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Autore: Duodoppioteam99    21/09/2022    0 recensioni
Dal testo:
A quel punto non seppi come reagire, e per la prima volta durante tutto il mio viaggio, mollai. Avrei potuto seguirlo sicuramente, ma in quell’istante non ebbi la prontezza necessaria.
La testa si fece ancora più pesante, la mente annebbiata e le gambe si fecero molli sotto al mio peso. Svenni.
L’ultima cosa che sentii fu il richiamo acuto di Reshiram, ormai allontanato dalla sua controparte, e le urla dei miei amici Komor e Belle che cercavano inutilmente di farmi rinsavire.
———
Proseguo immaginario della storia tra Touko ed N dopo gli avvenimenti di Nero e Bianco
!Prologo risistemato graficamente!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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CAPITOLO 22
Finalmente il Palazzo di N.
Ci trovavamo diversi metri sotto terra e, inspiegabilmente, il castello era precipitato senza apparenti danni in una sorta di grossa cava nel terreno.
Come facesse ad essere tutto intero? Non lo saprei spiegare.
In quel momento ero troppo euforica e su di giri per dar conto a queste “piccolezze” tecniche.
“Laggiù!” indicò a un tratto Komor con il dito “Zoroark sta entrando nel castello. Dobbiamo seguirlo”.
Appena feci un passo, però, il terreno sotto di me emise dei rumori che di confortante avevano ben poco.
“Ok ma senza correre, altrimenti qui crolla tutto” precisai.
Per nostra fortuna il collegamento tra la nostra posizione e il castello era fornito da una lunga scala metallica che si era incastrata nel terreno durante la caduta della costruzione. Zoroark era entrato da lì e, anche osservando attentamente, non vedevo altri possibili punti di accesso.
 
“Bene. Prima le signore” gesticolò Komor con la mano per permettermi di avanzare verso la scalinata scura.
“Grazie, troppo gentile, non ti facevo così pauroso sai?”
“Non dire idiozie, lo faccio per controllarti. Almeno sono sicuro che al primo spavento non te la darai a gambe levate abbandonandomi in questo tuo assurdo piano. Non te lo perdonerei sai?”
A quel punto mi apprestai a scendere la scalinata, non prima di aver riservato al mio amico una linguaccia. Gesto molto maturo lo ammetto.
Nonostante tutto la scalinata si presentava abbastanza solida, anche se mancante di qualche gradino e sembrava reggere bene il peso di due persone.
Ma fu una volta che fummo arrivati a circa metà percorso uno scossone ci fece sussultare.
“Ti prego Komor dimmi che sei stato tu. Ti supplico”.
“Mi dispiace deluder-” non fece in tempo a finire la frase il mio amico che un forte urlo di drago arrivò alle nostre orecchie.
Preoccupati ci voltammo e quello che vedemmo ci lasciò senza parole.
Un enorme Druddigon si stava minacciosamente avvicinando alla scala, con fare tutt’altro che amichevole.
“La scala non sopporterà sicuramente il suo peso!” osservai.
Fu in quel momento che il Pokèmon Drago si piegò sulle ginocchia e iniziò a tirare forti colpi alla scala con gli artigli. Di questo passo sicuramente la avrebbe distrutta.
Probabilmente eravamo entrati nel suo territorio e stava cercando in tutti i modi di eliminarci.
Esposta ai colpi del Pokèmon la stessa scala era sottoposta e tremori e qualche gradino cadde nel vuoto.
Non ebbi coraggio di sporgermi per osservare il suo percorso. Il vuoto sotto di noi era tremendo, buio e dal colore più scuro della pece.
“Tu vai avanti. Penserò io a lui. Lo distrarrò in modo da darti tempo” si propose subito Komor e non potei fare altro che seguire il suo comando.
Cominciai a camminare veloce verso la porta d’entrata mentre vedevo il mio amico percorrere la strada opposta per avvicinarsi il più possibile al Drago. Una volta riuscitoci chiamò a rapporto il suo Unfezant e salì sul suo dorso, in modo tale da non essere sottoposto agli scossoni della scalinata.
Io, d’altro canto, una volta arrivata davanti a quello che sembrava un portone d’ingresso secondario, senza indugio entrai.
 
Una volta entrata l’ambiente si presentava completamente insonorizzato.
Non si udivano, ad esempio, le urla di Druddigon al di là del muro, ma solo qualche ovattato rumore proveniente dall’interno del castello ormai in rovina.
Grandi massi erano sparsi lungo i maestosi corridoi così come gli arazzi strappati e pieni di polvere ancora affissi alle pareti o pezzi di cornicione erano orami caduti a terra.
La rovina aveva consumato quello che era stato un Palazzo dagli sfarzi esagerati. Colorazioni oro alle pareti e grandi decorazioni arzigogolate erano solo una minima parte degli elementi che avevano reso l’edificio una dimora regale.
Ero già stata, prima della lotta finale con N, dentro al castello. Ricordavo bene che una guardia mi aveva informato del fatto che l’edificio fosse stato costruito da dei Pokèmon rubati a diversi allenatori e soggiogati dal Team Plasma.
Come allora, leggeri brividi mi invasero la schiena a quel pensiero.
Cercando di non perdere tempo prezioso mi incamminai a passo svelto per raggiungere la Sala del Trono.
Come nel sogno di qualche notte precedente, superai un numero considerevole di camere e salii numerose scalinate per raggiungere la sala più importante.
Non mi fermai nuovamente a ispezionare la cameretta di N. Non ebbi la forza.
Anzi, come la più grande delle vigliacche, una volta arrivata davanti a quest’ultima, ad occhi chiusi e a pugni stretti continuai il mio cammino.
Non volevo ritornare nel passato. Non volevo rivedere la prova della sofferenza di N, non volevo immaginare e ricordare lo stato d’animo di un bambino richiuso e soggiogato dal padre.
I giochi consumati erano la prova fisica di cotanta sofferenza, e preferivo possedere solo un ricordo di questi piuttosto che osservarli una seconda volta.
 
