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Autore: Selhin    27/09/2022    0 recensioni
Claire Farron è rinata nel nuovo mondo e alcune cose sono cambiate. Ha una vita completamente nuova ed ha la possibilità di rimediare agli sbagli commessi in quella precedente. E' una seconda occasione per lei ma sente che manca qualcosa. C'erano delle persone che considerava una famiglia prima, riuscirà a ritrovarle?
" It’s a new world. A world of hope. And it’s waiting for you… to be born again."
[ Post LR e principalmente HopexLightning ]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Yuri | Personaggi: Hope, Lightning
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rebirth
Lost
* Epilogo *







[ It’s okay. 
We could hear you, Light. 

Let’s go. We’ll be together. ]




  

  Lightning guardò con un sospiro stanco l’autoproclamato eroe della situazione che adesso stava dormendo profondamente in un letto, svenuto per la verità. Come al solito aveva spinto se stesso oltre il limite e quasi ci aveva rimesso la vita. Però, una piccola – piccolissima – parte di lei riusciva a comprenderlo. Avrebbe agito allo stesso modo se fosse stata al suo posto. Poteva essere un idiota a volte, molte a dire il vero, ma quando si trattava di adempiere ad una promessa e proteggere qualcuno, probabilmente non c’era nessuno di più affidabile. 

Ovviamente questa era una cosa che non avrebbe mai ammesso ad alta voce. Mai.

Sospirò ancora una volta esasperata mentre il suo russare era un rumore ben forte nella stanza, probabilmente non si sarebbe svegliato presto, così decise di uscire per sgranchirsi un po'. Non era tipa da starsene ferma in una camera ad aspettare. La porta cigolò appena quando l’aprì ma Snow non diede alcun segno di esserne infastidito perciò, quando se la chiuse alle spalle, la sbatté leggermente irritata. Solo uno stupido come lui poteva starsene così tranquillo e dormire beato come un bambino in una situazione simile.

Fece qualche passo nel corridoio poco illuminato da lampade a luce gialla, quella casa era davvero enorme e lussuosa, aveva pensato sin da subito che il ragazzino provenisse da una famiglia ricca e agiata ma non immaginava fino a quel punto. Era davvero dispiaciuta che uno come lui fosse stato coinvolto in tutta quella merda di situazione. Lui più di tutti si meritava un’infanzia serena e tranquilla ed invece questo era quello che otteneva. 

Svoltò l’angolo diretta al soggiorno, aveva preferito lasciargli un po' di tempo per parlare da solo con il padre, dopotutto erano lì per quello e non per occupare una camera da letto con un grosso idiota biondo svenuto. Lo trovò in piedi davanti ad un mobiletto in legno scuro dallo stile un po' troppo sfarzoso per i suoi gusti, la schiena rivolta verso di lei. Se ne stava lì immobile, le spalle rigide ma leggermente abbassate, tutta la sua esile figura lievemente tremolante. Sembrava stesse piangendo. Improvvisamente Lightning provò nuovamente quel forte desiderio di protezione che l’aveva vinta qualche ora prima, quando non era riuscita a trattenersi dall’abbracciarlo. Ancora si chiedeva perché l’avesse fatto.

Si avvicinò con cautela e gli avvolse le spalle con un braccio dolcemente, come se stesse interagendo con un piccolo chocobo spaventato. “ Ehi, tutto ok? ” lui si irrigidì sorpreso dal contatto inaspettato per poi rilassarsi un po’ quando riconobbe che era lei. Alzò lo sguardo verde ad incontrare i suoi occhi vagamente preoccupati, sembrava solo un po' triste in realtà, come se avesse dato fondo a tutte le emozioni possibili e adesso si sentisse semplicemente svuotato. La soldatessa gli diede una stretta veloce alla spalla e sorrise appena rassicurante. Sapeva quello che stava passando, il fatto che condividessero ben più di un marchio l’Cie era ormai palese per entrambi. Erano partner. Si sarebbero supportati a vicenda, qualsiasi cosa fosse accaduta. 

Hope le sorrise a sua volta, sempre un po' timido e impacciato, mentre arrossiva un po’ guardandola. “ Sì, stavo solo… ” si voltò nuovamente verso il mobile indicandole una cornice davanti a sé. C’era una donna ritratta nella fotografia, aveva capelli chiari e uno sguardo estremamente dolce. Sorrideva allegra verso l’obiettivo, probabilmente chi deteneva il dispositivo fotografico aveva detto qualcosa che l’aveva divertita, sembrava così serena. 

Lightning non poté fare a meno di sorridere a sua volta guardandola, capendo immediatamente di chi si trattasse. “ Le somigli. ” mormorò piano e lo sentì ridere mestamente in risposta. 

  “ Già, un ragazzo con i lineamenti femminili della madre, con un nome da ragazza. In effetti questo è stato causa di parecchi guai da sempre. ”

Lei aggrottò la fronte a quella rivelazione, aveva sofferto di un problema simile quando aveva cambiato nome ed era entrata nel Guardian Corps. Una ragazzina minuta e fragile con un nome folle che voleva diventare un soldato, come conseguenza ricordava con asprezza quei primi tempi. “ Anche io somiglio a mia madre. ” disse all’improvviso non sapendo bene nemmeno perché ne stesse parlando. 

Il ragazzino la guardò nuovamente. “ Davvero? ” sembrava sinceramente incuriosito e stranamente interessato alla questione ed anche un po' sorpreso dal fatto che lei gli stesse rivelando qualcosa di così personale. La soldatessa alzò un sopracciglio mentre l’angolo delle labbra si piegava all’insù in una smorfia. 

  “ Non ne sono sicura, è Serah a dirlo e, per la verità, credo sia lei quella che le somiglia di più. ” per un istante Lightning si stupì del fatto che stesse parlando di sua sorella come se non fosse morta, era la prima volta da quando l’aveva vista trasformarsi in cristallo. Forse stava iniziando a dare davvero retta all’ottimismo incrollabile di Snow? “… almeno per quanto riguarda le doti culinarie. ” aggiunse con una punta d’ironia ripensando a tutte le volte quando, i primi tempi che erano sole, aveva rischiato di mandare a fuoco la propria abitazione nel tentativo di preparare la cena a sua sorella. Alla fine ci aveva rinunciato ed era passata ai cibi precotti, forse non erano salutari ma almeno non avrebbe rischiato di ucciderla nel tentativo di nutrirla. Fino a che Serah non aveva preso in mano la situazione e aveva dimostrato di essere decisamente più brava di lei ai fornelli.

Con sua sorpresa questa volta Hope scoppiò in una vera risata, sembrava che, in un qualche modo bizzarro che non comprendeva appieno, fosse riuscita a tirargli su il morale. “ Ora capisco perché ti dilegui sempre a fare perlustrazioni quando arriva il momento della cena. In effetti, mi chiedevo perché lo facessi. ” 
 
La soldatessa lo guardò di rimando e, dopo qualche secondo, gli diede un leggero colpo sulla fronte. “ E’ per il tuo benessere, non voglio che tu muoia avvelenato o qualcosa di simile. ” 

Questo lo fece ridere ancora più forte e lei rimase semplicemente a guardarlo mentre annaspava cercando di respirare. “ Ehi ragazzino, non è così divertente, smetti di ridere subito o non sarà solo un buffetto sulla fronte a colpirti. ” 

  “ Scusa, scusami Light, ti prego non picchiarmi. ” lui agitò le braccia davanti al volto come per difendersi da un pugno immaginario, non pensava sul serio che lo avrebbe colpito ma con lei non si poteva mai essere sicuri di niente. “ E’ solo così spassoso immaginarti ai fornelli mentre cerchi di non bruciare ogni cosa! ” 

Lightning gli strinse un braccio attorno al collo e lo attirò a sé arruffandogli i capelli argentati mentre l’altra mano gli raggiungeva velocemente il fianco per tormentarlo con il solletico. “ Ah si? Questo lo trovi divertente invece? ”

Hope cercò di divincolarsi dalla sua presa ma ovviamente lei era troppo forte e questo la fece proseguire nella sua tortura per qualche altro minuto sotto le sue suppliche di fermarsi. Quando finalmente interruppe la punizione lui era praticamente senza fiato, la guardò ancora sorridendole, improvvisamente rasserenato. “ Grazie Light, se non fossi intervenuta poco fa penso seriamente che mi sarei messo a piangere di nuovo. Non voglio più piangere, non voglio più scappare. ”

La determinazione nei suoi occhi era la stessa di quando parlava del suo piano di vendetta, ma in qualche modo poteva vedere che era cambiato qualcosa in lui. “ Lo so. ” rispose semplicemente mentre restituiva lo sguardo. “ Sei sicuro di voler proseguire? Non voglio mentirti, potresti non rivederlo più. ”

Hope spalancò gli occhi all’improvvisa serietà della sua partner. Annuì. “ Te l’ho appena detto, non voglio più scappare. Voglio combattere assieme a voi, con te. Non si tratta di poterlo fare o no, giusto? ”

Lei sorrise capendo l’implicazione dietro le sue parole, era qualcosa che gli aveva detto appena tre giorni prima. “ D’accordo. ” gli diede un altro buffetto sulla fronte, si sentiva vagamente imbarazzata ed era felice che nessuno fosse lì ad origliare. 

