Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Green Star 90    26/09/2022    2 recensioni
Irene è figlia unica, per cui la compagnia di Emporio la assimila a quella di un fratello minore che non sapeva di desiderare.
Irene è buona con lui, forse anche troppo. Lo ha visto da solo e lei gli ha donato compagnia. Lo ha visto all’addiaccio e lei lo ha vestito. Lo ha visto affamato e lei gli ha dato da mangiare. Irene vuole farlo diventare un membro della sua famiglia contro ogni ragionevole buonsenso e lui è spaventato da quella generosità. La si potrebbe pensare una ricompensa per quanto fatto, ma Emporio non se la sente di festeggiare quella conquista, non ancora. Dentro di lui c’è ancora troppo dolore da assimilare.
***
Cinque raccolte di flashfic ambientate nell'Ireneverse.
Buona lettura.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Emporio Arnino, Nuovo personaggio, Rohan Kishibe
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Jojo in Heaven'
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IV. Clocks


 

Non ho idea di come gli altri oltre a me abbiano vissuto il passaggio da essere umano a creatura dotata di poteri sovrannaturali, ma per quanto mi riguarda dire che è stato spiacevole significa scomodare gli eufemismi.
Quando dico che stavo rischiando la vita per colpa di una scheggia di metallo conficcata nella falange intendo lo sguardo preoccupato di Raffaele che, tra il cambio di una soluzione salina e l’altra, e in mezzo ai momenti di lucidità concessi da un febbrone da quarantatré gradi in pieno agosto, per la prima volta da quando lo conosco aveva gettato la maschera dell’infermiere che tutto può per mostrare la sua espressione da guagliò, ti prego, non morire con tanto di occhioni azzurri sbarrati dal terrore.
Non morii, infatti. Così com’era venuta, la febbre se n’era andata e i medici non sapevano spiegarsi il perché. Mi sentii anzi carico di una nuova vitalità che mai avevo sperimentato prima.


 

̴


 

Quando sono tornato in servizio scoprimmo – anzi, Leonardo scoprì – che quel pezzo di metallo era arrivato in questura con l’obiettivo di far fuori quanti più sbirri possibili, un presente della mala o lo scherzo di uno sciamano, ancora oggi non sono sicuro di voler sapere da dove provenisse quel regalo sgradito. Ricordo soltanto che, imprudente quale sono stato, mi ero frapposto tra me e Leonardo quando avevamo capito entrambi che l’affare che si muoveva nella busta aveva puntato lui per ferirlo a morte. Se non lo ha colpito è stato perché quello più vicino alla scrivania ero io. Se lo raccontassimo in giro verremmo presi per pazzi, ma sono sicuro – io e Leonardo lo siamo – che quella specie di freccia fosse dotata di volontà propria. La distrussi col tacco della scarpa poco prima che mi venisse la febbre, e i cinque giorni a seguire furono per me un’agonia.


 

̴


 

Non mi va di spiegare la baraonda che è conseguita da quell’incidente. Leonardo aveva comunicato al maresciallo che nella busta c’erano dei petardi, una scusa ovviamente del cazzo ma l’unica che valesse la pena di essere raccontata senza che la voce di un ammattimento potesse far rischiare a entrambi la divisa. E siccome Leonardo si è fatto la fama di essere il poliziotto più ligio al dovere che Napoli abbia mai avuto – pensa un po’ che (dis)onore – gli hanno creduto.
Meglio così, dai.


 

̴


 

C’è da allora questo fatto curioso che quando la mia volontà lo desidera sul polso sinistro appare un orologio. In realtà funziona come una bussola, ma la sua forma mi ha indotto a chiamarlo Clocks e così è rimasto: un orologio con tante lancette che indicano determinati bersagli. Credo sia intimamente connesso alla mia volontà di ricercare sempre la verità. Che ironia.

 


 

̴


 

La faccenda mi è stata spiegata una notte in cui rincasavo dopo una pizzata coi pochi soliti amici. Lucio, collega e figlio adottivo ufficioso di Raffaele, che ordina sempre e solo margherita con funghi, ventotto anni portati con la leggerezza di un eterno ragazzino e l’ossessione per gli aeroplani. Raffaele, crocerossina nell’animo e adorato da tutte le partorienti che incontrano la fortuna di finire sotto le sue cure («, ma quante bomboniere di nascita tieni a casa?» è la domanda che gli pongo più spesso). Leonardo, serio un giorno sì e l’altro pure, sin dai tempi della caserma non l’ho mai visto mangiare del cibo spazzatura o bere un sorso di vino, sono del parere che, se potesse, vestirebbe la divisa anche per andare a fare la spesa. Ha il superpotere di nascondere un cuore di panna dietro lo sguardo gelido della guardia integerrima, ma quando si ritrova con Raffaele nella stessa stanza quel gelo si scioglie. L’ho notato – lo abbiamo notato – più di una volta, ma non gliene ho mai fatto parola.
Polizia, Italia e preferenze sessuali ritenute non conformi dalla morale cattolica non avrebbero nessun problema di coesistenza pacifica se non fosse per fattori esogeni che non ho mai capito a chi giovino.
Ma sto divagando.


