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Autore: Jeremymarsh    13/10/2022    9 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo X: Destino infausto



 

 

“E questo più umano amore (che si compirà infinitamente attento e sommesso, e buono e chiaro nel legare e sciogliere) somiglierà a quello che noi con lotta faticosa prepariamo, all’amore che in questo consiste, che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda.”

 

Lettere a un giovane poeta, Rainer Maria Rilke

 

 

 

Erano settimane che andava avanti in quel modo e non credeva che presto sarebbe cambiato qualcosa. Sesshomaru non osava tornare al castello perché non aveva avuto modo di sfogare la sua ira o di riflettere sul serio sull’ultimatum – essendo questo ingiusto ai suoi occhi – e perché sapeva benissimo che, tornato, quell’umana sarebbe stata ancora lì. E non aveva alcuna intenzione di condividere il suo spazio. Certo, non era da lui darla vinta a certe persone, ma il padre era sul piede di guerra e non avrebbe tollerato un altro incidente come quello dell’ultima volta; Sesshomaru doveva escogitare ancora un modo per risolvere quell’impasse a cui era giunto. Di sicuro non sarebbe rimasto a lungo lontano da quelle che erano le sue terre solo a causa di alcuni occupanti indesiderati.

Mentre rifletteva sulla piega che la sua vita aveva preso – anche prima degli ultimi eventi – un odore attraente, e al tempo stesso disturbante, lo colse di sorpresa. Non sapeva cosa lo avesse esattamente sorpreso, ma solo che dietro quel fascino percepiva il pericolo a cui sarebbe andato incontro nel caso in cui avesse deciso di inseguirlo. L’istinto di sopravvivenza sembrava dirgli di andare dalla parte opposta e dimenticare tutto, ma uno ancora più profondo e animale – che lo artigliava da dentro e scalciava – lo spingeva avanti. Rimanere lì fermo e immobile gli stava costando uno sforzo immane.

Quel che era peggio, e perciò lo sconvolgeva, era che la razionalità dietro quella lotta interiore gli sfuggiva.

Però, quando a quel profumo si aggiunse l’inconfondibile sentore di sangue, la sopravvivenza non ebbe più importanza e il secondo istinto ebbe la meglio su di lui. Si mosse prima ancora che il suo cervello potesse registrare il movimento e qualche secondo dopo era sparito dalla radura, raggiungendone a breve un’altra, non silenziosa, ma al contrario già occupata.

Davanti a lui c’erano gli esemplari di umani che più odiava, dei disertori diventati banditi. Non comprendeva come si potesse abbandonare l’esercito al quale si sarebbe dovuto essere devoti, andare contro i propri principi, fingere di averli o – peggio – l’assenza di essi. Quei ladruncoli si credevano potenti e superiori, peccato solo che per dimostrare la propria supremazia attaccavano esseri più deboli di loro. Quell’atteggiamento, purtroppo, era comune anche tra i ranghi demoniaci e la codardia era qualcosa che Sesshomaru non aveva mai sopportato. Quando si rese conto che erano anche la causa del sangue mischiato al profumo a cui tanto anelava la sua rabbia aumentò esponenzialmente. Non ne conosceva ancora la fonte, ma il fatto stesso che l’avessero contaminato gli tingeva gli occhi di rosso.

I banditi, insieme alle loro vittime, non si accorsero subito della presenza del demone, anche perché Sesshomaru era sempre molto silenzioso. Tuttavia, quando una delle ragazze loro prigioniere sussultò, l’attenzione si concentrò tutta sull’intruso e le teste scattarono in quella direzione.

Gli uomini erano sporchi, rozzi e senza un minimo di intelligenza, constatò Sesshomaru osservando le loro reazioni – non che avesse mai avuto dubbi. Delle smorfie si dipinsero sui loro volti, sostituite poi da maschere di rabbia.

