Serie TV > House of the dragon
Ricorda la storia  |      
Autore: BellaLuna    25/09/2022    10 recensioni
[Storia vincitrice del premio per il Miglior Attore Protagonista agli Oscar della Penna 2023 indetti sul forum Ferisce la penna.]
Daemon Targaryen non ha mai seguito altra via se non quella della brama: il Trono del Conquistatore è il tormento che smuove ogni filamento della sua anima nera, fino al giorno in cui suo fratello glielo nega e sceglie Rhaenyra al suo posto, e allora persino il Principe Ribelle scopre che esistono legami capaci di piegare l'ingordigia del Drago.
Dal testo: "Viserys scocca le sue accuse, e Daemon lascia che suo fratello creda alla menzogna che più lo aggrada, lascia che creda di aver desiderato una sedia vecchia e sgorbia più di quanto potesse desiderare Rhaenyra."
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daemon Targaryen, Rhaenyra Targaryen, Viserys Targaryen
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Di rovina è ogni mia brama
 
 

§
 


Esiste una verità, una legge fondata da uomini sciocchi per uomini sciocchi, da cui persino Daemon Targaryen non è mai stato in grado di fuggire: è nato secondo –  che è come dire che è nato già sconfitto, primo fra i perdenti.
Quando è solo un cucciolo di drago che gioca a fare Il Conquistatore, Maestri molto più vecchi e senza cervello di lui provano a spiegargli che nessuna gloria spetta mai a chi campa e crepa nelle retrovie della vita, e forse per questo – per ridere e sputare in faccia alle loro facce grasse e beote da topi di Vecchia Città – ha sempre voluto più di quanto il mondo gli abbia mai concesso di desiderare per sé, più delle briciole che negli anni Viserys ha provato a dispensargli nella speranza di addomesticarlo, fare di lui una furia cheta da scatenare all’occorrenza.
Suo fratello pareva aver scordato la lezione più importante: il Drago non conosce catene, non conosce padroni.
Daemon è un Principe Ribelle che nessuno vuole, che nessuno comprende, e allora lascia che la bramosia di chi non ha il diritto di affermare “qui è tutto mio!” lo consumi, gli tolga il sonno, lo porti a disprezzare chiunque e a pretendere ogni cosa.
A chi gli chiede perché continui a dispensare null’altro che grane al suo Re, risponde che portare fuoco e sangue è ciò per cui è nato –  non dice loro che sogni di beata rivalsa sono tutto ciò che possiede, né che non conosce il vero motivo per cui nessuna nuova battaglia, nessuna grande o piccola orgia di morte e piacere basta mai a saziare la fiamma vorace che lo divora.
E con suo fratello al comando dei Sette Regni e nessun frugoletto del sesso giusto a succedergli, è facile convincersi che a smuovere ogni filamento di cui è composta la sua anima nera sia quella rovina che Aegon aveva battezzato Trono.
Passa anni a bramare –  e quasi a sperare –  che quelle spade fuse dal Terrore gli basteranno, a placare la fame degli insaziabili, a concedere riposo al drago.
(A dargli pace, finalmente.)
Ma Viserys continua a negarglielo, definisce vane e folli tutte le sue imprese, gli preferisce un erede che regna solo nelle sue visioni, e lo esilia quando invece di piangere la morte di uno sconosciuto celebra la sua di vita.
“Il tuo spregevole comportamento mi ha spinto oggi a nominare il mio nuovo erede.”
“Sono io il tuo erede.”
“Non più.”
Suo fratello crede davvero di poterlo rilegare ai margini della storia senza che lui gli si opponga, e Deamon potrebbe genuflettersi e pregare il suo perdono, ma non basta il senso di colpa nel aver visto lui e Rhaenyra inghiottire sale e cenere sulla pira di Aemma per spingerlo a piegarsi e a lasciare il suo scranno di Roccia del Drago per quello ancora più detestato di Pietra di Luna.
Così, ruba l’uovo dell’Erede di un Giorno e trama una rivendicazione che puzza di marcio persino al suo naso, e che alla fine Rhaenyra soffia al vento sfidandolo a viso aperto, senza alcun timore.
“Sono proprio qui, zio. L’oggetto della tua ira. Se il tuo desiderio è quello di tornare ad essere l’erede, dovrai uccidere me.”
Potrebbe farlo, sfilare nuovamente dal fodero Sorella Oscura e piantarla nel petto del sangue del suo sangue.
Il Drago non conosce catene, non è così? È libero da qualsiasi legame.
(E allora forse è lì, che Daemon vede la sua pelle mutare e svelarsi umana.)
Rhaenyra vince, –  ancora, fottuti primogeniti! –  e ciò che a lui resta è il fango dello squallore delle StepStones, granchi menomati sotto le unghia e una corona d’ossa.
Quella vendetta però gli è utile: ricorda a Viserys che i sogni non bastano per fare un Re grande, e gli permettono di marciare fra le sale della Fortezza Rossa gongolando nel vedere gli sguardi rosi dall'invidia e dal disprezzo negli occhi dei leccapiedi del Concilio Ristretto.
Rhaenyra è ancora nubile e casta, quando arriva a porgli l’unica domanda che durante i festeggiamenti tutti hanno vigliaccamente evitato di rivolgergli: “Quindi, che cosa vuoi?”
Si riscopre piacevolmente sorpreso e contento nel constatare che porta ancora la collana che un tempo le aveva donato, e nell'accarezzare l’acciaio valyriano piegato a mero ornamento sul suo collo, non può far a meno di notare il rossore sul suo viso e la morbidezza profumata della sua pelle.
