

«Non lo so, chiamalo istinto.». 

Lei gli sorrise, un sorriso che parve illuminare tutta la cabina. Claudette fece un altro passo avanti, incastrando tra i loro corpi le loro mani intrecciate, che strinse per darsi un po’ di coraggio. 

«Grazie per quello che hai detto. A volte è difficile ricordarsi di non avere sempre gli occhi della gente addosso.». 

«Non ci provare nemmeno, non sei tu quella che deve ringraziare, ma io.». 

La ragazza inclinò la testa, un ciuffo di capelli scivolò lungo il suo viso finendole negli occhi. Shay non resistette e lo afferrò tra le dita attorcigliandoselo attorno all’indice, assorto nei suoi pensieri. Si concentrò su quello quando prese di nuovo la parola. 

«Sai, non è la prima volta che mi capita di dubitare della Confraternita e dei suoi modi di fare... “Trattenere la lama dalla carne degli innocenti” e uccidiamo chiunque si pari di fronte a noi, in qualsiasi situazione e luogo. Non ti sembra contraddittorio? A me certe cose lasciano con l’amaro in bocca e non posso neanche permettermi di parlare, perché insomma lo conosci Liam! Pieno di credo e patriottismo, non parla e non pensa ad altro! Tengo a lui come a un fratello, ma quando parte con quei discorsi del cazzo sul fatto che abbiamo rallentato i piani dei Templari oppure che prima o poi ci tornerà utile mi fa davvero venire la nausea. Quindi ogni volta sto zitto, piego la testa e lo lascio blaterare. 

«E poi c’è Achille. – abbassò lo sguardo continuando a giocherellare con le dita di Claudette, mentre questa pazientemente lo ascoltava. – Non lo ringrazierò mai abbastanza, perché mi ha salvato la vita dandomi un materasso su cui dormire, un piatto su cui mangiare, uno scopo per cui vivere, ma non so... Quando mi fermo, mi guardo attorno e vedo solo cadaveri e sangue vicino a me, io mi chiedo se... se davvero ne vale la pena. Se davvero sono i Templari a fare del male al mondo e non... noi.». 

Shay strinse le labbra. Ecco, lo aveva detto e ora sarebbe stato giustiziato dalla Confraternita per tradimento o chissà quale crimine. Aveva sempre avuto paura a dire quelle parole, perché era convinto che, finché fossero rimaste nella sua testa, non sarebbero state reali. Rimase sorpreso quando Claudette gli circondò la guancia con la mano, accarezzandola piano col pollice. Iniziavano a piacergli quei piccoli gesti. 

«Non lo so. Sinceramente non ne ho proprio idea se ne vale la pena. Bisognerebbe avere la capacità di guardare nel futuro per capirlo e purtroppo nessuno dei due ha questa capacità, quindi non potremmo saperlo mai. Ciò che però mi rincuora è che sto facendo del mio meglio perché accada, perché in un futuro l’umanità sia libera di fare le scelte che vuole, giuste o sbagliate che siano. Non so se tutta la gente che ha dovuto perdere la vita per mano mia o della Confraternita fosse un sacrificio necessario per il futuro, ma io scelgo di credere e di avere fiducia nelle nostre guide. Ed è anche giusto che ci siano dubbi e che ci siano domande, perché un credo che non si evolve e non si rinnova rimane stagnante riempiendosi di schifezze, diventando un dogma che nessuno può toccare. 

«Shay, io ti capisco. E fidati quando ti dico che in Francia è anche peggio. Ho avuto missioni dove non sapevo nemmeno perché andavo a spiare un certo politico o assassinavo un altro mercante. Chi fa domande o cerca di fare di testa propria non è visto di buon occhio e si rischia davvero l’esilio, se non la morte, quando si osa alzare la testa. La maggiore parte delle volte mi sentivo una pedina in una enorme partita a scacchi che non avrei mai potuto comprendere. Per cui, sì, Shay, ti capisco e devi stare tranquillo, perché io sono certa che quello che abbiamo fatto porterà i suoi frutti. Magari saranno mele e non pere, pesche e non arance, e forse non arriveranno questo mese, ma la prossima stagione, ma io credo in quello che facciamo.». 

Shay sentiva il cuore più leggero. Era da tempo che sentiva il bisogno di dire quelle parole, di dare aria a quei dubbi rinchiusi nella sua mente da qualche mese ormai. Era grato di aver incontrato Claudette, che era riuscito a capirlo anche se si conoscevano da qualche mese. Era riuscita ad andare oltre alla sua pellaccia da marinaio impertinente, trovando l’uomo tormentato e pieno di dubbi che cercava di nascondere nella profondità della sua anima. Nessuno era mai riuscito a malapena a sfiorarlo, lei con i suoi modi di fare un po’ strani e impacciati era riuscita a toccarlo. 

Si strusciò contro la mano di Claudette come un gatto bisognoso di coccole. O un cane molto ruffiano. Strofinò il naso contro il suo palmo, strappandole una risatina, prima di riprendere a parlare 

«Grazie.». 

«Ma di cosa?» rise lei. 

Lui le lanciò un’occhiataccia contrariata. 

«Di non  avermi giudicato. Di esserti preoccupata per me. Di esserti presa cura di me. Non lo do per scontato.». 

Claudette gli sorrise, uno dei quei suoi sorrisi che lo riscaldano dentro, anche quando sono nel bel mezzo di una tempesta di neve. Si alzò sulle punte per premergli un veloce e timido bacio sulle labbra. 

«E neanche io do per scontato la tua gratitudine.». 

Shay si perse a osservarla. Aveva gli occhi un po’ rossi, forse per la stanchezza, e un sorriso assonato in volto. Eppure la sua mano era così calda contro la sua guancia, che non aveva per nulla voglia di staccarsi, ma dovette farlo oppure Claudette gli sarebbe crollata addosso. 

«Direi che è ora di andare per me.». 

Claudette increspò le sopracciglia sottili confusa. 

«Perché? Che ore sono?». 

Granò gli occhi quando li posò sull’orologio appeso al muro vicino al letto. Era mezzanotte passata! 

«Mon dieu! È già così tardi?». 

«Già! Senza contare che non ho la più pallida idea di dove siamo, fino a domani mattina non so quanto ci impiegheremo a tornare a Rockport. Se siamo abbastanza fortunati abbiamo solo sorpassato di qualche miglio Black Ridge.». 

Shay si stiracchiò portando in alto le braccia, mentre Claudette si affrettava a mettere a posto la scrivania. Si diresse di nuovo verso di lei, indaffarata com’era non si accorse che si stava avvicinando quindi emise un delizioso squittio sorpreso quando Shay premette le labbra sulla sua tempia in un tenero bacio. Credette che il cuore le stesse per saltare fuori dal petto a quel gesto. 

«Sweet dreams, Claudette.». 

  
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