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Autore: MadLucy    24/10/2022    2 recensioni
[Jacaerys/Aegon/Lucerys | 3 flashfic | angst | spoiler 1x10]
1. «Io non voglio andarmene» esplose Luke.
2. Doveva essere terribile aver amato qualcuno come lui.
3. «Era il tuo amichetto di infanzia, no?»
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aegon II Targaryen, Jacaerys Velaryon, Lucerys Velaryon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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  1. 

«Ho sentito che ve ne andate» disse Aegon. 

Jace si strinse nelle spalle, guardandosi i piedi. «L’ha deciso nostra madre» disse, quasi in tono di scusa. 

«Io non voglio andarmene» esplose Luke, come se finora si fosse trattenuto. «Voglio restare qui, insieme a te, e fare ciò che abbiamo sempre fatto!»

Aegon non sapeva come parole così infantili potessero scavarlo tanto a fondo. «Non essere scemo. Nessuno ha mai visto un principe che piange perché deve andare a vivere in un altro castello. Non sei una femmina viziata, vero?» Stava maltrattando il proprio dolore insieme al suo. 

Luke scosse la testa con gli occhi pieni di lacrime. 

«Ser Harwin se n’è andato ed è morto» bisbigliò «non voglio che muori anche tu, Aegon.»

Aegon si rese conto di essere stato talvolta infelice, nella propria casa, ma mai solo. «Non morirò.» Gli uscì nel tono sbagliato, di rimpianto. Jace gli sorrise lo stesso. 

Era appena finito l’unico tempo della sua vita in cui, accanto a qualcuno, era stato qualcosa di più di un patetico codardo ubriaco –di più di ciò che era davvero. 

Aegon non pianse. Aveva imparato una lezione, e se la ripetè mentre la nave salpava. Tutto ciò che mi rende felice, mia madre me lo porterà via.

«Non piangere» aveva sibilato all’orecchio di Luke, pizzicandogli l’interno del braccio, quando si erano salutati formalmente di fronte a tutti. Luke aveva affondato i denti nel labbro inferiore. Non aveva pianto. 

 

 

 

 

2.

Erano cresciuti solidi e diritti, senza storture. Aegon, invece, sapeva di essere un brutto spettacolo.

Jace e Luke erano silenziosi, quasi imbarazzati. Le parole che gli rivolgevano lo mettevano a distanza, come un ricordo privo di dettagli, un’immagine sfocata a cui non si intende restituire realtà. Ci conoscevamo, ma persino loro rinnegano di averlo fatto, persino i bravi ragazzi. Sono oltre la compassione di chiunque. Per la prima volta dopo molti anni, Aegon provò vergogna.

Provò anche rabbia. Voleva intromettersi, pestare piedi, attirare la loro attenzione –fare un rumore qualsiasi. Baela e Rhaena lo sogguardavano con disgusto. Aegon odiava ferocemente quelle ragazze che potevano essere amate con facilità, così come odiava tutto ciò che gli sfuggiva naturalmente. Ragazze gentili, coraggiose. Lui non era gentile e non era coraggioso. Tutto ciò che poteva fare era umiliarle.

L’espressione delusa sul viso di Jacaerys faceva più male del resto. Più male di Alicent, più male del proprio riflesso. Jace, che gli era abbastanza superiore da far sorridere la sua infelice moglie e rimediare in un istante alla sua pochezza. Che ne sapeva, uno con la grazia di un erede al trono, di serve rovesciate negli angoli della camera da letto, di zuffe di bambini dal viso insanguinato a Fondo delle Pulci. Aemond sorvegliava i nipoti con uno sguardo gretto, predatorio, altrettanto rozzo e disgraziato quanto Aegon si sentiva di essere. Il loro sangue è davvero diverso dal nostro, pensò, sporco dei residui dell’adulterio eppure migliore. Che finiremo male era stabilito dall’inizio. Abbiamo lottato per perdere. 

Fu dopo la cena.

«Aegon» disse Jace «mi sembra che tu non stia bene.»

Allora vi ricordate di me, pensò Aegon, in un afflato di ridicola gioia. Poi pensò: vattene, ragazzo, vai a consolare la fidanzata offesa, la povera moglie, le vere vittime, quelle che verranno chiamate così, non ti compromettere ad aiutare me; vattene o ti porterò sfortuna. 

«Non so di cosa tu stia parlando.» Desiderò che Jace e Luke non lo stessero fissando negli occhi, non lo stessero vedendo. 

Luke gli afferrò un braccio. «Aegon –ti prego.»

Aegon chiuse gli occhi. Doveva essere terribile aver amato qualcuno come lui, e poi vedere la profezia autoadempiersi nel fallimento annunciato, e quell’amore andare sprecato.

«Andatevene.»

Li ho persi perché in fondo non li ho mai meritati, pensò Aegon. Era andato tutto come doveva. La loro vita era migliorata, lontano da lui. Quella luce non gli apparteneva. Sarebbe rimasto nel buio. Intanto, la loro vita avrebbe continuato a migliorare.

 

 

 

3. 

Aegon decise di allestire un banchetto in onore di suo fratello, per brindare alla fine della loro empia famiglia. Il vino, quella notte, scese in gola come veleno. Gli sembrava, la corona premuta in testa, di aver appena pagato il prezzo per aver alterato il giusto corso del destino. Qualcosa di sano in cambio di qualcosa di malato. 

Immaginando i resti del corpo, Aegon si sentì come se una parte intima di sé fosse appena stata pugnalata, violentata. Bevve, ma era senza fiato. Lucerys non c’è più, pensò, e presto verrà a prenderci.

La speranza era finita. Finalmente era rimasta solo la disperazione a cui consegnarsi. Non c’era bisogno di lottare. Si poteva permettere alla corrente di prendere il sopravvento. 

«Festeggiamo la morte di Luke Strong.»

Aegon ricordava la sua nascita, ricordava la schiusa del suo uovo, e ricordava la sua mano sul braccio durante uno dei giorni più brutti di sempre. Lucerys era pieno di tutta la vita che Aegon, in quel momento, avrebbe voluto vomitare via.

L'ultimo baluardo della sua capacità di amare era appena stato divorato tra denti di drago. 

«Alziamo le coppe.» Non ce ne libereremo mai, pensò Aegon, mai. Non Luke, non lui. È stato versato il sangue più sbagliato. Si sentiva nauseato come in presenza della rottura di un tabù. Era l’ultimo pensiero di speranza: che fosse abbastanza inaccettabile da porre fine alla storia, a tutte le loro storie. Se quel ragazzino non poteva crescere, il mondo che gli era stato tolto doveva sparire. Sua madre, sua sorella, suo fratello, i suoi figli: li voleva tutti caduti sotto la scure della morte di Lucerys. Era il nostro ultimo peccato, pensò Aegon, la vendetta dei nemici ci purificherà. Buttò giù il vino. Non bruciava ancora quanto il pianto imprigionato negli occhi. Non piangere, gli diceva la voce di Lucerys, non piangere, Aegon. Posso piangere io per te, così nessuno ti vedrà piangere. Non pianse. 

«Era il tuo amichetto di infanzia, no? Ti girava sempre intorno come un cagnolino.» Dal suo posto d’onore, Aemond studiava l’espressione del suo volto. «Che cosa c’è? Fa male?» Fissò intensamente il viso di Aegon, la vacuità spenta del suo sorriso alcolico. «Ne sono felice.»

Tu non lo sai, pensò Aegon, ma io lo so. Che è tutto finito, che in questa storia noi siamo già i fantasmi. Continuò a bere. 

  
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