“Avevo nostalgia di casa.”
“Tu detesti la Fortezza Rossa.”
“Non mi riferivo mica al castello, presta attenzione, nipote.”
Le strappa un sorriso che è tanto affilato quanto bello e raro come l’acciaio che indossa, e quando lei gli confessa di quanto l’annoi la pantomima dei pretendenti, prova a suggerirle vaghe soluzioni a cui risponde alzando gli occhi verso il cielo.
“Non desidero vivere la mia vita nella paura, zio. Solo nella solitudine.”
“Sembra una prospettiva alquanto solitaria.”
È il desiderio di sfida e potere che trabocca dal suo sguardo a far cantare il suo sangue di Drago, o così Daemon prova a giustificarsi con se stesso, quando l’idea dell’ennesimo complotto ai danni del suo amato fratello prende forma nella sua mente.
Non pensa davvero, all’inizio, di poter perdere al suo stesso gioco.
Non pensa davvero, quando quella notte invita Rhaenyra a seguirlo fra i segreti della vita notturna della capitale, di poter essere lui, alla fine, quello sedotto, quello che freme, esita e per ultimo batte in ritirata con il membro ancora duro fra le gambe.
La frustrazione (seguita dall’improvvisa rivelazione che persino lui, a dispetto di quanto tutti hanno sempre detto, ha dei limiti che non è in grado di superare) lo spinge ad annegare ogni ricordo nel sonno degli ebbri.
Per una volta, la brama del trono riposa, e al suo posto sorge e inizia a bruciare con la furia di cento Terrori un desiderio nuovo: quello di trovare Rhaenyra e pregarla di riprenderlo con sé, di sprofondare nel suo corpo fino a perdere se stesso. Lasciare che lei gli rubi ogni bacio, ogni tocco, ogni corona che vuole e poi portarle le teste di tutti i suoi nemici e pretendenti la mattina dopo.
È l’ennesimo sogno senza speranze, un veleno senza cura che lei sembra avergli piantato dentro con i suoi artigli ben affilati e che non fa fatica ad attecchire nel suo cuore marcio e a lasciarlo con la mente piena di e se...?
Sono tutti sintimoni che Daemon conosce bene, ma stavolta non ha tempo di escogitare nessuna malefatta, che i galoppini del Re lo raggiungono, scaraventandolo con poca grazia ai piedi dell’ira di suo fratello.
Forse ha finalmente svegliato il Drago.
“Ho passato anni a proteggerti, fratello, ma il tuo cuore è più nero di quello che pensavo. L’hai rovinata... cosa pensi che dovrei fare adesso?!”
La daga di Viserys minaccia di affondare nel suo collo e recidergli la carne, e c’è una parte di lui che quasi spera che lo faccia, che lo salvi dal suo nuovo tormento –  e poi ce n’è un’altra che gli ricorda di chi ha inseguito l’ombra per tutti quegli anni, di chi ha così ardentemente bramato l’approvazione, e allora una daga non è che una spada di carta che minaccia di ferire il fuoco.
“Dalla in sposa a me.” gli risponde, prendendo fiato nel dare voce ai suoi sogni di pace e non di guerra, sorprendendosi del tono quasi soffocato con cui lascia andare quella supplica.
“Ti ho offerto la mia corona e tu mi hai detto che potevo avere tutto ciò che voglio. Io voglio Rhaenyra.”
“Sei già sposato!”
“Anche Aegon il Conquistatore aveva due mogli...”
“Ma tu non sei un Conquistatore, sei solo una piaga che gli Dei hanno mandato per distruggere me!
“Lascia che sia mia moglie, fratello. E ti giuro che insieme restituiremo alla dinastia del Drago la gloria che gli appartiene.”
Viserys ha il potere di trasformare la sua parola in legge, di decidere a suo piacimento del destino degli uomini. Potrebbe accontentarlo, dargli ciò che vuole, smetterla per una volta di ascoltare la voce degli altri nella sua testa e dar retta solo alla sua.
Non è uno sciocco, deve aver visto in Rhaenyra quello che ha visto anche lui: loro sono uguali, e il sangue del Drago li porterà a desiderarsi in maniera sempre più spietata, se verranno loro tarpate le ali.
Lui può impedire che questo accada, può renderli liberi.
E invece gli ride in faccia, e calca più a fondo la lama fino a scorticargli la pelle.
Come sempre, punisce e castra i suoi desideri denigrandoli.
“Ma certo, non è mia figlia che brami… giusto, fratello? Soltanto il mio trono!”
Contraddirlo sarebbe inutile – Rhaenyra è il trono, l’erede prescelta, figlia del Drago – ma Daemon si ritrova comunque indeciso per un attimo se chiedergli o meno quale delle due cose possa essere la peggiore. Quale delle due cose possa comprare il suo perdono e redimerlo.
Preferisce, però, che Viserys creda a ciò che vuole, alla menzogna che più lo aggrada –  lascia che creda di aver desiderato una sedia vecchia e sgorbia più di quanto potesse desiderare lei.
L’esilio non lo sorprende, né lo ferisce: la Valle e la sua moglie di bronzo sono le uniche armi che suo fratello può davvero usare contro di lui.
“Come il mio Re comanda...” biascica osservandolo andar via, per poi bisbigliare in alto valyriano alle vestigie dei suoi antenati: “E non provi a lamentarsi, quando il giorno in cui farò ritorno dovrà trovare il modo di consolare un povero vedovo.”
È pronto a sfidare la sorte e le leggi degli uomini ancora una volta.
È pronto a portare fuoco e sangue in tutti e Sette i Regni, se questo significa poterli poi dominare al fianco di Rhaenyra.
Sa già che non ci sarà altra scelta, nessun’altra via.
La loro sarà una danza che nessuna storia oserà mai dimenticare.
 



