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Autore: Knight_7    19/09/2022    1 recensioni
Nella mia mente ho sempre paragonato il movimento del respiro a quello delle onde.
Forse perché il mare è il primo ricordo che ho, oltre a una delle pochissime immagini nitide che conservo dei miei primi anni di vita.
L’oceano riempiva ogni mio pensiero all’epoca, perciò non mi sorprende che abbia finito per spazzare via tutto il resto nella mia memoria.
Ora che sono cresciuta è tutto diverso, certo…
Anche se ultimamente ho scoperto che l’immagine delle onde mi aiuta a inspirare ed espirare lentamente quando nel cuore della notte vengo svegliata dagli attacchi di panico.
Ma questo è successo dopo.
Molto dopo.
E forse per evitare che anche l’ultimo briciolo di sanità mentale che mi resta venga sommerso dalla marea, meglio ricordare tutto dall’inizio.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarisse La Rue, Luke Castellan, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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In un attimo, il buio si illuminò prendendo la forma dell’infermeria e il silenzio venne spezzato da un agitato vociare che mi stordì.
 
“Mel, ci sei? Riesci a sentirmi?”
Luke mi teneva per le spalle, scuotendomi leggermente, con gli occhi sbarrati e il viso contorto di preoccupazione a pochi centimetri dal mio.
 
Ancora troppo frastornata per rispondere, spostai lo sguardo intorno a me: ero seduta su un letto, Luke era accanto a me, Chirone inginocchiato sulle lunghe zampe al mio capezzale, Annabeth e Clarisse assistevano alla scena dai piedi del letto.
 
“Figliola, hai forse perso il senno?” la voce di Chirone suonò così addolorata che mi fece tenerezza.
 
Non so se lo chiese in senso metaforico, del tipo “Che diavolo ti è saltato in mente?”, o se fosse seriamente preoccupato che la mia salute mentale fosse stata compromessa dall’udienza con l’Oracolo.
 
Scossi la testa e mi massaggiai la fronte con una mano.
Era stato tutto un’illusione, questo era chiaro, ma perché il mio cervello non si era minimamente accorto dell’impossibilità di ciò che aveva visto e percepito?
Avevo creduto che tutto quanto stesse accadendo realmente…
Come poteva la mia mente essere così manipolabile?
 
Un brivido mi percorse la schiena quando mi domandai come facessi a essere davvero sicura che anche quella scena non fosse un’allucinazione.
 
“Saresti in grado di fare lo spelling del suo nome?” domandò Chirone, in evidente stato di nervosismo, indicando Luke.
 
Annuii:
“I-M-B-E-C-I-L-L-E”
 
Le spalle tese di entrambi si abbassarono con un gemito di sollievo.
 
“Non potevamo chiedere conferma migliore” affermò Luke, esibendo un sorriso stremato.
 
“Cara, si può sapere cosa ti è saltato in mente?” domandò Chirone; ormai non c’era più traccia della rabbia che mi aveva riservato poco prima, in quel momento era solo profondamente preoccupato. “Consultare l’Oracolo in modo sconsiderato… Urlavi così forte che ti abbiamo sentita dal cortile. Quando ti abbiamo trovata avevi gli occhi spalancati nel vuoto e non rispondevi a nessuno stimolo.
Devi ritenerti fortunata a essere ancora in grado di parlare”
 
“Cosa ti ha detto?” domandò Clarisse, stringendosi al petto le braccia quasi impercettibilmente tremolanti. Conoscevo abbastanza la mia amica da intuire che anche lei stava tentando di nascondere una certa apprensione.
 
“Non mi ha detto nulla” risposi con voce rauca “Mi ha mostrato…”
 
“Mostrato?!” esclamò Chirone, inspiegabilmente angosciato dalla mia rivelazione “Riusciresti a raccontarci cosa hai visto?”
 
“No. Decisamente non saprei descriverlo” replicai, incapace di rievocare quella spaventose serie di immagini prive di senso e di un qualsiasi apparente legame.
 
Ma c’era qualcos’altro che aggiungeva ulteriore angoscia a quella faccenda. Avevo come la sensazione di aver dimenticato qualcosa.
Un’altra visione, qualcosa che avevo visto ma che la mia mente si era rifiutata di elaborare o di imprimere nella memoria.
 
