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Autore: MollyTheMole    08/10/2022    1 recensioni
Londra, 1934: il crimine di Londra ha un nuovo James Moriarty. Quest'uomo, però, ha una nemesi: il nuovo ispettore capo di Scotland Yard, per il quale ha in serbo una triste ed amara sorpresa.
Londra, 1936: il rinnovato castello sul lago Loch Awe, in Scozia, apre i battenti ai turisti. Il passato, però, è come la ruggine: incrosta ed imprigiona. Gli ospiti del castello si troveranno, loro malgrado, a fare i conti con esso, con l'oscuro futuro ormai alle porte e con lo spettro di un criminale che infesta i loro ricordi.
Genere: Mistero, Noir, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Mariah.

 

La aspettava un viaggio lunghissimo ed ininterrotto. Da Londra fino a Glasgow, e da lì fino alla stazione di Loch Awe. Aveva deciso di occupare quel tempo nel solito modo, così aveva estratto i ferri da calza e si era messa a sferruzzare. 

Erano ore, che andava avanti così. 

Del resto, che altro voleva fare? Fuori pioveva, nemmeno a dirlo, ed il tizio che era entrato nel suo scompartimento si era messo a leggere il giornale senza badare troppo a lei.

Decisamente, non aveva niente di meglio da fare.

Il gomitolo girava incessantemente dentro la borsa. Si srotolava con l’impulso dei suoi strattoni, senza mai annodarsi, con un incedere sempre uguale, come il suo ritmo mentre lavorava. Mai un nodo, mai uno strappo, mai che il filo giungesse alla fine. Quando comprava la lana faceva sempre in modo di trovare dei gomitoli enormi, e a volte, pressati dentro la borsa, formavano un grosso rigonfiamento. 

I suoi ragazzi avevano detto che ci metteva dentro i sassi per picchiarli meglio con la borsetta, e le avevano riso dietro.

Ah, monellacci. Prima o poi, il destino li punirà.

Alzò lo sguardo dal suo lavoro a maglia. Il destino, sì, quella strana cosa che, le avevano insegnato, distribuiva il bene e il male. Fai qualcosa di male, e ti capiterà qualcosa di male. 

Ma lei era cattolica, non ci credeva nel destino, no no, lei lo chiamava Dio. Era tutta opera sua, tutto ciò che avveniva nel mondo. Era lui che distribuiva la buona e la cattiva sorte. Il bene ai buoni e a chi crede in Lui, il male ai cattivi e a chi adora Satana. 

Lei era stata molto cattiva, sì. Lo sapeva. Non era stata poi così osservante, da ragazza, anche se la sua famiglia lo era. Era di famiglia irlandese, lei, per parte di madre, e la fede andava osservata, anche se riceveva il biasimo di suo padre, fervente anglicano. Poco importava, alla fine, che si credesse al Papa o al Re, l’importante era pregare, e lei, quando aveva potuto, se l’era svignata. Così, era stata punita con una lunga serie di mali. 

Alzò lo sguardo dal suo lavoro a maglia per controllare quanto la sua sciarpa si fosse allungata. Il lavoro le si stendeva in grembo fino a ripiegarsi, ma Mariah Rogers sapeva che non sarebbe stato abbastanza. 

Poteva fare molto freddo, sulle Highlands. 

Lei non era più giovane, ed anche se era una bella stagione, doveva partire premunita. Avrebbe completato il lavoro nel giro di poco, o almeno così credeva.

Fuori pioveva ancora. Il suo Ned diceva sempre che le gocce di pioggia erano le lacrime degli angeli. Quanto era buono, il suo Ned. Sapeva sempre avere una parola gentile per lei. Anche adesso, seduto accanto a quell’uomo nascosto dietro il giornale, guardava fuori con aria annoiata e malinconica. Aveva sempre quel viso, da tanti anni, ormai. L’ultima volta che lo aveva visto aveva quello sguardo, perso nella nebbia del mare, e così lo vedeva adesso, mentre lei continuava a sferruzzare in una carrozza maleodorante di umidità, fuori pioveva e si alzava la foschia, e un uomo girava di malavoglia la pagina del giornale.

Era davvero lì, il suo Ned? 

Del resto, le sembrava di vederlo così bene, che forse era reale.