  “ Inoltre… ” aggiunse lui con un sorrisetto. “… non posso lasciarti sola a sopportare Snow. ” 

Proprio in quel momento un forte starnuto, seguito da una lamentela di dolore, rimbombò dalla stanza occupata proprio dal biondo. I due si guardarono prima di scattare in una risatina divertita. Lightning alzò le spalle e si voltò per raggiungere nuovamente la camera con il grosso idiota all’interno facendo un piccolo gesto con il braccio. “ Sto seriamente iniziando a rimpiangere di aver cercato di fermarti dal togliercelo di mezzo. ” 

Lo sentì ridere ancora alle sue spalle mentre si allontanava ed era tutto ciò di cui aveva bisogno, la vita si era già accanita a sufficienza su di lui, aveva bisogno di una pausa. E, dopotutto, aveva promesso di tenerlo al sicuro.  




 
*.*.*.*.*.*.*.*.*

 


  “ Awn sorellina ti prego, mandami una foto adesso! Ti pregooo! ”

Serah era particolarmente implorante in quel momento, stava morendo dalla curiosità e non poteva sopportare di aspettare un minuto di più. Claire scostò il telefono dall’orecchio per guardarlo come se potesse inviarle telepaticamente lo sguardo perplesso che aveva in quel momento sul viso. Sospirò mentre riavvicinava l’apparecchio al viso. “ Serah, sarò a casa fra nemmeno un’ora. ” 

  “ Ma io voglio vederti adesso! A cosa serve tutta questa tecnologia telefonica altrimenti? ”

Gemette mentre alzava lo sguardo verso il tabellone luminoso con gli orari dei treni in partenza e arrivo. Cercò con lo sguardo la sua linea per scoprire che il trasporto avrebbe avuto un ritardo. “ Rettifico, venti minuti di ritardo. Giuro che odio i treni. ”

Sua sorella squittì attraverso il rumore ovattato del telefono. “ Ah! Una ragione in più per mandarmi una foto. ”

  “ Serah. ” l’ammonì con la voce severa da sorella maggiore che si era portata dietro dai tempi di Cocoon, quando tornava a casa dopo un’intensa giornata di lavoro e scopriva che la ragazzina di quattordici anni doveva ancora finire i compiti per la scuola. “ Non insistere per favore. ” non c’era modo che, in mezzo ad una folla di sconosciuti, lei si scattasse una foto per mandargliela. Questa cosa non poteva accadere, assolutamente. 

Claire sospirò ancora mentre si dirigeva pazientemente verso il binario dal quale sarebbe arrivato il treno che l’avrebbe riportata a casa dopo quella lunga giornata. Aveva avuto il suo primo giorno del nuovo lavoro. Casualmente, appena finito il liceo un paio di anni prima, aveva scoperto uno strano interesse per la fotografia e aveva deciso d’investirci del tempo sperando di poterlo trasformare in un lavoro vero e proprio. Aveva iniziato con paesaggi poi era passata alle persone, aveva sempre a disposizione qualcuno che era felice di fare da modello alle sue esercitazioni. Sua sorella Serah era stata la prima scelta, poi si era proposta la sua migliore amica Rika ed infine era riuscita a coinvolgere anche la piccola Yeul. Mentre sua sorella iniziava l’università lei si era iscritta ad un corso professionale e lo aveva superato brevemente e con ottimi risultati. E adesso era riuscita ad ottenere un buon lavoro per una rivista di moda, non che le interessasse particolarmente l’argomento in sé, quanto più la sua componente fotografica e cromatica. Era stato un primo giorno stancante in quanto aveva dovuto stare dietro ai capricci di una modella decisamente troppo viziata per i suoi gusti. In più non aveva dormito bene la scorsa notte, aveva continuato a rigirarsi nel letto e fissare il soffitto per ore fino a che non era crollata per l’esasperazione, e il sonno era stato tempestato da immagini confuse della sua vita precedente. 

Al suo risveglio aveva un’emicrania da incubo e il caos più completo regnava nella sua testa, in più non ricordava praticamente niente dei suoi sogni se non qualche dettaglio sporadico.  

  “ Ti sei tagliata i capelli, voglio vederti! ” la voce squillante di sua sorella la fece riemergere dai suoi pensieri. Non era stata sua intenzione farlo, sistemarsi i capelli era un qualcosa che aveva sempre lasciato in secondo piano, non le interessava, ma quel pomeriggio non appena aveva finito il suo primo vero shooting fotografico, era stata colta da un insensato desiderio di vedersi nuovamente con il suo vecchio e pratico taglio. Quello che portava su Cocoon. Lo staff dei modelli aveva insistito così tanto nel volerle sistemare i capelli, probabilmente affascinati dal suo inusuale colore rosato, che alla fine aveva ceduto. E loro erano stati davvero bravi a riprodurre fedelmente quello che desiderava, nonostante fosse una frana con le descrizioni. “ Dimmi la verità, lo hai fatto perché la gente smettesse di chiamarci ‘gemelline’, non è vero? ”
 
  “ Guarda che l’unico a chiamarci così è quel cretino del tuo ragazzo. ” sbottò alzando un sopracciglio. 

  “ Ehi, quando smetterai di essere così cattiva con lui? ”

Quando si deciderà ad essere meno… Snow pensò mentre sospirava di nuovo stancamente rabbrividendo per il freddo invernale nel suo cappotto scuro. Non era ancora abituata al clima rigido di quella città così a nord. Dall’interfono della stazione una voce femminile e metallica annunciò l’arrivo del suo treno. “ Vuoi sul serio che ti risponda? ” 

Avvertì la pernacchia di sua sorella attraverso l’apparecchio telefonico. “ Bene allora. ” mormorò finalmente sconfitta. “ Vedi di fare presto a tornare a casa. Ho preparato lo stufato di mamma. ”

  “ Il treno sta arrivando proprio adesso, farò del mio meglio lo prometto. ” scosse la testa con un sorriso. Serah aveva scelto di proseguire gli studi per diventare insegnante e aveva selezionato una buona università nella grossa metropoli della loro regione, a circa quattro ore di viaggio da dove erano cresciute. Ovviamente Claire si era trasferita assieme a lei, purtroppo però si era unito anche il grosso gigante che nel frattempo aveva trovato lavoro come vigile del fuoco. Per lo più passava le giornate ad aiutare vecchine e gattini sugli alberi, così diceva lui, anziché salvare persone da edifici in fiamme come l’eroe che proclamava di essere ma sembrava piuttosto felice di quel posto. Così avevano trovato un appartamento in periferia abbastanza grande per tre persone con orari e stili di vita molto diversi fra loro e la presenza di Snow stava iniziando a diventare ormai un punto fermo della sua vita. Benché non si sarebbe mai sognata di dirlo ad anima viva. 

Il treno si presentò con un forte fischio che coprì qualsiasi cosa le stesse rispondendo Serah dall’altra parte del telefono, si fermò lentamente con un’uscita proprio davanti a lei. Si spostò lateralmente per evitare il flusso di persone che iniziò a defluire una volta aperte le porte di ferro con un rumore piuttosto fastidioso. Mentre teneva in bilico il telefono sulla spalla – sua sorella aveva iniziato a raccontarle qualcosa a proposito di un esame che doveva preparare – qualcuno urtò la sua borsa pesante contenente la macchina fotografica. Questo la sbilanciò e si ritrovò a compiere una mezza piroetta cercando di riprendere l’equilibrio quando sbatté nuovamente contro un’altra persona. Non è proprio la mia giornata. 

Il contatto però le diede una forte sensazione al petto, come una morsa stretta e calda. Avvertì delle vibrazioni lungo tutta la spina dorsale e per un frammento di secondo la sua vista si oscurò illuminata solo da lampi di luce colorata, un volto gentile apparve per un breve istante nel retro della sua mente, occhi verdi intensamente luminosi. Le girò la testa e le ci volle qualche secondo prima di riprendere coscienza di dove si trovasse. Sentì in lontananza una voce profonda da uomo scusarsi velocemente mentre si allontanava da lei in fretta. Questa sensazione… 

Non aveva più avuto alcun presagio da anni, ad un certo punto aveva semplicemente smesso di cercare convinta che prima o poi tutti i tasselli sarebbero tornati al loro posto, da lei. In un modo improvviso restò senza fiato, completamente incapace di muoversi dal suo posto con i piedi incollati al pavimento mentre lentamente la percezione di dove si trovasse tornava. La voce di Serah la raggiunse, sembrava allarmata dalla sua mancanza di risposta, mentre il respiro tornava regolare e il battito del suo cuore rallentava. “ Claire, tutto bene? ”

  “ S-Sì scusa… ” mormorò, la voce tremolante mentre finalmente si voltava in fretta a guardare la folla di persone che usciva dalla stazione in cerca di un volto che non conosceva. Era stato solo un attimo, un frammento di secondo, ma era sicura. 

