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Autore: Parmandil    18/09/2022    0 recensioni
Danneggiata dai perfidi Shriek, la Destiny tenta di fuggire dal loro cosmo, restando vittima di una scissione quantica. Nave ed equipaggio si trovano frazionati in sei piani d’esistenza, ciascuno contrassegnato da un colore e un’emozione base. Ogni individuo si trova nel piano corrispondente alla sua emozione dominante e infatti ne è del tutto invasato. Spetta a Talyn, l’unico individuo misteriosamente integro, ricostituire l’unità prima che la scissione diventi definitiva. Per farlo dovrà scendere tutto lo spettro luminoso ed emotivo, scontrandosi con gli Shriek ancora a bordo, ma anche coi colleghi fuori di senno. Il suo unico aiutante, in quest’ardua missione, sarà il robot riparatutto Ottoperotto. Dalla paura alla tristezza paralizzante, dal disgusto alla felicità edonistica, dalla sorpresa fino alla collera devastatrice, il giovane El-Auriano scoprirà la forza incontenibile delle emozioni, mentre lui stesso lotta per capire chi è realmente.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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-Capitolo 6: Destiny rossa
 
   Sbucando dall’anomalia col phaser già in pugno, Talyn ebbe la prontezza di gettarsi a terra, mentre si guardava attorno alla ricerca di nemici. Come previsto, l’ultima Destiny era impregnata di tinte rosse: dall’amaranto al borgogna, dal corallo al cremisi, dal magenta alla porpora, dal rubino allo scarlatto. La tonalità più diffusa, comunque, era un sinistro rosso sangue che rendeva la sala macchine simile a un mattatoio. Del tutto inaspettata, invece, era la temperatura elevata: dovevano esserci oltre quaranta gradi, segno che qualcosa non andava con i controlli ambientali. Ma il giovane non ebbe tempo di pensarci. Davanti a lui c’erano una decina d’avventurieri, tutti armati fino ai denti: oltre a phaser e fucili polaronici avevano vibro-lame e altre armi da taglio. I loro abiti erano strappati in più punti, i corpi sfigurati per gli scontri con gli Shriek; sui loro volti ardeva una collera bestiale. Non c’era dubbio: la Destiny rossa era il regno della rabbia e dell’odio. Stavolta non c’era margine di dialogo; per arrivare in plancia bisognava combattere.
   «Muori, carogna!» gridò uno degli avventurieri, sparando un colpo che Talyn evitò solo grazie alla sua capriola. Il giovane si nascose dietro un convertitore d’energia. Anche Ottoperotto si affrettò a mettersi fuori tiro. L’emettitore gravitonico, invece, restò inevitabilmente allo scoperto.
   «Fermi! Sono io, Talyn! Mi conoscete, sono uno di voi!» gridò il giovane.
   «Sei uscito dall’anomalia! Sei solo un altro invasore e finirai come loro!» gridò l’avversario, sparando un colpo che danneggiò il convertitore.
   «Non posso lasciare che facciano a pezzi la sala macchine» si disse l’El-Auriano. Era un miracolo che quei pazzi furiosi non avessero già fatto esplodere la nave. Ma non voleva nemmeno uccidere i suoi colleghi e del resto non poteva affrontarne così tanti. Non gli restava che usare la strategia, un elemento che difettava agli invasati. «Ottoperotto, dimmi quando sono a cinque metri da me!» gridò, immaginando che si stessero avvicinando per stanarlo.
   «Be-beep! Cinque metri!» rispose quasi subito il robottino.
   «Mi volete? E allora venite a prendermi!» gridò Talyn, lanciando una granata stordente al di là del suo rifugio. Ci fu un intenso lampo scarlatto e gli avversari furono gettati indietro, semistorditi. Talyn approfittò del diversivo per uscire dal riparo e correre verso l’anomalia. «Seguitemi, se avete fegato!» li sfidò. E scomparve nella distorsione luminosa.
   Gli avventurieri si rialzarono quasi subito, animati da una collera belluina. «L’ho visto, è scomparso lì dentro! Allora si può passare!» gridò uno.
   «Presto, inseguiamolo! Uccidiamolo!» ululò un altro.
   Tutti gli invasati corsero a rotta di collo verso l’anomalia e vi si gettarono dentro, decisi a fare una strage di chiunque avessero trovato dall’altra parte. Ma avevano fatto male i conti. Usciti dalla distorsione, infatti, si trovarono in una sala macchine tinta di toni violetti. Avevano raggiunto la Destiny viola, il regno della paura.
