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Autore: Anown    27/10/2022    1 recensioni
Per Leshawna è un periodo storto, ha delle responsabilità in merito e rischia di trascinare con sé chi le sta attorno. Si rifà viva solo per la lettura di un testamento… potrebbe rivelarsi una terribile idea!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harold, LeShawna, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
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Quella persona aveva un punteruolo lungo e affilato. Lo affondava contro i canidi giganti che le venivano addosso per masticarla, ma non riusciva a penetrare nella loro carne con l'oggetto per ucciderli o ferirli e di conseguenza salvarsi.
Si sforzava ma non ci riusciva, i suoi arti si facevano sempre più pesanti, deboli e lenti mentre il respiro diventava più affaticato e disperato.
Non importava quando desiderasse difendersi, quanto si arrabbiasse e agitasse gli arti superiori. Erano tutti sforzi inutili.
Mordendola i canidi mutavano in un liquame nero sangue pestato, denso e viscoso che cercava di penetrarle nelle ferite e le rimaneva attaccato addosso. Non importava quanto si agitasse per toglierselo di dosso. Tutto inutile, ancora.
Si rese conto che il liquame si trovava anche sul pavimento della sua stanza e lo ricopriva completamente. Era vivo e cercava di arrampicarsi su di lei e inglobarla.
Non pensava che la sostanza fosse riuscita a coprirle gli occhi, ma la ragazzina non ci vedeva più.
Poteva solo sentire con le orecchie e con il tatto l'entità viscida che le strisciava lungo il corpo concentrandosi maggiormente sulle game per immobilizzarle e separarle, il proprio respiro affannato e il battito cardiaco impazzito.
Ma sulla pelle percepiva il respiro di qualcun altro.
“Per difenderti dai cani mi stavi imitando?” disse una voce maschile compiaciuta che aveva sempre trovato stupida e insopportabile.
“Ah... ho sempre amato la profonda ammirazione che hai per me, anche io adoro il nostro rapporto! Ma sei una donna di dodici anni... non puoi imitare un uomo adulto. Non hai la forza di difenderti e penetrare nella carne di qualcuno, non importa quanto sia morbida.”
Davanti a quella gargantuesca mole di minchiate, la bambina cercò di ribellarsi e liberarsi dalla sostanza che la immobilizzava.
“Perchè fai i capricci? Lo sanno tutti che ho ragione io! Nessuno ti ascolta. Dai solo fastidio... Perchè fai piangere tua madre con i tuoi stupidi capricci da bambina? Ormai sei una donna e... a proposito...”
La bambina sentì il normale rumore di passi pesanti che calpestano un liquido. La sostanza non lo aggrediva, per lui era semplice acqua.
“Le altre adolescenti terrebbero la loro stanza come un gioiello! Perchè la tua è così sporca?!” esclamò furioso.
La bambina avrebbe voluto urlargli addosso buttandogli contro tutto il suo odio mettendogli davanti il fatto che i canidi, il liquame e lo sporco erano tutti sicuramente colpa sua! Era uno schifoso incoerente a fare dei danni per poi darle la colpa! Non era affatto cambiato!
Ma la bambina aveva perso la voce. Era impossibilitata a far uscire il suo odio. Sarebbe rimasto dentro e l'avrebbe avvelenata. Ma cosa ancora peggiore, non sarebbe riuscita a comunicarlo a quell'idiota che nella sua biblica idiozia avrebbe continuato a convincersi di essere amato da lei.
“Sei un'irresponsabile! Non mi stupisce che tu sia rimasta incinta.”
Incinta? La bambina non aveva idea di cosa quel pazzo stesse dicendo ma sentì qualcosa di affilato all'interno del proprio ventre.
“E' colpa di quella femminuccia strana con cui ti ho visto tornare a casa? Non me ne capacito... hai gusti e modi di approcciarti così strani... devi davvero smetterla di imitare gli uomini adulti!”
Era sempre spiata e quell'uomo aveva sempre pensato di essere nel giusto quando la spiava. Quell'uomo doveva morire soffocando nel suo stesso sangue, solo immaginarlo agonizzante riusciva a rasserenare la bambina immobilizzata e inumidita dal liquame.
“Va beh, suppongo che alla fine le donne siano donne e l'istinto sessuale rimanga l'istinto sessuale, eh eh...”
Le lame all'interno del suo ventre la squarciarono permettendo al liquame di entrare.
L'ultima cosa che percepì fu il calore della fronte dell'uomo contro la propria.
“Bentornata a casa Leshawna.”

La donna si svegliò con respiro e battito cardiaco impazziti.
Sì toccò la pancia, nonostante non fosse ancora particolarmente gonfia rispetto al solito, ebbe la consapevolezza che la gravidanza era reale anche nella realtà, ma almeno non si era risvegliata col ventre aperto, non aveva delle lame all'interno e non aveva dodici anni.
Anche il fatto che si trovava a casa di sua madre, purtroppo era reale.
“E' perchè sono tornata qua che l'ho sognato! Erano anni che non sognavo più quella persona!”
Il suo cervello aveva deciso di mischiare la sua situazione attuale con quella vecchia conoscenza.