Sorrise, osservando il profilo di suo marito, ma quello non si voltò a guardarla e a dirle che le lacrime degli angeli sono pioggia. Non si voltava più. Erano anni che lei provava a parlargli, ma lui pareva non sentirla. Lo chiamava, e lui non la guardava. Fisso, con lo sguardo nel vuoto fuori dalla finestra, seduto su una sedia, su una poltrona, sulla soglia stessa, ma mai un occhio per Mariah. 

Doveva essersi comportata molto male per meritarsi quello strazio.

Sospirò, rallentando il suo lavoro a maglia e perdendo il ritmo fino a che le mani non le si arrestarono in grembo.

- Ned?- disse, provando a catturare la sua attenzione. Suo marito non fece una piega, e non si voltò a guardarla. 

Forse aveva parlato troppo piano.

- Ned?- ripetè ancora, provando ad alzare la voce. 

L’uomo seduto dietro al giornale sollevò lo sguardo, per un secondo, cercando di capire con chi la donna stesse parlando, per poi scomparire di nuovo dietro le pagine.

Mariah capì che doveva trattarsi di qualcosa di diabolico. Sì, sicuramente un qualche diavolo le stava facendo vedere suo marito, per farla impazzire, sì, oppure per farle male, farle credere che avrebbe potuto rivederlo, toccarlo, ma Ned era morto, e lei lo sapeva, da qualche parte all’interno di quella sua buffa testolina grigia e confusa lei sapeva che non avrebbe più rivisto Ned.

Nè lui, né gli altri.

Doveva scacciarlo. Era pericoloso restare da soli in balìa del maligno. Doveva pregare.

Mise da parte il lavoro a maglia e guardò l’orologio. Incredibile quanto il diavolo sappia essere puntuale. La sua giornata, ormai, era scandita dai momenti in cui pregava per mandarlo via. Lei, però, aveva la sua arma segreta. Aveva il rosario di sua madre, quell’anello che i suoi studenti avevano provato a nascondere mandandola in escandescenze, ma adesso ce l’aveva di nuovo lei, ben saldo al collo, e poteva sgranarlo quando voleva, per cacciare i fantasmi. 

Prese a dire la prima preghiera, in latino, giocherellando con una delle protuberanze dell’anello.

Ned continuava a restare fermo dov’era.

Doveva pregare più intensamente.

Strinse i grandi occhi opachi e cominciò a dondolare al ritmo della sua salmodia. Non aveva tempo. Prendere fiato e fermarsi il minimo indispensabile, ma non di più. Doveva pregare, doveva cacciarlo via.

Ancora, ancora.

Il capitano William Collins si chiese se la signora seduta di fronte a lui fosse pazza o meno.

Prima, si era messa a parlare da sola. Sulle prime non ci aveva fatto caso, ma la seconda volta che la donna aveva parlato aveva distinto un nome. Aveva lanciato un’occhiata in tralice da sopra il giornale, e solo un secondo gli era bastato per capire che la donna stava fissando intensamente il posto vuoto accanto a lui e che nello scompartimento non c’era nessuno. 

Non c’era da fidarsi. 

Da quel momento aveva costantemente monitorato la signora e il suo terrificante dondolio. Quella donna aveva sicuramente qualcosa che non andava. Poteva capirlo, al di là di ciò a cui aveva appena assistito, dal modo in cui cercava di non sbattere le palpebre, o respirava con inalazioni brevi e affannose per non interrompere il suo salmodiare in latino. 

Deve essere cattolica. 

Provò ad ignorarla. Prese a leggere con finto interesse gli articoli sportivi, ma il crescente biascicare in latino lo distraeva, e purtroppo in modo non piacevole. C’era qualcosa di contorto, di fuori controllo in lei, qualcosa che gli ricordava enormemente ciò che aveva visto in guerra. Aggrottò le sopracciglia e abbassò lentamente il giornale, per trovarsi a fissare terrorizzato gli occhi scuri della donna mentre, persi nel vuoto, fissavano lui o almeno così sembrava, e un piccolo rivolo di bava le imbrattava il mento e le labbra violacee. 

Il capitano si trincerò nuovamente dietro il giornale. Si guardò alle spalle, come per capire se ci fosse qualcosa, o se la donna dondolasse seguendo il ritmo del treno, ma non ottenne alcuna conferma. 

Sospirò e chiuse il giornale definitivamente, cercando di venire a patti con ciò che aveva davanti. Una parte di lui provava una profonda pietà per quella donna disturbata, ma perché doveva toccare proprio a lui?

