Anime & Manga > Occhi di gatto/Cat's Eye
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Autore: crisalide_bianca    11/10/2022    1 recensioni
Dopo essersi allontanate dal Giappone per mesi, nuove scoperte e nuovi pericoli chiamano in madrepatria le sorelle Kisugi. Hitomi, Rui, e Ai (la banda Occhi di gatto) hanno infatti trovato una nuova pista nella ricerca del padre scomparso, ma gli artefatti rischiano di andare perduti per sempre a causa di un nuovo, temibile nucleo criminale. Personaggi e dipinti inediti si uniranno alla storia originale di Tsukasa Hōjō per dare vita al seguito delle avventure delle ladre più famose degli anni '80.
Essendo una storia ispirata al manga e non alla serie animata, i nomi dei personaggi saranno quelli originali in giapponese.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kelly Tashikel, Matthew Hisman, Nuovo personaggio, Sheila Tashikel, Tati Tashikel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-“Davvero, colpiranno la mostra temporanea del Rinascimento, quella appena arrivata in città? Ci saranno opere inestimabili lì…”
-“Esatto! Per questo ci sarà un grande spiegamento di forze, non possiamo fare la figura degli idioti con delle opere prestate da altri paesi! Ne va della nostra reputazione.” Hitomi e Toshio stavano passeggiando senza meta lungo un marciapiede, verso la periferia della caotica Tokyo. Era un momento che per pian piano stava tornando ad essere consuetudine, dopo mesi trascorsi tra distanza geografica e leggera freddezza.
-“E qual è il vostro piano per fermarle?” Chiese la ragazza, con aria di innocente curiosità.
-“Pensavamo di cambiare prima di tutto la disposizione originale del dipinto all’ultimo momento, così che le gatte non sappiano in quale sala ci sia il loro obiettivo. Il museo ospitante è diviso in varie sezioni, quindi non sapere esattamente dove si trova il quadro potrebbe farle cadere più facilmente in errore.”
-“Sì, mi sembra una mossa intelligente.”
-“Beh, modestamente.” Commentò, vantandosi, il detective.
-“Ah, è stata una tua idea, quindi…” Chiese con tono scherzoso.
-“Perché scusa, avevi dubbi?” Per poco non si offese, ma la risata di Hitomi lo addolcì immediatamente.
-“Diciamo che è stato un 50/50 con Asatani, così va bene?” Si unì allo scherzo.
-“Ora ci credo un po’ di più!” Gli fece l’occhiolino.
-“Senti Hitomi, visto che siamo in vena di sincerità…” Esordì, con una velatura color rosso vivo sulle guance.
-“Sì?”
-“Credevo che non ti avrei mai più rivista quando sei partita per gli USA. Il giorno in cui sei tornata, sono stato la persona più felice del mondo.” Quelle parole le fecero nascere uno dei sorrisi più genuini che avesse mai sentito comparire sul suo volto. “Fino allo schiaffo, si intende!” Concluse, memore dell’infelice coincidenza in cui lo aveva colto, che da quel momento, però, diventò niente di più che un aneddoto.
 
L’uscita finì in una mezz’ora e la coppia tornò al Cat’s Eye, dove Hitomi avrebbe ripreso il turno di lavoro insieme a Rui. Quest’ultima, alla prese con pochi clienti, stava ascoltando una dubbiosa ispettrice Asatani, che teneva tra le mani un foglio di carta piegato in quattro parti.
-“Che succede?” Chiese la ragazza appena arrivata, a cui rispose la sorella maggiore.
-“Sembra che Jack si sia fatto almeno sentire, in qualche modo.” Un uomo con un cappellino sportivo, occhiali da sole e barba scura si avvicinò per pagare il conto, interrompendo la conversazione. Si limitò a lasciare il compenso vicino alla tazzina di caffè, chinare il capo e dirigersi all’uscita. “Grazie, arrivederci.” Prese parola Mitsuko.
-“Stamattina ho trovato questa lettera da parte sua. Dice di scusarsi per non aver avvisato della sua partenza improvvisa e di avere un problema urgente da risolvere negli Stati Uniti. Non ha scritto né di cosa si tratta né quando tornerà.”
-“Speriamo non sia successo nulla di grave.” Rispose Rui, convinta che fosse, in realtà, solo una scusa.
