Serie TV > Altro - Fiction italiane
Ricorda la storia  |      
Autore: liberaurora    18/09/2022    0 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]
Dopo un lungo tempo passato a consumare le puntate (brutalmente interrotte nell’ottobre 2021) e i video sui Calaranni, ho avvertito il bisogno di scrivere questa oneshot introspettiva che parte dalle due frasi centrali dell’inizio della seconda stagione: “cambiare vita” ed “essere onesti nelle questioni di cuore”. Ho provato a esplorare l’animo di Imma immedesimandomi in quelli che possono essere i suoi pensieri all’altezza della 02x04 e prima della 02x05, narrandoli in terza persona con una focalizzazione interna. Spero di essere riuscita a rimanere fedele ai personaggi e alle ragioni che li muovono.
Oscar Wilde diceva: “Tutti i desideri che cerchiamo di soffocare covano nel nostro animo e lo avvelenano. L’unico modo per liberarsi da una tentazione è cedervi.” Scrivendo questa ff ho cercato di mettere a tacere il mio innato pessimismo per donare alla storia il risvolto positivo che vorremmo poter vedere, con una Imma decisa a cambiare vita per essere felice.
Grazie particolare a chi ha creato video stupendi su questa ship: mi hanno permesso di cogliere alcuni aspetti su cui altrimenti non mi sarei soffermata. E grazie di cuore a F. che come sempre mi ha supportata nella scrittura e ha saputo consigliarmi.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cambiare vita

Nei pochi momenti di tregua da tutto – dal lavoro, dalle cene con la suocera, dalle discussioni con Valentina, dal tempo passato con Pietro – quando finalmente era sola, Imma puntualmente si trovava a fare i conti con se stessa. Consapevole che, probabilmente, fare una riflessione sui massimi sistemi sarebbe stata una passeggiata in confronto. Si sentiva così disorientata e confusa. Era come se la sua mente fosse abitata da tanti punti interrogativi pesanti come macigni e martellanti come la peggiore delle emicranie.

Hai mai pensato di cambiare vita?
Conviene essere onesti nelle questioni di cuore?

Pur essendo stata artefice della prima e ascoltatrice della seconda, era come se in realtà queste domande le avesse indirizzate a se stessa. Caspita se le davano il tormento! La costringevano a esplorare come un palombaro il suo mare interiore. Fra i suoi abissi sapeva di poter trovare le risposte che cercava, ma aveva paura dell’impatto che avrebbero avuto su di lei, prima ancora che sulle vite altrui. A lungo aveva cercato di ignorare il suo istinto, soffocando slanci colmi di desiderio. Si raccontava che i momenti condivisi con Calogiuri erano molto più di quello che avrebbe potuto immaginare, e che, quindi, doveva farseli bastare. Era sempre stato così e adesso ancor di più. Imma non se lo poteva permettere. Non poteva permettersi di uscire dai binari della ragione, di immergersi nell'ignoto caos del suo cuore, conservando solo qualche briciola della sua solida razionalità. Con tutto quello che stavano passando Pietro e la sua famiglia per via del processo, sperare di cambiare vita le sembrava una preghiera profana, inesaudibile.

Anche se poi, nei fatti, essere indifferente nei confronti di Calogiuri era una sfida persa in partenza. Ogni scusa era buona per cercare un contatto coi suoi occhi, per rompere la distanza interpersonale che normalmente c’è fra due colleghi, per provare a buttarsi dal precipizio che tanto temeva ma che altrettanto sognava. Salvo poi pentirsene, o almeno così voleva far credere a se stessa.
Perché la verità è che quel discorso sulla gelosia che Ippazio le aveva rivolto alla festa della Bruna avrebbe voluto farlo lei a lui, ma non ne aveva mai ancora avuto il coraggio. La verità è che neppure le foto di Pietro in ufficio l’avevano fermata dal baciare Calogiuri e questo diceva tanto di lei più di ogni autoconvincimento. Per non parlare del fatto che sapeva perfettamente che dimenticare quello “sbaglio” sarebbe stato impossibile. Come impossibile è obbligarsi a porre le distanze dal maresciallo, evitare di rimanere sola con lui, fare come se niente fosse: insomma, impossibile illudersi di poter fare a meno di lui.

