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Autore: Bombay    27/09/2022    0 recensioni
Questa è una raccolta delle one shot e delle flash fic che sto scrivendo durante il contest della challenge: writeptember2022 indetta sul gruppo “Facebook Hurt/Comfort Italia, Fanart e Fanfiction Gruppo Nuovo” seguendo i prompt giornalieri.
I personaggi, le coppie e il rating varieranno ad ogni storia, ma troverete le specifiche all’inizio.
- Crescere [Yuri/Otabek]
- Il brutto anatroccolo [Yuuri/Victor]
- Stanchezza [Yuri/Otabek]
- Ancora [Yuri/Otabek]
- Ascensore [Yuuri/Victor]
- Calore [Yuuri/Victor]
Genere: Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Challenge: #writeptember2022 #Giorno22 del gruppo “Facebook Hurt/Comfort Italia, Fanart e Fanfiction Gruppo Nuovo”

Prompt: 1 “Ma lei chi è?” - 3 X rimane chiuso dentro qualcosa

 

Fandom: Yuri on ice

Genere: romantico, Hurt/Comfort

Tipo: one shot

Coppia: yaoi

Personaggi: Yuuri Katsuki, Victor Nikiforov

Rating: PG-17 - giallo

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma del rispettivo autore. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

 

Ascensore

 

Finalmente poteva andarsene in camera era stanco e frastornato. Desiderava solo il silenzio e il calore del piumone e le coccole di Victor, anche se quella sera il suo compagno era stato davvero distante.

Salì sull’ascensore stringendo al petto la bottiglia d’acqua.

Yuri Plisetsky si infilò nell’ascensore seguito a ruota da Altin e permette il piano della stanza di quest’ultimo, il pattinatore giapponese sorrise nel vedere la dolce espressione e il volto rilassato e felice del giovane russo fece ad entrambi un cenno di saluto.

L’ascensore si fermò due piani sotto rispetto alle loro stanze, il biondo gli lanciò un’occhiata eloquente e Yuuri fece il gesto di chiudere le labbra con la cerniera. Rimasto solo nell’abitacolo sospirò mentre l’ascensore ripartiva, ma pochi istanti dopo, con uno scossone si bloccò.

Il giovane fece appena in tempo a realizzare che l’ascensore non era arrivato al piano che anche la luce si spense.

Imprecò a denti stretti. Avvolto nell’oscurità densa e pesante. Lui non amava i luoghi chiusi, bui e stretti. No, proprio no.

Tirò fuori il telefono e fece luce sulla pulsantiera, premette l’allarme, ma non accadde nulla, cercò di non farsi cogliere dal panico, inoltrò una chiamata. 

Pochi istanti dopo la voce di Victor giunse al suo orecchio, morbida e calda.

“Dove sei?” gli chiese in un sussurro.

“Stavo per prendere l’ascensore, ma è saltata la corrente in tutto lo stabile a quanto vedo. Non si sono attivate nemmeno le luci di emergenza. Tu dove sei? –

“Dentro l’ascensore” ansimò lasciandosi andare contro la paratia sentendo il respiro venirgli meno.

- A che piano? –

“Non lo so ero quasi arrivato al nostro credo” rispose sedendosi a terra.

- Tutto bene? –

“No, tirami fuori da qui” lo pregò sull’orlo delle lacrime.

- Ehi, sei al sicuro, non può succederti nulla - tentò di rassicurarlo.

“Sono a un sacco di metri d’altezza, sospeso nel vuoto, dentro uno spazio, buio e angusto” gemette aprendosi la giacca allentando la cravatta.

- Yuuri, soffri di claustrofobia? - chiese, il giovane giapponese deglutì un paio di volte.

“Sì” ammise, provando un enorme senso di vergogna.

 - Perché non me lo hai detto? -

“No ce n’è mai stata l’occasione e non è una cosa che amo raccontare”

Un lungo silenzio che a Yuuri parve eterno.

“Victor? Sei ancora lì?”

- Sì -

Yuuri sentì battere dei colpi sopra la sua testa.

- Sono qui fuori. Sono vicino a te – gli disse con dolcezza, sperando che questo lo rasserenasse almeno un po’.

Provarono ad aprire le porte, ma non ci riuscirono, erano abbastanza vicini da parlare senza usare i telefoni, il cellulare di Yuuri era al cinque per cento, presto si sarebbe spento e la poca luminescenza lo avrebbe abbandonato.

Victor gli parlava del più e del meno, cercando di distrarlo.

“Posso farti una domanda?” disse il giapponese dopo un breve silenzio.

“Certamente”

“Ma lei chi è?” chiese, era tutta la sera che ci pensava. Usciti dallo stadio del ghiaccio, una donna alta e bella, non giovanissima che sembrava una modella, si era avvicinata a Victor, parlando in russo fluente lo aveva abbracciato e baciato sulla fronte e lui era rimasto parecchio scosso da tutta quella familiarità.

Si era ripromesso di chiederlo al compagno, ma non c’erano state occasioni, le interviste, la cena di gala, li avevano completamente assorbiti.

 

La risata di Victor gli raggiunse le orecchie “Sei geloso?” chiese con voce ilare.

“Si” ammise, non ci trovava niente da ridere.

“Volevo presentatela, ma non ce n’è stato il tempo eri troppo preso con i giornalisti e lei è andata via subito, era passata solo a salutarmi”

“Mi dici chi è?” sbottò non gli piaceva quando Victor lo teneva così sulle spine.

“È mia madre”

“Cosa?”

“Mia madre”

Yuuri rimase interdetto ora che ci pensava si assomigliavano “Oh”

Victor sghignazzava ancora, e Yuuri ringraziò di non essere davanti a lui, perché era rosso per l’imbarazzo e la vergogna.

“Tu chi pensavi che fosse?”

“Niente, lascia stare”

“Dai! Dimmelo!!”

In quel momento il telefono del giapponese si spense, facendolo ripiombare nell’oscurità.

“Continua a parlarmi” mormorò, non riusciva a controllare l’ansia, il buio lo avvolgeva e lo opprimeva. Sentiva il panico montargli nel petto mozzandogli il fiato, gli girava la testa, stava per perdere i sensi.

“Yuuri!” la voce di Victor gli giunse vicinissima al suo orecchio, aprì gli occhi alla tenue luce azzurra delle luci di emergenza, era fuori dall’ascensore, tra le braccia di Victor.

Si aggrappò a lui ad occhi chiusi, sentì le lacrime scivolare sulle guance e perdersi sul tessuto della giacca di Victor.

“Va tutto bene” lo rassicurò cullandolo avanti ed indietro, c’erano altre persone sul piano con loro, ma a Yuuri poco importava.

“Riesci ad alzarti”

Annuì piano mettendosi in piedi le gambe gli tremavano un poco, ma Victor gli cinse la vita con un braccio, tenendolo saldamente si avviarono verso la camera.

“Vuoi dirmi chi pensavi che fosse” domandò quando furono dentro la stanza

“Non riesci a immaginarlo?”

La risata di Victor lo avvolse “Sei uno sciocco” mormorò spingendolo verso il letto “Meglio ribadire quali sono le mie preferenze”

 

   
 
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