Se fosse tornato nella sua vita e fosse venuto a conoscenza della sua situazione l'avrebbe schernita?
“Lo troverò e lo sgozzerò! Lo ammazzerò! Lo finirò!”
Non riusciva a calmarsi. Impugnò il cellulare con la mano tremante. Erano quasi le tredici.
Conoscendo i ritmi di Harold, visto che non aveva chiuso occhio la notte era probabile che a quell'ora fosse crollato nel sonno. Ma in quel momento Leshawna voleva solo scacciare la sensazione di rabbia e agitazione e calmare il proprio battito cardiaco quindi era estremamente tentata di chiamarlo. Non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dirgli, non voleva parlargli dei quei ricordi e quegli incubi. Non l'aveva fatto per anni, non l'avrebbe fatto ora.
“Anche lui non mi prenderebbe sul serio se gli raccontassi dei motivi per cui odio quella persona... Direbbe che esagero... Non capirebbe niente... Ma deve distrarmi! Se parliamo mi distrarrà... e mi calmerò...” si disse cercando di convincersi a telefonare.
“Non posso farmi sentire con un tono affannato e patetico da qualcun altro. Con Harold ho dovuto togliere la maschera più volte ma se telefonassi a Gwen così a caso, senza motivo apparente e con questo tono sarebbe la morte per me...”
Se i suoi parametri vitali avessero continuato in quel modo sentiva che sarebbe esplosa, si sarebbe ritrovata davvero il ventre squarciato.
Posò il telefono e tirò fuori la pistola che aveva nascosto sotto il letto. Maneggiandola si sentì meglio. “Inquietante...” le veniva da ridere. Capì che fantasticare sull'uccisione di quella persona riusciva a rilassarla e a farla sentire più calma e in controllo di sé.
Non lo vedeva da anni, magari non era più la stessa persona ma immaginarlo morto era terribilmente gratificante...
“Non provo alcun senso di colpa.” rise sul serio anche se sommessamente. “Beh, tanto sono fantasie innocenti... non sto veramente pianificando di uccidere qualcuno...” si disse giocherellando con l'arma a cui aveva tolto i proiettili e messo la sicura. “Però magari... se morisse sul serio... il mio subconscio lo accetterebbe e smetterebbe di propormelo nei miei incubi?” fece un lungo sospiro, si sentiva rovinata.

Harold, forse per allenarsi nella sua materia di studi e fissare concetti e dinamiche o per spirito di masochismo e bisogno di autopunirsi, aveva avuto un periodo in cui aveva approfondito e fatto ricerche su fatti di cronaca nera.
Vedendolo turbato, Leshawna lo aveva spesso aiutato, gli aveva fatto compagnia e lo aveva tenuto d'occhio per assicurarsi di fermarlo quando le sembrava che non reggesse più. Lei non era insensibile ma non si sentiva neanche così facile da turbare da non potersi permettere di fare la parte di quella resistente in quella situazione. Inoltre essersi incaricata di vegliare il ragazzo la faceva sentire più forte.
Ma nonostante facesse del suo meglio per non far trasparire niente di sospetto dalla sua espressione, quando incappavano in vicende di persone che finivano per abusare e uccidere i figli delle persone con cui stavano, Leshawna non poteva non notare che a volte c'erano delle avvisaglie del pericolo. Segnali d'allarme che potevano manifestarsi, anche più volte, tempo prima delle tragedie vere e proprie. Segnali che i bambini notavano e di cui parlavano ma che venivano presi sotto gamba dagli adulti che li ascoltavano solo in apparenza.
Lei era stata fortunata. Il compagno che sua madre aveva avuto per circa quattro anni era solo un molestatore represso, malsanamente possessivo, psicologicamente abusivo e tanto idiota da scambiare per stima l'odio manifesto che aveva Leshawna per lui.
“Danzerò il Tip Tap sulla sua tomba... Dopo le darò fuoco!”
Ma la Leshawna giovane adulta non poteva fare a meno di notare che i comportamenti invadenti, molesti e allusivi dell'uomo di cui la sé stessa bambina si era lamentata innumerevoli volte, erano inquietantemente simili ai comportamenti di cui si erano lamentati i bambini finiti sulle pagine della cronaca nera. Eppure gli adulti attorno a lei, sua madre in primis ma anche il padre quando si vedevano, non l'avevano mai presa sul serio. Anzi, avevano cercato di farla sentire in colpa per ogni accusa e lamentela non capendone neanche l'entità e il significato.
“Potevo benissimo esserci io al posto di quei bambini...” la cosa non la rendeva triste, ma furiosa.
“Avrò tutte le vostre teste un giorno...” diceva la bambina avvelenata dal rancore che continuava a dimorare nella sua mente.

Nonostante la rabbia, Leshawna non voleva allungare il numero di vittime delle sue innocenti fantasie omicide con delle persone colpevoli sostanzialmente di essere rintronate.
Il telefono suonando interruppe le sue riflessioni. Si sentì in parte sollevata. Era imbarazzante ma un po' sperava si trattasse di Harold. Invece si trattava di una certa “Strega condominiale”
“Ok... Ma chi diavolo è?! Ah... deve essere l'amministratrice del condominio.”