FINE
 
 




N/A: Salve a tutti e spero che, per chiunque sia giunto fin qui, la mia storia abbia potuto riservare momenti di piacevole lettura!
Questa fan fiction nasce principalmente perché ormai House of the Dragon è la mia dose di droga quotidiana e io dovevo trovare un modo di smaltirla dal mio corpo.
Sto davvero apprezzando molto tutti i personaggi e qui ho scelto di dar voce a Daemon e al suo complicato rapporto con Viserys e Rhaenyra, perché i Targaryen su di me (non me ne vogliano i fan delle altre casate) hanno sempre esercitato un fascino particolare e mi piace scavare dentro le loro testoline piene di sogni di drago e fuoco e sangue per vedere cosa riesco a tirare fuori.
In questo scritto ho deciso in particolare di analizzare ciò che può essere passato nella mente del nostro Rogue Prince dalla prima alla quarta puntata, infatti ho aggiunto nel testo alcuni dei dialoghi originali della serie modificandoli un pochino a mio piacere.
So che al momento c’è un dibattito aperto sul perché Daemon abbia mollato Rhaenyra in un bordello (proprio bravo!), e qui ho voluto dare una mia piccola versione dei fatti.
Mi piacerebbe naturalmente poter leggere anche qualche vostra considerazione al riguardo, perciò non esitate a lasciare un commento positivo o negativo che sia!
Ancora grazie per il vostro tempo, alla prossima storia,
BellaLuna
  
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > House of the dragon / Vai alla pagina dell'autore: BellaLuna