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Autore: Reginafenice    08/10/2022    0 recensioni
[The Marvelous Mrs. Maisel]
[The Marvelous Mrs. Maisel]Sul divano, con le gambe incrociate e con i fogli imbrattati di inchiostro sul grembo, stava ripercorrendo gli ultimi anni della sua carriera. L’indice faticava a seguire il passo della mente, andando di riga in riga senza indugio. La foga, però, si interruppe su una pagina vuota, che spiccava notevolmente rispetto alle altre piene zeppe di annotazioni e scarabocchi: era il giorno più brutto che avesse mai vissuto.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia batteva senza tregua sui vetri delle finestre del suo appartamento.
Lavorare in televisione le aveva permesso di ampliare la sua già lussuosa abitazione e di investire in proprietà anche all’infuori dello Stato di New York. Tuttavia, quella sera Midge avrebbe rinunciato al benessere economico che si era guadagnata pur di sentirsi meno sola, pur di ritrovare fiato una volta chiusasi la porta alle spalle.

Non era qualcuno con cui confidarsi che le mancava, ma chi era solito ascoltarla senza giudicarla in base a un’idea astratta che si era fatta di lei. Non suo padre, né sua madre e neanche Susie o Joel potevano sostituire quella persona molto specifica che aveva in mente. Il loro ultimo incontro era stato un disastro, in cui le presunte verità che lui aveva sfoderato, come uno scudo per difendersi dal futuro, si erano rivelate armi capaci di infliggerle diverse ferite. Solo dopo averci rimuginato su, e recuperato la giusta lucidità, quei segni nel cuore avevano iniziato a risanarsi da soli, perché sapeva che era stata la paura di Lenny a prendere il sopravvento in quella circostanza. La più coraggiosa delle voci si era ritrovata a cedere il microfono all’emotività, rendendolo non solo àfono ma anche sordo ai desideri espressi da Midge.

Non capiva perché avesse deciso di indossare la vestaglia azzurra e la camicia da notte che aveva addosso il giorno in cui Joel se n’era andato. Forse un impulso di nostalgia per la vita apparentemente perfetta che aveva prima di finire da sola a condividere con una bottiglia di vino le gioie del suo lavoro. Brindava alla sua vita imperfetta e all’enorme privilegio di non aver perso se stessa lungo la strada.  Quanta esperienza aveva accumulato negli anni? Erano le sue stesse battute a ricordarglielo: testimoni della fioritura della donna che era diventata e dei numerosi drink che l’avevano accompagnata durante il processo. Così, il modo migliore che Midge aveva trovato per celebrare la sua prima candidatura agli Emmy Awards era sfogliare i suoi taccuini, dal primo all’ultimo, come se fossero dei libri di storia o, più modestamente, dei cari vecchi amici.

Sul divano, con le gambe incrociate e con i fogli imbrattati di inchiostro sul grembo, stava ripercorrendo gli ultimi anni della sua carriera. L’indice faticava a seguire il passo della mente, andando di riga in riga senza indugio. La foga, però, si interruppe su una pagina vuota, che spiccava notevolmente rispetto alle altre piene zeppe di annotazioni e scarabocchi: era il giorno più brutto che avesse mai vissuto.

Infatti, se per Midge, il suo primo Yom Kippur da donna tradita era come un biscotto bianco e nero, diviso in due metà equilibrate, la sera in cui seppe dell’overdose di Lenny poteva essere paragonata a un pezzo di carbone ardente nelle viscere.

Non riuscì a trattenere le lacrime. La rabbia che provava correva parallela alla disperazione e bruciava ancora, nonostante fossero passati due anni dall’accaduto. Senza pensarci troppo richiuse il taccuino e lo lanciò il più lontano possibile dal punto in cui si trovava.

I bambini erano già da Joel e Mei, dove sarebbero rimasti per il fine settimana, e in quel momento Midge aveva paura della solitudine. Proprio quando i ricordi iniziavano a pesarle insopportabilmente, sentì bussare alla porta.  Non aspettava nessuno, perciò quando andò ad aprire lo fece con il mascara sciolto sulle guance.