Qualcosa che…
 
“Direi che ne abbiamo avuto tutti a sufficienza per stasera… Vi voglio tutti nei vostri letti entro i prossimi sessanta secondi. A parte te, Melody, resterai qui fino a domattina. Non voglio storie da nessuno” sentenziò Chirone e la sua voce lasciò trasparire tutta l’esasperazione che stava provando.
 
Fu il primo a dileguarsi, seguito da Annabeth, che tentò di augurarmi impacciatamente la buonanotte e alla quale non risposi, ancora troppo infastidita dalla nostra discussione.
Luke mi diede un leggero pizzicotto sulla guancia e uscì, lasciandomi sola con Clarisse, che mi fissava dai piedi del letto senza proferir parola.
 
“Che vuoi ora?” sbottai in modo aggressivo.
 
“Pensavo alla gara di lancio del disco di settimana scorsa, quando quell’idiota di Michael Yew ha sbagliato traiettoria e ti ha centrata in pieno. Mi chiedo se non stiano iniziando a venir fuori i postumi da commozione cerebrale”
 
“Va’ all’inferno”
 
“Oh, no, io no. Tuo fratello invece ci andrà eccome”
 
“Ti credevo mia amica” sibilai con rabbia, stritolando i lembi delle lenzuola.
 
“Anch’io rivaluterei le mie amicizie, se fossi in te. Ma non dovresti iniziare da me, sai…”
Mi voltò le spalle e fece per uscire, ma non senza lanciandomi un’ultima frecciatina:
 
“Domanda al tuo fidanzatino di chi è stato l’ultimo, decisivo voto a favore della missione di Prissy”
 
 
 
Per cinque anni avevo vissuto insieme alla casa di Ermes: avevo dormito nella stessa capanna, mangiato allo stesso tavolo e seguito le medesime lezioni di quelle esasperanti teste calde sempre pronte a riempire il tuo bagnoschiuma di maionese e a infilarti petardi nello zaino.
Fidatevi, al mio posto li avreste amati tanto quanto li amavo io.
Con mia madre e Percy lontani per anni, erano stati loro la mia famiglia e i miei fratelli.
 
Inoltre il compito di ospitare i giovani indeterminati, era sì una grande scocciatura, ma aveva anche il grande vantaggio di fare conoscenze senza pregiudizi derivanti dall’identità del genitore divino; le faide tra le varie case, infatti, erano spesso causate dalle antiche dispute genitoriali che si riversano nei DNA dei figli (come Atena e Poseidone o Ares ed Efesto).
Era stato proprio questo fatto a consentire a me e a Luke di stringere amicizie un po’ con tutti e a ottenere fiducia e stima da parte dei ragazzi del Campo.
 
Realizzai tutto questo la sera del giorno in cui Percy partì per l’Impresa, mentre me ne stavo solitariamente seduta al tavolo di Poseidone, ingobbita sopra la mia cena, ben attenta a non incrociare nessuno sguardo.
 
Nessuno dei miei amici aveva preso troppo bene lo svelamento del mistero riguardante il mio genitore divino… E soprattutto che io ne fossi sempre stata consapevole e avessi taciuto a tutti per anni.
Con la coda dell’occhio vidi Chirone lanciarmi un lungo sguardo, poi abbassare la testa sulla cena, sospirando.
Provai una fitta di vergogna. Deludere adulti che confidavano nelle mie capacità non era una novità per me (basti pensare a mia madre e i pochi professori volenterosi e ottimisti che avevo incontrato), ma deludere Chirone… Beh, era un’altra storia.
 
“Spazio vitale, che sogno” esordì Luke, lasciandosi cadere dall’altro lato del tavolo.
 
Nell’istante in cui si sedette, allargando gambe e gomiti in un gemito di soddisfazione, il tavolo e le due panchine tremarono lievemente e gli occhi severi di Chirone ci si piantarono addosso.
 
“Non dovresti sederti qui” affermai con voce apatica.
 
“Stai scherzando? Penso seriamente di prenderci la residenza”
 
“Hai dato voto favorevole in Consiglio” lo accusai, serrando la maschella e cercando di trattenermi dall’imprecare.
 
Il suo ghigno sarcastico si spense.
“Clarisse, eh?”
 
“Le spalmerei la faccia sul pavimento delle stalle in questo momento, ma mi fido di lei. Sarà anche spietata e arrogante, ma è onesta. Trasparente. Al contrario di qualcun altro ”
 
“Mel, ascolta…”
 
“Risparmiamelo, ti supplico” mormorai, massaggiandomi la tempia “Cercare una giustificazione ai tuoi atteggiamenti da stronzo manipolatore mi costerebbe più energie di quante ne ho al momento”
 
Lo dissi con un tono che non traspirava né rabbia né rancore, solo una viscerale stanchezza.
 