-“Ma perché vi preoccupate tanto di quello straniero? È grande, vaccinato e anche un po’ sospetto, lasciatelo perdere!” Commentò Toshio.
-“Capisco che non ti piaccia, ma perché devi essere sempre maleducato quando si parla di lui?” Lo rimproverò Hitomi. “Beh, almeno sembra che sta bene, no?” Chiese, rivolgendosi alle due donne.
-“Sì, questo è l’importante.” Concluse Asatani. “Grazie del vostro aiuto, anche se per fortuna non ce n’è stato bisogno. Arrivederci.” Andò verso l’uscita, per poi fermarsi un attimo ad un passo dalla porta. “Ah, Toshio, oggi il tuo turno doveva cominciare mezz’ora fa, che ci fai ancora qui a gingillare?”
-“COSA?! Diamine, è vero! Aspettami, arrivo!” Corse come un fulmine verso la collega, che si era già avviata in direzione del distretto.
-“Ops, colpa mia.” Ammise sorridendo Hitomi, che non trovò riscontro nello sguardo della sorella. “Va tutto bene, Rui?”
-“No, sono convinta che la storia di Jack negli Stati Uniti non sia vera. È tornato sicuramente nel Circolo, spero solo che quella lettera sia stata scritta davvero da lui.”
-“Un momento, non è detto, come fai a saperlo? Perché questo dubbio?” La sorella maggiore si girò verso di lei con sguardo grave.
-“Me lo ha detto in ospedale. Vuole finire il lavoro: l’altra notte non ci è riuscito perché ha sentito le mie urla ed è venuto a salvarmi.”
-“Non possiamo aiutarlo, se è questo a cui stai pensando. Rui, hai sentito che cosa ha detto Nagaishi: il rischio è troppo alto, quell’organizzazione è pericolosa. E lo hai provato sulla tua pelle.” Fu lapidaria.
-“Lo so, anche perché il messaggio indiretto è quello di non cercarlo… Per questo spero che l’abbia davvero scritta di suo pugno. E poi, onestamente, è chiaro che la scorsa volta il furto che abbiamo concluso gli sia stato solo di intralcio.”
-“Ehi, detta così sembra quasi che sia stata colpa nostra.” La donna aspettò un attimo prima di rispondere e si apprestò ad afferrare la tazzina lasciata da un consumatore al bancone.
-“È meglio lasciarlo fare, se avrà bisogno saprà come farcelo sapere… e questo cos’è?” Sotto al piattino che aveva appena sollevato, vide un foglietto piegato su se stesso. Lo prese in mano e all’esterno lesse solo il nome del mittente.
-“Dal Meticcio. È lui.”
 
Calò velocemente il buio nella capitale. Appostata in un luogo appartato e poco visibile, Rui era in attesa delle immagini di una telecamera piazzata in un punto strategico da Ai: posizionata poche ore prima in modo da vedere l’interno dell’edificio, ogni dieci secondi inviava una fotografia ad un computer di ultima generazione, fornito da Nagaishi. Questa rendeva conto dei movimenti compiuti dai componenti dell’intera scorta. Furono gli ultimi cinque minuti prima dell’orario stabilito ad essere i più interessanti: Toshio in persona, accompagnato da quattro agenti, entrava in una porta di servizio tenendo l’opera d’arte tra le mani. Pochi secondi dopo, tornò fuori con la tela sotto al braccio sinistro e chiuse a chiave l’anonima sala.
-“Che cos’è andato a fare in quella stanza?” Chiese Ai. “È entrato ed uscito portandosi dietro il quadro, non ha senso…”
-“Guardate, sta cambiando la posizione del dipinto: ora è nella sala simmetricamente opposta a quella originale di esposizione.” Commentò Hitomi. “Devo andare lì, mi preparo.”
-“No, ferma.” Richiamò l’attenzione Rui. “Dovrai entrare nella porta che Toshio ha chiuso a chiave: prima di entrare, ha tenuto il dipinto a due mani, poi è uscito afferrandolo in un altro modo. Lo ha sicuramente poggiato a terra e poi ripreso.”
-“E quindi?” Ai era perplessa. Rui diede un ulteriore sguardo alle immagini precedenti e trovò quello che cercava.
-“Ecco, guardate qua, il retro del quadro: il supporto prima è semplicemente il contorno di legno, subito dopo invece ha degli oggettini negli angoli, vedete? Servono a regolare la tensione della tela.”