«Signora Maisel, scusi l’orario ma ho ricevuto precise indicazioni per questa consegna.»

Jerry, il portinaio, aveva la fronte imperlata di sudore e tra le braccia un imponente bouquet di peonie di varie tonalità di rosa. Questo, perlomeno, gli impediva la vista del suo aspetto impietoso, ma la voce con cui lo ringraziò bastò a rendergli chiaro quale fosse lo stato d’animo in cui versava la giovane comica. Come per rassicurarla, dopo averle consegnato i fiori, non andò subito via ma le tese la mano e manifestò la sua ammirazione, «Congratulazioni per la candidatura, davvero. Io e mia moglie guardiamo sempre il suo programma e lo adoriamo!»

«Sei molto gentile, Jerry. La nuova stagione partirà tra pochissimi mesi.»

Ora le si stava sciogliendo anche il cuore vedendo l’entusiasmo nello sguardo dell’uomo.

«Allora, aspetto un suo segnale come concordato.»

Jerry indicò il bigliettino in cima al mazzo di fiori con sguardo eloquente, «Spero soltanto che nel frattempo il suo spasimante non prenda un brutto raffreddore…»

Midge non sapeva cosa rispondere. Annuì automaticamente e si ritirò in casa.

 

 

A giudicare dall’aspetto quasi incomprensibile, la mano che aveva scritto quella nota doveva aver avuto fretta di liberarsi dell’ansia di un pensiero maturato a lungo nella sua testa. Era strano rincontrarlo attraverso un foglio: la frequenza dei palpiti cardiaci era proprio come se lo avesse lì difronte in carne ed ossa, anche se la paura andava via via trasformandosi in eccitazione con il passare dei secondi.

Divorò il contenuto della lettera senza preoccuparsi di trovare un vaso o anche semplicemente di separarsi dal mazzo di fiori.

 

“Cara Upper West Side,

sono certo che il mio sarà il centunesimo mazzo di fiori in questa giornata così gloriosa per il tuo lavoro, ma se non altro saprai distinguerlo dal resto. Amo i numeri dispari, ricordi?

Ho approfittato del tuo povero portinaio – anche se scommetto che il suo conto in banca è comunque più florido del mio – perché mi comunicasse la tua risposta al mio invito. Mi ha appena augurato che non ci vogliano delle ore per decidere se hai voglia di ascoltare quello che ho da dirti oppure mandarmi all’inferno, dove ti assicuro ho una suite già prenotata per conto di diverse persone.
La seconda cosa che mi è mancata di più di New York è la pioggia, ma non sono più un ragazzino e vorrei risparmiare a mia figlia l’umiliazione di dover dire che suo padre ha lasciato questo mondo per una banale polmonite.

 

Capirò se tutti i tuoi ombrelli sono rotti.

 

Lenny”

 

Una volta terminata la lettura, Midge si morse il labbro; fece qualche passo verso la finestra più vicina e lo vide seduto di spalle su una panchina, mentre attendeva stringendosi nella sua classica giacca nera, che nulla poteva fare contro l’inclemenza della pioggia. Lasciò tutto quello che aveva in mano e si precipitò sul pianerottolo per prendere l’ascensore. Jerry le rivolse un sorriso soddisfatto e fece per adempiere al suo compito, ma Midge lo fermò e, dopo aver inspirato profondamente per ricomporsi, si avviò all’uscita.

«Hai indovinato! Tutti i miei ombrelli sono rotti», urlò lei in modo da farsi sentire.

Lenny si voltò all’istante, ma non si mosse di un centimetro.

«E le riviste di Vogue che ho in casa sono tutta l’eredità dei miei figli. Perciò, dovrai accontentarti dell’ombrello di Jerry.»

Sebbene la pioggia fosse fitta, riuscì a individuare la traccia di un ghigno sul suo volto, il che la rese piuttosto compiaciuta. Non tutti gli ombrelli erano perduti, dopotutto.