 

̴


 

Dicevo, la mia nuova vita da detentore di superpoteri mi è stata spiegata quella notte. Da bravo guaglione che ha mangiato la foglia, Lucio si era offerto di riaccompagnarmi a casa da solo («se lascio quel palo in culo del tuo collega con Raffa non è che domani viene a cercarmi, vero?» aveva sghignazzato) e mi aveva lasciato davanti all’uscio. Né lui né gli altri due lo sapranno mai, ma avevo usato Clocks su di loro: la freccia rossa si era divisa in tre e per tutta la sera non aveva smesso di indicarli, mentre sul quadrante era riportata la triplice scritta: potenziale portatore. potenziale portatore. potenziale portatore.
Pesco la chiave dal mazzo, guardo la toppa e poi vedo che degli omini gialli fluttuanti e larghi quanto un dito mi stanno fissando. Non ho il tempo di imprecare perché la portiera di un’automobile si spalanca, qualcuno mi tappa la bocca e vengo gentilmente condotto dentro. Nemmeno mi ero accorto dello stemma della Speedwagon sulla fiancata, ma come potevo?


 

̴


 

Avere una bussola metafisica è forse meno improbabile che farsi sequestrare da Giorno Giovanna in persona. L’onorevole nemico numero uno di Leonardo, quello grazie al quale Leonardo si è beccato il soprannome di Zazà e lo stesso Giovanna di Lupin.
Stavolta, era stata la freccia dorata a dividersi in tre: portatore. portatore. portatore.
«Le domando scusa per l’inconveniente» erano state le sue prime parole, guardando sia me che Clocks.
«Io e lei dobbiamo parlare del suo potere Stand».


 

̴


 

Passione è gestita da un triumvirato al cui comando vi è Giorno Giovanna, metà giapponese e metà – così dicono gli anziani – vampiro e di una bellezza androgina al cui fascino solo Leonardo è immune. A seguire, Guido Mista, il braccio armato dei tre e marito della figlia dell’ex boss di Passione, e Pannacotta Fugo, mente del gruppo e personalità più defilata, è stato quello che ha raccolto Lucio dalla strada e invece di presentarlo a Giovanna l’ha portato in pronto soccorso quando Raffaele faceva il tirocinante, e dal pronto soccorso gli ha garantito un posto in casa famiglia.
Queste informazioni mi mandano sempre in confusione perché, morissi adesso, non ho mai conosciuto camorristi più strani di loro.
Comunque, dopo la chiacchierata in macchina ero stato riaccompagnato a casa con parecchi quesiti irrisolti, ma tant’è, avrei dovuto indagarvi da solo. Adesso sapevo che quel pezzo di metallo era il frammento di una freccia antichissima che conteneva un virus in grado di donare capacità sovrannaturali a chi dispone di abbastanza forza spirituale da sopportarli, mentre chi non soddisfa tale requisito non sopravvive. Esistono anche individui che coi loro poteri ci nascono per fattori ereditari o altre cause, ma di fatto la sostanza non cambia. Sei forte, quindi potresti sviluppare uno Stand. Porca miseria.
A pensarci bene, mi domando come sarebbe lo Stand di Leonardo se il suo potere si svegliasse.


 

~


 

Nei giorni a seguire ho vissuto la mia nuova vita tra le scartoffie e gli arresti di portatori Stand nemici di Giovanna. Non sapevo che Napoli pullulasse di così tante emanazioni spirituali. La freccia dorata di Clocks non smette mai di segnalare criminali, sembra incredibile ma i vicoli pullulano di emanazioni spirituali. Una volta ho persino individuato un piccione che aveva ipnotizzato tutti i cani che passeggiavano in piazza Plebiscito. Mi sono accovacciato e gli ho chiesto cortesemente di smetterla. Sembravo un deficiente, ma non potevo fare altrimenti.
Tutto questo, però, era destinato a durare pochi mesi. La fine era arrivata con un po’ di anticipo sotto forma di Stand automatico, una palla di pietra sulla cui superficie erano visibili i bassorilievi di quattro volti che conoscevo bene. Avrei saputo presto il perché, ma in quel momento mi inquietò parecchio e basta.