-“Ha cambiato il quadro con una copia… e bravo il mio Toshio.” Fu sorprendentemente compiaciuta.
-“Oh no… guardate l’ultima immagine arrivata sullo schermo.” Hitomi e Ai si avvicinarono.
-“Ma quello è fumo, di certo non era nel nostro piano.”
-“Aveva ragione Jack, allora, stasera avremo compagnia: andiamo, ai nostri posti.”
 
Tra il disordine generale causato dal diversivo, quasi l’intero corpo di polizia si era concentrato nell’aula che sembrava essere colpita dall’agguato criminale. Così facendo, caddero nella trappola soporifera della ladra impostora. Un minuto prima rispetto all’ora segnata sul biglietto da visita delle rivali, la banda della Gatta Nera aveva anticipato le sorelle, cercando di vendicare il torto subito nel precedente incontro. Seppur con obiettivi diversi, le due parti si trovavano ad affrontarsi nuovamente, per principio più che per refurtiva. Hitomi, approfittando della confusione, si introdusse nel corridoio secondario e scassinò velocemente la porta del misterioso scambio di quadri, ignorata da tutti, chiudendola dietro di sé. Nel resto dell’edificio, dominava il buio: per questo non accese la luce della stanza, che si sarebbe vista dalle fessure dell’entrata, e si accontentò di una torcia più discreta, che mostrò davanti a sé una cassaforte.
“Questo non me lo aveva detto… maledizione.” Cercò prima di tutto di illuminare i numeri delle manopole, nel tentativo si scovare i numeri più usurati. “Proviamo questa.” Inserì una possibile combinazione a tre numeri da due cifre ciascuno, senza successo. “Pensa, Hitomi, pensa… Avranno impostato una sequenza mai usata per una maggiore sicurezza. Ma quale?” Provo ulteriormente con qualche tentativo quasi casuale, caduto nel vuoto. “Toshio è sempre stato una frana ad imparare a memoria numeri, combinazioni, date… Se doveva inserirla lui, l’avrà anche scelta, deve essere qualcosa che può ricordare facilmente.” Un flash improvviso le attraversò la mente, facendole dimenticare per un secondo cosa ci facesse lì in quel momento: “Oh, Toshio, sei davvero un ragazzo così romantico?” Inserì il primo numero, il secondo, ed in fine il terzo. Clic. Sotto i suoi occhi increduli, il marchingegno rivelò il suo contenuto: “Il bosco di querce: studio del naturale, di Franz Dürer. Ci sono anche delle lettere qui… non posso leggerle adesso, le prendo con me.” Appena afferrate, sentì altre esplosioni: sapeva che Rui la stava aspettando alla finestra da cui si era intrufolata, così uscì di fretta dalla stanza dopo aver richiuso la cassaforte, vide la sorella e le lasciò la refurtiva, esclamando:
-“Toshio e gli altri potrebbero essere in pericolo, torno dentro; coprimi le spalle.”
-“Stai attenta, conta due minuti di orologio perché io metta al sicuro il dipinto e poi sarò lì.”
Hitomi stavolta attraversò tutto il corridoio e si affacciò alla grande sala principale, in cui vide i due detective e la schiera di agenti privi di sensi a causa delle esalazioni ormai rarefatte. Due uomini vestiti di nero, alti e incappucciati, stavano portando fuori dall’edificio numerose tavole di inestimabile valore, mentre la figura dal corpo scolpito della ladra ere definito da pochi spiragli di luce della Luna piena. Si aggirava, a mo’ di scherno, attorno ad Asatani e Utsumi, distesi a terra, inermi e vulnerabili. Accarezzava, nel mentre, la sua fondina posta al fianco sinistro, la quale conteneva il letale oggetto da sparo.
-“Ci gioco ancora con questo topolino o no?” Si abbassò e prese ad una mano il viso di Asatani. “Più che farmi divertire, tu mi fai proprio dannare: prima ti elimino e meglio è per tutti.” Lasciò cadere la testa di colpo, senza alcun riguardo. “Tu, invece, tutto muscoli e poco cervello, un cliché vivente… a tratti esilarante.” Scostò i capelli del poliziotto, con sguardo malizioso e ambiguamente interessato. Estrasse la pistola e si rialzò in piedi. “Almeno uno dei due, da stasera, mi lascerà in pace. Chi sarà il fortunato?” Puntò l’arma contro i due e questo fece sobbalzare Hitomi, che prese tempo.