Era lui. E l’aveva perso.

Ancora scossa salì velocemente sul treno e prese posto accanto ad un finestrino mentre non riusciva a staccare gli occhi dalla marea di persone che affollavano l’edificio, avrebbe voluto voltarsi e corrergli dietro se solo fosse riuscita a vederlo in volto. Si domandò se anche lui l’avesse avvertita. Se avesse provato qualcosa nel breve attimo in cui si erano scontrati, qualunque cosa. 

Ma adesso Claire sapeva, non era stato il caso a portarla in quella città. 




 
*.*.*.*.*.*.*.*.*




  Bianco. Nonostante le palpebre del giovane Direttore dell’Accademia fossero chiuse poteva quasi affermare con certezza di trovarsi completamente immerso in un ambiente luminoso e candido. Il suo corpo era estremamente leggero e rilassato, aveva l’impressione di galleggiare a pelo dell’acqua cullato dal movimento delle onde mentre una fievole brezza faceva ondeggiare i suoi capelli chiari.

Dove si trovava? 

L’ultima cosa che ricordava era una stanza asettica mentre, circondato dai suoi assistenti, si sdraiava in un macchinario dall’aspetto bizzarro. La capsula del tempo. Aveva guardato i loro volti prima di chiudere gli occhi un’ultima volta cercando d’imprimerli bene nella memoria ma, chissà per quale strana ragione, in quel momento non riusciva a ricostruirne nessuno. Tutti i loro lineamenti erano confusi, nebulosi. 

Era forse morto? 

Sapeva che c’era ben più di una probabilità che non si sarebbe mai svegliato, dopotutto lui stesso si era autodefinito una ‘cavia da laboratorio’ quando aveva completato il meccanismo d’ibernazione. Nessuno aveva mai compiuto qualcosa come quella e, di conseguenza, nessuno aveva certezze che tutto sarebbe andato secondo i piani. 

Tornò a concentrarsi sull’ambiente che lo circondava, riusciva sentire il mormorio delle onde in lontananza, poco oltre il suo stesso respiro. Non poteva muovere le mani ma avvertiva la consistenza della sabbia sotto i polpastrelli delle dita rivolte verso il basso. Era su una spiaggia? Aveva la testa appoggiata su qualcosa di duro – pungeva anche un po’ – e particolarmente freddo. Dopo alcuni minuti, o forse ore, si rese conto del ritmo calzante della brezza che muoveva i suoi capelli, assomigliava più ad una carezza gentile che ad un fresco venticello in effetti. Poi avvertì una leggera pressione su un sopracciglio e un formicolio che si spostò lungo la sua mascella per poi tornare a posarsi sulla sua testa. 

Queste sono… dita? 

Qualcuno lo stava quasi cullando, la testa appoggiata sulle ginocchia, mentre lo accarezzava gentilmente come se temesse di svegliarlo dal suo sonno tranquillo. Era un tocco premuroso, delicato. Gli piaceva e lo rilassava ancora di più mentre il rumore delle onde che s’infrangevano sulla spiaggia era l’unico suono nell’aria, come un brusio ritmico e costante. Avrebbe potuto rimanere lì per sempre, sentiva di non desiderare altro. Non c’era sofferenza né solitudine, non c’erano battaglie né minacce, era in pace. 

Forse sono davvero morto.

Le dita dello sconosciuto si avvolsero nei fili argentei all’estremità della sua nuca, erano dita fredde a contatto con il suo cuoio capelluto ma in un modo non fastidioso. Mandavano gentili massaggi che rilasciavano un formicolio piacevole lungo tutta la spina dorsale. I suoi occhi si agitarono da sotto le palpebre serrate, ma non poteva aprirli anche se desiderava conoscere l’identità di quella persona misteriosa. Si sentiva al sicuro, protetto. Gli sembrava di poter riconoscere quel tocco e, per un istante, provò un’improvvisa malinconia alla realizzazione della possibilità che gli si era presentata.

  “ … Mamma? ” riuscì a chiedere in un sospiro muovendo appena le labbra e rompendo il silenzio. La sua voce era strana, irreale quasi, aveva un insolito eco nell’aria e la mano dello sconosciuto si fermò per un breve istante colta di sorpresa. 

Il giovane sentì un sospiro quasi divertito, una mezza risata vagamente compiaciuta fino a che una voce che conosceva fin troppo bene, ma che era ormai presente solo nei suoi ricordi, gli rispondeva con ironia. “ Ancora? Credevo avessimo chiarito questo punto tempo fa. ”

Ci volle qualche altro secondo prima che il suo cervello comprendesse davvero a chi apparteneva quella voce. 

Era lei, era davvero lei. 

Lightning riprese ad accarezzargli i capelli con una delicatezza che non credeva di possedere, forse perché stava sognando ma gli era parso che anche la sua voce fosse leggermente diversa da come ricordava. Più eterea, con un’eco quasi celestiale, ultraterrena. 

Il giovane avrebbe voluto alzarsi e guardarla, stringerla e dirle quanto gli era mancata ma scoprì immediatamente di non potersi muovere in alcun modo. Il suo corpo non rispondeva ai suoi desideri e dèi, avrebbe offerto persino sé stesso pur di poterla guardare negli occhi ancora una volta. Aveva sognato così tanto di poterla rivedere ed era rimasto parecchio deluso quando aveva scoperto che lei aveva incontrato tutti tranne lui. Ricordava di averla implorata di farsi vedere molte volte nella solitudine delle sue notti come ricercatore, mentre fissava ripetutamente le immagini dell’Oracle Drive in cui lei combatteva avvolta in un’armatura scintillante. Sapeva che lo guardava dal Valhalla e che, in qualche modo, il messaggio le sarebbe arrivato alle orecchie. Non aveva voluto essere arrabbiato con lei ma non riusciva proprio a spiegarsi la ragione di tale indifferenza nei suoi confronti. 

Dopo tutto quello che avevano passato insieme non si meritava forse anche lui un piccolo incoraggiamento, un aiuto, un suggerimento? Qualsiasi cosa sarebbe andata bene. Gli sarebbe bastato anche solo poterla guardare negli occhi.

Ma adesso era lì, proprio accanto a lui e se quella era solo un’allucinazione dovuta alla capsula del tempo era irrilevante a quel punto. Aveva un disperato bisogno di vederla. Tutte le sue paure, i suoi dubbi riguardo a quello che stava facendo e a quello che sarebbe successo tornarono all’improvviso travolgendolo. Tremò terrorizzato all’idea di tornare indietro senza di lei, non poteva farcela da solo, non di nuovo. 

Lightning avvertì il suo turbamento e gli strinse le spalle con tocchi gentili e rassicuranti mentre passava il retro delle dita sulla sua guancia asciugando una lacrima solitaria che era sfuggita al suo controllo. “ E’ tutto ok, Hope, continua così. Stai andando bene. ” gli sussurrò avvicinando il volto al suo e sorridendo leggermente. Poteva sentire il suo respiro caldo sulla pelle, era così vicina. “ Sei sulla strada giusta, continua a tenere gli occhi avanti. ” 

La sua voce sfuggiva via, lontana da lui, mentre sentiva di scivolare nuovamente nell’incoscienza del suo sonno solitario e senza sogni. Non voleva andarsene, voleva restare lì con lei ancora. Aveva così tante cose da dirle, c’era qualcosa d’importante che doveva sapere, c’era la possibilità che quella fosse la sua unica ed ultima occasione. 

Ma non poteva, non così. Aveva ancora troppo da fare, lo stavano aspettando. 

Si limitò a sorridere appena quando avvertì la sua fronte premere a contatto con la propria, la sua pelle era fresca, i capelli gli solleticarono il naso e ciò diede conferma che non era frutto della sua immaginazione.  Forse anche lei stava soffrendo a quella separazione, forse non voleva che se ne andasse ma aveva delle cose da sistemare. Le persone facevano affidamento su di lui e anche lei, dopotutto, aveva una battaglia da affrontare. Stavano lottando entrambi per lo stesso obbiettivo; un nuovo futuro insieme. “ Continuerai a coprirmi le spalle, Light? ”

Non poteva vederla con gli occhi ma poteva, in qualche modo, sentire il suo sorriso.