Uno di loro – il leader, probabilmente – si avvicinò brandendo una katana di scadente fattura; l’unica che era riuscito a rubare o un simbolo della povertà dell’esercito che aveva disertato? La sua andatura voleva essere minacciosa, ma in realtà barcollava, le spalle erano cadenti e gli occhi per nulla lucidi. Il dai-youkai continuò a fissarlo impassibile, per nulla contento della sua presenza o del tempo che stava sprecando, ma conscio che quell’essere ignorante meritasse una lezione. Già in passato era stato scambiato per un semplice nobile a causa dei suoi lineamenti più aggraziati e del suo portamento fiero e sembrava che la cosa fosse destinata a replicarsi in quell’infausto giorno in cui tutto era già cambiato – solo, il demone non se ne era ancora accorto.

“Ti conviene portare via quel visino immacolato se non vuoi rogne,” sibilò l’uomo, il fiato puzzolente di sakè. “Questo non è posto per te, principino.” Ghignò, ma in un secondo quel sorriso venne cancellato. Ma non riuscì nemmeno a sgranare gli occhi, resosi finalmente conto di chi, o cosa, avesse davanti, perché la sua testa rotolò a terra dopo che – con un movimento altrettanto aggraziato del polso – Sesshomaru lo ebbe colpito.

Un silenzio inquietante scese nella radura, per poi essere rotto dalle urla dei banditi rimasti. Stranamente, furono proprio le donne a rimanere quiete, voltando semplicemente il volto da quel massacro e accucciandosi l’una contro l’altra.

In poco tempo tutto finì e Sesshomaru era ancora immacolato quando la voce gracchiante di Jaken, che aveva finalmente ritrovato il proprio padrone, raggiunse le sue orecchie e sostituì quella dei codardi ormai morti. Il demone non vi prestò attenzione e, invece, ridusse a due fessure gli occhi e li puntò verso la fonte dell’odore che l’aveva portato in quel luogo.

Una sola ragazza non aveva distolto lo sguardo da quella scena e ora stava incrociando i suoi occhi crudeli senza paura, la testa alta e un’espressione determinata sul volto mentre con le braccia circondava le spalle di quella che poteva ancora definirsi una bambina. Le altre stavano tremando, forse pensando che avrebbero fatto la stessa fine dei loro rapitori, e non avevano nemmeno il coraggio di voltarsi, ma lei era lì che lo fissava senza timore.

Quell’atteggiamento lo attraeva e disgustava allo stesso tempo, ma soprattutto lo lasciava basito la bestia che era rimasta assopita dentro di lui per secoli e ora scalciava e si dimenava, pretendendo di essere liberata. Perché mai quella ragazzina suscitava in lui quelle reazioni? Era un’umana, la stessa razza debole dalla quale si era allontanato lasciando il castello. Perché ora ne aveva, pur se inconsapevole, inseguita un’altra, salvata un’altra? Perché – e su questo non aveva dubbi – era lei il motivo per cui la presenza dei banditi gli aveva suscitato tanta ira. La guancia rossa e insanguinata era ciò che aveva contaminato il profumo di lei e, stranamente, a Sesshomaru non fece piacere.

La osservò meglio, con occhio critico, non capendo cosa nascondesse davvero o se fosse altro rispetto a ciò che l’apparenza dichiarava. Aveva lunghi capelli castani tenuti sciolti, mentre un piccolo codino spiccava a lato, più in basso, dopo essere stato chiaramente strattonato con violenza. Sesshomaru ringhiò nel constatarlo e il suono riverberò nella radura spaventando chiunque, anche Jaken, ma non lei. La sua pelle era leggermente dorata – come quella di un qualsiasi umano abituato a trascorrere le proprie giornate all’aperto – e il kimono di scarsa stoffa, a quadri arancioni e bianchi, era anch’esso sporco e insanguinato. In breve, portava i segni di quel che era stato il suo rapimento, eppure, solo il suo lo infiammò di rabbia; quello delle compagne non gli attraversò nemmeno la mente.

E mentre la osservava guardingo e severo lei non aveva distolto nemmeno per un attimo lo sguardo o dimostrato in alcun modo timore verso di lui. Sesshomaru dovette riconoscere il coraggio di quella donna, ma anche la sua insolenza. Tuttavia, anche se per ora dimostrava di avere più fegato di tanti altri prima di lei, le circostanze non cambiavano: era il primo essere umano a non disgustarlo con il proprio odore e ciò doveva pur significare qualcosa per lui.