Inizialmente non era interessata a rispondere. “Però potrebbe c'entrare Harold... potrebbe essergli successo qualcosa...” -Pronto?- disse facendosi sfuggire un tono teso e guardingo.
-Sei la coinquilina o ex coinquilina di McGrady, gusto? Qui è Allen...- rispose l'interlocutrice inaspettatamente nervosa.
-Uhm... sì...-
-Cortesemente, sapresti passarmi il numero di telefono di un familiare del ragazzo?-
-Perchè?- chiese Leshawna sospettosa.
-Il ragazzo... beh, si sta comportando in modo un po' strano... Visto che non mi è sembrato stabile negli ultimi tempi preferirei che venisse qualche parente ad accertarsi della situazione. Meglio essere troppo prudenti che...-
Leshawna la interruppe. -Ok, vengo immediatamente.-
-Per carità no! L'ultima volta che avete litigato McGrady ce lo siamo ritrovati sul tetto!-
-Sto arrivando!- insisté ancora più intestardita.
Senza guardare in faccia nessuno, uscì dalla sua stanza e si diresse verso la porta.
-Tesoro, dove stai andando? Ehi?!-
Leshawna ignorò la madre. Quando sentì la sua mano sull'avambraccio dovette trattenersi per non togliersela di dosso bruscamente. Si limitò a brontolare fra sé e sé.
-Un fastidioso uccellino mi ha detto che Harold si sta comportando in modo strano, quindi vado a controllarlo.- annunciò senza voltarsi mentre girava la chiave.
-Eh... Non mi sembra una buona idea andare a controllare un ex che si comporta in modo strano...- suggerì sua madre inquieta.
A quel punto Leshawna si girò mostrando la pistola e paradossalmente un sorriso rassicurante. -Tranquilla, se si comporta in modo troppo strano metto fine alle sue sofferenze, tutto qui.-
-Ah, ecco chi aveva rubato la mia pistola...- disse il padre della ragazza affacciando la testa dal bagno.
-Pensavi ti avessero rubato una pistola e non hai detto niente?!- esclamò Lupe guardando il marito.
-Tranquillo papà, poi te la restituisco...-
-Ok.-
-Come ok?!- si lamentò Lupe. Poi si girò verso la figlia e vide che era già uscita, la seguì.
-Non puoi uscire armata...- sussurrò avvicinandosi mentre scendevano le scale -Inoltre scherzavi quando dicevi di mettere fine alle sue sofferenze, vero? Ho sempre qualche problema a capire il tuo senso dell'umorismo, a vole mi sembra di pessimo gusto...-
Leshawna accelerò il passo e non le rispose.

-Leshawna, dove stai andando?- chiese Lupe una volta uscite dal condominio. -La mia macchina è posteggiata in un'altra direzione.- la informò intenzionata ad andare con lei.
-Prendo la mia macchina.- rispose Leshawna con un tono infastidito.
-...Hai una macchina?- chiese Lupe sospettosa.
-Eh...- “Giusto, ho fregato la macchina ad Harold! Di nuovo! Mi è venuto così istintivo...” pensò stupita. “Beh, visto che non la usava, mentre io sì, è diventata mia! Non sarà così a livello legale ma a livello pratico si!”
Mentre Leshawna andava a prendere la macchina posteggiata distante continuava suo malgrado ad essere seguita dalla madre. A un certo punto si rassegnò all'idea di essere accompagnata.
Disse alla donna di parlare il meno possibile giustificandosi dicendo che essendo nervosa non voleva essere distratta mentre era al volante. La donna acconsentì.
Fra la preoccupazione per Harold e i ricordi negativi sulla madre riportati a galla dal ritorno a casa e l'incubo, Leshawna sembrava ed era effettivamente molto tesa.
-Magari più tardi mi accompagni a messa?- chiese Lupe allegramente, convinta di fare una proposta carina. Ma Leshawna sgranò gli occhi e fece una smorfia involontaria.
-No grazie. Se entro in una chiesa prendo fuoco.- rispose con distacco.
-Harold è invischiato con credenze e mitologie strane, eppure mi ha accompagnato qualche volta senza andare a f...-
-In che senso accompagnata?!- la interruppe Leshawna irrigidendosi. Poi riprese leggermente la calma pur mantenendo un tono vagamente ostile. -Quel ragazzo ha già abbastanza problemi. È instabile, l'ultima cosa che gli serve è avvicinarsi ad una religione.- disse decisa.
Lupe sospirò. -Non mi risulta che tu sia la sua tutrice legale o sua madre, mi sbaglio?-
-Non lo sei neanche tu, eppure mi sembri troppo incline a impicciarti.- protestò Leshawna a denti stretti.
-Boh, sono solo gentile.-  rispose Lupe seccata.
Da quando sua madre si era rimessa con suo padre, Leshawna aveva avuto l'impressione che la donna avesse tentato più volte di avvicinarsi di più a lei, forse intuendo che sotto sotto il suo ex compagno aveva compromesso un po' il loro rapporto. “Che donna perspicace!”