 
*.*.*.*.*.*.*.*.*




  Claire guardò nuovamente l’ora sul display del suo smartphone tirandolo fuori dalla tasca dei jeans scuri. Sapeva perfettamente che ore fossero ma sua sorella stava iniziando ad essere più ansiosa del solito. “ Sono le 19 e quattro minuti. ” annunciò in tono annoiato riponendo nuovamente l’apparecchio al suo posto. 

  “ Rika è in ritardo, sei sicura che siamo nel posto giusto? ” la guardò mordersi il labbro, era qualcosa che faceva quando era nervosa e, in tutta onestà, non c’era alcun motivo di esserlo. 

Sospirò rumorosamente esasperata. “ Quattro minuti non è considerabile ritardo e in ogni caso sì, siamo nel posto giusto. ” le prese una mano nella sua e la strinse, un gesto che riusciva a tranquillizzarla sin da quando erano due bambine come tante su Cocoon. “ Perché sei così agitata comunque? ” 

Serah intrecciò le dita sottili con le sue e le sorrise brevemente. “ Non sono agitata. ” rispose sulla difensiva, per poi rimangiarsi tutto sotto lo sguardo dubbioso della sorella. “ E va bene, forse sono un pochino nervosa. ”

  “ Un pochino non descrive a sufficienza la situazione. ” Claire alzò un sopracciglio e sbatté le palpebre un paio di volte come a rimarcare la questione. “ E’ solo una normalissima uscita fra noi. ”

L’altra spalancò gli occhi azzurri. “ Sai perfettamente che non è così. O hai forse dimenticato che oggi è il nostro compleanno? ” 

La maggiore si morse l’interno della guancia e le lanciò uno sguardo di traverso. “ E come avrei potuto? Me lo ricordi ogni singolo giorno da più di un mese. ” 

Inspirò profondamente mentre spostava i capelli sudati dalla spalla, dopotutto era giugno inoltrato e l’afa estiva stava iniziando a farsi sentire anche in città nonostante fosse praticamente l’ora di cena. Finalmente avrebbe aggiunto volentieri Claire, da quando si era trasferita aveva scoperto di detestare particolarmente il freddo invernale del nord. 

  “ Ci stanno preparando una festa a sorpresa non è vero? ” aggiunse sua sorella mentre controllava nuovamente l’orario sul proprio telefono. “ Come possono pensare che funzionerà? Insomma, non crederanno davvero che qualcuno possa dimenticarsi del proprio compleanno… ” la guardò un secondo di troppo. “ Ok, forse tu lo dimenticheresti… ma siamo gemelle, è improbabile che ce ne dimentichiamo entrambe. ”

Dunque sua sorella aveva iniziato a straparlare come ogni volta che era nervosa. “ Temo proprio di sì, ma perché sei così tesa? Non dovresti essere felice e saltellare dalla gioia? ” 

  “ Lo sono, è solo che non amo le sorprese lo sai. Avrei preferito saperlo e vestirmi un po' più carina… così assomiglio proprio al topo da biblioteca che sono diventata! ” scoppiò alla fine indicando il suo abbigliamento più che informale, capelli legati alla buona con ciocche rosa che sfuggivano all’elastico, jeans scoloriti e una t-shirt un po' sbiadita… arricchita da qualche macchia di caffè. Anche Claire non era vestita da festa, dopotutto erano state ‘prelevate’ a forza dalla loro abitazione all’ultimo momento da una Rika piuttosto agitata. Le aveva fatte salire sulla metropolitana dicendogli dove scendere e che si sarebbero viste laggiù. Claire sospirò, avrebbe dovuto avere il sentore di qualcosa del genere in arrivo dal momento in cui Snow aveva annunciato che sarebbe stato di turno a lavoro per tutta la giornata. E lui non era tipo da far passare a Serah un compleanno senza la sua fastidiosa e colossale presenza, purtroppo. 

  “ Andrà tutto bene, in ogni caso l’importante è fingere di essere sorprese. ” 

  “ Quello è ovvio. ” replicò sua sorella cercando di sistemarsi i capelli disordinati specchiandosi nella vetrina di un negozio di abbigliamento dietro di loro. Per un attimo pensò di entrare e comprarsi qualcosa per cambiarsi ma la voce di Rika alle loro spalle la fece distogliere da quella folle idea. 

La ragazza le raggiunse di corsa, aveva il fiato corto mentre si fermava e gli mostrava la strada verso il posto in cui erano dirette a poche centinaia di metri di distanza. A quanto pareva avevano aperto un nuovo locale ‘pazzesco’ al cui interno prenotavi una stanza allestita e potevi trovare dal karaoke alle console per videogiochi, musica e giochi di società. “ La cosa più bella è che nessun estraneo può sentire quello che succede all’interno quindi non devi nemmeno vergognarti di non saper cantare. ”

Claire alzò le spalle. “ Un posto insonorizzato, perfetto per serial killer e depravati. Ottima idea. ” disse, il tono di sarcasmo non sfuggì alla sua migliore amica mentre Serah si lasciava sfuggire una risatina. 

  “ Ah-ah… ” rispose Rika guardandola e alzando le sopracciglia scure perfettamente modellate mentre le dava una gomitata al fianco. “ Ovviamente è dotato di telecamere e impianti di sicurezza, sei al sicuro con me tesorino. ” 
  
  “ Non-chiamarmi-così! ” rispose l’altra scandendo le parole e colpendola con un pizzicotto alla fronte. Proseguirono per qualche altro minuto fra risatine e scherzi e nessuna menzionò un’ipotetica festa di compleanno. Quando arrivarono alla piccola porta azzurra che era stata prenotata al loro nome all’interno del locale Serah afferrò nuovamente la mano di sua sorella prima che questa aprisse la porta velocemente.

  “ SORPRESAAA!

Furono travolte da una serie di urla e gridolini appartenenti a più persone di quelle che si aspettavano, coriandoli dorati e trombette dai trilli fastidiosi. Claire rimase immobile sul suo posto a guardare i volti di tutti i presenti mentre Serah doveva trattenersi dal scoppiare a piangere. C’erano tutti. In qualche modo avevano tutti trovato il modo di venire fino in città a festeggiare il loro compleanno. Se ne chiese la ragione, avevano già festeggiato diversi compleanni assieme ma in un modo o nell’altro mancava sempre qualcuno, dopotutto vivevano distanti e ognuno aveva i propri impegni. La domanda le scappò dalle labbra qualche ora dopo mentre addentava la seconda fetta della buonissima torta alla crema preparata da Lebreau. 

Snow la guardò inclinando la testa come se gli avesse appena chiesto la forma della luna, il sorriso comprensibilmente felice non aveva mai lasciato il suo viso quella sera. “ Abbiamo pensato che questo compleanno fosse un po' più speciale del solito, per questo abbiamo fatto in modo di esserci tutti. ” 

Claire aggrottò la fronte in un cipiglio e Sazh s’intromise notando la confusione nel suo sguardo. “ E’ iniziato tutto dopo il tuo ventunesimo compleanno, giusto soldatessa? ” 

Dannazione se ricordava quel compleanno e tutti gli errori che ne erano conseguiti, da quel momento in poi la sua vita era cambiata completamente e in modo permanente. Tutto il mondo che conosceva aveva acquisito un altro tipo di percezione, c’era stata l’Epurazione, il marchio, la fuga come ricercata l’Cie, il Valhalla, il Chaos… 

  “ E anche Serah aveva ventuno anni quando… ” aggiunse Noel con la voce bassa non volendo davvero rievocare brutti ricordi di una vita che non esisteva più. 

Improvvisamente Claire comprese un particolare che, chissà per quale ragione, le era rimasto oscuro sebbene lo avesse avuto davanti agli occhi sin dall’inizio. In un modo a lei sconosciuto, proprio lì in quel momento, tutti avevano lo stesso aspetto e la stessa età di quando il vecchio mondo era finito. Ecco perché lei e Serah erano rinate come gemelle. Forse era questo il segreto dietro il loro strano modo di ritrovarsi, un piccolo pezzetto alla volta. Forse era proprio quello il motivo per il quale non si erano ancora riuniti tutti. 

Forse doveva semplicemente andare così, dovevano aspettare il momento giusto.