Imma stava imparando che nella vita non c’è solo bianco o solo nero, come aveva sempre pensato, ma che invece le sfumature non caratterizzano solo i suoi vestiti tanto eccentrici, bensì anche la sua esistenza.
Non era mica come con i suoi casi, che dopo un po' di indagini si arriva al colpevole e si archivia tutto. Nella sua situazione il colpevole si conosceva già e la soluzione sembrava non esistere. Fra lo sciame di pensieri1 che non le facevano prendere sonno, le capitava di immaginare di essere processata, come le era già successo in un sogno: «Mi chiamo Immacolata Tataranni e, se l'amore è una colpa, io sono colpevole, signor giudice».

Tuttavia, finché la cosa riguardava solo lei e le sue fantasie poteva ancora sperare che il tempo e la vita avrebbero fatto il loro corso, permettendole, chissà, di spogliarsi dei panni dell’equilibrista appesa a un filo per tornare a indossare quelli della solita Imma.
Era sempre così severa con se stessa. Pure questa volta pensava che avrebbe potuto scavalcare il suo sentire più intimo per restare con i piedi per terra, anche se questo avrebbe significato rinunciare a ciò che la faceva stare bene.

Eppure, proprio in quei giorni così turbolenti sotto ogni punto di vista, la dottoressa Tataranni aveva avuto conferma di quello che sperava con tutto il cuore e che allo stesso tempo le faceva tremare le gambe al solo pensiero: anche Calogiuri è innamorato di lei. Quella sera, in macchina, quel “sogno”, come lo aveva definito lei, era arrivato come un fulmine a ciel sereno. L’inconfessabile era diventato addirittura pronunciabile. Come poteva continuare a mentire a se stessa dopo aver ascoltato quella frase pronunciata dal maresciallo?

«Dottoressa, io credo di essermi innamorato di te»

Imma non si era affatto stupita di quel te: sapeva che Calogiuri le aveva sempre dato del tu, almeno nel silenzio dei suoi pensieri, anche prima di quella dichiarazione nel suo ufficio. Fatto sta che quelle sette parole (perché sì, le aveva contate, e spesso se le ripeteva nella mente, come se inconsciamente volesse renderle più reali) costituivano un climax che, partendo dall’appellativo ancora cordiale di dottoressa che lui era solito utilizzare per rivolgersi a lei, arrivava a creare quel dialogo intimo che può esistere solo fra due persone che quando si trovano insieme sentono un’esplosione nel cuore.

Quasi non si capacitava di come, nella burrasca, l’unica bussola fosse quella frase del maresciallo.
Non che la dottoressa Tataranni avesse bisogno di conferme, perché erano state tante le occasioni in cui Calogiuri le aveva fatto capire, più o meno esplicitamente, quanto ci tenesse a lei. Solo che fino a quella sera Imma pensava, anzi temeva e la sua parte più razionale si augurava, che fosse qualcosa di passeggero, che sarebbe bastata una Matarazzo a fargli cambiare idea. Per questo la sostituta procuratrice2 aveva cercato di lavorare il più possibile con Bartolini, autoinfliggendosi la punizione di sopportare persino il suo pessimo profumo. Avrebbe preferito farsi odiare piuttosto che far precipitare Calogiuri in un futuro incerto se non irrealizzabile. Lui si meritava tutta la felicità del mondo, ma la dottoressa sapeva che lei non sarebbe stata in grado di offrirgliela. Tuttavia, a Imma era lampante quanto Ippazio fosse rimasto male per la freddezza che lei gli aveva riservato anche sul lavoro. Soffriva tantissimo per questo sforzo che stava chiedendo a se stessa e al quale stava condannando questo ragazzo sempre così premuroso e sensibile.