Uno degli effetti collaterali di questi tentativi di riavvicinamento era stato l'impicciarsi molto di Harold, aveva cominciato a tempestarlo di domande e ad avvicinarsi da prima che Leshawna lo avesse esplicitamente presentato come fidanzato.
Inoltre Leshawna era abbastanza sicura che sua madre avesse sempre voluto una figlia più affettuosa, gentile e disponibile a parlarle dei suoi interessi. Pur mantenendo le distanze, Harold, col suo carattere docile e cordiale nei confronti delle persone più adulte non ostili, poteva essere una specie di figlio secondario. “O figlia!” avrebbe commentato suo padre...
Dopo qualche minuto, Leshawna ricominciò a rivolgersi alla donna. -Comunque, cosa c'è di male se un'ex fidanzata che stava con una persona con dei problemi, si preoccupa per questa persona? Perchè si insinua subito che si sia instaurato un rapporto madre-bambino? Se fossi un uomo faresti lo stesso ragionamento?-
-Si.- Lupe rispose con facilità innervosendola. -Penserei che sicuramente lo ami ma che sì, ti comporti come se fossi suo padre.-
Leshawna non sapeva nemmeno da dove cominciare e cosa la facesse arrabbiare di più di quella risposta. -Quindi, secondo te, una persona deve per forza non avere problemi e insicurezze se vuole una relazione perchè se no finirà per diventare “figlia” della persona con cui si mette?- chiese con fastidio.
-Esatto.- rispose l'altra sicura di sé.
“Bugiarda! Non mi sembra che tu fossi priva di problemi quando ti sei messa con mio padre!” -E poi come sarebbe a dire; sicuramente lo ami? In che senso?! Non stiamo più insieme e avevo già cercato di spiegarti che non sono mai stata innamora di...- si interruppe percependo che la madre accanto a lei si stava trattenendo dal ridere.
“Io questa donna la uccido!” Detestava che i suoi punti di vista non venissero creduti.
-Oh no... quindi sei davvero rimasta alle fasi delle elementari in cui dire di amare qualcuno è fonte di disonore e imbarazzo?- Lupe non sapeva se essere divertita o preoccupata. -Sai, ammettere una cosa è il primo passo per riuscire a razionalizzarla.-
-Scusa madre, in questo momento vorrei concentrarmi sulla strada.-
-Tu e lui avete sempre avuto uno strano rapporto basato sullo scambio dei ruoli... a volte sei tu che ti comporti come quella più adulta che si preoccupa per il fidanzato svampito, troppo emotivo e autodistruttivo. Altre volte è lui a dover essere maturo e responsabile nei confronti di una fidanzata scostante, irresponsabile e agitata... se siete entrambi in un periodo in cui siete sommersi dai problemi è chiaro che le cose non reggano... inoltre mi chiedo se siate in grado di avere un rapporto paritario e di stare insieme anche quando non avete bisogno di una stampella emotiva...-
“La risposta è no! Se non ho bisogno d'aiuto finisco per diventare distante e per ignorarlo accidentalmente, poi lui si deprime, va in crisi, si chiese cosa ha fatto di sbagliato ed io non ho la minima idea di come gestirlo... Non sono fatta per i rapporti di coppia! E questo vale anche per te feto malefico!
Andiamo, per avere metà del mio codice genetico, devi essere per forza il male fatto feto, lo so io e lo sai tu con quel sistema nervoso primitivo che ti ritrovi. In realtà non ho la minima idea dello stadio dello sviluppo in cui dovresti essere e...
Sono impazzita di nuovo e sto immaginando di parlare con un feto...
Mia madre è sicuramente ben intenzionata parlando di queste cose con me e se fossi nel giusto stato d'animo potrebbe essermi utile ma ora come ora mi farà impazzire! Aspetta, in effetti c'è una cosa di cui potrebbe essermi utile parlare...”
-Uh... mamma...-
-Si, tesoro?-
-Per caso quando eri incinta hai mai pensato che fossi arrivata al momento sbagliato, che fossi una catastrofe, hai mai provato ostilità nei miei confronti e per il fatto di essere una donna incita?-
-Ma no! Come potrei...-
Leshawna la interruppe. -Sei sicura mammina?- disse nervosa. -Puoi essere sincera con me, non mi offenderei perchè non significherebbe che hai odiato me come persona ma me come... feto... entità sconosciuta.... quindi sarebbe tutto a posto se tu avessi provato sentimenti ostili nei miei confronti! Puoi ammetterlo!-
-No amore... ero molto felice.- rispose la donna sembrando sincera.
-Ok, non parliamone più.- rispose Leshawna infastidita.
-Scusa... ma cosa volevi che ti rispondessi? Che ti detestavo?- chiese la donna offesa.
“Sì...”
Leshawna accostò la macchina. -Mammina?- cercò di usare il tono più innocente di cui era capace in quel momento. -Potresti un attimo scendere? Mi è sembrato di sentire uno strano rumore proveniente dalla macchina. Magari potresti dirmi se vedi qualcosa di strano dall'esterno.-
La donna collaborò e appena Leshawna la vide in piedi, fuori dall'auto e a distanza di sicurezza ripartì velocemente.