Improvvisamente, le parole che Percy aveva urlato giusto qualche ora prima mi riaffiorarono alla memoria con la forza di una sberla.
 

“Come hai potuto tenermelo nascosto?! Tutti questi anni passati qui a pensare agli affari tuoi e a divertirti con gli amici, mentre io e la mamma a stento tiravamo avanti! Le spese, Gabe, la scuola... E io che quasi ti compativo, lontana da noi, in chissà quale bigotto collegio di suore…”
 
“Io volevo raccontarti ogni cosa, devi credermi! Ma la mamma…”
 
“La mamma non poteva sapere cosa provavo, quanto mi sentissi solo e stupido, TU SI!!
Non ti è mai importato niente né di lei né di me. Sei solo una stronza egoista!”
 

“Ho volato fino a Montauk con le scarpe di mio padre, la scorsa notte, per recuperare la vela. È giù al porto” disse Luke dopo un lungo silenzio.
 
Lo guardai, sbigottita.
 
“Scarta qualsiasi altro modo tu stia ponderando per raggiungere tuo fratello. L’acqua sarà sempre la scelta migliore per te. Fidati, di viaggi me ne intendo”
Disse con una smorfia, infastidito, come succedeva sempre quando realizzava quante cose avesse ereditato da suo padre.
 
“Cos-… Vorresti farmi circumnavigare il Sud America?”
 
“La geografia non è il tuo forte, eh?” mi canzonò “Lo stretto di Panama sarà più comodo. Ti ho lasciato i soldi per il pedaggio nella stiva della barca, ma non chiedermi come me li sono procurati. Sarei costretto a mentirti”
 
“Luke…”
 
“Meglio se inizi ad avviarti” suggerì, alzandosi “Il diversivo ti garantirà solo una manciata di minuti per raggiungere la spiaggia, ma dovrebbero bastarti”
 
“Dimmi perché” sibilai, furente e commossa insieme, tirandomi in piedi per poi oltrepassare il tavolo e avvicinarmi a lui.
 
“Dimmi perché ultimamente sembra che confondermi le idee sia diventato il tuo passatempo preferito?!”
Tremavo di rabbia e a stento tenevo freno le lacrime.
“Rischio di perdere tutta la mia famiglia e sono qui a scervellarmi per capire perché il mio migliore amico si comporta in modo così meschino con me… Mi illudi, mi conforti, poi mi pugnali alle spalle e alla fine escogiti un sistema per convincermi che era fin dall’inizio tutto un tuo piano per aiutarmi…
Che diamine succede, Luke? Tu non eri così. il ragazzo con cui sono cresciuta non era così…”
 
Avrei proseguito, ma una scintilla nei suoi occhi mi fermò: dolore. Puro, autentico dolore.
E in quell’emozione di tetra sofferenza, così poco conforme alla sua presenza solare e luminosa, finalmente mi sembrò di riconoscere, dopo tanto tempo, il mio amico.
Aprì la bocca per dire qualcosa – Dei, cosa darei per sapere cosa stava per dirmi -, ma all’improvviso un fragoroso scoppio fece tremare fin le colonne della mensa.
 
Ci voltammo tutti quanti verso la fonte del rumore, ovvero il tavolo di Apollo.
Una miscela rosa shocking altamente appiccicosa e impregnata di fiorellini colorati si era riversata sulla tavolata della cabina 7, cospargendo i figli di Apollo da capo a piede.
Quando tutti si destarono dallo stupore e i gridolini di sorpresa si spensero, una voce tuonante si alzò dal tavolo di Ares:
 
“AFRODITE SI È VENDICATA DELLA SCONFITTA CONTRO APOLLO NEL TORNEO DI PALLAVOLO!”
 
Clarisse era in piedi sulla panchina con le braccia spalancate, aizzando una rissa che non tardò ad arrivare.
Se solo qualcuno non fosse stato preso dalla smania di gettarsi nella mischia, probabilmente avrebbe notato come i polpastrelli della mano di Clarisse fossero troppo rosa.
 
Capii che non mi ero sbagliata sul conto della mia amica.
Mentre forse su quello di Luke avevo appena iniziato ad aprire gli occhi.
 
Quando si rigirò a guardarmi, io ero già lontana.
  
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