Alzò lo sguardo su sua sorella che, a parte l’abbigliamento, adesso era l’esatta copia di com’era stata in passato prima che il dono di Etro la portasse via dal mondo. Chiacchierava allegra con Vanille e Yeul mentre, seduti attorno ad un tavolino, i ragazzi del NORA avevano una discussione piuttosto animata sulle regole del gioco da tavolo su cui avevano iniziato una partita. Snow li raggiunse aggrappandosi al collo di Maqui con una stretta da orso mentre le carte da gioco si mischiavano cadendo al suolo sotto le grida di protesta del gruppo e del più giovane del team. Fang e Lebreau chiacchieravano su un divanetto, un bicchiere in mano e la prima lanciava occhiate a Vanille di tanto in tanto, come ad assicurarsi che fosse sempre lì a pochi passi di distanza. Incontrò lo sguardo di Claire e alzò il bicchiere verso di lei con un sorrisetto ed un occhiolino. Sazh, dopo averle dato una pacca sulla spalla, aveva raggiunto anche lui il tavolo dei ragazzi seguito da Noel, cercando di aiutare a sistemare il casino provocato dal grosso gigante biondo. Jaser – ebbene sì, c’era anche lui – assieme a Rika erano impegnati in una canzone al karaoke di cui non sembravano conoscere le parole ma, a giudicare da come stava vicino alla ragazza, lui non pareva affatto dispiaciuto.

Claire si ritrovò a sorridere inconsciamente al gruppo, sembravano tutti così felici. 

Eppure mancava sempre quell’ultimo pezzo. 

  “ Claire? ” un’improvvisa voce giovane e dolce la fece uscire dal mare di pensieri in cui si stava iniziando a perdere. Si voltò per trovare Yeul alla sua destra che la guardava con una curiosità mista a un poco di apprensione. Le sorrise brevemente mentre le porgeva un piccolo pacchetto regalo avvolto in carta colorata. “ Questo è per te. ”

La più grande ricambiò il sorriso afferrando l’oggetto con esitazione. “ Yeul, non dovevi… ” ma la ragazzina scosse la testa agitando i lunghi capelli blu scuro.

  “ Non è niente di speciale. ” le disse timidamente. “ Ma ho avuto l’impressione che presto avresti dovuto averne bisogno, e sono abbastanza sicura che si tratta di qualcosa che non possiedi. ” 

Claire ricambiò lo sguardo confusa. “ Qualcosa che devo sapere? ”

  “ Oh no, no. Non ho più alcuna visione lo sai. ” rispose la più giovane intuendo il significato dietro la sua domanda. “ E’ solo… chiamalo presentimento. ”

Iniziò a sfasciare il pacchetto rompendo leggermente la carta ma facendo attenzione a rimanere delicata per non compromettere il contenuto della piccola scatola. “Mmh, d’accordo allora. Mi fido abbastanza del mio istinto, non vedo perché non dovrei fare altrettanto con il tuo. ”  

Quando aprì il pacchetto e ne estrasse il contenuto rimase perplessa per qualche secondo. Non era certamente qualcosa che si aspettava. “ Uno specchietto per make-up? ” 

Sentì una piccola risata divertita provenire dalla ragazza al suo fianco probabilmente dovuta al tono della sua voce e alla sua espressione confusa. “ Da tenere sempre con te, mi raccomando. ”

Claire osservò il piccolo oggetto fra le mani, era di metallo freddo di un pallido color oro con sfumature rosate con leggere incisioni floreali, aprendolo rivelò la superficie dello specchio rotondo perfettamente pulita e lucida. Vide il riflesso del suo volto velocemente prima di richiuderlo fra le mani. “ Grazie, lo farò. ” disse infine riponendolo con cura nella tasca della sua piccola borsa nera di pelle, a sua volta all’interno di una più grande di tela regalatale da Vanille con ricami fatti a mano. 

Poi Yeul si allungò per metterle una mano sulla spalla, il sorriso dolce e vagamente enigmatico non l’aveva abbandonata nemmeno per un secondo. Era rassicurante e la tranquillizzava. “ Presto. ” disse solamente prima di alzarsi e raggiungere Noel. 

Claire, che era rimasta immobile al suo posto quasi paralizzata, non comprese quello che la più giovane intendeva con quella parola. Presto, cosa? Era sicura che Yeul sapesse molto più di quello che faceva intendere ma non aveva intenzione di interrogarla con le sue mille domande e rovinare così il clima allegro. 

E poi, all’improvviso, lo sentì di nuovo. Un formicolio familiare si fece strada lungo la sua spina dorsale, una morsa le strinse il cuore nel petto aumentandone il battito cardiaco, il respiro accelerò. Si alzò di scatto guardandosi attorno e raggiunse la finestra dietro le ragazze, cercò qualcosa, qualsiasi cosa, potesse essere un indizio ma erano al secondo piano e fuori era buio nonostante le illuminazioni della città. Si appoggiò al vetro freddo, provò ad aprire ma la finestra era fissa e sigillata, sentiva una carica elettrostatica nell’aria, le gambe improvvisamente cariche di adrenalina. Un movimento con la coda dell’occhio attirò la sua attenzione in fondo alla strada ma come cercò di focalizzare lo sguardo, svanì dietro l’angolo. Doveva muoversi, doveva uscire.

Serah notò il suo turbamento ma nessuno fece in tempo a fermarla che in un attimo stava correndo fuori dalla stanza, giù per le scale, fuori dall’edificio. Con il cuore il gola per la fatica e il respiro corto e spezzato si guardò attorno prima di ricominciare a correre verso la strada dove pensava di averlo visto. Ed ecco che, così com’era arrivata, la percezione svanì nel nulla. 

Lo aveva perso, ancora. 




 
*.*.*.*.*.*.*.*.*


 


  “ E’ ora. ”

Lightning si voltò a guardare l’intero gruppo, gli occhi leggermente lucidi e velati dalle lacrime che non era riuscita a trattenere appena pochi secondi prima. L’influenza di aver accettato la parte del suo cuore che aveva rimosso da ragazzina stava già creando scompiglio dentro di lei. Ma quello non era il momento per lasciarsi andare, avrebbe avuto tutto il tempo di essere sé stessa nel nuovo mondo. 

Osservò i suoi compagni che festeggiavano con un sorriso la vittoria, ce l’avevano fatta alla fine. Avevano davvero reso possibile l’impossibile. Bhunivelze era stato sconfitto e anche se un giorno inaspettatamente avesse fatto ritorno loro avrebbero vinto ancora e ancora, di questo ne era sicura. Non sarebbe stato facile ma il legame e i sentimenti che li univano gli uni agli altri erano indissolubili, avrebbero sempre lottato insieme per la libertà. 

I suoi occhi azzurri si posarono dolcemente su ognuno di loro, li guardò con affetto ma anche con un pizzico di preoccupazione. Non aveva dubbi sul fatto che sarebbero stati insieme ma il futuro era incerto e la paura che una volta giunta nel nuovo mondo si sarebbe ritrovata sola l’assalì. Ma sapeva, nel profondo del cuore, che non sarebbe stato possibile. Avrebbe sempre avuto qualcuno disposto a cercarla e a starle accanto, sarebbero stati lì per lei in ogni modo e lei, a sua volta, sarebbe stata lì per loro. 

Un turbine di luci e polvere di cristallo volteggiò attorno a loro, il flusso delle anime era partito verso il nuovo mondo, dovevano seguirle, non potevano più attardarsi. Spinta da una forza invisibile iniziò a levitare nell’aria aggiungendosi alle luci alle sue spalle. Allungò una mano verso sua sorella, la sua preziosa sorellina era finalmente lì con lei, alla fine era tutto ciò per cui aveva sempre lottato: il dolce sorriso di Serah. Lei si voltò esitante per un momento verso Snow che stava proprio alle sue spalle, come ad assicurarsi che fosse ancora lì, che l’avrebbe seguita sempre. Lui la spinse leggermente con un sorriso, incoraggiandola. Era proprio lì, non l’avrebbe lasciata mai più. Serah finalmente prese la mano di sua sorella innalzandosi nella colonna luminosa e, qualche attimo dopo, gli altri la imitarono. 

Stava accadendo davvero. 

Lightning guardò per un momento negli occhi di sua sorella, così pieni di speranza, prima che lei si voltasse per accogliere l’arrivo del suo innamorato. La Salvatrice guardò verso il basso con affetto mentre Snow dava una leggera spinta incoraggiante al ragazzino dai capelli argentei. In un battito di ciglia Hope perse stabilità e quasi inciampò – per quanto si potesse inciampare fluttuando in un turbinio di anime luminose – proprio verso di lei che aveva allargato le braccia per accoglierlo. Sul volto un sorriso luminoso per la prima volta da quando era bambina. 

Lo prese all’ultimo secondo afferrando entrambe le sue mani e lui alzò lo sguardo su di lei, era leggermente imbarazzato ma c’era qualcosa di nuovo nei suoi occhi verdi. No, non era nuovo, era qualcosa che era sempre stato lì solo che, in quel momento, finalmente poteva vederlo anche lei. Amore. 

Le sorrise mentre stringeva forte le mani nelle sue, sembrava stesse per dirle qualcosa e Lightning inclinò la testa confusa per un momento. Il bagliore azzurrino che li circondava attirò l’attenzione del ragazzino che si soffermò ad ammirare quella lucentezza ultraterrena  voltando leggermente il capo e lei seguì inconsapevolmente quel gesto imitandolo. Le anime vorticavano attorno a loro in un bellissimo spettacolo di luci, per qualche istante Lightning si sentì come sotto i fuochi artificiali di Bodhum tanti secoli prima e, mentre osservava quelle luci, desiderò finalmente qualcosa per se stessa. Essere felice un giorno, esattamente come in quel momento. 