Sul viso di Leshawna si formò un ghigno imbarazzante. “LIBERTÀ!!!”
“Eh eh... scusa mamma, sicuramente non stavi facendo nulla di male o anormale... ma sono io ad essere anormale al momento, così per salvare la mia sanità mentale ho bisogno di averti il più lontano possibile da me!” disse fra sé e sé mentre proseguiva per la sua strada e ignorava le telefonate della donna.
“Mi sento proprio matura e in pace col mondo adesso... Avrei potuto risolverla in modo molto meno elegante e pacifico. Invece non ho neanche risposto in modo aggressivo quando mi ha definita scostante, agitata e irresponsabile! Sono diventata davvero una persona a modo... dovrebbero darmi il Nobel per la pace!” pensò allegra mentre si diceva consapevolmente un mare di cazzate.
“Ok... vado a controllare cos'è successo ad Harold, poi si vedrà...” si disse cercando di rimandare l'ansia per quando si sarebbe ritrovata davanti l'appartamento. Sperò che la strada durasse il più a lungo possibile.

Harold era rinvenuto nel suo appartamento seduto sul pavimento e con la schiena contro il muro, ma poteva capirlo solo guardandosi perché aveva perso la propriocezione, non sentiva più il corpo e non era capace di sapere automaticamente la posizione in cui si trovava.
“Il mio sistema nervoso è fottuto! Completamente fottuto!” pensò nel panico rendendosi conto di non riuscire a muoversi.
“Paralisi del sonno! Forse è una paralisi del sonno!” si disse cercando di mantenere la calma e far diminuire la sensazione di malessere.
Poi cominciò a percepire una vocetta terrorizzata che ripeteva frasi del tipo “Mi spiace” “Sono intrappolata” “Verrò assorbita” “Ora che è sveglio non riesco più a muoverlo”
Oramai Harold era quasi abituato a quel sintomo. Ma in questo caso l'illusione uditiva sembrava partire direttamente dalla sua testa. La cosa lo spaventò, non era mai stata così vicina.
Col passare dei minuti e i tentativi di muoversi che continuavano ad essere inutili, l'ipotesi della paralisi del sonno scemava lasciando il ragazzo nella disperazione più soffocante.
“Paralizzato, senza propriocezione, incapace di comunicare con l'esterno e in preda alle allucinazioni...” temeva che quella situazione fosse permanente e che essendo incapace di spostarsi e nutrirsi sarebbe morto di inedia perchè nessuno avrebbe scoperto il suo corpo e lo avrebbe aiutato.
Una morte lenta, dolorosa e solitaria. Aveva molta paura di come avrebbe potuto reagire il suo cervello, ma anche immaginarsi per il resto della sua vita in quello stato era agghiacciante.
Prima di esserne pienamente coscienze cominciò a sperare che qualcuno lo uccidesse.
La voce femminile interagì esplicitamente con lui: “Finalmente siamo sulla stessa lunghezza d'onda!” esclamò, poi balbettò mortificata: “Ops... scusa io non...”
Sentendosi imbarazzato e tradito, Harold rispose mentalmente: “Roza, non ti ho mai detto che dovevi vivere per forza! Volevo solo che avessi l'opportunità di pensare in maniera lucida se davvero non ci fosse più nulla da fare per te! Mi spiace se ti sono sembrato prepotente, ok?! Puoi fare quello che vuoi ovviamente! Non ho né la possibilità, né l'intenzione di controllarti!”
Scoprì di avere ancora il senso del tatto percependo qualcosa di bagnato.
Non capiva da quale parte del corpo arrivasse lo stimolo, ma grazie alla vista appannata si accorse che si trattava degli occhi. Nonostante gli venisse da piangere non sentiva quelle lacrime come causate dai propri sentimenti. Era Roza ad utilizzarlo per piangere...
“Scusa, non volevo essere aggressivo, ma non è un buon momento per me!” pensò isterico.
“No... non è questo è che... sentirmi chiamare per nome fa un effetto davvero strano...” confessò la voce sorpresa. “Posso chiamarti Harold?” gli chiese timidamente.
“Beh, sì... fa come vuoi...”
“Haaarold, Haaarold, Haaarold...” canticchiò la voce. Ma il momento di semi-allegria durò poco e Roza tornò ai suoi mormorii angosciati.
Harold invece oscillava fra disperazione e goffi tentativi di calmarsi: “Fingiamo di essere certi che qualcuno ti trovi in tempo e che quindi vivrai anche se in queste condizioni, ok? Le piante vivono da ere in questo modo, magari ti ci abituerai anche tu...” si disse “Il tuo cervello si atrofizzerà per permetterti questo stile di vita da piantina... aspetta... in che modo sarebbe consolante?!
Magari ci penseranno le allucinazioni a tenerti compagnia... e poi puoi sempre imparare a comunicare sbattendo gli occhi! E poi... e poi le persone odieranno ancora di più passare il tempo con te... sarai solo un peso e accoglieranno con sollievo la tua morte!”