 

 

In ascensore si osservarono in silenzio, agli antipodi della cabina. Durante la salita verso il piano dell’appartamento, lo vide tremare in balia di brividi che probabilmente non derivavano dal freddo.

Midge era disposta ad aspettare anche ore purché fosse lui a prendere l’iniziativa, ma ciò non fu necessario.

«Sono pateticamente fradicio e tu non hai niente di divertente da dire?» Il tono della domanda era ironico ma il velo di tristezza che aveva negli occhi comunicava tutt’altro.

«Ti presterei la mia vestaglia, ma sono abbastanza sicura che peggiorerebbe la situazione.» Non poté fare a meno di arrossire notando la sua espressione niente affatto innocente.

«È molto trasparente», commentò Lenny, facendo vagare gli occhi lungo il suo corpo.

«Al punto giusto, direi.»

«Non che me ne lamenti.»

Non voleva che si accorgesse dell’effetto che quella conversazione stava sortendo su di lei. Pensò, dunque, che fosse meglio dargli le spalle fino alla fine della corsa.

Nella fretta di uscire, aveva dimenticato la porta di casa aperta. Per fortuna, poteva fidarsi dei suoi vicini: nessuno di loro, infatti, aveva manifestato una verve comica tale da portarla a temere che potessero rubarle il mestiere; quindi, sebbene il materiale inedito bell’esposto sul tavolino del salotto fosse al sicuro da improbabili plagi, non lo era dalla curiosità di Lenny. Nascose tutto sotto i cuscini prima che lui potesse rendersene conto.

«Ti preparo degli asciugamani e dei vestiti asciutti con cui cambiarti.»

«Non vuoi che ti rovini il divano?»

«Hai idea di quanto costi un divano al giorno d’oggi?»  Midge si finse sconvolta dalla sua ingenuità.

«Questo mi sorprende. Mi hanno detto che la Weeknights paga bene.»

«Mhmm, non così bene da coprire le spese della tua assistenza medica se non ti sbrighi a riscaldarti un po'.»

Lenny annuì e la seguì lungo il corridoio, non prima però di gettare un’occhiata al taccuino rosa abbandonato sul tappeto della sala da pranzo.

 

 

Lenny entrò nella stanza dove lo aveva condotto Midge. Era un ambiente molto accogliente, che rispecchiava l’indole della sua proprietaria.

«Bene. Prenditi tutto il tempo che ti serve.» Disse Midge mentre apriva un cassetto del comò per tirare fuori gli asciugamani.

«Ti stai preoccupando troppo per me.»

«Non capita tutti i giorni di avere Lenny Bruce in camera da letto. Ora, togliti i vestiti ed entra nella vasca da bagno.»

«Non sono venuto qui per approfittare della tua ospitalità, lo sai vero?»

«Immagino di no, visto che hai dovuto prendere un aereo.»

«Non sto scherzando.»

«So che la tua allergia all’Upper West Side è una cosa seria.»

«Ne parliamo quando avrò smesso di tremare. D’accordo?»

Mentre si sbottonava la camicia, Midge cercò di distrarsi voltandosi dall’altra parte. Era meglio lasciargli un po' di privacy. Lenny sogghignò nel vederla così imbarazzata, «Ehi, pensi veramente che io possa vergognarmi di te?»

Midge continuò a parlargli senza girarsi, «Non ci vediamo da due anni, Lenny. Le cose possono essere cambiate.»

«Alcune cose non cambiano.»

«Torno subito.»

Socchiuse la porta e andò in cucina per bere un bicchiere d’acqua.

 

 

Dopo dieci minuti, Midge mise da parte il riserbo ed entrò in camera, dove dispose sul letto una delle vecchie vestaglie di suo padre. Le parve che Lenny fosse ancora in bagno, così ne approfittò per raccogliere i vestiti bagnati da terra e sistemarli in modo da farli asciugare.

