» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: farm 
» N° parole: 555
 

Not a Magical Farm

Il fango le inzaccherava gli stivali di plastica gialli, con suo grande disappunto. Da quando era arrivata in quella fattoria nel mezzo della campagna inglese, non la smetteva di maledire mentalmente sua sorella, che aveva deciso senza consultarla che aveva bisogno di una vacanza.
Tina poteva anche darle ragione, ma che razza di vacanza era quella che le aveva organizzato per il suo compleanno?
Ripensò a come Queenie gliela aveva descritta, sognante: “Oh vedrai, la campagna inglese è divina. Ci sono un sacco di graziose bestiole, come i coniglietti o gli agnellini. Prati sterminati color smeraldo, piccoli fiumi azzurri e aria fresca. Sono certa che, quando avrai finito e tornerai a New York, ne sarai rigenerata.” Rigenerata un corno, Queenie!
Lei avrebbe preferito le terme o una spa ai Caraibi. Non quel posto in mezzo al niente, dimenticato dagli uomini, dove nemmeno c’era il segnale per il cellulare. E se ci fosse stata una emergenza al distretto? Lei non avrebbe avuto modo di rispondere a nessuna chiamata.
Ricacciò in tasca il cellulare, con rabbia montante. Il taxi con cui era arrivata alla Fattoria Scamander era già scappato via da una decina di minuti, lasciandola sola davanti alla stalla. Graziose bestioline, eh? Non maleodoranti animali giganti dagli occhi satanici?
Una mucca bianca chiazzata di nero e marrone la stava osservando coi suoi occhi gialli, mettendola in soggezione. Con una mano tentò di scacciarla, ma quella rimase ferma dov’era.
Tina sbuffò, spazientita.
Stava per entrare nella fattoria senza aspettare il proprietario, quando un giovane uomo si avvicinò a lei. O meglio, alla mucca. “Buona, Carlotta, non aver paura. Lei è la nostra gradita ospite.” disse lui, accarezzando l’animale che, con grande sorpresa di Tina, iniziò a scodinzolare.
Solo allora notò con disgusto che la coda della mucca era seguita da alcune mosche. L’uomo allora le sorrise. Aveva dei corti capelli ramati ondulati, un corpo esile e bianco per essere un campagnolo, due occhi verdi e un sorriso che la fece arrossire impercettibilmente. “Tu devi essere Tina, giusto? Io sono Newt, il proprietario.”
Allungò una mano e lei la strinse, sentendo uno strano calore ed un formicolio salirle il braccio. Si disse che doveva essere colpa del jetleg. Newt le fece cenno di seguirlo e le mostrò l’intera fattoria.
Tina dovette ricredersi: i conigli erano adorabili ed anche gli agnellini. Ma continuava a pensare che sia le mucche che le capre fossero esseri diabolici che coi loro occhi vitrei tentavano di rubarti l’anima. Disse esattamente questo a Newt, che non poté fare a meno di ridere, anche se cercava di contenersi. Le disse allora: “Non preoccuparti, i nostri animali sono abituati a stare a contatto con le persone. Solo… percepiscono la tua diffidenza nei loro confronti.”
Le prese una mano, facendola sobbalzare, e la avvicinò al muso di una mucca nera. Tina rimase piacevolmente sorpresa: l’animale non reagì in alcun modo e, superato l’odore, il suo pelo era piacevole al tatto. Newt sorrise, contento per la scena: “Vedrai, ti abituerai presto a loro e finirai per chiamare ogni animale per nome, come faccio io.”
Ne dubitava, ma non ebbe il coraggio di replicare perché il sorriso che le rivolse Newt era talmente puro che sarebbe stato troppo crudele rovinarlo coi suoi commenti sarcastici.
Forse, grazie a quello strano ragazzo, avrebbe potuto sopportare meglio la fattoria.