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Autore: _uccia_    13/10/2022    0 recensioni
Lui vive secondo un codice, il codice Vory. Nel mondo malavitoso russo esiste una gerarchia e delle tradizioni. Lei sarà lo strumento che lo farà ascendere al potere.
Lui è un sicario chiamato il Siberiano, lei una principessa della 'Ndrangheta italiana.
Quello che non sanno è che il loro destino è inesorabilmente intrecciato e che non avranno scrupolo a sfruttare la posizione l'un dell'altra per raggiungere la sommità della scalata al potere.
Perché più forte della loro ambizione, può essere solo il desiderio carnale e possessivo che pare bruciarli interamente.
Due personaggi che per quanto diversi si ritroveranno a dover lavorare di squadra, in un ambiente cupo e pericoloso diviso tra Stati Uniti, Honduras e la fredda Russia.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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                                                                                   ---------------VICTORIA-----------------


 
Vor Volkov, il Lupo dell'Organizacija, era un così detto 'ladro nella legge'. All'interno della criminalità russa era una figura specializzata, in particolare un ladro che soddisfaceva particolari e determinate caratteristiche della tradizione.
Vasilj era un uomo che non si impegnava in alcun modo per elevare la società, non ne condivideva gli interessi e non partecipava ad alcuna attività delle istituzioni. In questo modo poteva godere della assoluta fedeltà del mondo criminale mantenendo uno status da 'innominabile', ma lo rendeva un pessimo stratega e un uomo molto odiato dal popolino per bene.
Era ben definibile come uomo tattico, ma con una limitata visione del futuro più lontano.
Occorre precisare che la neo sposa Victoria poté vivere come spettatrice intoccabile nei giorni successivi al matrimonio con il Siberiano, prigioniera di nome ma non di fatto. Perciò poté facilmente svolgere alcune attività con gli uomini del clan, anche se non aveva il permesso di allontanarsi dal suo 'Signore'.
Dopo il matrimonio non vi fu alcuna luna di miele, il Signore suo marito tornò a tempo pieno nella direzione del deludente e fatiscente rione.
Benché fosse padrone indiscusso (anche se non registrato) di ogni vicolo, nighjt club, appartamento o bettola, poteva fare affidamento solo sugli elementi della sua banda di ragazzi.
Nessun'altro poteva avvicinarvisi.
"Ragione di sicurezza", diceva Vasilj.
Paranoia, pensava Victoria.
Una volta suo padre, Salvatore De Stefano, le aveva detto una frase che l'aveva fatta riflettere:
"Il controllo logora chi non ce l'ha".
Cresciuto come un soldato semplice, le considerazioni di tipo politico lo annoiavano e il mancato appoggio della popolazione lo faceva innervosire.
Erano sempre più frequenti le manifestazioni di donne e uomini della media società, apertamente uniti in un fronte comune: scacciare il nuovo Vor e riavere in dietro la città.
Le istituzioni, i politici, i giornalisti stavano tutti a guardare e testimoniare. Rovinando il traffico di coca e l'immagine del Lupo.
Come pecore in un compatto gregge, marciavano senza paura in fiaccolate o raccogliendo fondi. Denunciavano la corruzione, le scomparse e tutti i figli morti in scontri fra bande per una guerra senza fine.
Vasilj era solo un nuovo boss venuto dopo una lunga serie, il popolo voleva che fosse l'ultimo.
Tale era la situazione nei sobborghi cittadini alla fine di quell'anno, quando il Natale cattolico era arrivato e ormai passato e il freddo toccava picchi di meno trenta gradi sotto lo zero.
Per contro, non si poteva certo affermare che Volkov non possedesse la capacità innata di un vero generale.
Se le alleanze politiche gli erano aliene, certo non si poteva altrettanto dire sul suo acume nel piazzare mezzi e risorse in un campo di battaglia.
Celebre fu stata la sua irruzione nel condominio del Vor suo predecessore, ma si parlava anche dei suoi agguati e cacce all'uomo che gli avevano valso il titolo.
Al petto poteva appuntarsi medaglie al valore, alla cocciutaggine e alla spesso mancanza di giudizio.
Qualità che lo avevano reso un sicario implacabile e beniamino dei ragazzini che speravano un giorno di diventare gangster.
Era anche un amante passionale, si dedicava al sesso con gioia e un trasporto da ricordare a Victoria un vergine.
Il suo uomo amava farlo di sera, quando tornava a casa.