   L’effetto fu dirompente. L’odio animalesco che ardeva in loro si spense all’istante, soffocato da una fosca nube di paura. I loro occhi divennero vitrei, i respiri affannosi, mentre i capelli si drizzavano. Visti da fuori, gli avventurieri parvero sgonfiarsi come palloncini. E il peggio doveva ancora venire.
   «Ah, eccovi qui!» disse Talyn, facendo la voce grossa. Si parò davanti a loro, armato di phaser. Era un rischio calcolato. Se fossero stati ancora pazzi di rabbia lo avrebbero ucciso, ma se avevano cambiato umore... «Siete voi che volevate uccidermi, vero? Poveri illusi! Ora assaggerete la mia vendetta!» minacciò, in tono deliberatamente aggressivo, per spaventarli ancora di più.
   «No! Pietà, non ucciderci!» supplicarono i colleghi. Gettarono via le armi, sopraffatti dal terrore, e si prostrarono chiedendo perdono.
   «Ah, ah! Ma guardatevi, come siete patetici! Correte, conigli! Vi do dieci secondi di vantaggio!» minacciò Talyn, sempre facendo il gradasso. Ovviamente non intendeva mettersi a cacciarli; ma voleva farli allontanare dall’anomalia, così che nessuno la riattraversasse.
   «Oh, poveri noi! Aiuto, qualcuno ci aiuti!» strillarono i poveretti, dileguandosi come topi davanti a un grosso gatto.
   Per rendere più credibile la messinscena, Talyn sparò un colpo in aria. Il suo phaser era settato su stordimento e comunque si accertò di colpire una paratia sgombra. Anche così, il terrore mise le ali ai piedi dei fuggitivi, che svanirono in pochi attimi.
   «Questa resterà negli annali militari» si disse il giovane, godendosi la soddisfazione di aver messo in fuga da solo un intero plotone di armati. Ma il suo compiacimento fu breve. Il pensiero di ciò che ancora l’attendeva sulla Destiny rossa gli spense il sorriso.
   «Va bene, leviamoci il chiodo» pensò l’El-Auriano, riattraversando l’anomalia. Come prevedeva, si trovò sulla Destiny blu, dominata dalla tristezza. Alcuni degli apatici lo guardarono svogliatamente, ma nessuno gli fece domande.
   «È così: devo fare un giro completo per tornare alla Destiny rossa» si disse Talyn. Lo fece di corsa, attraversando e riattraversando l’anomalia così in fretta da non dare agli altri il tempo di fermarlo. Solo sulla Destiny arancione, dominata dalla sorpresa, si arrestò un attimo.
   «Oooohhhh! Com’è andata?!» fece Rivera, più ansioso che mai.
   «Ho attirato alcuni avversari nel regno della paura. Spero che ci restino bloccati» spiegò Talyn. «Mi serve un’altra granata stordente».
   «Eccola qui» fece Rivera, consegnandogli quanto richiesto. «Sicuro di non volere aiuto?».
   «Mi creda, signore: se mi seguiste sulla Destiny rossa peggiorereste solo le cose» ribadì l’El-Auriano. «Impazzireste tutti dalla rabbia e cerchereste di uccidermi. Se volete aiutarmi, restate qui in attesa!». Senza dargli il tempo di rispondere, Talyn riattraversò l’anomalia, tornando nel regno infuocato della collera.
 
   La Destiny rossa era cupa e rovente come la ricordava, ma con sollievo l’El-Auriano trovò l’emettitore gravitonico ancora al suo posto. In effetti la sala macchine era rimasta deserta, il che era logico. Ormai restavano solo una quarantina di persone; forse meno, se alcuni erano stati uccisi dagli Shriek o si erano uccisi a vicenda. Considerata la stazza dell’astronave, i superstiti dovevano essere sparpagliati.
   «Ma scommetto la testa che c’è qualcuno asserragliato in plancia» si disse Talyn. Si recò alla consolle dei sensori interni, scannerizzando l’astronave. C’erano ancora trentacinque segni vitali, più di quanti si aspettasse. Effettivamente erano sparpagliati in vari punti dell’astronave; alcuni parevano asserragliati, altri correvano. Con ogni probabilità stavano contendendo la nave agli Shriek. Questo era un ottimo diversivo, pensò il giovane, passandosi la mano sulla fronte per detergere il sudore. Restrinse il raggio delle analisi alla plancia, senza rilevare alcun segno vitale.
