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Autore: MollyTheMole    22/10/2022    0 recensioni
Londra, 1934: il crimine di Londra ha un nuovo James Moriarty. Quest'uomo, però, ha una nemesi: il nuovo ispettore capo di Scotland Yard, per il quale ha in serbo una triste ed amara sorpresa.
Londra, 1936: il rinnovato castello sul lago Loch Awe, in Scozia, apre i battenti ai turisti. Il passato, però, è come la ruggine: incrosta ed imprigiona. Gli ospiti del castello si troveranno, loro malgrado, a fare i conti con esso, con l'oscuro futuro ormai alle porte e con lo spettro di un criminale che infesta i loro ricordi.
Genere: Mistero, Noir, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Londra, un luogo imprecisato, tramonto, 1934.

 

Si nettò le unghie con la punta di un taglierino. Il carbone del camino lasciava troppe tracce, per i suoi gusti. Accanto a lui, sul tavolo, c’era il consueto bicchiere di liquore ambrato. Aveva un buon sapore, soprattutto quello lì. Veniva dai Caraibi, dal centro America. Gli ci era voluta tutta per farsene arrivare una bottiglia senza essere scoperto. Aveva dovuto passare attraverso un prestanome, aveva dovuto sborsare un bel po’ di quattrini e minacciare qualcuno, ma alla fine quella bottiglia era arrivata. Aveva un sapore dolce, zuccherino, che gli lasciava un poco la bocca impastata, ma per una sera come quella ci voleva proprio.  

Come si era immaginato fin dall’inizio, quel suo compare imprenditore, pieno di boria, si era dimostrato una grandissima spina nel fianco. Non lo aveva mai perso d’occhio, fin da quando la loro collaborazione era cominciata. Conosceva quelli come lui, e sapeva che, prima o poi, trascinati dal loro ego smisurato, avrebbero tentato di fare il colpo del secolo. Nessuno di loro, però, era un genio del crimine, e puntualmente finivano per fallire, e lui invece finiva con un altro cadavere sulla coscienza.

Nessuno poteva battere il suo ingegno. Pensava che ormai fosse un fatto risaputo. Purtroppo, aveva dovuto constatare che non era così.

Il piccoletto aveva rigato diritto per un po’ di tempo. I patti erano stati chiari, e per un po’ gli affari avevano fruttato parecchio. Come d’accordo, lui si intascava i due terzi e una percentuale sugli appalti, il resto rimaneva al suo amichetto narcisista. I guadagni erano cresciuti talmente tanto che si era guadagnato l’appellativo di Fornaio, perché i soldi, con lui, lievitano come il pane prima di essere infornato. 

Un giorno, però, quando l’Esattore era andato a riscuotere, il Fornaio aveva cominciato ad addurre una serie di scuse, dicendo che era andato in perdita con le ditte a cui aveva subappaltato certi lavori, che aveva guadagnato meno del solito, e così anche la sua fetta si era ridotta. Aveva quindi intensificato i controlli da parte dei suoi scagnozzi, ed era rimasto positivamente colpito dalla sfacciataggine del suo piccolo amico. Incredibile come pretendesse di fare quello che voleva e di riuscire a fregarlo allo stesso tempo. Altro che perdite: l’attività dell’impresa edile continuava a pieno ritmo, semplicemente aveva avuto la brillante idea di tenersi quella quota per sé, e di comprarsi una patacca di orologio d’oro, una terribile macchina di lusso e una villa in Cornovaglia.

Mi freghi una volta, sei bravo tu. Mi freghi due volte, sono fesso io. 

E nessuno lo faceva fesso. Mai.

Nessuno poteva battere il suo ingegno, nel settore del crimine.

Non poteva, purtroppo, dire lo stesso nel settore giudiziario. 

Quella stramaledetta volpe aveva colpito nel segno.

Non avrebbe mai capito come avesse fatto, ma un giorno, con un tempismo che aveva dell’incredibile, l’Esattore si era buscato una bella multa per sosta vietata da uno degli ausiliari del traffico di Londra, che aveva fatto rapporto all’ispettore capo.

E da quel momento quell’essere maledetto non aveva fatto altro che perseguitarlo.