Allora non poteva fare a meno di domandarsi se davvero poteva pretendere da se stessa, oltre che dall’uomo che la ama, di rinunciare a tutto.

Da quando aveva iniziato a tessere la tela dell’amore per Calogiuri, Tataranni sentiva di vivere un’avventura inedita per una come lei, che da giovane aveva passato quelli che tutti definiscono gli anni migliori della vita sempre sui libri, sepolta fra un manuale di diritto privato e un altro di diritto civile. Adesso, invece, così dotata di carattere e ferma nelle sue idee, quando era con lui si sentiva impacciata e insicura come non mai. Con il maresciallo stava assaporando, con un misto di curiosità e paura, una serie di sensazioni imprevedibili: risate spontanee e spesso immotivate, brividi lungo la schiena, battito accelerato, improvvise botte di caldo. Anche solo uno sguardo del maresciallo riusciva a donarle queste trepidazioni letali di cui non poteva fare a meno di nutrirsi. Per non parlare dei sogni: aveva perso il conto delle volte in cui la sua fase rem era popolata dall’erotica presenza del giovane uomo.

Di uno dei suoi sogni più originali, Imma si ricordava molto bene la frase pronunciata da un Ippazio in divisa mentre lei era dietro le sbarre: «A volte quello che si pensa, che si sogna, che si desidera riesce ad essere più vero di quello che si vive»3.
Forse non era un caso che proprio adesso quell’affermazione le fosse tornata in mente. Probabilmente è perché sentiva sempre più forte l’impossibilità di accontentarsi dell’immaginazione. Se quelle sette parole davvero non se le era sognate, ma erano reali, perché non sarebbe potuto diventare effettivo anche il sentimento che esprimevano?

E così, per la prima volta, Imma iniziava a pensare davvero di poter cambiare vita... Sarebbe cambiato tutto, ma alla fine lei per Ippazio sarebbe rimasta la dottoressa che avrebbe sempre creduto nelle sue capacità, e lui per lei sarebbe sempre rimasto il suo inseparabile maresciallo, l'unico di cui fidarsi.

A lei non importava più di tanto cosa avrebbero potuto dire i suoi colleghi, i suoi conoscenti (per la maggior parte persone che avrebbe voluto non conoscere affatto) e perfino i suoi suoceri. Le erano sempre piovuti addosso giudizi su tanti aspetti della sua vita, a cominciare dai suoi modi e dai suoi vestiti. Ma a lei non poteva fregare di meno, andava avanti per la sua strada come voleva, con il suo gusto singolare per l'abbigliamento e con la sua testardaggine, senza sentirsi di dover dare conto a nessuno di se stessa. Se davvero gliene fosse fregato qualcosa a quest'ora non sarebbe quella che è e si sentirebbe rinchiusa in abiti (metaforici e non) non suoi. Le uniche persone per le quali si preoccupava erano sua figlia Valentina, Pietro e naturalmente Calogiuri.

Cosa sarebbe rimasto di quel rapporto già così turbolento con sua figlia se la dottoressa Tataranni avesse deciso di cambiare vita? Valentina stava vivendo un periodo complicato per tanti motivi e già Imma si sentiva in colpa per averla coinvolta, suo malgrado, in faccende più grandi di lei. La ragazza aveva tutte le ragioni per avercela con la madre: solo col tempo comprenderà a fondo le ragioni di Samuel e poi quelle di sua mamma per aver agito come hanno fatto. In fin dei conti l’avevano protetta, gesto d’affetto più che sincero e necessario in una situazione rischiosa come questa. Nonostante la sostituta procuratrice potesse sperare quindi nel suo perdono, temeva tantissimo la reazione della figlia qualora avesse deciso di raccontarle di Calogiuri e della conseguente separazione dal marito. Anche se spesso il rapporto fra le due è conflittuale e solo apparentemente privo di amorevolezza, la verità è che Imma le vuole un bene dell’anima ed è convinta che lo stesso valga per Valentina. Certo, sua figlia è ormai abbastanza grande per comprendere le dinamiche relazionali e probabilmente i suoi timori di madre la stanno spingendo a sottovalutarla, ma la pm non può non temere il suo giudizio e il peso che un simile scombussolamento familiare potrebbe comportare.