Se durante il giorno aveva dovuto usare le maniere forti con qualche sconosciuto senza volto né nome, prendeva Victoria con tale entusiasmo da lasciarle lividi tra le cosce e sul collo.
Alla mattina si alzava presto e alla sera tornava sempre.
Per ogni elogio, c'era anche una controparte negativa.
Victoria osservava tutto questo in tacita compostezza, non parlava mai se non interpellata e spesso si prestava a portare da bere agli uomini di suo marito durate qualche riunione nel salotto della loro lugubre casa senza finestre né uscite.
Incontri di cinque... sette uomini o ragazzi, più o meno giovani. In gutturale lingua madre, fumi di sigaretta, alcolici e risate simili a latrati di cani.
Il suo culo era oggetto di sguardi, commenti a labbra immobili, sorrisini angoscianti.
Era questo che Vasilj si aspettava da lei? Che facesse da cameriera?
Il tatuaggio enorme della stella Vory impresso a inchiostro nero sul dorso della sua mano sinistra, le bruciava ogni volta che lo osservava.
L'intero corpo di Victoria si ribellava, rigettava quel marchio di proprietà.
L'anello di matrimonio, quell'enorme diamante purissimo che brillava alla luce aranciata del polveroso lampadario del salotto... le pesava in quelle riunioni più di un qualsiasi altro momento della giornata.
Doveva essere dimagrita. La pietra, troppo pesante, continuava a girare attorno al suo anulare...
Vasilj era un uomo irrequieto, incline all'offesa, lento al perdono e spaventoso nella collera. Victoria badava bene a non contraddirlo e a non metterlo in discussione.
Durante i suoi frequenti scatti d'ira davanti ai notiziari in TV, Victoria prendeva posizione a qualche metro da lui.
La sua furia veniva e passava come la marea.
Passava sempre.
La sua destrezza nelle armi non aveva rivali. Vasilj si dilettava al poligono di tiro, si allenava nella box e nel sollevamento pesi in palestra.
Il Siberiano aveva molti compagni a difesa del suo business, ma un solo vero amico: Ivan.
"Mai". L'aveva una volta ammonita, una notte sotto le coperte del loro talamo, quando cercò di far capire al marito quanto la inquietasse quell'uomo con una lacrima tatuata sotto l'occhio destro. "Mai parlare male di Ivan in mia presenza".
Tra loro due c'era una intesa che Victoria non comprendeva. Lei non aveva mai conosciuto nulla del genere.
Erano come fratelli, uniti non dal sangue ma dalla scelta reciproca.
"Mi ha salvato la vita in passato", le aveva detto Vasilj. "Per ora ti basta sapere questo".
Vasilj era paragonabile a una vipera in combattimento, prediligeva il corpo a corpo e le lame erano la sua più grande passione. Sul ring della palestra si allenava in movimenti fulminei e armoniosi, come una danza sferrava calci e pugni con completa padronanza della forza.
Ivan, dal canto suo...era una tempesta.
Il bestione dalla testa rasata era inarrestabile e incontrollabile. Capace anche di affrontare tre avversari alla volta.
Nel vicolo a lato alla casa di Vasilj, una sera aveva dato prova di cosa era capace stendendo in un incontro amichevole tre uomini grossi quanto lui. Aveva, a un certo punto, preso per il collo l'unico dei tre ancora in piedi e lo aveva sollevato contro il muro trattenendolo solo con una mano.
Victoria aveva assistito a quel brutale incontro mescolata tra la folla urlante e riscaldata dal braccio di Vasilj stretto attorno alle spalle.
Ancora ricordava, in alcuni momenti della giornata, la risata acuta di Ivan. Un bisonte in ira dal sorrisetto facile e l'uccisione lenta.
Adorava soffocare le sue vittime tanto quanto a Vasilj piaceva farle sanguinare.
"Appostò così!", aveva decretato Vasilj alla fine di quell'incontro. Ivan aveva lasciato la presa dalla giugulare del suo avversario.
La folla aveva applaudito.
"Lo sai perché lo chiamano 'Il Boia'?", sogghignò divertito Nicolaj una tormentosa sera. "Ivan, intendo". Precisò dubbioso.
Il muco che gli brillava da sotto le narici e una nuvoletta di condensa che gli usciva dalle labbra pallide per il freddo invernale.
Si fece più stretto all'interno del gonfio giubbotto imbottito che indossava, per poi continuare senza attendere una risposta da Victoria:
 "Il Siberiano era quello che mandavano in missioni da svolgere nell'ombra. Ivan veniva chiamato per le esecuzioni 'pubbliche'".