Il colpo di fortuna avuto con il furto in casa Mason e l’avvelenamento all’Embankement gli si era rivoltato contro, e l’ispettore aveva lentamente unito tutti i puntini e serrato una trappola attorno a lui che si faceva pericolosamente sempre più vicina.

Non era mai stato una persona dotata di grande pazienza, e per questo motivo, adesso, aveva una ragione in più per andare per le spicce. 

Se la questione Fornaio poteva dirsi poco spinosa e, di conseguenza, risolta, la questione ispettore capo invece meritava un approfondimento. Il suo piano, fino a quel momento, aveva  funzionato e, fino a poco tempo prima, poteva dirsi praticamente certo del suo successo. 

Poi, come al solito, quella volpe aveva trovato il modo di girare il coltello nella piaga. 

Davanti a lui sedeva un ometto dall’aria innocua. Piccolo e smilzo, con un paio di grossi occhiali che lo facevano assomigliare moltissimo ad un burocrate ad incorniciargli gli occhi cerulei ed acquosi. I capelli scuri cominciavano ad arretrare, lasciando spazio alla fronte, alta e attraversata da una ruga perenne di quello che appariva come stupore.

- A questo pensiamo dopo.- disse, troncando di netto la conversazione con quello strano ometto.- Il Macellaio ben presto sistemerà il Fornaio. Un colpo e via, ci toglieremo quella zecca di torno. E’ altro, ciò di cui voglio discutere stasera.- 

Il piccoletto sbatté le ciglia dietro le lenti rotonde come il fondo di una bottiglia, in attesa. 

- Fammi capire.- disse, passandosi la lingua sulle labbra per assaporare l’ultima goccia di rum rimasto.- Il Giardiniere è morto.-

L’ometto annuì.

- Sì, signore. Se posso permettermi - proruppe, con fare untuoso - questo posto è inquietante e malsano. Lo dico per lei e per la sua salute, forse sarebbe meglio cercare qualcosa di più adatto, non so, di certo meno umido e pieno di spifferi…-

- Alla mia salute ci penso io, grazie.- 

L’ometto non fece una piega. Così leggero da essere portato via da una folata di vento, non mosse un muscolo, nemmeno nel viso. Restò impassibile, con la stessa aria stupita che lo contraddistingueva, a fissare il suo interlocutore.

- Quindi.- continuò quello, osservandosi soddisfatto l’unghia appena nettata.- Il Giardiniere è morto.-

Voleva spiegazioni ulteriori, naturalmente.

- Sì, signore, così come è stato detto di fare, signore. Il Ragioniere è entrato in carcere a fare visita con una delle divise che ha pescato dal cesto della lavanderia, e gli ha offerto un caffè corretto al cianuro, signore. Come ha suggerito di fare. Ha lasciato la capsula a terra, signore, simulando il suicidio.-

L’uomo tamburellò le dita sul tavolo, approvando.

- Mh. Poi?-

- Non capisco, signore, proprio non…-

- Peters, Dixon.-

A quel punto il piccolo ometto si spinse gli occhiali sul naso, una goccia di sudore che scorreva lenta lungo la tempia.

- L’ispettore non è convinto, signore.-

Un pugno ben assestato scosse violentemente il tavolo.

- Signore, non è stata colpa mia, ho eseguito le istruzioni…-

- Silenzio.- sibilò, caricando tutto il suo peso sulle braccia.

Peters era una vera e propria spina nel fianco, e in quel momento ringraziò il cielo che i suoi pensieri non fossero udibili, o l’intera Londra sarebbe impallidita nell’apprendere che cosa veramente pensasse sul suo conto e quante belle cose augurasse anche a tutta la sua famiglia. 

- Vai avanti.- disse, alzandosi definitivamente in piedi e cominciando a vagare qua e là, pensieroso.

- Il Ragioniere ha detto che appena ha visto la scena ha lanciato uno sguardo a quel tizio, quello che va dovunque vada l’ispettore, e ha detto qualcosa, a bassa voce. Non ha capito tutto, ma di una cosa è certo.-

- Tipo?-

- Ha detto chiaramente: “Questo di sicuro non si è suicidato”.-

Dannazione.

Inferno e dannazione.

Adesso basta. 