Dal canto suo, Pietro in tutta questa storia è il più coinvolto e quello che senza dubbio avrebbe sofferto maggiormente. Dopo tutti quegli anni insieme, dopo aver condiviso una casa, una figlia, insomma una vita, per lui una separazione sarebbe stata difficile perfino da immaginare, figuriamoci da realizzare. La donna sapeva bene che il marito è sincero quando le dice che senza di lei sarebbe perso. E questo, più che essere motivo di lusinga per la dottoressa, contribuiva ad accrescere ancora di più il suo senso di colpa per aver anche solo ipotizzato di lasciarlo.

Quello fra Tataranni e De Ruggeri era sempre parso a tutti come il matrimonio perfetto4. E probabilmente lo era davvero, ma solo se guardato superficialmente, dall’esterno. D’altronde, Pietro appariva a tutti come il marito modello, così disponibile a dividere il ménage casalingo e familiare, oltre che così paziente e amorevole con una donna “di carattere” come Imma. Insomma, un animale raro nella specie maschile, rimasta ancora ai tempi della pietra dato che la maggior parte dei suoi esemplari è tuttora convinta che solo la donna debba occuparsi del lavoro sporco mentre i maschietti si possono dedicare bellamente ai loro porci comodi.

Quello che invece non era affatto noto alla gente era che innegabilmente nel corso del tempo il rapporto fra Pietro e Imma si era trasformato: erano giovanissimi e sinceramente innamorati quando si conobbero, ma poi pian piano quel sentimento era scivolato nelle pieghe dell’abitudine, fino a diventare un affetto familiare, per quanto importante e solido. Sì perché Imma voleva un gran bene a suo marito e le era grata per il suo modo di starle accanto e di gestire Valentina. Nonostante ciò, sentiva che il loro legame era ormai più che altro di forte amicizia fraterna.

Imma era sempre stata una donna passionale, e questa sua “inclinazione” a Pietro non dispiaceva affatto. Da questo punto di vista, il tempo non sembrava quasi passato: quando uno dei due partiva in quarta era un attimo che si ritrovavano a rotolarsi nel letto o a condividere allegramente il box doccia. Peraltro con risultati soddisfacenti per entrambi, il che non guasta.
Tuttavia, questa lunga e piacevole consuetudine aveva subìto una notevole battuta d’arresto negli ultimi tempi. Era come se a Imma non importasse più come prima di fare l’amore con Pietro. Per quanto in fondo non le dispiacesse l’idea, non era più quello che desiderava. Questa consapevolezza era sconvolgente da accettare innanzitutto per la pm, e chissà se Pietro sospettava di qualcosa visto che ultimamente era lui a prendere l’iniziativa salvo poi rimanere a bocca asciutta. La donna non si sentiva di attribuire tutto ciò esclusivamente alla sua forte attrazione per Calogiuri. Anche se non riusciva a spiegarsi bene cosa fosse effettivamente cambiato, questo mutamento aveva creato una faglia nel rapporto con l’uomo che aveva sposato che lei non riusciva a ignorare.

In più, la mentalità di Pietro continuava ad essere mal sopportata da una come lei, che aveva fatto della rettitudine una bandiera. Può essere mai che ogni volta che c’era da assumere una posizione suo marito restasse neutrale manco fosse la Svizzera?! Troppo facile così. Inoltre, questo attribuiva alla donna il ruolo di madre rompiscatole e moglie pesante. Soprattutto agli occhi della “cara” suocera, verso la quale l’uomo, attaccato com’è, aveva sempre fallito nel suo tentativo di smorzarne le asfissianti ingerenze nelle dinamiche familiari e i giudizi lanciati contro Imma.