   «Plancia accessibile, be-beep!» trillò Ottoperotto.
   «No, non credo» mormorò Talyn, ampliando i parametri di ricerca per includere gli elementi inorganici. «Strada facendo ho tenuto il conto degli ufficiali. Ce n’è uno che non abbiamo ancora incontrato. E questo caldo infernale mi fa pensare che sia proprio qui». In quella ebbe un riscontro dai sensori interni.
   «Ecco, è come temevo» commentò il giovane. «C’è un Tholiano in plancia, e temo che sia molto arrabbiato. Tanto da cuocere a fuoco lento il resto dell’equipaggio».
   Non per nulla i Tholiani erano temuti in tutta la Via Lattea. Sulla Destiny ce n’era solo uno: Naskeel, il capo della Sicurezza. Il suo ingresso a bordo non era stato dei più felici, dato che si era presentato come concorrente per il recupero dell’astronave. E anche se in seguito, per cause di forza maggiore, aveva accettato di unirsi all’equipaggio, restava una figura ermetica di cui pochi si fidavano. Talyn aveva quasi sperato che la sua fisiologia aliena lo rendesse immune agli effetti della scissione quantica; ma il fatto che stesse arrostendo l’equipaggio indicava il contrario.
   «I Tholiani vivono a 200º C, quindi è meglio non aspettare che Naskeel parifichi la temperatura della Destiny» borbottò Talyn, accedendo ai controlli ambientali. «Vediamo se i codici di Rivera funzionano» aggiunse, inserendoli per sovrascrivere gli ordini di Naskeel ed escluderlo dal comando.
   Per sua fortuna, i codici del Capitano funzionavano. Il giovane ebbe pieno accesso ai controlli ambientali e subito regolò la temperatura sui parametri standard. Poi interdisse a chiunque altro l’accesso a quel sistema, per impedire che il Tholiano ci ficcasse ancora le zampe.
   «Però, comincio a prenderci gusto!» ridacchiò Talyn, passandosi una mano tra i capelli sudati. La temperatura stava già cominciando a scendere. Il giovane prese a interdire tutti gli altri sistemi, per togliere ogni opzione all’avversario. Riuscì persino a sbloccare l’ingresso della plancia. Infine cercò di teletrasportare via Naskeel, ma si scontrò con lo stesso problema già riscontrato: la mancanza d’energia.
   «Be-beep! Quaranta minuti all’impulso!» avvertì Ottoperotto, che era tornato presso l’emettitore gravitonico.
   «Frell, non c’è tempo!» imprecò Talyn. Rinunciato al tentativo di teletrasporto, corse al carrello antigravitazionale. Lo spinse fuori dalla sala macchine, nei corridoi sanguigni. «Avvertimi se arriva qualcuno» ordinò al robottino, e prese a spingere il carico più veloce che poteva.
 
   Quell’ultima corsa attraverso la Destiny fu la più tremenda per Talyn. Il tempo era agli sgoccioli, il caldo ancora asfissiante e in ogni momento rischiava d’incontrare qualche invasato pronto a ucciderlo. Per fortuna Ottoperotto vigilava con i sensori: per due volte rilevò segni vitali in avvicinamento e per due volte il giovane riuscì a svicolare in tempo. Fortunatamente non restavano in molti sulla Destiny rossa, e quei pochi erano assorbiti dalla lotta contro gli Shriek. Le strida degli alieni risuonavano per i corridoi scarlatti, segno che anche loro erano in fermento. Gli acuti richiami erano frammisti al sibilo delle armi a raggi e alle grida rabbiose dell’equipaggio. Tra tutte le Destiny che Talyn aveva attraversato, quella era indubbiamente il principale campo di battaglia contro gli Shriek. A un certo punto vide addirittura le carcasse di due alieni in mezzo a un corridoio, segno che gli avventurieri erano riusciti ad abbatterli. Ricordò le parole di Rivera, secondo cui i fucili polaronici si erano rivelati più efficaci dei phaser.
   «A saperlo prima...» borbottò l’El-Auriano, passando brutalmente sopra i resti delle creature. Proprio non aveva tempo per eseguire una terza deviazione.