Non le importava di rovinare la camicia da notte: la sola idea di non poter più sentire il suo odore era in grado di distruggerla. Se non fosse passato così tanto tempo dall’ultima volta in cui l’aveva visto sarebbe stata capace di trattenersi, ma la tentazione di averli sottomano e di annusarne il profumo fu più forte di lei. Ricordava perfettamente la sensazione della sua pelle sotto le labbra, una sensazione di cui però si lamentava di non aver potuto godere abbastanza.

Quando Lenny la raggiunse, Midge notò il taccuino nelle sue mani. Aveva gli occhi lucidi.

«Cosa vuol dire?»

Evidentemente aveva colto ciò che lei non era riuscita a scrivere. Un foglio bianco tra tutte le pagine dense di appunti doveva pur significare qualcosa.

«Che quel giorno ero a corto di battute.»

Si sedette accanto a lei e intrecciò le dita nelle sue. Midge non fece alcuna resistenza.

«Deve essere stato terribile.»

Qualcosa di caldo sul viso le fece capire che i tentativi di reprimere le lacrime erano falliti. Ingoiò un singhiozzo e trovò la forza di baciarlo per rispondergli nell’unico modo possibile. L’ardore con cui si precipitò su di lui lo portò a cadere all’indietro. Così, si ritrovavano abbracciati sul letto.

Ansimando, Lenny le bisbigliò, «Quando ti ho detto che non provavo nulla per te, sapevi che era una bugia, vero? Ho disperatamente bisogno di sentirmi dire di sì.»

«I miei dubbi non sono durati più di cinque minuti. Contento?»

Erano tornati gli occhi lucidi e Midge trovò naturale accarezzargli la guancia teneramente.

«È stato un modo dozzinale per non coinvolgerti nel mio “dramma”. Avevo bisogno di disintossicarmi lontano da New York, e intendo letteralmente.»

«Hai aspettato parecchio prima di farti vivo!»

«Volevo presentarmi da te con una garanzia solida tra le mani.»

Midge riprese a sorridere, «E allora le peonie?»

Lenny le baciò la punta del naso facendola ridere come una bambina. Poi, fece in modo che si accomodasse sul suo petto per stringerla a sé, «Un segno di pace.»

«Solo questo? Sono un po' delusa, signor Bruce…»

«Spero che su quella pagina vuota», indicò il diario piegando leggermente la testa di lato, «tu possa trovare una risposta più soddisfacente.»

Midge si separò da lui svogliatamente per poter leggere il suo messaggio. Nel giorno più brutto, le parole più belle e dense di vita campeggiavano ripetendosi su tutto lo sfondo: “Ti amo.”

«Volevi che mi arrivasse forte e chiaro?»

«Ho sempre pensato che non si dicano mai abbastanza “ti amo”.»

Riuscì ad attrarla di nuovo a sé, «E per quanto preferisca esprimertelo in modi più sottili e meno banali, a volte bisogna parlare con chiarezza per evitare fraintendimenti.»

«Vuoi dire che non dovrò aspettare ancora molto prima di ascoltare quelle parole dalla tua voce profonda e seducente?»

«Troppe domande, signora Maisel…», cercò di baciarla, ma Midge lo trattenne.

«Se sparirai un’altra volta, mi spezzerai il cuore.»

Lenny la ribaltò su letto e le passò dolcemente una mano tra i capelli. Percepiva l’accelerazione del suo battito proprio sotto il cuore.

«Ho imparato a non promettermi nulla. Ma ho troppo rispetto per te e non mi perdonerei mai se venissi meno a questa promessa: la mia missione è quella di proteggere il tuo sorriso.»

«E rendermi una persona migliore.»

Scosse la testa, «No, solo più fedele a te stessa.»

Dopodiché la aiutò, ancora una volta, a rimuovere il superfluo, ad abbandonare i vecchi schemi per ritrovarsi nel cuore di se stessa: sotto strati di tulle ormai inappropriati alla sua nuova pelle, la vera Midge.

   
 
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