Purtroppo la pm e De Ruggeri non erano mai riusciti a trovare un punto d’incontro fra l’onestà assoluta di lei e la troppo frequente negligenza di lui. L’insofferenza della donna, inasprita dal fatto che spesso Pietro preferiva mettere tutto a tacere per quieto vivere, aveva raggiunto livelli notevoli con la storia del locale jazz. Ma come – si era detta – dopo tanti anni insieme, suo marito aveva avuto paura di confidarle questo suo progetto? E lei non aveva nemmeno il diritto di arrabbiarsi e di rimanere delusa da questa mancanza di coraggio? Per non parlare del fatto che Imma era certa che se non fosse stato per lei Pietro alla fine con zio Lillino avrebbe preso più di un caffè, come la sua “cara” mamma auspicava. Ancora una volta, però, la guastafeste era lei, la moglie severa che addirittura pretendeva il rispetto delle regole (cose dell’altro mondo proprio!), che non incoraggiava il marito a perseguire questo sogno quando lui, coda di paglia, aveva creduto bene di parlarne prima con “mammina”.

La sostituta procuratrice ora si sentiva un mostro a pensarla così: dopo l’incendio subìto da Pietro voleva stargli accanto, anche per smorzare il senso di colpa per essere l’obiettivo di queste intimidazioni. Tuttavia, perfino una situazione così drammatica come questa non poteva cancellare con un colpo di spugna la radice degli attriti presenti fra i due coniugi.

Tataranni aveva sempre detestato affibbiare all’amore leggi illusoriamente universali, ma di una cosa era piuttosto sicura: avere una geografia della vita non necessariamente identica, ma per lo meno simile, e dunque valori in comune e concordati grazie al dialogo, è importantissimo per una coppia. E se una relazione è difettosa nella comunicazione, questo è certamente un segnale di allarme che presto o tardi finirà per assumere dimensioni spropositate. Eppure, di tutto questo Pietro sembrava essere perfettamente ignaro, o forse continuava a preferire questo comodo cullarsi nella quiete apparente, piuttosto che affrontare di petto i problemi.

Detto questo, la pm era ben conscia di quanto fosse difficile starle accanto, sia per il marito che per la figlia. Una persona come lei con il mestiere che fa è inevitabilmente esposta a ritmi e rischi fuori dall’ordinario, perciò capiva lo sforzo che aveva sempre domandato alla sua famiglia. 
Tuttavia Pietro – a differenza di Valentina che giustamente una madre così se l’era ritrovata, senza poterci fare niente nemmeno volendolo – aveva scelto consapevolmente di sposare Imma, quindi sapendo cosa avrebbe comportato vivere con una donna di giustizia come lei. E, sebbene l’uomo cercasse di non darlo troppo a vedere, si intuiva quanto in realtà gli pesasse dividere il loro tempo insieme con le emergenze lavorative della donna. Se da un lato egli ammirava e stimava Imma per le sue eccezionali competenze investigative, dall’altro a volte si domandava cosa avesse fatto di male per avere una trottola per moglie, che con i suoi modi di indagare finiva col far sconfinare il tempo lavorativo in quello privato.

Ora che nella sua vita c’era anche Calogiuri, la dottoressa Tataranni era inevitabilmente spinta a paragonare la relazione col marito e quella con il maresciallo. Proprio sulla questione dell’orizzonte comune non c’era gara: Ippazio condivideva davvero la postura mentale della sostituta procuratrice. È vero, avendo studiato anche lui legge e lavorando nello stesso ambito della pm, era facile che ne conoscesse le logiche. Tuttavia, i due erano molto simili proprio nell’approccio alla vita e quindi anche alla loro professione: una dedizione completa, che finiva per mettere da parte o far trascurare tutto il resto a costo di andare fino in fondo nelle indagini, pur di scovare tutte le tessere mancanti di quel mosaico chiamato investigazione giudiziaria. Questa somiglianza era parsa evidente alla donna quando ebbe la fortuna di cenare con il ragazzo a Roma5. Le fece tenerezza, ma soprattutto piacere, sapere che anche lui, come lei quando era giovane, preferiva concentrarsi sullo studio, dedicando uno spazio minuscolo, per non dire inesistente, allo svago.