Accanto a lei, le ragazze cominciarono a mostrarsi inquiete; non erano più disposte ad essere uccise. La bambina tra sue braccia le strattonò leggermente il kimono e sussurrò il suo nome, la voce vibrante di paura, non rendendosi conto che Sesshomaru avrebbe potuto ascoltarla comunque.

“Rin, andiamo via! Voglio tornare a casa!”

Lei non diede segno di averla sentita e la bambina la strattonò ancora.

Rin.

Sesshomaru pronunciò il suo nome in un mormorio che nessun orecchio umano avrebbe mai potuto udire. Non gli diceva nulla né spiegava quella sua reazione apparentemente immotivata, ma la cosa che più lo innervosiva era che nonostante cercasse di disprezzarla e trovare in lei dei difetti, sotto quelle considerazioni rimaneva l’attrazione, il volere inspirare ancora più da vicino quel suo profumo, analizzarlo meglio. Cosa stava accadendo? Che avesse davvero perso il senno?

“Rin, cosa succede?” pretese allora una delle più grandi tra loro. “Dobbiamo andar via; hai visto cosa ha fatto in così poco tempo? È un demone!” sibilò.

Sempre senza distogliere lo sguardo, Rin finalmente parlò e Sesshomaru costatò che avrebbe potuto ascoltare senza sosta quella voce, così come il suo odore non avrebbe mai potuto infastidirlo. “Lo so,” disse solamente, dimostrandogli ancora una volta il suo coraggio. “Voi andate.”

“Non se ne parla; vuoi restare indietro con questo mostro?”

“Questo mostro ci ha appena salvate! O avresti preferito essere venduta alla sala da tè che avrebbe offerto di più per il tuo corpo vergine?” chiese di rimando, voltandosi finalmente verso la compagna. “Scappa ora prima che decida di ucciderti per ciò che hai detto. Io vi raggiungerò.”

“Fai come vuoi,” esclamò allora l’altra, strappandole la bambina dalle braccia e allontanandosi di fretta, gettando solo un’occhiata di sfuggita a Sesshomaru e scuotendo la testa per la pazzia di Rin.

I due continuarono a fissarsi, studiandosi a vicenda, e senza dare all’altro la possibilità di vincere in quella battaglia di sguardi mentre pian piano la radura si svuotava a parte loro due e Jaken.

“Cosa sei?” le chiese infine quando le altre furono fuori dalla sua portata.

Rin sorrise e scosse anch’ella la testa. “Ancora non te ne sei reso conto? Eppure mi sembra abbastanza ovvio. O stai rifiutando inconsciamente la cosa?”

Sesshomaru strinse gli occhi. “Non usare quel tono con me o pretendere di conoscermi.”

“Oh, ma io ti conosco; so qualcosa su di te che tu evidentemente non vuoi accettare… Sesshomaru.” Aveva sentito anche lei il nome urlato dal suo vassallo e pensò scivolasse facilmente sulla sua lingua, con grazia, come qualsiasi cosa che lo riguardasse. “La domanda non è chi sono, ma piuttosto chi sono io per te.”

Sesshomaru si immobilizzò, comprendendo subito ciò che gli stava dicendo e non riuscì – per la prima volta in vita sua – a nascondere la sorpresa.

Lei lo guardò come se gli leggesse nella mente. “Ah, vedo che non è più facile far finta di nulla ora che l’ho detto ad alta voce.”

“Non credere di sapere qualcosa su di me,” ripeté lui sibilando, improvvisamente pieno di rancore nei suoi confronti. “Non so quale idea tu ti sia fatta di me, ma se non seguirai le altre umane presto potresti fare la stessa fine di chi ti aveva rapita.”

