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Autore: Choco_Romance    09/09/2009    1 recensioni
Questo è un mio sfogo personale, non so bene perchè, però avevo bisogno di scrivere...non chiedetemi come mi è uscita fuori una storia di questo genere.
La notte sembrava passare tranquilla, erano le cinque del mattino, e quell’uomo che mi tormentava tanto non si era ancora fatta vedere. Emily dormiva tranquilla alla mia destra, alzando regolarmente l’addome; per il momento non mi sarei dovuta preoccupare, perché se fosse arrivato, lei si sarebbe agitata. Nicole e Lynn russavano beatamente dall’altra parte di Emily, ed Elizabeth si era mossa ancora, cercando una posizione comoda in quaranta centimetri di spazio. Anche lei riposava. L’unica sveglia ero io, pronta a scattare per qualunque cosa. Avevo i nervi a fior di pelle, tesa come una corda di violino.
Genere: Malinconico, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte sembrava passare tranquilla, erano le cinque del mattino, e quell’uomo che mi tormentava tanto non si era ancora fatta vedere. Emily dormiva tranquilla alla mia destra, alzando regolarmente l’addome; per il momento non mi sarei dovuta preoccupare, perché se fosse arrivato, lei si sarebbe agitata. Nicole e Lynn russavano beatamente dall’altra parte di Emily, ed Elizabeth si era mossa ancora, cercando una posizione comoda in quaranta centimetri di spazio. Anche lei riposava. L’unica sveglia ero io, pronta a scattare per qualunque cosa. Avevo i nervi a fior di pelle, tesa come una corda di violino.

Ero sveglia da molto tempo, e ormai il sonno prendeva il sopravvento sui miei sensi. Nicole si mosse, spaventandomi, e si sedette, raccogliendosi come una palla.

“Cosa ti succede, Mary?” mi domandò, mettendosi una ciocca dei lunghi capelli scarruffati, che la facevano assomigliare ad un leone, dietro un orecchio. Io e lei ci conoscevamo da diciassette anni, e ormai sapevamo riconoscere quando una di noi due aveva qualcosa che non andava.

“Nulla, Nicole” risposi, affondando il volto tra le braccia. Anch’io mi ero messa seduta, cercando il più possibile di restare tranquilla. “Da un po’ di tempo a questa parte mi sento di impazzire; mamma dice che è solo una fase”.

“Ho capito, non ha voglia di parlare” mormorò, e si rimise a dormire. Fui felice che non volesse sapere oltre, ma un po’ mi dispiacque, perché confidarmi era la cosa migliore in quel momento. Mi distesi a mia volta, e caddi in uno stato di dormiveglia in cui avvertii solo Lynn alzarsi e dirigersi verso il bagno.

Forse mi ero addormentata realmente, forse no. Ma di sicuro scattai in piedi non appena sentii Lynn gridare. I miei occhi si volsero immediatamente all’orologio nella stanza. Era bloccato alle cinque di notte. Strano, visto che era un orologio digitale, nuovo e funzionante. Elizabeth si era alzata lentamente, stordita, ma Emily non se l’era presa così comoda. Era schizzata verso il bagno e aveva riportato Lynn nella mia camera. Nicole era ancora seduta per terra, nel suo sacco a pelo. La luce era accesa e mandava riflessi gialli e arancioni.

“Presto, ragazze!” ci disse Emily. “Dobbiamo sbarrare la porta!”. Io e Nicole ci dirigemmo a passo svelto verso di lei, e in poco tempo anche Elizabeth ci aiutò a spostare la mia scrivania davanti all’entrata. Ci misi qualunque cosa potesse bloccarla. Emily era pallida, e Lynn lo era ancora di più, e perdeva sangue da un profondo taglio sul braccio. Cosa era successo? Più volte il mio sguardo tornò verso l’orologio, ma esso segnava sempre le cinque. Un colpo fece vibrare la porta, e dopo altri quattro, un’accetta sanguinante sfondò il legno. Noi ci eravamo rincantucciate in fondo alla stanza, e tremavamo come foglie al vento. Lynn era svenuta, per via della ferita che le sanguinava copiosamente. Lessi sull’orologio che erano le cinque e un minuto proprio mentre la porta si spalancava.

“Mary! MaryElizabeth, apri la porta tesoro!” la voce di mia madre, e i colpi che dava sulla porta mi svegliarono. Vidi le mie amiche già a sedere, stordite, che continuavano a guardarsi attorno. Lynn si tastò il braccio, dove avrebbe dovuto avere una ferita, mentre Emily, al mio fianco, cercava con lo sguardo le tracce dell’accettata. Nicole deglutiva, passandosi una mano sul collo, e Elizabeth muoveva le mani e i piedi, come per assicurarsi che fossero ancora là. Io controllai il mio cellulare, per vedere l’ora, e poi guardai l’orologio. L’orario coincideva, erano le 8.47; ci guardammo tutte, come se ci vedessimo per la prima volta, poi io mi degnai di rispondere a mia madre.