Nel momento in cui raggiunsi l’ultimo piano il cuore cominciò a battere all’impazzata.
Non sapevo cosa aspettarmi a dire la verità. Ero abbastanza sicura del fatto che N non potesse vivere in un luogo del genere e, di conseguenza, le possibilità di ritrovarlo lì, nella Sala del Trono, ad attendermi a braccia aperte erano molto limitate se non tendenti allo zero.
Ma se era vero ciò che aveva detto Ross, Zoroark sapeva dove si trovava N. Era stato uno dei suoi più fidati amici dopotutto e forse l’avermi riportata al castello era un segno.
Un segno che qualcosa stava finalmente per cambiare.
 
Entrai nella Sala del Trono e, come da copione, la trovai vuota. Deserta.
Per assurdo, anche se si trovava alla sommità dell’edificio, si presentava come la stanza più rovinata.
Non era presente nessuna fonte di luce, se non per alcuni spiragli che provenivano dal soffitto dove le travi e i cornicioni erano caduti.
Massi di varia misura riempivano lateralmente la sala.
Alzai lo sguardo, a quel punto, verso il fondo della stanza. Enormi massi troneggiavano laddove, tempo addietro, era presente il grande varco che Zekrom aveva utilizzato per volare lontano, portando in sella il suo Eroe dai capelli verdi.
Mi avvicinai e, senza particolare interesse, andai a toccare uno di quei massi ruvidi e freddi.
Come sarebbero andate le cose se lo avessi seguito quel giorno?
Come sarebbero andate le cose se lo avessi fermato?
Se non fossi stata così lenta e paurosa dei miei sentimenti?
Avevo avuto talmente paura di una sua possibile reazione negativa che non avevo neanche provato. Non era da ma un atteggiamento del genere.
Ero sempre stata la Touko in prima fila per tutto tra i miei amici. Prima a cercare di raggiungere le Palestre, prima a cercare di battere i Capopalestra, prima a raggiungere il titolo di Campionessa.
Forse era stato proprio questo mio temperamento a permettermi di farmi diventare Eroina. Forse per questo Reshiram aveva visto in me qualcosa. Qualcosa che gli altri non avevano.
Eppure, come la più banale persona del mondo, avevo avuto paura dei miei stessi sentimenti e mi ero lasciata soggiogare da questi.
Ma i miei pensieri vennero interrotti nel momento in cui udii un flebile suono alle mie spalle.
Mi voltai e riconobbi, senza molto stupore, la figura di Zoroark. Come al solito, dall’alto della sua posizione eretta, mi osservava fisso con i suoi occhietti luminosi.
“Zoroark” lo richiamai “allora Ross aveva ragione. Tu sapevi l’esistenza di questo posto. Così come saprai dove si trova N presumo…” terminai la fase inclinando un po’ il capo lateralmente ma continuandolo a guardare fisso.
Diversamente dal mio sogno, non avevo paura di lui. Nonostante il suo atteggiamento non fosse mai stato dei più propositivi.
 
Grazie. Touko”
 
Udii improvvisamente.
Sull’attenti, mi voltai velocemente a destra e a sinistra per vedere da chi proveniva quella voce ma non scorsi nessuno.
Puntai la mia attenzione su Zoroark e sbarrai gli occhi. Che quella voce provenisse dai lui? Stavo forse sognando nuovamente?
Stavo per proferire parola ma fu lui stesso a continuare.
E’ stato piacevole viaggiare con te. Se una persona di buon cuore e questo lo sa anche il Principe. Ora lo ho capito pure io e potrò confermarglielo una seconda volta”.
Una volta terminate le sue parole la terra cominciò a tremare al di sotto dei miei piedi.
Crepe dalle varie dimensioni iniziarono a presentarsi nel terreno mentre alcuni pezzi di cornicione minacciavano di crollare da un momento all’altro.
Zoroak era scomparso nel mentre, non si trovava più dinnanzi a me ma non lo avevo neanche visto muoversi.
Realizzai che sarei dovuta uscire da quel posto in fretta se non avessi voluto rimanere schiacciata tra i massi. Senza pensarci due volte mi diressi verso l’uscita percorrendo corridoi tremolanti e scale poco stabili.
Probabilmente la costruzione stava cedendo data l’instabile posizione in cui si trovava. Era giunta la sua fine.
 
Una volta uscita, insieme a Komor, mi avviai verso casa in sella al suo Pokèmon Volante.
Dietro di noi solo un’alta coltre di fumo.
Di Zoroark nessuna traccia.
 
CONTINUA…
   
 
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