Il tono minaccioso era quello che aveva sempre impaurito chiunque lo sentisse e per questo fu ancora più stupito quando la risposta di lei fu un altro di quei sorrisi che stavano tanto bene sulle sue labbra rosee. “Lo sapevo, non appena ti ho visto, che non sarebbe stato così semplice. Ma ho fiducia in te e non la perderò così facilmente. Ti aspetto, Sesshomaru; saprai trovare la via,” concluse infine con tanta confidenza, dandogli le spalle e lasciandolo solo con Jaken che era confuso e scioccato da quell’umana solo poco meno del padrone.

Il suo profumo rimase ancora nell’aria per un po’, avvolgendo Sesshomaru e facendogli dimenticare, per qualche secondo, della rabbia e della sorpresa; gli solleticava le narici e istigava la bestia ancora agitata dentro di sé che gli intimava di seguirla e ignorare ogni briciolo di razionalità, ogni valore che aveva seguito religiosamente fino a quel momento. Ma il demone non si sarebbe fatto comandare nemmeno da quella parte di sé né avrebbe cambiato il suo modus operandi per un incontro del genere o abbandonato la propria morale.

Eppure, era innegabile la battaglia che stava combattendo interiormente e non era così sprovveduto da credere di poterla vincere con facilità. Conosceva le leggende e nonostante non avesse mai dato loro importanza sapeva che presto o tardi avrebbe potuto incontrare qualcuno che si sarebbe introdotto nella sua vita senza chiedere il permesso né dandogli alcuna scelta.

Quando era ancora un adolescente aveva sempre risposto al padre che, fin quando la cosiddetta anima gemella non avrebbe interferito nei suoi piani di conquista avrebbe potuto anche rimanergli accanto – senza dargli comunque troppo fastidio. All’epoca, Toga ne aveva riso, credendo senza alcun dubbio che il figlio non avrebbe saputo resistere a un impulso così primordiale, ma poi era rimasto scioccato dalla determinazione che Sesshomaru aveva dimostrato nei confronti del potere. Oggi, si disse quest’ultimo, la forza che aveva dovuto esercitare per stare lontano da colei che aveva appena trovato avrebbe ugualmente sconvolto il padre. Se l’istinto era così forte allora perché lui riusciva a sopraffarlo? Avrebbe dovuto abbandonarsi a esso ciecamente e invece riusciva a combatterlo. Non significava, forse, che dopo tutto le leggende erano semplici fandonie? A governare la vita doveva essere la razionalità non certe favole che anche gli umani condividevano.

Sicuramente tutta quell’attrazione che aveva provato per la ragazza era data dal destino che amava prendersi gioco di lui e metterlo in difficoltà in un momento in cui già non tutto stava andando secondo i suoi piani. Era solo un altro ostacolo, nulla che non avrebbe potuto superare. E se non ci fosse riuscito avrebbe potuto sempre ucciderla, si disse infine, ignorando il malessere che lo colse quando quel pensiero venne formulato o la bestia che ruggiva oltraggiata in risposta. Non avrebbe mai accettato che davanti a lui si prospettasse un destino intrecciato a quello di un’umana, qualcuno che aveva trascorso tutta la sua esistenza a odiare. Lui non era come suo padre e non era disposto ad esserlo.

Voltandosi e tornando sui propri passi, fece cenno a Jaken di seguirlo e cambiò del tutto rotta. Avrebbe risolto anche quel grattacapo, determinò certo e non si sarebbe fatto spaventare da un’inezia simile. Tuttavia, prima di prendere il volo, negò già quel proposito quando inconsapevolmente inspirò per far sì che quell’odore per lui paradisiaco lo avvolgesse un’ultima volta.


 

*** 


 

Era pomeriggio inoltrato e fuori, nei giardini, Inuyasha e Kagome erano seduti su una piccola panchina di pietra con pochi centimetri a dividerli mentre osservavano il cielo farsi sempre più arancio e una brezza leggera scompigliava loro i capelli, i quali si incontravano formando un contrasto e replicando l’intreccio del filo del destino.

Kagome continuava a sospirare contenta, mentre lui allungava e ritirava la mano in quel breve spazio che li divideva sfiorando quella di lei e provocandole brividi che viaggiavano per tutto il corpo. L’imbarazzo scemava man mano che i contatti diventavano più frequenti – anche se procedevano a piccoli passi – e la paura di fare qualcosa di sbagliato era sempre minore, sostituita dall’eccitazione per sentimenti nuovi che li coglievano e li facevano sorridere in vista del viaggio che li attendeva.