Alcuni uomini di suo marito si erano dati appuntamento in uno dei magazzini atti al taglio della merce. La struttura era fatiscente con muri e pavimento ancora a grezzo e un paio di bidoni infiammati per riscaldare il gruppo.
Erano in otto, meno Victoria e Nicolaj. La ragazza aveva imparato a riconoscere alcuni volti, aveva appreso chi aveva un'indole da gregario e chi voleva invece farsi notare. Personalmente, preferiva i primi ai secondi.
In sottofondo, dalle enormi casse audio di un'auto elaborata in parcheggio, martellava un rap duro in lingua slava.
Victoria si scaldò i palmi delle mani esponendoli al fuoco di un bidone, attorno a lei i ragazzi si passavano birre e spinelli.
Il riverbero delle fiamme, danzava sulle numerose sfaccettature del diamante al dito di Victoria.
"Ti dico che é la verità!..". Insisteva uno di loro, seduto volgarmente a gambe aperte su un divano in similpelle sfondato e strappato.
Parlava in russo.
Tutti loro lo facevano, sempre più spesso. Victoria stava pian piano scomparendo dalla loro curiosità, non c'era quindi bisogno di coinvolgerla più del dovuto.
Rimase a fissare il fuoco, mentre con orecchie tese e alta concentrazione interpretava (più che tradurre) quello che il ragazzo, in anfibi neri e cappotto in tinta, stava dicendo.
"Gli ha infilato l'intero pugno in bocca, soffocandolo! Lo ha sorpreso finché dormiva sul suo letto, gli è salito a cavalcioni sopra il petto e gli ha sfondato la... come si dice... mandibola, dà?".
"Non è possibile", si fece scettico un altro del gruppo. Quest'altro se ne stava appoggiato con una spalla contro una colonna portante in cemento della struttura. "Come ha fatto Ivan a infilare un pugno intero in bocca a una persona?".
"Spaccando i denti", gli rispose in un brontolio una nuova voce. Ivan fece la sua apparizione comparendo proprio in quel momento all'entrata dell'edificio.
Qualcuno gli passò una birra, lui fece un lungo sorso e si avvicinò al fuoco.
Alle sue spalle, Vasilj intratteneva una seria telefonata al cellulare. Passeggiava avanti e in dietro, fuori nel parcheggio.
Ogni tanto si voltava a guardarla.
Pareva deluso. Non da lei... da qualcuno all'altro capo dell'apparecchio.
"Ti conviene succhiarglielo per bene sta notte... italiana". Borbottò Ivan prendendo un'altra sorsata  di birra dalla sua bottiglia in vetro. "Tutta questa agitazione... non gli fa bene".
Non le piaceva come marcava la parola italiana.
Victoria non volle cogliere la provocazione. "Che cosa lo turba?", chiese invece.
Ivan appoggiò la birra a terra, portò una sigaretta alle crudeli labbra e cominciò a cercarsi nelle tasche un accendino.
"Tutto", le rispose bofonchiando mentre teneva la sigaretta in equilibrio in bocca. "Dovrà agire presto e dovrà farlo duramente. Gente comincia a... 'voltarsi'. Capisci, dà? Gente che lavora in fabbriche, sue fabbriche".
"Contro di lui? Cosa vuole questa gente?", lo incalzò lei incrociando le braccia al petto.
Ivan trovò finalmente da accendere.
"Lui in prigione, lui morto. Forse tutte due le cose". Le rispose in una alzata di massicce spalle.
Victoria fece schioccare la lingua. "Potrei aiutarlo, se solo la finisse di tenermi in una gabbia dorata. Mi fa stare in mezzo a voi ma non mi coinvolge in niente".
"Dà", sbuffò Ivan in un soffio di fumo. "Faresti più danni che favori, sei forestiera"
Il problema restava essenzialmente quello, al di fuori della stretta cerchia di Vasilj nessuno la conosceva. Non veniva mai vista per le strade, non compariva in alcun evento e per quel che ne sapeva, il suo nome non era nemmeno pronunciato nei salotti del Vory v Zakone.
Un bene, penserebbe qualcuno, ma non era ciò per cui era fatta Victoria. Si sentiva avvilita, frustrata da mesi di inerzia. Se voleva trovare una ragione per cui alzarsi dal letto ogni mattina, doveva trovare un modo per uscire dall'invisibilità.
  
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