- Signore, comincio a pensare che forse ammazzare il Giardiniere non sia stata una buona idea…-

- Era un idiota.- sbottò quello, un ringhio nella voce, mulinando irosamente le braccia.- Mai ammazzare la moglie e gettare via l’arma, senza buttare via anche il cadavere. Si è meritato la fine che ha fatto, o scemo com’era ci avrebbe tradito tutti per uno sconto di pena. Non potevamo rischiare. I nostri rinchiusi in gattabuia poi avranno capito che cosa succede a chi collabora con gli sbirri. Per quanto riguarda Peters, voglio sapere vita, morte e miracoli di quel tizio, sempre alle calcagna. Com’è che si chiama?-

- Nicholson, signore.-

- Nicholson, certo. E piantala di chiamarmi signore. Torna qua con le informazioni che mi servono e sarai lautamente ricompensato. E’ giunta l’ora che anche l’ispettore riceva un messaggio da parte mia.-

L’ometto annuì, si alzò, fece un inchino ossequioso e falso come una banconota da un penny e uscì silenziosamente dalla stanza. 

In verità, si era aspettato quell’esito fin dall’inizio. Peters era perfettamente consapevole del fatto che i detenuti in isolamento venivano privati di ogni effetto personale, vestiti inclusi, e che non c’era stato alcun modo per il Giardiniere di tenersi una capsula di cianuro a portata di mano. Troppo comodo, soprattutto troppo poco tempestivo. Avrebbe impartito l’ordine prima, se lo avesse saputo in tempo. Qualche suo informatore doveva aver bevuto troppo la notte in cui il Giardiniere aveva ammazzato la moglie e quello, a cui l’ispettore era risalito proprio dopo aver beccato l’Esattore in sosta vietata, aveva rischiato di avere il tempo di spifferare tutto. 

Troppo strano che uno disposto a collaborare con la giustizia si avveleni poco prima del colloquio, e di sicuro Peters non era così imbecille da cascarci. 

Per questo aveva chiesto informazioni sull’ispettore, fin dal principio. 

Voleva avere un’arma da usare contro quell’essere infernale, prima che fosse troppo tardi. 

Tuttavia, Peters era un osso troppo duro. Avrebbe potuto far eliminare l’ispettore da qualcuno dei suoi, ma entrambi sapevano benissimo che l’uno sapeva che l’altro sapeva. Sapeva che il supremo signore dei mascalzoni di Londra era sulle sue tracce e avrebbe trovato un modo per proteggersi. Anzi, suddetto mascalzone era certo che l’ispettore non aspettasse altro che una sua mossa per incastrarlo definitivamente. 

No, Peters doveva pagare, ma non nel modo tradizionale.

La morte è breve. Un colpo e via, al massimo un po’ di dolore, ma per gente come l’ispettore non basta, non è sufficiente. Persone come quella devono capire che devono stare al loro posto, che, in certe questioni, non si devono immischiare. Queste cose si pagano a caro prezzo, un prezzo più alto della morte. Il prezzo della tortura, del dolore. 

E non c’è tortura più grande del rimorso.

Peters avrebbe capito che, se non avesse smesso di cercarlo, se non avesse preferito le retrovie, ritirandosi a vita privata, quella stessa vita privata sarebbe scomparsa. Uno dopo l’altro. Parente dopo parente.

Sarebbe rimasto solo, e a quel punto, forse, l’avrebbe ucciso.

Non era vendicativo, no. Non gli piaceva uccidere. Lo faceva solo per necessità, ma l’ispettore aveva passato ogni limite, ogni segno. 

La sua lezione sarebbe stata esemplare.

Vuotò il bicchiere in un sorso deciso e lo sbatté sul tavolo.

Quello che lui chiamava il Ragioniere non sapeva di essere una pedina sacrificabile, o forse era un altro di quelli che credeva di poterlo fregare. Erano in tanti a pensarci, ma lui, beh, lui era infallibile. 

Non avrebbe fallito nemmeno questa volta, anche se sarebbe costata la vita del piccolo Ragioniere.

Indossò il soprabito, pronto ad uscire, e si infilò un sigaro in bocca.

Nel giro di poco, Eric Nicholson sarebbe morto.

Di Peters non avrebbe più visto nemmeno l’ombra.

E lui non avrebbe più avuto problemi.

  
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