Certo, c’è da dire anche che Pietro, a differenza del maresciallo, conosceva tutto di lei: dal piatto preferito alle abitudini più curiose, dalla tendenza a non sfogare la sua tristezza per non mostrarsi vulnerabile ai modi per farla sentire coccolata. Per Imma condividere la vita con lui era come camminare di notte a piedi scalzi: anche se ovunque è buio, conosci talmente bene casa tua che è quasi impossibile inciampare in uno spigolo.

Per tutta la sua esistenza Imma si era sempre sentita un pesce fuor d’acqua, una persona che tutti evitavano. Fin dagli anni della scuola non si sentiva parte di nessun gruppo e non aveva costruito legami di amicizia. Incontrare Pietro, invece, fu per lei una fortuna, e questo lei lo sapeva bene.
Tuttavia, attualmente sembrava che la vita che aveva felicemente condotto fino a quel momento non le piacesse più. O perlomeno non le bastasse. Ammetterlo era così difficile! Le tornavano in mente le parole di Nunziatina Santarcangelo, le quali l’avevano dipinta come una persona così infelice, che aveva paura di qualche cosa e che avevano portato la dottoressa Tataranni a mentire frettolosamente alla domanda diretta della maciara su come stesse andando l’amore6. Solo col senno del poi la dottoressa arrivò a capire che quell’occasione fu forse la prima di una lunga serie di piccole grandi bugie raccontate alle altre persone, ma soprattutto a se stessa.

Ora, invece, più Imma scavava dentro di sé, più sentiva crollare il terreno sotto i piedi. Era come se il suo cuore fosse su una di quelle bilance usate dagli antichi Egizi nel momento del giudizio divino per l’aldilà7. Per lei il muscolo cardiaco indicava il giovane uomo, mentre la piuma rappresentava il marito. E per quanto la donna potesse sforzarsi, il cuore sarebbe pesato sempre di più della piuma: Calogiuri avrebbe sempre occupato un posto maggiore rispetto a Pietro nei pensieri più profondi della pm.

Da quando Ippazio era tornato dalla missione in Centro America, la sostituta procuratrice con gran fatica aveva voluto chiarire con lui che quel loro bacio era stato un errore. Aveva, insomma, verbalizzato qualcosa a cui non credeva nemmeno lei, ma sentiva il dovere di farlo per non complicare le cose. Si era convinta di non essere poi così importante per lui e che doveva continuare a essere intransigente con se stessa, negandosi qualcosa che probabilmente esisteva solo nei suoi sogni.    Negli ultimi tempi, però, specie dopo aver ascoltato quelle sette parole del maresciallo, si era resa conto che sì, conviene essere onesti nelle questioni di cuore. E non solo perché l’onestà profonda fa parte da sempre del suo carattere. Ma anche perché se avesse perseverato a ingannare se stessa e gli altri, prima o poi le bugie le avrebbero presentato il conto, sarebbero venute galla e, bussando prepotentemente alla porta della sua vita, avrebbero eroso ciò che di più caro possedeva.

Inutile negarlo: Imma Tataranni e Ippazio Calogiuri sono complici, inseparabili. Si erano inseguiti, annusati, studiati per mesi, a volte istintivamente, altre consapevolmente; da vicino, da lontano, in silenzio e perfino in quelle rare ma intense volte in cui avevano litigato. Erano cresciuti insieme, e non c’era cosa più bella di questa.
Quando lavorano insieme chiunque aveva ormai notato quanto siano affiatati, e ben al di là dell’ambito professionale. Proprio per questo qualunque scelta avrebbe comportato delle grosse conseguenze anche per lui. Infatti, se la sostituta procuratrice aveva le spalle larghe e una maggiore forza (anche se forse solo apparente) per affrontare tutto ciò che una loro relazione avrebbe scatenato, il maresciallo sarebbe stato indubbiamente più un bersaglio più sensibile del giudizio altrui e meno abituato a ricevere attacchi sul personale oltre che sul lavoro.