   Giunse così alla base dell’ampia scala a chiocciola che conduceva in plancia. La scalinata era abbastanza larga da permettergli di percorrerla col carrello antigravitazionale e il carrello stesso poteva essere regolato per fare le scale. Tuttavia Talyn lo lasciò alla base della scalinata. Prima di portarlo su, infatti, doveva occuparsi di Naskeel.
   Mentre saliva i gradini in punta di piedi, madido di sudore sebbene fosse ancora in canottiera, il giovane rifletté che quella era l’azione più pericolosa della missione, se non proprio di tutta la sua vita. Dopo la prigionia nella biosfera degli Undine si era esercitato senza posa sul ponte ologrammi: la sua mira e i riflessi erano nettamente migliorati. Ma anche così, affrontare un Tholiano inferocito era un’impresa temeraria. Se il tempo non fosse quasi esaurito, non l’avrebbe mai preso di petto.
   Giunto innanzi alla porta già sbloccata, Talyn si nascose di lato per mettersi fuori tiro. Si accostò lentamente, fino a provocarne l’apertura. «Signor Naskeel, è lì?!» gridò, ma non ebbe risposta.
   «È inutile giocare, Naskeel! Tanto so che è lì dentro!» insisté il giovane. «Getti la sua arma ed esca con le mani alzate! Le prometto che non le farò alcun male. In effetti sto cercando di salvarla».
   Finalmente giunse una risposta, sotto forma di versi striduli che il traduttore simultaneo convertì in parole comprensibili, seppure dal timbro metallico. «Nessuna resa! Nessuna trattativa! Questo vascello è ora di proprietà dell’Annessione Tholiana!» proclamò Naskeel.
   «Beh, è tornato alla sua missione iniziale?! Quella è storia vecchia, non ricorda?» ribatté Talyn. «Dopo il primo scontro abbiamo deciso di collaborare. Ora lei è il nostro Ufficiale Tattico! Ha promesso d’esserci leale e di vigilare sulla nostra sicurezza. Lo ha giurato, Naskeel! Non lo ricorda?».
   «Il vascello deve essere epurato! Tutti gli Organici devono essere eliminati!» fu la sconfortante risposta.
   «Andiamo, può fare meglio di così!» tentò ancora l’El-Auriano. «Si vanta spesso d’appartenere a una specie razionale, non offuscata dalle emozioni. Provi a usare la logica e si chieda se la sua condotta ha un senso! Ci troviamo in un limbo; guardi fuori dallo schermo e se ne renderà conto. Come farà a consegnare la Destiny ai suoi superiori? Deve lasciarmi entrare, così porterò la nave fuori di qui. Dopo potrà farmi ciò che vuole!».
   Non ottenendo risposta, Talyn si arrischiò a sbirciare: vide il Tholiano quasi al centro della plancia, che imbracciava un fucile polaronico. Allora ritrasse subito la testa, appena in tempo per sfuggire al raggio mortale. Scintille di duranio sprizzarono dallo stipite. Il giovane imprecò e consultò l’ora: mancavano pochi minuti. Se non piazzava in tempo l’emettitore, tutti i suoi sforzi erano vanificati e la Destiny era perduta. Non gli restava che affrontare Naskeel. E poiché la granata stordente non era efficace contro l’alieno inorganico, avrebbe dovuto ucciderlo.
   «Okay, Ottoperotto, stammi bene a sentire» ordinò. «Sto per affrontare il Tholiano. Se vince lui, è la fine. Se ci colpiamo a vicenda, dovrai pensarci tu a collocare l’emettitore al suo posto. Dovresti avere un tirante in uno dei tuoi sportellini: usalo per tirare il carrello fino alla sua posizione definitiva, davanti al timone. Hai capito tutto? Bene, attaccherò al tre». Il giovane respirò a fondo, pronto a scattare. «Uno... due...».
   Prima che arrivasse al tre, Ottoperotto lo prevenne, schizzando dentro la plancia a una velocità mai vista prima. La reazione di Naskeel fu immediata: aprì il fuoco contro l’intruso. Ma nemmeno lui fu abbastanza veloce da colpirlo. Il robottino sfrecciò attorno al Tholiano in un vorticoso girotondo, obbligandolo a girare su se stesso nel tentativo di abbatterlo. Raggi polaronici colpirono ripetutamente la parte alta della plancia, provocando piogge di scintille.