La giovane sacerdotessa si era integrata in quella ormai non più nuova routine con serenità e le ombre che l’avevano inseguita fino a poco tempo prima sembravano quasi del tutto sparite. Le lezioni con Kaede procedevano a gonfie vele e nonostante certe volte la stanchezza le impediva anche di godersi le passeggiate con il fidanzato, continuava ad eccellere e i progressi non mancavano. Il rapporto con i genitori di Inuyasha era saldo e sano e, soprattutto, era contenta di aver stabilito un’amicizia con Izayoi, la quale all’inizio le era sembrata un po’ una donna irraggiungibile. Kagome aveva imparato che nonostante la sua posizione e la longevità atipica per gli umani rimaneva una persona molto umile e aperta, oltre al fatto che non nascondeva l’affetto e l’ammirazione che nutriva per lei – ed era rimasta decisamente sorpresa la prima volta che aveva scoperto l’intensità di tali sentimenti nei suoi confronti. Ma non erano nemmeno questi aspetti della sua vita a renderla felice come non era mai stata, nonostante la distanza dalla famiglia, quanto rendersi conto del proprio cambiamento.

Sparito era il cinismo che l’aveva contraddista o quel servilismo che, pure con le migliori intenzioni, era sempre stato parte delle sue azioni precedenti la fuga dal villaggio. Aveva sempre dichiarato con fierezza di essere indipendente rispetto alle altre ragazze più inconsapevoli, ma in realtà non si era mai accorta della gabbia in cui aveva vissuto fino al momento della sua liberazione; le stesse lezioni con Hitomiko-sama ne erano state parte. All’inizio il rancore e il risentimento per essere stata scacciata da essa senza avvertimento o spiegazione l’avevano fatta reagire in modo più acerbo nei confronti del nuovo, ma era bastato intraprendere un percorso di meditazione e aprire gli occhi a ciò che la circondava per capire la verità. E comprendeva anche perché Izayoi, a così tanti anni di distanza dall’accaduto, ripensava con un sorriso a quello che era stato il peggior evento della sua vita. Ma Kagome sapeva anche che non era stata la fatalità a scatenarlo, piuttosto le conseguenze che l’avevano condotta fino a quel momento, dandole ora la possibilità di osservare la felicità sul volto dell’amato figlio.

Tuttavia, quella calma non era destinata a durare per sempre perché quella sera stessa, Toga informò loro di alcune voci per nulla confortanti che giungevano dai confini a Sud. L’Inu-no-Taisho aveva imparato anni prima che non conveniva tenere nascoste alla compagna certe notizie, per quanto spaventose potessero essere, quindi era abitudine condividere tutto. Questa volta si trattava di alcuni incidenti pochi chiari, ma troppo simili per potere essere definitivi coincidenze, che si stavano verificando ai danni delle terre che governava e, soprattutto, difendeva.

“Secondo il Comandante che mi ha riportato l’accaduto, questo gruppo di demoni che sta depredando e distruggendo i confini a Sud è capitanato da un individuo il cui volto nessuno ha mai visto perché gira ricoperto da una pelliccia da babbuino. È evidente che costui deve aver studiato molto bene le sue mosse e se oggi ne siamo a conoscenza è perché lui ha voluto farcelo sapere,” commentò Toga, grattandosi il mento. “Il vero problema è capire perché si sta comportando in questo modo, qual è la fiamma che ha scatenato questa sua volontà e il suo obiettivo.”

“Ho rinunciato da tempo a capire quale potrebbe essere il motivo alla base di ogni attacco che riceviamo, Pa’. C’è tanta di quella gente che ci odia là fuori che non ne usciremmo mai.” Inuyasha aveva un’espressione un po’ scocciata sul volto a causa dell’ennesimo attacco senza apparente motivo, ma in realtà aveva letto senza problemi il sottotono impensierito nella voce del padre e quello lo preoccupava più della notizia stessa.