“Inquietante... siamo sempre più sulla stessa lunghezza d'onda.” commentò di nuovo Roza.
Harold era molto confuso su cosa provare. Forse avere qualcuno che poteva capire le sue paure era consolante e distraente. Ma una parte di lui voleva solo che si stesse zitta... si sentì colpevole.
Provò a ripetersi che sarebbe andato tutto bene, che l'avrebbero trovato e che qualche modo per risistemare il suo sistema nervoso potesse esserci ma era come cantarsi una ninna nanna per tranquillizzarsi, non riusciva a credere realmente in quelle speranze.
Sentendo una sensazione umida mosse gli occhi alla ricerca dello stimolo: Kunoichi gli stava annusando le dita strusciandoci contro il naso. Alzò il capo per guardarlo in faccia e gli domandò più volte “Mwra?”
Gli diede dei colpetti con le zampe, continuando a fissarlo e a miagolare in tono di domanda.
“Ora sei preoccupata, ma probabilmente per non morire di fame mi mangerai... va comunque bene, ti perdono in anticipo...” Questa volta era Harold a piangere, ma mentre teneva gli occhi nella direzione di Kunoichi notò di avere gli occhiali in tasca. Per quanto si sforzasse con la vista, non riusciva a percepire la montatura di un eventuale paio di occhiali di riserva sul volto. Eppure, ci vedeva molto bene.
Percepì con l'udito la propria risatina sommessa. Anche se faticava a muoverla aveva abbastanza controllo sulla bocca. “Non è un problema del sistema nervoso! Non avrebbe come effetto collaterale la guarigione miracolosa dei miei bulbi oculari! Sono semplicemente posseduto da uno spettro... È meraviglioso!”
“Cosa c'è di meraviglioso?! Se stiamo troppo nello stesso corpo rischiamo di assorbirci a vicenda! Sto già facendo fatica a distinguere i tuoi pensieri dai miei! E i miei ricordi dai tuoi!” disse la ragazza disperata. “Non voglio scomparire! Non voglio non voglio non voglio non vogliooo!” singhiozzò la voce.
-Non dicevi di voler morire?- commentò Harold sospirando. Entrò accidentalmente nella mente della ragazza e scoprì che in realtà le aveva fatto piacere che almeno qualcuno volesse la sua sopravvivenza.
“Smettila di guardare cose che non ti riguardano! Non assorbirmi!”
-Sc-Scusami! Non l'ho fatto a posta. Non cercavo di assorbirti!- disse imbarazzato. -Ma sono felice... temevo di essere stato troppo invadente. Al posto tuo, forse mi sarei arrabbiato... Se qualcuno pensasse di sapere cosa è meglio per me meglio del sottoscritto mi arrabbierei! Potrò essere masochista, ma so essere piuttosto orgoglioso, sai?- confessò forse a causa della positività che riprendere il controllo dell'apparato boccale gli aveva trasmesso -Non ci assorbiremo a vicenda, riuscirò a separarti da me, ma dobbiamo collaborare.- le disse serio.
Quando era piccolo sua madre non aveva molto tempo per lui e sua sorella essendo abbastanza più grande aveva spesso altri impegni così Harold passava molto tempo da solo a doversi prendere cura di sé stesso e dei suoi spaventi quotidiani di bambino.
Aveva imparato a spaccarsi. Una parte di lui andava nel panico e piangeva cercando il conforto di una figura di riferimento che fisicamente non c'era.
L'altra aveva il compito di proteggerlo cercando soluzioni ai problemi e di tranquillizzarlo dicendogli che sarebbe andato tutto bene anche mentendo spudoratamente, nascondendo alla coscienza tutto ciò che poteva andare storto e distorcendo la realtà.
Quest'ultima parte in quel momento aveva preso il controllo. Avrebbe trovato le soluzioni logiche al problema “possessione” non si sarebbe fermata neanche davanti a un muro da abbattere a testate.
“Siamo già stretti qui! Non metterci in mezzo anche le personalità multiple!” protestò Roza sentendosi soffocare.
-Si dice disturbo dissociativo dell'identità! E poi non si tratta di questo! Il mio è un gioco delle parti consapevole...- sospirò e cercò di convincere la ragazza ad ascoltarlo.
Harold aveva ipotizzato che Roza fungesse da interferenza fra il suo sistema nervoso centrale e quello periferico impedendo la trasmissione di alcuni comandi del suo cervello al resto del corpo, così chiese alla ragazza di provare a sincronizzare i loro pensieri sugli stessi movimenti da far compiere al suo corpo.
Anche se la parola “sincronizzazione” la terrorizzava, Harold riuscì a convincerla che fosse l'unico modo per muoversi e mettere in pratica dei piani per farla uscire dal suo corpo.
I due non riuscivano a coordinarsi per mantenere Harold in equilibrio e camminare. E Harold non poteva permettersi di cadere troppe volte danneggiando o uccidendo il proprio corpo magari rompendo il cranio o le vertebre cervicali cosa resa più probabile dall'impossibilità di pararsi con le mani che lui e Roza non riuscivano a coordinare abbastanza velocemente.