 

~


 

La risposta giunse per l’appunto alcuni mesi dopo. Una chiamata alla centrale dalla Croce Rossa, venite, è successo un fatto grave, omicidio multiplo-suicidio dentro una chiesa. Doveva esserci il battesimo del figlio di Mista e invece c’è stata una strage. Si parla di Passione, è stato colpito il boss, i suoi collaboratori anche. Per loro non c’è più niente da fare. La madre del bambino è stata trasportata in fin di vita in ospedale e lì ha chiuso per sempre gli occhi, Raffaele le ha tenuto la mano fino all’ultimo. Il bambino è sopravvissuto, lo hanno trovato assieme al prete sotto l’altare trasfigurato in gomma, entrambi illesi.
Qualcuno si è fatto esplodere, sicuramente un attacco Stand. Un traditore, ma non ha importanza, o perlomeno per Leonardo non ne ha. Voleva consegnare Giovanna e i suoi alla giustizia perché così andava fatto e invece è andato tutto perduto. Questa è per lui la sconfitta più grande.
Raffaele non si presenta al lavoro nei due giorni a seguire, non si dà pace per non aver salvato quella ragazza. Lucio invece ha fissato per due ore il portellone dell’ambulanza che trasportava il sacco con dentro la persona che lo aveva salvato dalla strada.


 

~


 

Quando Raffaele sta male anche Leonardo sta male. Glielo leggo in faccia, in questo momento sembra un libro aperto mentre torniamo a casa. Mando al diavolo ogni precauzione mentre metto la freccia e svolto a destra.
«Perché non vai da Raffaele?» butto lì, mi giro a guardarlo. Lui sgrana gli occhi per un attimo, ma non dice niente. Sa che io so, ma non poteva andare avanti a lungo.
«Vi farebbe bene parlarvi» incalzo «e prenditi anche delle ferie, ti stai consumando a furia di non volerci pensare».
Lo sento sospirare. Si sfila il cappello e lo posa sul cruscotto. Da quando lo conosco non gliel’ho mai visto fare.
«Non saprei cosa digli» risponde «conoscendolo, sarebbe lui a consolare me».
La sua voce è appena incrinata. È la prima volta che discutiamo apertamente di questo argomento.
«Senti» voglio essere franco una volta per tutte «io e Lucio lo abbiamo capito da un pezzo, non ha senso continuare così. Dichiaratevi, piangete assieme, sentitevi dei falliti, sfogatevi. Siate onesti con voi stessi. La vita è una sola e domani o tra dieci anni possiamo morire ammazzati in una sparatoria e lui non ne saprà mai niente perché hai la capa dura!»
«Non posso» Leonardo protesta «lo sai che al lavoro...»
«Lo so che al lavoro sarà una merda» lo anticipo, non voglio sentire scuse «ma se sono io a dirti di parlarci significa che non ti lascio da solo. Anzi, includi anche Lucio che quello tifa per voi da una vita».
Leonardo tace. Si copre il volto con una mano e sospira. Non so se stia cacciando via una lacrima, ma l’indomani verrò a sapere che non si è presentato in caserma e che la sua abitazione è rimasta vuota quella notte. Ferie, ok, benissimo.
Un’altra guerra è appena cominciata, e stavolta non ha a che fare con gli Stand.
Ma questa è un’altra storia.


 

***


 

Nome Stand: Clocks.
Portatore Stand: [Nome sconosciuto] alias il collega di Leonardo Abbacchio.

Questa bussola, la cui forma e dimensione ricorda un orologio, è in grado di individuare gli Stand e i loro portatori fino a un raggio di dieci metri. Le molte frecce presenti nel quadrante possono dividersi qualora in zona vi siano più portatori – e di conseguenza più Stand. I riquadri sul display indicano inoltre la potenza degli Stand e la loro eventuale pericolosità, nonché la presenza di coloro il cui potere rimane sopito. Pur essendo privo di capacità combattiva, la sua utilità in ambito investigativo si è dimostrata indispensabile.

Freccia rossa: potenziale portatore;
Freccia dorata: portatore;
Freccia nera: pericolo imminente;
Freccia viola: Stand automatico nelle vicinanze;
Freccia blu: Stand automatico con portatore deceduto;
Freccia verde: portatore non umano.

Potenza distruttiva: Nessuna; Velocità: B; Raggio d’azione: B; Durata d’azione: A; Precisione: C; Potenzialità di crescita: D.


 


 


 

***


 


 

Alcune precisazioni prima che i fan di Giorno vengano a cercarmi: per prima cosa, l’età di Lucio/Narancia dà l’idea di quando è ambientata la raccolta (2012 come la fine di Stone Ocean); seconda cosa, dati gli avvenimento riportati nel prologo, il Giorno presentato in queste flash è figlio del solo Dio Brando, per cui è tagliato fuori dalla discendenza dei (nuovi?) Joestar. A parte la mancanza della voglia a forma di stella non lo immagino dissimile dalla sua controparte ufficiale, quindi non ho ritenuto opportuno apporre descrizioni dettagliate su di lui; in terzo luogo, questo capitolo in particolare stava diventando una vera e propria one-shot e ho dovuto tagliare un bel po’ di roba per non andare fuori tema, ma spero che i contenuti che ho deciso di salvare abbiano mantenuto una certa coerenza. È il capitolo più triste della raccolta? Sì. Finirò in questura per questo? Non ne ho idea. :V
Per chi mi segue con regolarità, il finale era già stato spoilerato qui.

Grazie a chi legge e alla prossima settimana con la conclusione.

   
 
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