Quando voltò nuovamente lo sguardo su di lui qualcosa era cambiato. La postura, le spalle, i lineamenti del suo viso, si era trasformato nell’adulto che lei non aveva mai conosciuto. Era questo l’aspetto che avrebbe avuto nel nuovo mondo quando si sarebbero rivisti?

Lui finalmente la guardò ma i loro lineamenti iniziavano a svanire, confusi in una nebulosa luminescenza azzurra. Oramai Lightning riusciva a malapena a distinguere i suoi occhi verde mare. Non c’era più tempo. Le sembrò quasi di sentire un tocco leggero sulla guancia, uno sfioramento leggero che le asciugava una lacrima invisibile nascosta fra le sue ciglia mentre ogni sentimento, ogni paura, qualsiasi turbamento avesse avuto lasciava la sua coscienza per svanire nel flusso delle anime. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, fargli sapere quanto era stato importante per lei, quanto l’avesse aiutata. 

Voleva ringraziarlo per essere tornato indietro. 

Lightning poteva essere stata il suo mentore all’inizio, più di mille anni prima ma, alla fine, era stato decisamente lui ad insegnarle più cose di quanto avrebbe mai immaginato. Ad accettare se stessa, l’importanza del calore di una famiglia, il supporto che non sarebbe stata più sola e che, qualsiasi cosa fosse successa, lui ci sarebbe sempre stato. Sempre.

Non staccò mai lo sguardo dai suoi occhi verdi, erano la sua ancora di salvezza, le dicevano che tutto sarebbe andato bene e lei gli credeva. Quando infine svanì completamente e la sua coscienza si assopì poteva, in qualche modo, avvertire ancora la stretta forte delle sue mani sulle proprie. Si sentiva cullata, al sicuro. Viva.

“ Saremo insieme. ”



 
*.*.*.*.*.*.*.*.*




  Claire si era alzata prima del solito quella mattina. Era sempre stata una persona mattiniera, complice il suo addestramento militare nel vecchio mondo che, tuttora, la influenzava e capitava spesso che fosse già sveglia al sorgere del sole. Le piaceva la tranquillità della mattina, quando la maggior parte delle persone ancora dormivano e il mondo era immerso nel silenzio. Le piacevano un po' meno quelle mattine in cui le capitava d’incontrare Snow mezzo addormentato su una tazza di caffè in cucina, quando rientrava dal lavoro dopo un turno notturno, ma fortunatamente non era quello il caso della giornata.

Diede un’occhiata veloce alla sveglia sul comodino, segnava le 6:35 e quella mattina era libera da impegni lavorativi. Si alzò e guardò fuori dalla finestra la città illuminata dai tenui raggi del sole nascente, gli alberi ormai in piena stagione autunnale variavano dal giallo al rosso scuro e il viale proprio sotto la loro casa era un tappeto di foglie colorate. Si preparò una spremuta veloce e si vestì con i suoi abiti da corsa facendo attenzione a non svegliare i suoi due coinquilini. Praticava jogging ogni mattina sin dal liceo – senza contare tutta la sua vita su Cocoon – era un metodo pratico per mantenersi allenata e scaricare la tensione, inoltre l’aiutava a pensare. Sopratutto quando passava la notte in preda a sogni bizzarri che faticava a ricordare al risveglio. 

Ma non quel giorno. Quella mattina ricordava quasi perfettamente ogni dettaglio di quella reminiscenza, quando quel nuovo mondo nel quale vivevano era nato grazie alla loro vittoria. I volti di tutti loro, la felicità ed il sollievo nel loro sguardi, nei loro sorrisi. Quegli occhi… erano i tuoi?

Si ritrovò a sospirare demoralizzata mentre dava un ultimo sguardo fuori prima d’infilarsi le scarpe da ginnastica, afferrare il suo lettore musicale ed uscire pronta ad affrontare i suoi pensieri e una lunga, lunghissima corsa. Aveva molto su cui riflettere. 

Iniziò a correre ad un ritmo sostenibile poi, invece che imboccare il suo solito percorso, cambiò improvvisamente direzione quasi senza pensarci. La sua attenzione era tutta concentrata sul cercare di ricordare il più possibile di quel breve sogno, era stato diverso in qualche modo, attenuato da una foschia luminosa che le rendeva particolarmente difficile dare definizione ai volti ed ai particolari. Era sicura che ci fossero tutti, sua sorella e il suo grosso fidanzato, Fang e Vanille, Sazh e suo figlio. Anche Noel e la dolce Yeul erano presenti, si tenevano per mano e non distoglievano praticamente mai l’attenzione l’uno dall’altra. E c’era anche lui, adesso poteva dirlo con assoluta certezza. Il viso ed i lineamenti erano ancora confusi, non aveva parlato quindi non era riuscita a sentire la sua voce ma c’era una caratteristica che non poteva proprio dimenticare. Intensi occhi verde mare. 

Claire non era una stupida, sapeva perfettamente che non avrebbe mai potuto rintracciare qualcuno solo da un particolare come quello, eppure non poteva fare a meno di sentirsi vagamente speranzosa. Forse, finalmente, aveva fatto un piccolo passo avanti nella giusta direzione. Si disse che probabilmente ci era voluto così tanto proprio perché lui avrebbe dovuto avere l’età giusta, esattamente come tutti gli altri. Ricordava una corporatura esile e minuta, un ragazzino. E, gradualmente, si rese conto che quella figura c’era sempre stata in qualche modo, in tantissimi momenti della sua vita. Era sempre stato lì. 

L’aveva sostenuta, l’aveva seguita, ammirata e, probabilmente, anche odiata ad un certo punto. Non poteva essere altrimenti dopotutto, era scomparsa per secoli per riapparire solamente alla fine del mondo. Quegli ultimi tredici giorni rimanevano in parte ancora nebulosi nella sua mente, determinate scelte e azioni non erano ben collegate ed era ormai convinta che tutti i pezzi sarebbero tornati al posto giusto una volta che l’avesse ritrovato. Ma l’aveva perso per ben due volte nell’arco di quell’anno e la città era grande, tremendamente estesa per riuscire a trovare qualcuno di cui non conoscevi né il nome né, tanto meno, il volto. 

Claire si ritrovò a sospirare frustrata, le sembrava di fare due passi indietro ogni volta che ne compiva uno in avanti. Così facendo le sarebbe venuta una crisi di nervi e i capelli grigi prima dei trent’anni. Alzò lo sguardo scoprendo di trovarsi in un luogo apparentemente sconosciuto, aveva corso senza sosta per almeno quarantacinque minuti a giudicare dall’ora sul display del suo telefono e senza prestare attenzione a dove andava. Iniziò a camminare a passo svelto mentre riprendeva fiato guardandosi intorno incuriosita, era entrata in un parco per lo più nascosto da grandi alberi. I vialetti erano ben curati nonostante il tappeto di foglie colorate cadute durante i giorni precedenti, l’erba dei prati era stata tagliata da poco e un leggero manto di rugiada la faceva brillare come una pioggia di diamanti. La zona sembrava deserta escluso qualche runner come lei e qualche passante solitario, dopotutto la giornata era appena all’inizio nonostante il sole iniziasse a illuminare la città cercando di superare le spesse nuvole grigiastre che occupavano quasi la totalità del cielo. 

A Claire non piaceva quel clima, quel grigiore, le ricordava fin troppo bene il Valhalla e, ancora peggio, i cieli invasi dal Chaos di Nova Chrysalia. Si riteneva in qualche modo fortunata ad aver vissuto sotto quel cielo solo per tredici giorni e comprendeva perché le persone avessero perso la speranza a lungo andare. In qualche modo, il cielo azzurro riesce a sollevare l’umore persino della persona più triste. Capiva perché Noel si era rifugiato nell’oscurità della notte a Luxerion e Snow avesse riempito il cielo di Yusnaan di fuochi colorati. Lei stessa, priva di qualsiasi potere divino, sarebbe impazzita se si fosse trovata al loro posto. 

Trovò una terrazza con una splendida vista della città dall’alto. Raggiunse la ringhiera ben dipinta in ferro battuto – stava iniziando a pensare di essere finita nel quartiere del ceto medio borghese della città – rimanendo praticamente incantata ad osservare il panorama sottostante. C’erano edifici altissimi e palazzi antichi e, nonostante fosse una metropoli, parecchie zone verdi erano sparse un po' ovunque. Osservò come il fiume costeggiava la via principale, mentre le macchine viaggiavano lente lungo le strade illuminate dalla luce del giorno. Era stata titubante all’inizio all’idea di trasferirsi in un posto come quello, le piaceva la piccola cittadina dove erano cresciute proprio perché le ricordava Bodhum ma dopo più di un anno e mezzo, poteva dire di essersi infine ambientata bene. Non le dispiaceva quella città un po' moderna e un po' antica, con monumenti e cattedrali, e parchi e fiumi. 