“Sì, ma’. Ti apro subito” dissi. Mi alzai e girai la chiave. Mia madre entrò, e vedendoci stralunate si mise a ridere.

“Mi sa che tutti i dolci di ieri sera vi hanno fatto male, ragazze!” sorrise. La guardammo come se stesse dicendo qualcosa senza senso; beh, in realtà per noi non aveva senso quello che diceva.

“Dolci, mamma?”

“Mary, ieri sei andata a fare dolcetto o scherzetto con loro, non ricordi?” mi guardò come se anche io stessi dicendo una cavolata. “Era Halloween, Mary”.

“Sì, sì mamma. Ricordo, è che sono un po’... stordita. Tutto qua”. Mia madre uscì, convinta. Mi voltai verso le mie amiche. “Halloween?” chiesi loro per conferma, tornando a sedere per terra accanto a loro. Non mi ricordavo niente della sera precedente.

“Beh, il mio cellulare dice che è il primo novembre, quindi direi che ieri sera era Halloween” mormorò Emily. Anche lei ci credeva poco che fosse stato Halloween, ma non potevamo non credere a mia madre e ai nostri stessi cellulari.

“L’unica cosa che ricordo di ieri sera, o meglio di stamani mattina, è che Nicole mi ha chiesto cosa avessi, e che io ho liquidato il discorso in mezzo secondo” dissi.

“Me lo ricordo anche io” confermò lei. Rimanemmo un altro po’ in silenzio, in stato confusionale. Alla fine Lynn parlò.

“Stanotte ho fatto un incubo” disse, raggomitolandosi. “Ero andata in bagno, e poi...” si tastò il braccio. Non c’erano macchie di sangue, e i mobili erano al loro posto.

“Era troppo vivido perché fosse solo un incubo” disse Elizabeth; nessuno si stupì di quell’affermazione. Sapevamo tutte cosa aveva «sognato» Lynn, ma anche ognuna di noi.

“Andiamo a fare colazione” dissi, cercando di scacciare quella cosa troppo vivida.

“Mary” fece Emily. “Ognuna di noi ha fatto lo stesso sogno, ma è continuato per tutte in modo diverso”.

“Per tutte Lynn è stata ferita al braccio” continuò Nicole. “Nel sogno l’uomo con l’accetta mi tagliava la gola”

“A me le mani e i piedi” disse Elizabeth, rabbrividendo. Emily scosse le spalle, e mi resi conto che lei diventava polpette. Ma io ero l’unica a cui non successe nulla. Lo dissi alle mie amiche, e loro mi guardarono stupite. Non capivo neanche io il perché; non tornava coi tempi del sogno: il mio finiva prima. Mi alzai in piedi, e respirai a fondo.

“Stand up, ragazze!” dissi. Mi voltai, mentre le mie amiche si alzavano, e mi immobilizzai, vedendo mia madre arrivare. Aveva in mano un vassoio di tazze di cioccolata bollente, lo sguardo fisso davanti a sé, quasi ipnotizzata. Si fermò prima della porta, e lasciò cadere il vassoio. La cioccolata la colpì, ustionandola, ma lei non batté ciglio.

“Mamma” mormorai. Lei rimase impassibile, e feci per avvicinarmi, ma Emily mi fermò. Tremava violentemente, e aveva il dito puntato contro mia madre.

“E’...è un morto vivente, Mary” sussurrò, tremando ancora. Vidi allora la pozza di sangue dietro di lei, la scia che si portava dalla cucina, e caddi a terra, anch’io fremente. Una figura dall’aspetto bellissimo comparve in quel momento. Ci guardava, sorridendo sarcastico.

“Oh, Mary!” disse, con voce delicata. Le grandi ali da diavolo, nere come la pece si aprirono alle sue spalle, e i capelli dorati divennero mori, lunghi fino a terra. Spalancai gli occhi: era lui, l’uomo che mi perseguitava di notte, ne ero certa. “Tua madre credeva di poter portarti via da me; che sciocca”. Mia madre crollò a terra, alle sue spalle.

“Chi sei?” gridai, allarmata

“Tua madre non ti ha mai detto cosa sei in realtà?” disse, avvicinando pericolosamente il suo viso al mio. Sorrise, mostrando i denti bianchi sfumati di rosso, e quei canini che avrebbero perforato la carne come fosse burro. Ero pietrificata dalla paura e al tempo stesso incantata dal demone che avevo di fronte, provavo un forte senso di appartenenza a lui.