Il cuore di Imma diventava minuscolo al solo pensiero che Ippazio avrebbe sofferto per causa sua. Avrebbe voluto proteggerlo, come già aveva provato a fare in passato, ma in una situazione come quella sarebbe stato impossibile.
Confidava sul fatto che Calogiuri era un giovane uomo che aveva imparato a non rinunciare alle proprie aspirazioni, a maggior ragione se riguardavano direttamente la sua felicità.

Imma non si sentiva affatto riappacificata da questo che le sembrava un punto di arrivo, ma le pareva di aver recuperato un po’ di serenità che le avrebbe permesso di vedere le cose più chiaramente.
Persino nella separazione dal marito le sembrava di poter scorgere un’opportunità pure per lui, anziché esclusivamente un motivo di sofferenza. Pietro, infatti, avrebbe finalmente potuto avere la libertà di poter realizzare il sogno di tornare a gestire un locale jazz senza il timore di subire le conseguenze del mestiere della moglie. La dottoressa Tataranni aveva compreso quanto questo fosse importante per lui ed era stato triste vedere la rassegnazione negli occhi di De Ruggeri quando aveva annunciato che avrebbe ripreso il posto fisso alla regione.

Il ruggito della vera Imma, della donna indipendente che era sempre stata, le suggeriva che rimanere incastrata in una vita che non le bastava più avrebbe rappresentato non solo la ricetta dell’infelicità, ma anche una rinuncia che nessuna persona dovrebbe mai essere costretta a fare solo per compiacere gli altri.
Proprio grazie all’amore per Calogiuri, la pm era andata vicina ad assaporare l’amarezza che i rimpianti portano con sé. Lasciare Pietro avrebbe concesso a entrambi marito e moglie la possibilità di vivere i loro desideri, senza rischiare di arrivare a detestarsi per essere stati l’uno l’ostacolo dell’altra.

E alla fine Imma aveva finito con l'annegare dolcemente nell’immagine di una vita con Ippazio. Oramai per la pm ogni salvagente – la famiglia, la procura, le chiacchiere altrui – era inutile. Perché avevano scelto di naufragare insieme, finalmente. Che importava se da fuori sembravano la donna matura col giovane sottoposto?! Nessuno avrebbe mai potuto comprendere ciò che realmente li legava: una tenerezza che valeva la pena abitare.
Sarebbero stati inghiottiti dalla tromba d’aria delle responsabilità, dei giudizi, delle lacerazioni familiari. Il loro futuro sarebbe stato caratterizzato da una moltitudine di incertezze, ma di una cosa Imma era sicura: fare a meno di Calogiuri sarebbe un’altra Odissea8.

 
 
1. Sciame di pensieri è una bellissima espressione che ho preso in prestito da Eugenio Montale, in particolare dalla sua meravigliosa poesia La casa dei doganieri.
2. Anche se nella serie (e credo anche nei libri) viene detto “sostituto procuratore Imma Tataranni”, in questa oneshot ho preferito adottare la versione femminile della professione visto che esiste ed è grammaticalmente corretta (è solo questione di abituarsi ad usarla).
3. Citazione tratta dall’iconica scena onirica che apre la VI puntata della prima stagione. 
4. Come afferma Diana nella I puntata della seconda stagione.
5. Riferimento alla meravigliosa IV puntata della prima stagione.
6. Citazione del dialogo con la maciara che Imma ha avuto nella V puntata della prima stagione.
7. Qui ha preso il sopravvento il fascino che ho sempre provato nei confronti degli antichi Egizi, ma spero di non risultare fuori luogo con questo paragone.
8. Citazione della bellissima canzone Raramente di Colapesce e Dimartino contenuta nell’album I mortali (2020).
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Altro - Fiction italiane / Vai alla pagina dell'autore: liberaurora