C’era ancora così tanto da esplorare di quel nuovo mondo, a volte le capitava di pensarci e provava il desiderio di prendere un treno e partire per un viaggio, da sola come un tempo, su Cocoon e Gran Pulse. Anche se aveva dovuto farlo perché costretta dalle circostanze dopotutto non le era dispiaciuto. Forse un giorno avrebbe trovato il coraggio e sarebbe partita per luoghi lontani, chi poteva saperlo?

La musica nelle cuffie si fermò per qualche secondo permettendole di ascoltare ciò che la circondava. Il suono delle macchine, il rumore delle foglie mosse dal vento, il cinguettio degli uccellini nascosti nei rami, il chiacchiericcio degli sconosciuti che le passavano accanto.

  “ Kai rinvia la riunione delle otto, la mia auto questa mattina non ha voluto saperne di partire. ” La voce di un giovane uomo alle sue spalle le arrivò distante alle orecchie mentre una nuova canzone ripartiva lentamente intonando alcune note al pianoforte. “ A-ha molto divertente… cercherò di fare prima che posso. Ehi che razza di amico sei? Lo sai che non sono esattamente un maratoneta non c’è bisogno d’infierire su questo… ” una breve risata gentile mentre la voce si allontanava da lei. 

Claire si ritrovò a sorridere inconsciamente, non sapeva perché lo stesse facendo ma qualcosa in quella voce l’aveva resa nostalgica. Poi la consapevolezza la colpì come un fulmine in pieno petto. Conosceva quella risata. 

Si voltò velocemente, i capelli leggermente sudati le finirono sugli occhi e se li scostò con un gesto irritato, il respiro le si bloccò e le sembrò che anche il suo cuore fermasse i propri battiti nel momento in cui lo vide a qualche metro da lei. Era inchiodata sul posto totalmente  incapace di muoversi, mentre brividi le attraversavano la spina dorsale e guardava la sua figura di spalle allontanarsi a passo svelto. I capelli argentei riflettevano la debole luce di quella mattinata autunnale mentre parlava al telefono. Il suo nome era proprio lì, sulla punta della lingua, nel retro della sua mente ma Claire si ritrovò incapace di fare qualsiasi cosa. Muoversi, parlare, persino respirare. La vista le si offuscò a causa delle lacrime che pungevano crudeli nei suoi occhi azzurri mentre l’uomo si allontanava sempre di più. 

Fermati. 

Sono qui. 


La sua mente gridava mentre era completamente paralizzata, le sembrava di essere tornata nuovamente un cristallo, immutabile sopra il suo trono di alabastro. Non poteva permetterlo, non poteva perderlo ancora. 

Ti prego!

Improvvisamente lui si bloccò sul posto, rimase immobile per un paio di secondi smarrito, in silenzio ad ascoltare. Gli era sembrato di aver sentito una voce – una voce dolorosamente familiare – alle sue spalle urlare, chiamarlo... implorarlo? Ma era completamente assurdo, non poteva essere lì. Un brivido gli attraversò improvvisamente la schiena salendo fin dietro la nuca e posizionandosi infine sulle tempie, poteva sentire la radice dei capelli irrigidirsi. Era come una scossa elettrica, un fremito incontrollato. Con una lentezza quasi esasperante finalmente si voltò e quando i suoi occhi focalizzarono l’immagine della donna a qualche metro da lui il tempo sembrò fermarsi in quell’istante, non esisteva più nulla all’infuori di loro. I suoni si erano attutiti come all’interno di una bolla, ogni immagine all’infuori della vista di lei era sfocata e mancava di consistenza, persino l’aria sembrava più rarefatta. Non poteva descrivere cosa stesse accadendo ma l’atmosfera stessa attorno a loro era cambiata, era densa di energia come se l’aria fosse diventata improvvisamente palpabile. Era come trovarsi all’interno di una tempesta elettrica, la stessa che stava attraversando ogni fibra del suo corpo e ogni centimetro della sua spina dorsale. 

Non puoi essere davvero tu. 

L’uomo non riuscì a controllare il leggero tremito sulle labbra mentre incredulo pronunciava il suo nome senza che nessun suono fuoriuscisse davvero. Erano passati secoli, letteralmente, dall’ultima volta che l’aveva fatto. Oh Dea, ti prego dimmi che è davvero lei. Ed era veramente assurdo che in quell’attimo esatto, nonostante ogni sua avversione per esseri celestiali, si ritrovasse a pregare qualche dio. Sapeva più che perfettamente che quel mondo non era governato da niente del genere eppure, nonostante la sua conoscenza radicata in memorie lontane continuasse a suggerirgli che era inutile farlo, lui non poteva farne a meno. La guardò così intensamente che gli occhi bruciarono, non sembrava affatto cambiata dalla figura che non aveva mai dimenticato e che appariva nei suoi ricordi ogni giorno, la stessa che tormentava i suoi sogni ogni notte da più di mille anni. Fissò gli occhi nei suoi e fu allora che capì che non stava avendo un’allucinazione. Che era reale ed era proprio a qualche passo da lui. Quell’azzurro cristallino così penetrante brillava contro i raggi del sole che sorgeva timido alle sue spalle. 

Claire, nuovamente padrona dei propri movimenti, fece appena un passo verso di lui ancora incredula di averlo finalmente davanti in carne ed ossa. Era più alto e questa era la prima cosa che aveva notato. La sovrastava di almeno quattro pollici e lei era obbligata a piegare leggermente il collo all’indietro per guardarlo. Sembrava anche più vecchio di lei adesso e questa fu la seconda cosa che non abbandonò i suoi pensieri per i prossimi minuti. Nella sua mente c’era una confusione di suoni e colori, ogni ricordo era ritornato con prepotenza e sapeva che quella era la prima volta che aveva a che fare con la sua forma di uomo adulto. I suoi lineamenti delicati non erano cambiati poi molto solo che, ora, rendevano il suo volto così malinconicamente familiare e dannatamente bello – in un modo quasi sconvolgente pensò lei mentre il cuore le svolazzava nel petto come un uccello chiuso nella sua gabbia toracica – assomigliava ai ragazzi delle riviste che Serah era solita sfogliare nei suoi momenti di ozio. L’armonia del suo viso aveva abbandonato le forme dell’adolescenza in favore di una mascella più squadrata e distinta e persino i suoi capelli chiari avevano mantenuto taglio e consistenza, solo leggermente meno scompigliati di come apparivano nei loro giorni da l’Cie, svolazzavano morbidamente nel tenue venticello mattutino. Però, nonostante tutto, malgrado quei cambiamenti così evidenti, quello che la sorprese più di ogni altra era che non riusciva a distaccare lo sguardo dai suoi occhi che sembravano immutati, caldi e gentili, luminosi e verdi come il mare. 

Erano sempre stati così intensi? 

Ed ora era proprio lì, ad un paio di passi di distanza, più alto e più vecchio e questa cosa la sconcertava un po'. Era conscia che lui era cresciuto negli anni in sua assenza, lo aveva osservato con attenzione più spesso di quello che avrebbe mai ammesso, ma l’ultima volta che erano stati in presenza fisica l’uno dell’altra lui era tornato ad essere un ragazzino – nonostante i modi ed i suoi sguardi tradissero la vera maturità insita in lui – e le arrivava a malapena alle spalle. Sapeva che era diventato alto per la media, comunque più alto di lei ma non un gigante come Snow, tuttavia l’esserne conscia e provarlo direttamente faccia a faccia erano cose ben diverse. 

Deglutì ed inconsciamente allungò una mano verso la sua direzione desiderosa di toccarlo, di assicurarsi che fosse davvero lì e che non sarebbe svanito nel vento come in un sogno. Come se i suoi pensieri di fossero uno specchio dei propri, anche lui la stava fissando con un’espressione mista a meraviglia e incredulità. “ Sei veramente tu. ” Disse rompendo finalmente il silenzio ed era una constatazione dei fatti. Lei era lì, era reale. C’era una leggera insicurezza nella sua voce adesso più profonda di come Claire ricordasse. Apparentemente di sua spontanea volontà, esattamente com’era stato per lei, le afferrò con delicatezza la mano che aveva lasciato sospesa a mezz’aria fra loro. Era più grande della sua, le dita lunghe ed eleganti e finalmente prive di guanti, pelle contro pelle il suo tocco quasi bruciava. “ Light. ” Sussurrò nel vento senza smettere mai di guardarla, ed era così piacevole il suono della sua voce mentre pronunciava il suo vecchio nome, un piccolo sorriso sinceramente soddisfatto si creò sul suo viso e qualcosa rese i suoi occhi verdemare ancora più lucidi e brillanti. 