“Sì, sì, ma è proprio questo quello che voglio farti capire, Inuyasha. Non è il solito attacco a caso o tentato nella speranza di un colpo di fortuna. È ben studiato e architettato, il che ci fa capire che chi c’è dietro ha trascorso un po’ di tempo a programmare tutto, ci ha studiati e ha un obiettivo ben preciso. Cosa ha scatenato tutto questo? Cos’è cambiato da garantire una risposta del genere?”

Il mezzo demone scrollò le spalle e tornò al suo riso; tutte quelle parole gli avevano fatto venire una fame da lupi. Izayoi, di fronte a lui, aveva un’espressione pensierosa sul volto; lanciò un’occhiata di sfuggita a Kagome che si stava mordicchiando il labbro e osservava Inuyasha che mangiava come se non ci fosse nessun problema al mondo, e poi si rivolse al marito. “Caro, forse c’entra l’assenza prolungata di Sesshomaru?”

Lui sussultò. “Non starai suggerendo che mio figlio si sia coalizzato contro di me?!”

La moglie allungò la mano e gli toccò il braccio per tranquillizzarlo. “Non lo farei mai, Anata. Per quanto Sesshomaru non mi abbia ancora accettato lo sai che gli voglio bene e ho stima di lui al di là delle scelte che non comprendo. Questa tuttavia non è un’ipotesi che collegherei mai a lui.” Toga annuì, rincuorato. “Ma non puoi negare che i suoi sostenitori potrebbero essere un po’ incolleriti; forse qualcuno è venuto a sapere della vostra ultima conversazione o ha immaginato chissà quale scenario vedendo Kagome qua e Sesshomaru via.”

“Di quale conversazione parlate?” si intromise Inuyasha agitando le orecchie.

“Oh, no, non sarà davvero a causa della mai presenza?” chiese Kagome ora cento volte più nervosa di prima.

“Sono cose riservate tra me e tuo fratello maggiore, Inuyasha, pertanto, non credo sia opportuno risponderti.” Inuyasha sbuffò, ma il padre lo ignorò prima di rivolgere un sorriso confortante a Kagome. “Figliola, non pensare mai che non apprezziamo e accogliamo con piacere la tua presenza qui a castello. Posso dire con sincerità che hai apportato serenità alla nostra vita quotidiana e te ne sono grato. Purtroppo, però, alcuni degli abitanti di queste terre non accettano ancora la mia compagna quindi non è una questione che devi prendere sul personale, ma piuttosto da ricondurre al razzismo che sia qui che nel tuo vecchio villaggio vige prepotente. Non voglio che tu ti preoccupi per una cosa del genere. Ora su, torna a mangiare.” Ammiccò mentre Inuyasha replicava il gesto della madre per consolarla.

Il resto della cena virò su argomenti più leggeri e tranquilli, ma per Kagome il danno era fatto e la pace che aveva provato qualche ora prima e nelle settimane precedenti era del tutto scomparsa, sostituita da un brutto presentimento tornato insistente. Più tardi si rese conto di non essere riuscita proprio bene a nascondere il proprio umore più tetro quando il mezzo demone indagò a riguardo dopo averla accompagnata nelle sue stanze.

In un gesto molto intimo le sfiorò il viso con le dita lunghe e la costrinse e incrociare il suo sguardo. “Ehi, non crederai ancora che tutto questo sia minimamente collegato alla tua presenza qui, vero? Pensavo che ti trovassi a tuo agio con molti degli abitanti; oserei dire che alcuni apprezzano più te che me,” rise nel tentativo di farla sorridere. E Kagome lo fece, anche se il suo non era proprio un sorriso molto convincente.

Scosse la testa. “No, ma…”

“Ma?” la spronò lui.