-“Ferma!” Le urlò, rimanendo dietro al muro che dava sul corridoio.
-“Bene bene, un po’ in ritardo, ma sei venuta, finalmente. Fatti coraggio, gattina, non mordo mica.”
-“No, certo, infatti vuoi solo sparare a persone incoscienti e disarmate, mi sembra assai peggiore.”
-“Sempre meglio di essere ipocriti come te: andiamo, rubi per mestiere, sbeffeggiando la polizia con i tuoi bigliettini patetici e poi ti fai scrupoli sulla loro incolumità?” Rise, mentre aveva individuato dove si nascondesse la rivale. “Esci da lì, prima che perda la pazienza.”
-“Così potrai spararmi? È questo che ti differenzia da noi: Occhi di Gatto non uccide e non lo farà mai, metti giù quell’arma e veditela con me ad armi pari!”
-“Come vuoi: prima sparo alla poliziotta, poi vengo da te.” Appena mise il dito sul grilletto, Hitomi sbucò dall’angolo attirando l’attenzione della Gatta per un secondo, il tempo necessario perché Rui la disarmasse con un biglietto che poco prima aveva sottovalutato. Alzò le sopracciglia dallo stupore, tenendosi la mano lievemente dolorante. “Ma guarda, ho uno strano deja-vu… certo che anche voi, sempre in due contro una, non siete leali… e poi venite a farmi la ramanzina?”
Dalla cintura, sganciò un piccolo coltello a serramanico che puntò contro Hitomi, per poi fiondarsi su di lei, che prontamente si defilò a lato, evitando danni più importanti di un graffio superficiale. Sfruttando la sua spinta in avanti, riuscì a sgambettarla e costringerla a rialzarsi dal pavimento, guadagnando tempo prezioso per mettersi in posizione di difesa. In quel momento, Toshio bisbigliò qualcosa di incomprensibile, e le contendenti capirono che era il momento di rimandare ancora una volta la diatriba.
-“La scampi sempre, tu, non è vero? Beh, almeno abbiamo ciò per cui siamo venuti! Andiamo, ragazzi!” Le criminali uscirono dall’edificio, mentre il detective cominciava a rimettersi in piedi, seppur tramortito. Quello che però la Gatta Nera trovò all’uscita furono i suoi collaboratori messi ko e le gomme bucate del tir contenente i quadri. Di fianco ad uno pneumatico a terra, un altro biglietto color rosso e bianco recitava ironico: “Alla prossima!” Si alzò al cielo un grido che svegliò del tutto Utsumi:
-“Maledette, ve la farò pagare!” Il detective uscì in fretta e furia, trovandosi davanti a due facili arresti, ma il terzo già sparito: i complici della pericolosa criminale furono ammanettati e il veicolo ricolmo di opere preziose venne svuotato. Quella che poteva essere la rapina più umiliante nella storia della nazione era stata, in qualche modo, sventata. O almeno, per grandissima parte.
 
Un’altra vittoria era stata portata a casa dalle ladre proprietarie del nome “Occhi di Gatto”, e la soddisfazione era difficile da contenere.
-“Dovresti lasciarmelo fare più spesso Rui, hai visto come gli ho stesi? Boom, prima uno e poi l’altro!” Seduta sul sedile posteriore insieme alla refurtiva, Ai era galvanizzata dal suo intervento pieno di azione.
-“Sei stata grande, ottimo lavoro. A te come è andata lì dentro, Hitomi? Confronto a parte.” La sorella più grande, al posto del conducente, guidava verso casa.
-“Bene, anche se ho avuto un contrattempo: Toshio non mi aveva parlato di alcuna cassaforte, ho rischiato di non riuscire ad aprirla.”
-“Ah no? E come hai fatto senza strumenti e senza combinazione?” Chiese la sorellina.
-“Con un po’ di fortuna ed un pizzico di ingegno. E anche un po’… di amore.” Fece l’occhiolino. Sembrava quasi essere intenzionata a tenerlo come un piccolo segreto, ma Ai insistette.
-“Dai, sputa il rospo, racconta.”
-“È stato merito di Toshio, in qualche modo.” Fece una piccola pausa e sorrise. “Ha scelto la data del nostro, o meglio, del mio ritorno in Giappone.”
   
 
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