Esitò colmando la distanza fra loro, i suoi modi sembravano trattenuti fino a che Claire non si mosse appena dandogli il suo consenso ed improvvisamente si ritrovò stretta in un abbraccio disperato, la sua presa quasi dolorosa. Il suo corpo era premuto forte contro quello di lui, le sue braccia lunghe le avvolgevano le spalle e le mani – molto più grandi e forti di come ricordasse – erano ben salde sulla schiena. Claire rimase immobile e incredula perché, in tutta la sua vita e anche in quella precedente, nessuno l’aveva mai toccata in quel modo. C’erano stati abbracci veloci e lacrime sottili, strette di mano e colpetti amichevoli sulla spalla ma niente, nemmeno l’abbraccio più intimo di Serah, si era mai avvicinato nemmeno lontanamente a quel tocco. “ Mi sei mancata. ”

Era così caldo, premuroso. La sua voce bassa e roca, dolce ma forte – quasi possessiva a dir la verità – faceva trasparire un dolore soffocante e a Claire si chiuse un nodo alla gola mentre le sembrava quasi volesse inglobarla a sé per la paura che potesse scivolargli via dalle mani, la stessa paura che aveva tormentato anche lei solo qualche istante prima.

Con i loro corpi premuti così forte riusciva a sentire il palpito del cuore di lui battere velocemente e, a quel suono, s’irrigidì anche lei avvertendo il proprio sussultare rapido in risposta. Il calore della pelle del collo di lui, nonostante il tessuto della sciarpa a fare da barriera, premuto contro la sua guancia quasi bruciava. Sorpresa da sé stessa si ritrovò a pensare che avrebbe potuto restare così in eterno e non le sarebbe importato di nient’altro, non le interessava nemmeno degli sconosciuti che passavano lì accanto e lanciavano occhiate incuriosite. Questo era lo stesso ragazzo che era riuscito a superare la sua maschera di ghiaccio e le sua barriere di protezione contro tutti e si era scavato un posto speciale nel suo cuore. Lo stesso ragazzo che aveva giurato di proteggere e che gli era caro quasi al pari  di sua sorella Serah. Era il suo partner. 

Alzò lo sguardo ma l’unica cosa che riusciva a vedere era il retro della sua nuca e come i suoi capelli chiari si muovevano nella leggera brezza che si era alzata da un paio di minuti. Inspirò il leggero profumo di acqua di colonia e di abiti freschi di bucato. Era un odore fresco e maschile che aveva solo una leggera somiglianza con quello del suo io più giovane ma in qualche modo lo trovò estraneo e confortante al tempo stesso. Perché lui era lì, perché non era più intrappolato nel corpo di un ragazzino, perché era un uomo adesso. Il ricordo di lui che si gettava nell’oscurità del Chaos del suo cuore solo per lei – era stato lui a salvarla alla fine di ogni cosa – le attraversò la mente, così vivido da farle uscire un singhiozzo silenzioso dalla bocca. Annaspò in cerca d’aria mentre altre immagini le invadevano la mente, ogni pezzo che finalmente tornava al proprio posto. 

E’ lui, è davvero lui.

La strinse ancora più forte quando la sentì tremare fra le sue braccia. Affondò il viso nei suoi capelli rosa inspirando il lontano profumo fruttato di uno shampoo e un leggero odore di sudore. “ Light. ” Aveva desiderato stringerla a sé in quel modo da così tanto tempo che farlo adesso era quasi doloroso, del tipo piacevole. Era calda, e il suo corpo adesso era della dimensione perfetta per essere avvolto dalle sue braccia. Fu in quel momento che Claire realizzò che era tutto vero, che era al sicuro. 

Era vivo. 

Con un po' di esitazione e contro ogni propria aspettativa allungò finalmente le mani tremolanti sulla sua ampia schiena, lasciando che le braccia gli circondassero la vita e afferrò incerta il tessuto del cappotto, chiuse gli occhi e affondò il viso nell’incavo del suo collo mentre stringeva il tessuto fra le dita aggrappandosi a lui come se le fosse necessario per la vita. “ Light. ” Aveva ripetuto quel nome così tante volte ormai da averne perso il conto, era come un mantra spezzato dal suo stesso respiro che si bloccava ad ogni ripetizione. Un piccolo sorriso si delineò sul suo volto mentre una mano risaliva lungo la schiena e intrecciava le dita nei suoi riccioli rosa premendola più forte contro di sé. 

La sensazione delle sue carezze era piacevole contro ogni sua previsione, non era mai stata una persona molto tattile, accettava il contatto di sua sorella e dei suoi genitori con piacere perché li amava ma nulla di più. Nonostante non ce ne fosse mai stato un vero motivo in questa nuova vita, aveva mantenuto comunque le distanze dal contatto fisico il più possibile con tutti. La paura che fosse tutta un’illusione e che presto sarebbe accaduto nuovamente qualcosa che glieli avrebbe portati via la obbligava a rinunciare sin da subito al contatto umano con chiunque di loro. Ma lui, con lui era diverso. 

Premuta contro di lui sembrava non poter fare a meno di notare quanto fosse cresciuto e quanto fosse diventato un uomo. Le spalle erano ampie, il suo fisico era snello ma tonico e sembrava nascondere una forza totalmente inaspettata nelle braccia che la stringevano. Non aveva un fisico prorompente e muscoloso come quello del suo stupido quasi cognato, nemmeno atletico e robusto come tanti altri soldati e commilitoni che aveva conosciuto in passato, eppure qualcosa nella sua struttura fisica le dava l’idea di solidità. Era cresciuto abbastanza per poterla abbracciare e sembrava che i loro corpi s’incastrassero l’un l’altro perfettamente, come se fossero stati creati per quell’unico scopo. Claire sospirò rasserenata mentre sentiva il proprio corpo rilassarsi, accoccolata fra le sue braccia si sentiva in pace, al sicuro.

Non aveva mai provato niente del genere in tutta la sua vita. Presente e passata.

Solo alla fine, dopo diversi minuti che le erano sembrati eterni, il volto nascosto nel suo cappotto blu navy ed improvvisamente più vulnerabile di quanto non fosse mai stata prima d’ora, Claire si permise alcune lacrime silenziose.

  “ Sono così felice che tu sia qui. ” La sua voce dolce e gentile irruppe nuovamente nel silenzio interrompendo la sua trance mentre le lacrime continuarono a scorrerle lungo le guance. Lo strinse in risposta non volendo spezzare quella sensazione di appagamento che si era impossessata di lei. Finalmente il suo nome diventò chiaro e limpido nella sua mente ed il cerchio, infine, si chiuse. Era sempre stato lì, era una parola così bella, così importante e che le aveva dato la forza di combattere in così tante occasioni. Come aveva potuto dimenticarsene? Lo sentì muovere la testa ed appoggiare lo zigomo sulla sua nuca cullandola leggermente mentre le dita le lasciavano leggere carezze gentili attraverso i capelli, e lei sentì tutto il suo corpo riscaldarsi sotto quel tocco. 

Così rassicurante. 

  “ Anch’io… ” mormorò facendo finalmente fuoriuscire la propria voce per la prima volta contro il tessuto del suo cappotto, l’emozione che sovrastava il suo tono solitamente autorevole e sostenuto trasformandolo in un pasticcio tremolante. L’effetto fu immediato e, a quel suono, lui sembrò rilassarsi sciogliendosi in un sospiro appagato. “ Mi sei mancato, Hope. ”

Finalmente erano insieme. 


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Note : Ragazzi, che dire? Finalmente la prima parte di questa storia è conclusa. So che ci ho messo un po' più di tempo del previsto, ma ho preferito mantenermi in linea con le pubblicazioni in inglese, o perlomeno, mantenere qui un capitolo avanti. 
Spero tanto che questa storia vi sia piaciuta, personalmente mi sento molto soddisfatta e non vedo l'ora di iniziare a pubblicare la seconda parte a cui sono già a rrivata a quota ( quasi ) 10 capitoli! Si presenta una delle storie più lunghe alle quali abbia mai lavorato. Spero di mantenermi costante e continuare ad aggiornare.
Nel frattempo, so che ormai EFP - soprattutto in questa sezione - è un po' morto ma, se sei arrivat@ fino a qui a leggere ti prego, ti prego con tutto il cuore, di farmi sapere cosa ne pensi di questa mia storia. Ti è piaciuta? Ti ha fatto schifo? Hai suggerimenti, buchi di trama da riempire, domande?? Io sono qui a disposizione per te.
Grazie per aver letto fino a qui, ci vediamo nella parte II <3
   
 
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