“Ecco…” Perché all’improvviso si sentiva così in difficoltà? Lui non l’avrebbe presa in giro anche se la sua fosse una paura immotivata, vero? Inuyasha le aveva dimostrato ampiamente che oltre lo strato burbero e grezzo, c’era quello morbido ed empatico; talvolta le modalità in cui lo dimostrava lasciavano a desiderare, ma si era resa anche accorta che non avrebbe cambiato nemmeno quel suo aspetto. Lo am-; scosse la testa non concludendo quel pensiero, non essendo ancora in grado di affrontarlo – non quella sera –, ma prima che potesse parlare sul serio fu interrotta.

“Cosa ti spaventa?” le chiese dolcemente, stupendola. Inuyasha era così, dopo tutto: quasi sempre anche le sue dimostrazioni d’affetto erano burbere, ma poi quando meno se lo aspettava la sorprendeva con una dolcezza che lo stesso mezzo demone avrebbe rinnegato a vita se glielo avesse fatto notare.

“È stupido, però-”

“Nah, le paure non sono mai stupide. Ognuno ha le proprie, non per questo andrei in giro a sminuire quelle degli altri,” le disse con saggezza.

Kagome abbassò il viso e cominciò ad agitarsi prima che Inuyasha glielo rialzasse spostando le dita lungo il suo mento. “Però ho questa sensazione che pensavo fosse scomparsa e invece è tornata appena tuo padre ha parlato di quegli attacchi. Da quando… da quando abbiamo saputo che Onigumo è scomparso continuo a pensare che è tutto troppo semplice. Non è mai stato quel tipo di persona che si arrende così facilmente e non posso credere che lo abbia fatto ora. Ho il presentimento che ricomparirà nel peggiore dei modi e che sarà troppo tardi e allora io, ecco, noi, la mia famiglia e-”

“Ehi, ehi, fermati prima che sia troppo tardi. Fammi capire, hai paura che Onigumo c’entri con questi attacchi?” Kagome annuì silenziosa. “Kagome,” ricominciò, “Papà ha parlato di demoni, Onigumo è sempre stato umano, giusto? Ti ha mai dato l’impressione che nascondesse qualcosa?”

“Beh, un’anima nera sicuramente,” borbottò arrabbiata al solo pensiero.

“Non l’ho mai incontrato, ma dubito che la nascondesse così bene,” la contraddisse lui. “Da quello che mi hai raccontato ne faceva un vanto. Ma ciò che voglio dire è che nel nostro mondo è praticamente impossibile che un umano diventi un demone da un giorno all’altro. Questo dovrebbe rassicurarti.” Le sorrise, ma lei non era ancora convinta.

“Praticamente non esclude la possibilità che possa accadere.”

“Va bene, te lo concedo, ma ti assicuro che se c’è sarebbe stato assolutamente impossibile per lui renderla praticabile. Per quanto ne sappiamo potrebbe essere già morto. Ti va bene così?” Ammiccò e la sua espressione alla fine la fece scoppiare a ridere.

“Va bene,” ripeté la giovane.

“Posso lasciarti sapendo che questa notte farai sogni tranquilli?” All’ennesimo cennò si sporse ancora verso di lei e le posò un casto bacio sulla fronte, prima di darle la buonanotte e andarsene suo malgrado – perché, se avesse potuto e avesse avuto il coraggio, sarebbe rimasto con lei tutta la notte.

E forse per quella sera ogni dubbio era stato messo da parte, ma il giorno dopo si sarebbero risvegliati preoccupati, ancora di più perché il futuro, anche se ignoto, non appariva più del tutto roseo. Non lo era mai, ma in seguito le nuvole sarebbero sembrate a tutti un po’ più infauste.




 


N/A: Salve a tutti e scusate se non sono riuscita a pubblicare ieri, ma spero comunque che l'aggiornamento vi sia piaciuto. 
Finalmente ho presentato Rin, ma se credevate che per lei e Sesshomaru ci sarei andata piano mentre Inuyasha e Kagome lavoravano duramente mi sa che vi ho appena rotto le uova nel paniere, per così dire. Anche loro si dovranno dare da fare perché, se non lo avevate ancora capito, questa sarà anche una soulmate AU ma il concetto di amore a prima vista non è stato preso nemmeno in considerazione. 
Vi mando un bacione e aspetto i vostri commenti. A presto 💖.

 

   
 
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