Ma con un po' di esercizio cominciarono a riuscire abbastanza bene a muoversi su quattro rampe e ad arrampicarsi sugli oggetti. Nel mentre Kunoichi li seguiva abbastanza confusa e curiosa.

Non aveva una scienza su cui basarsi, così Harold decise di puntare tutto sull'effetto placebo. Avrebbe dovuto convincere Roza che lei era capace di lasciare il suo corpo e sé stesso di poterla espellere.
Per prima cosa, Harold pensò che allontanando il suo corpo dalle condizioni in cui era avvenuta la possessione sarebbe stato più semplice permettere a Roza di lasciarlo. Così sì arrampicò dentro la vasca da bagno e con tutti i vestiti si lavò per bene per togliersi il puzzo della stanza infestata di spazzatura e procioni diversamente vivi in cui era stato con Max.
Harold realizzò che l'acqua fredda gli piaceva, si sarebbe potuto addormentare. “Forse il mio corpo si sta indebolendo, ma magari è la strada giusta per permettere ad uno spettro di entrare e uscire con facilità...”
“Di la verità... volevi solo lavarti...” commentò Roza sconsolata. “Mi hai fregata...” poi cominciò a canticchiare un motivetto triste.
Visto che la ragazza aveva paura di finire per non distinguere più i suoi processi mentali da quelli di Harold, il ragazzo che condivideva le sue stesse paure le aveva suggerito di parlargli spesso affinché entrambi potessero avvertirsi come autonomi e distinti. Se non aveva niente da dire, Harold le aveva consigliato di canticchiare, se non sapeva cosa canticchiare, avrebbe cantato lui. Potevano cantare anche insieme per sentirsi più in compagnia e comunicare, l'importante era concentrarsi ognuno sulla propria voce.
-Cerca di immedesimarti nell'acqua. Come questa scivola via dal mio corpo, scivola via anche tu.-
Percepì gli sforzi di Roza nel lasciare il corpo ma erano inutili. La ragazza si abbatté facilmente ma Harold aveva altri piani.
Uscirono dalla vasca col corpo di Harold completamente zuppo ma pulito. “Eh eh... sono il fantasma del pozzo...” pensò per un attimo Harold divertito da ciò che immaginava delle proprie sembianze.
“Harold, devi prendere questa situazione seriamente!” disse Roza allarmata.

Per il piano successivo, Harold si ispirò al modo di dire “vomitare anche l'anima” ma non funzionò, lo lasciò solo stremato.
“Volevi che mi immedesimassi nel vomito?!”
-N-no... ma pensavo che con lo sforzo e la disperazione avrei potuto spingerti fuori... Se solo avessi lo stimolo di partorire magari...-
“Non dire sciocchezze!”
-Chissà se c'è un modo per indurmi le doglie...-
“Sì serio!!!” In realtà era serio, ma allo stesso tempo doveva allentare lo stress con qualche cazzata se voleva rimanere lucido.

Dopo aver pronunciato formule e spinto Roza ad aiutarlo in degli strani movimenti, Harold si tagliò una ciocca di capelli.
C'erano voluti diversi tentativi per riuscire a padroneggiare bene le forbici e Harold aveva finito per ferirsi la mano con cui teneva la ciocca prima di riuscire nel suo intento, ma Roza continuava a stare dentro il suo corpo. La cosa lo deprimette molto.
“Se volevi buttarmi fuori grazie ad uno shock emotivo forse dovevamo tagliare più capelli...”
-Ho avuto già abbastanza shock emotivi eppure sei ancora qui!- disse Harold contrariato all'idea. -Pensavo che il taglio potesse fungere da rito per allontanare gli spiriti maligni...-
“Spiriti... maligni?” ripetè Roza depressa e infastidita.
-Era per dire! Forse non ha funzionato proprio perchè non sei uno spirito maligno!- disse Harold per tirarla su di morale.
“Qual'è il prossimo piano? Farti un salasso con le sanguisughe?”
-Mi sono già indebolito abbastanza con l'acqua fredda e la nausea, non penso sia il caso di perdere altro sangue o almeno teniamola come ultima opzione. Se non funziona e non riusciamo a controllare il mio corpo abbastanza bene da fermare il sangue e disinfettare la ferita potrei trovarmi nei guai...-
Forse accedendo all'immaginario di Roza avrebbe trovato qualche superstizione per far funzionare l'effetto placebo. Ma intrufolandosi nella sua mente più del necessario l'avrebbe solo spaventata. Così cercarono su internet dei riti per liberarsi dalla possessione e Harold cercò di studiare le reazioni di Roza per capire cosa avrebbe potuto funzionare meglio, ma non c'era niente che potessero praticare da soli.
-A quanto pare non è previsto che un posseduto si auto esorcizzi... né che uno spirito non voglia stare nel corpo di cui ha preso il possesso...- commentò Harold.
Roza era abbastanza spaventata. I riti non sembravano molto gentili e indolori per gli spiriti. “Ma io sono entrata qui per sbaglio...”