   Approfittando della distrazione, Talyn scattò a sua volta. Si sporse dallo stipite, mirò al fucile polaronico di Naskeel – che gli volgeva il fianco – e fece fuoco. Il raggio phaser colpì il fucile proprio al centro, spezzandolo in due. Il giovane si ritrasse subito, nel caso che il Tholiano avesse un’altra arma.
   «Be-beep! Naskeel disarmato!» lo informò Ottoperotto, e in effetti dalla plancia non giungevano altri colpi.
   «Bene!» fece Talyn, osando finalmente entrare. Il ponte di comando non gli era mai parso così cupo: i toni rossastri ben si accordavano col Tholiano al suo interno. E sullo schermo principale brillava il rosso intenso del limbo che imprigionava ancora la Destiny. «Ora tu lascerai la plancia, ma senza movimenti bruschi!» intimò.
   «Negativo. Meglio la morte del disonore» rispose Naskeel, senza muoversi di un millimetro.
   «Ah, ma sei cocciuto!» sbottò l’El-Auriano. «E va bene, ti trascinerò io!». Agganciò il phaser in cintura e al suo posto impugnò un’altra arma: la frusta neurale del Capitano. Gliela aveva sottratta poco prima, quando aveva finto di abbracciarlo per la commozione. Forse Rivera gliela avrebbe data spontaneamente, se gliela avesse chiesta. Ma in fondo al cuore, Talyn era ancora il borsaiolo che i contrabbandieri avevano incontrato nelle strade di Stardust City. Dette una violenta sferzata, avvolgendo la frusta attorno alle zampe del Tholiano, e lo trascinò verso il centro della plancia. In circostanze normali, l’alieno inorganico sarebbe stato molto più forte di lui; ma la carica elettrica della frusta lo indeboliva. Anche così il Tholiano era maledettamente pesante. Talyn dovette spremere tutte le energie residue per spostarlo di un paio di passi verso il centro della sala. Quando vide che era all’interno di un cerchio tracciato sul pavimento, disattivò la frusta.
   «Computer, campo di contenimento, autorizzazione Rivera 7-1-7!» ordinò.
   Un campo di forza cilindrico apparve in corrispondenza del cerchio tracciato sul pavimento. Il cerchio abbracciava le tre poltrone centrali della plancia: quella del Capitano, del Primo Ufficiale e del Consigliere. Lo scopo della barriera era proteggere gli occupanti, nel caso in cui la plancia fosse compromessa. All’occorrenza però poteva servire all’inverso, per confinare al suo interno un avversario. Cosa che Talyn aveva appena fatto, ricorrendo a un codice di comando del Capitano. Il Tholiano emise degli schiocchi rabbiosi, impossibili da tradurre, e colpì con violenza il campo di forza, ma nemmeno lui poteva oltrepassarlo. Era imprigionato in quel cilindro d’energia che andava dal pavimento al soffitto.
   «Vittoria!» esultò Talyn, ma in quella il suo comunicatore prese a vibrare. Era l’allarme che aveva inserito a inizio missione, per avvertirlo un minuto prima dello scadere del tempo.
   Trafelato, il giovane corse giù dalla scala a chiocciola, dove lo aspettava il carrello levitante con l’emettitore. Lo spinse su per la scala, col cuore che batteva come se gli dovesse scoppiare nel petto. Ecco, era di nuovo in plancia... girava attorno al campo di contenimento... poi attorno alla consolle del timone. Mezzo svenuto dall’ansia e dalla fatica, il giovane usò le ultime forze per spingere il carrello nella sua collocazione finale, proprio davanti allo schermo rosseggiante.
   Appena in tempo.
   Nell’attimo in cui il carrello si arrestava, l’emettitore gravitonico si attivò. Le lunghe e sottili antenne ronzarono come un diapason, il globo semisferico alla base sfarfallò di luci. Il ronzio crebbe d’intensità fino a diventare insopportabile. Talyn, che era crollato a terra, dovette ficcarsi le dita nelle orecchie; ma continuò a sentire la vibrazione nelle ossa. Osservò il piccolo display alla base del congegno: il consumo d’energia era al picco.
   «Ci siamo. O la va, o la spacca...».
   In quella ci fu un lampo di purissima luce bianca, che spazzò via l’opprimente rosso. Un lampo simile a quello che la Destiny aveva sperimentato un giorno e mezzo prima, nel momento della scissione quantica. In quel bagliore accecante, l’El-Auriano perse i sensi. 
 
   
 
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