- Ehm, signora?- chiese educatamente, azzardando un gesto cortese della mano.

Non parve rendersi conto nemmeno della sua presenza.

Il capitano tossicchiò, a disagio. Nell’insieme, la donna sembrava davvero malata, e William cominciò a domandarsi se non fosse preda di una qualche crisi epilettica, o che ne sapeva lui?

 - Signora?- le disse con delicatezza, sfiorandole il polso.- Si sente bene?-

Mariah Rogers fu come svegliata da uno stato di trance. Sbatté le palpebre per un secondo, cercando di mettere a fuoco la bella figura dell’uomo che le stava parlando. Comprese che le stava chiedendo se si sentisse bene. Fu tentata di rispondere di sì, ma ciò che le diede fastidio fu il tocco sul polso. 

Come osava, lui, toccarla! Nessuno poteva, solo Ned! Ned, che era lì a guardare!

- Non mi tocchi!- abbaiò, fissando il capitano con occhi cattivi. 

William si schiacciò contro lo schienale del sedile, ritirando le mani in grembo.

Ne aveva visti, durante la guerra, di attacchi del genere, e sapeva che era meglio assecondare chi ne soffriva.

- Chiedo scusa, signora, temevo che si stesse sentendo male. Posso fare qualcosa per lei?-

In tutta risposta, la donna si mise a sbraitargli contro, sputacchiandogli in faccia tutta la saliva che era rimasta a gocciolarle sul mento. 

- Si può sapere perché lei, benemerito idiota, mi ha interrotta mentre stavo pregando? Non capisce che ora devo ricominciare tutto da capo?-

Al capitano cadde la mascella, sbalordito.

E lei, quello, lo definiva pregare?

- Signora, sono desolato, ma…-

- Sono desolato… bah! Dovrebbe pregare anche lei!-

La mano di William era scivolata verso l’interno della giacca, dove di solito teneva l’arma di ordinanza, ma essendo in congedo non l’aveva portata addosso. Giaceva dove l’aveva riposta, credendo che non gli sarebbe servita in albergo, là dove le competeva in quel momento di svago, ovvero in valigia, assieme a tutti i suoi averi. 

Non aveva nulla da temere da quella vecchietta. Aveva trascorso troppo tempo all’erta. 

Almeno, era ciò che provava a ripetersi. 

Cercò di calmarsi.

- E, se posso chiedere, vi è un qualche motivo specifico per cui dovrei farlo?-

- Perché?- la donna sembrava fuori di sé.- Come perché? Non vede come sta andando il mondo? Tutto a rotoli! Sì, sissignore, tutto a rotoli! Preghi, signore, preghi, per salvarsi, perché il mondo non può andare avanti così! Ne pagheremo le conseguenze, grosse conseguenze!-

Il capitano Collins annuì educatamente, mormorò un ci farò un pensierino e tornò a leggere il Times. Certo, ne aveva viste di tutti i colori, e non esitava a credere che al peggio non ci fosse mai fine, ma da lì a bersi le predizioni di una signora funerea che pregava in lingue strane su un treno ce ne correva. Per quanto lo riguardava, la signora non solo era matta, ma pure fanatica religiosa, e la combinazione non prometteva di certo bene. 

Nel frattempo, la signora aveva ripreso il suo impressionante dondolio.

Andò avanti così per lungo tempo. Il capitano stava diventando sempre più nervoso. C’era qualcosa di irrazionale nel suo movimento, qualcosa di inquietante nella sua voce roca e soffiata, in quella lingua che gli ricordava tempi lontani e perduti, nella sua pelle grigiastra e in quelle vene azzurrognole vicino alla bocca.

C'era qualcosa in lei, una luce nello sguardo che proprio no, non gli piaceva. 

Si alzò lentamente e uscì dallo scompartimento, pregando che la signora folle non lo accompagnasse fino a Loch Awe.

Sospirò, pronto a dirigersi nell’unico posto in cui sapeva avrebbe potuto trovare un porto sicuro, ovvero il vagone ristorante. 

In corridoio, incrociò una donna al braccio del marito, ed udì il primo sconcertato santo cielo non ci posso credere guarda chi c’è.

William alzò gli occhi al cielo, sospirando.

Forse gli sarebbe toccato accamparsi in sala caldaie un’altra volta.

  
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