-Tranquilla, lo so, mi fido.- disse Harold cercando di trasmetterle fiducia. -Mi è venuta un'altra idea.-
Pensò che forse Roza potesse avere dei motivi di cui era inconsapevole per essersi infilata nel suo corpo. Forse capendo meglio la dinamica sarebbe stato possibile rimediare.
“Ero solo un po' stanca così mi sono seduta sulla tua ombra e ho visto che era capace di trainarmi. Mi sono rilassata un po' troppo così mi ci sono addormenta. Quando mi sono svegliata eravamo dentro quella stanza puzzolente e tu avevi le mani sporche di sangue a grumi!”
-No... erano mosche...-
“Poi hai urlato, io ho urlato, tu hai perso i sensi e io mi sono ritrovata nel tuo corpo... E poi c'erano Max e un'altra persona che mi... che ti... che ci fissavano...” spiegò la ragazza angosciata.
-Un'altra persona...- ripetè Harold. Roza conosceva la Allen ma nei ricordi della ragazza il suo volto e anche quello di Max non erano riconoscibili. Harold si rese conto che lo stesso valeva per tutti i volti nei ricordi della ragazza, anche prima che diventasse un fantasma. Non sembrava un effetto collaterale di quello stadio.
“Smettila di impicciarti!” esclamò atterrita, espellendolo con forza dai suoi ricordi.
-Scusa di nuovo! È stato un incidente! Però potevi dirmelo di avere la prosopagnosia. Avrei cercato di rendermi più riconoscibile...-
“In realtà non avevo idea che il mio problema avesse un nome.” l'idea che si trattasse di qualcosa con un nome e che anche altre persone avevano, fece sentire Roza un po' meglio. Harold invece si sentì molto infastidito.
“In pratica nessuno ha mai fatto caso ai sintomi di questa ragazza?! Com'è possibile essere così negligenti?! Ma vaffan...” gli venne un dubbio e chiese a Roza collaborazione per gattonare fino al bagno e arrampicarsi sul lavandino per potersi guardare allo specchio. Harold non riuscì a riconoscere il proprio viso, ghignò involontariamente al riflesso un momento prima di riscendere sul pavimento.
“Non solo è come se gli occhi che stessi usando non fossero i miei, anche l'elaborazione della vista non è la mia ma quella di Roza!” pensò esaltato. “I nostri encefali si stanno suddividendo i compiti? Come vorrei studiarmi e fare degli esperimenti...”
“Eh... Harold?”
-Uh... Perdonami, ovviamente darò la priorità al mettere fine a questa situazione.- la rassicurò producendo un sorriso teso. C'era un'altra cosa che aveva notato guardandosi allo specchio.
“Sono innaturalmente pallido... le mie labbra hanno un colorito violaceo... anche la pelle sotto le mie unghie...” si mise la mano sul petto e con sollievo sentì il cuore battere anche se lentamente. Ma aveva la sensazione che il suo corpo potesse trasformarsi da un momento all'altro in un cadavere.
“Harold, dobbiamo sbrigarci.” disse la ragazza testimone dei suoi pensieri e anche lei sospettosa che le condizioni del corpo fossero una conseguenza di quell'innaturale convivenza.
-Già... ma anche se sarà un casino a livello di movimenti e coordinazione credo che prima dovremmo mettermi dei vestiti asciutti... sai com'è, non vorrei andare in ipotermia e trasformarmi davvero nel fantasma del pozzo. Eh eh...- “Comincio già a sentire una strana attrazione per il freddo...”


Angolo dell'autrice:

Eccomi qua... Mi sono resa conto che forse la parte che mi rallenta nelle pubblicazioni è ricontrollare il capitolo. Ho molta difficoltà ad entrare in modalità trova gli errori. In particolare leggendo capitoli già pubblicati mi rendo conto di un sacco di errori nonostante tutte le ricontrollate che do prima di pubblicare. La cosa mi mette un po' a disagio, ma mi sa che mi devo arrendere, anche se ricontrollo ci saranno sempre diversi errori. Non mi resta che scusarmi con voi e sperare che essi non inficino troppo nella lettura...
Ero molto preoccupata per la parte onirica ma devo dire che alla fine ne sono abbastanza contenta!
Spero possa piacere anche a voi.
Ero un po' insicura con le parti relative a Leshawna e il suo trauma, mi sento sempre un po' a disagio a trattare tematiche delicate perchè sento di non riuscire a farlo bene e allo stesso tempo non voglio dare un tono monocorde. Ma in questa storia ho scritto molte che mi metteva a disagio scrivere e alla fine sono contenta di questi esperimenti.
Anche qui, spero che il risultato possa piacere anche a chi legge.
Sono molto atea ma ho un debole per il paranormale, le storie di fantasmi e gli elementi horror. È una simpatica coincidenza scrivere il capitolo proprio in questo periodo!
In realtà c'è un'altra storia a più capitoli che avevo scritto a tema per le festività dei morti con cui mi ero fermata a causa di impegni e che vorrei continuare...
Detto questo, grazie per la compagnia! Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto, se volete darmi un parere ne sono felice nonostante stia rispondendo con molta lentezza e non mi scuserò mai abbastanza di ciò...
Vi auguro un periodo sereno!
Alla prossima ^^
  
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