“Mary!” gridò Lynn. Mi voltai, e le vidi immobilizzate da grosse lingue di fuoco; si dibattevano, divincolavano, ma invano: solo Emily era totalmente immobile, e mi fissava, con gli occhi azzurri. Poi quelle bellissime iridi divennero violette. Le lingue di fuoco che la bloccavano divennero ghiaccio, e si liberò come niente fosse. Anche le altre tre ci riuscirono e caddero in piedi. Non mi sembravano più loro. Il ragazzo mi si avvicinò e mi mormorò in un orecchio.

“Vedi?” sibilò. “Loro ti hanno sempre preso in giro, ti vogliono solo uccidere per impossessarsi del potere del fuoco...”

“Taci, Axel!” ringhiò Nicole. “MaryElizabeth, tu sei la nostra amica, noi ti abbiamo protetto per tutti questi anni”

“Non farti abbindolare, Mary” il sussurro di Axel era caldo, dolce, quasi miele. Mi sentivo sciogliere, quasi riscaldata dall’amore che non avevo mai provato. Il demone passò i suoi denti freddi sul mio collo, facendomi rabbrividire.

“Non vogliamo ucciderti, ma vogliamo il tuo aiuto per scongelare i nostri compagni, e poter tornare a vivere al Nord, nei nostri paesi”

“No!” gridò Axel. “Vogliono solo la tua morte!”.

“Taci!” alzai gli occhi, vedendo William calarsi giù dal soffitto, e abbracciare Emily. Lei lo baciò delicata, e poi tornò a guardarmi. Sentii la rabbia montare.

“Tu!” le gridai contro. “Tu! Eravamo amiche e ci eravamo fatte una promessa!”. Ingoiai e strinsi i pugni. L’aria attorno a me si surriscaldava. “Ci eravamo promesse che William sarebbe stato campo minato per entrambe! Lo avevi promesso su te stessa!”. Emily si rese conto solo un quel momento del grosso sbaglio che aveva commesso. I suoi occhi tornarono azzurri, e dolci come al solito.

“Mary, oddio mi... mi dispiace”.

“Adesso ti dispiace?” gridai con quanto fiato avevo in corpo. “Adesso?”. Il fuoco le circondò, una gabbia incandescente.

“Avanti!” mormorò il demone. “Adesso uccidile”. Alzai la temperatura e poi la riabbassai di colpo. Axel mi guardò, ringhiando.

“Andiamo” ordinai. Lui non si mosse, e fui io a ringhiare. “Andiamo, ho detto!”.

“Mary, no!” la voce di Emily si spense nel boato che ci circondò.

***

Nicole ormai mi guardava con occhi terrorizzati. L’avevo ridotta male; fece per alzarsi ma la fermai con un calcio. Da ormai sette anni li rincorrevo tutti, tutti quei ghiacciolini.

“Mary, cosa vuoi fare?” mormorò, atterrita. Sorrisi; sentivo il suo sangue scorrere, mi piaceva troppo. Lei spalancò gli occhi, vedendo che tiravo fuori la mia spada. “Sei stata tu, non è vero?”

“A fare che?”

“A uccidere Elizabeth e Lynn”

“Sì, ed è stato estremamente piacevole, sentirle gemere, vederle soffrire” mi avvicinai a lei. “Sai una cosa? È piacevole uccidere”

“Mary, eravamo amiche”

“No!” le puntai la spanda al cuore. “Tu mi hai solo usata, per diciassette anni” gridai, piantando a fondo la lama. Lei urlò di dolore, divincolandosi. Poi si accasciò a terra, priva della sua misera vita. Avevo ucciso tre delle mie migliori amiche. Mi mancava solo lei, Emily e William.

“Così l’hai uccisa, eh?” Emily era proprio lì, alle mie spalle. La guardai di scorcio, poi affondai la mia lama in lei. Sputò il sangue come una fontana sputa acqua dopo molta inattività.

“E ho ucciso anche te” sussurrai mentre cadeva a terra, morta anche lei.

Mi sedetti ed attesi. Sapevo che William sarebbe arrivato. E sapevo che avremmo combattuto, ma non chi fosse che avrebbe vinto. Forse io, forse lui.

Ed improvvisamente eccolo, in tutta quella sua bellezza immutata. Ci guardammo, entrambi pieni di odio. Sentii il suo corpo così vicino, mentre la mia lama lacerava il suo petto; e sentii anche il freddo della sua che entrava in me, nel mio addome.

“Morirò certamente” disse. “Ma tu verrai con me”. Sputai il sangue sul suo volto, e lo lasciai cadere a terra.

“Brava” sentii la voce di Axel alle mie spalle. Mi voltai e gli tagliai di netto la testa.

“Porco”, mormorai mentre cadevo a terra. Merda, mi hanno ucciso davvero.

  
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