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Autore: Fenrir_23    27/10/2022    1 recensioni
"...sembri triste."
"Eiji, cosa stai ..."
“Prendi ispirazione da queste?”
Chiese, mentre continuava a sfogliare le pagine.
“Le tue foto sono molto simili.”.
“Non sono così bravo ...”
Si affrettò a commentare il giapponese, alzando le sopracciglia con un’espressione scettica.
“Lo sei …”
Lo sguardo di Ash si addolcì mentre pronunciava quelle ultime parole in un soffio; poi nella stanza calò un silenzio carico di imbarazzo che durò diversi minuti.
“Eiji, io-“
“Ash.”
Ash è vivo, ai caraibi con Blanca, e con lui c'è anche Eiji.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ash Lynx, Blanca, Eiji Okumura
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Vorrei precisare alcune cose:
Può darsi che in futuro inserirò questa one shot all'interno di una serie e/o aggiungerò un secondo capitolo, ma per ora può essere ritenuta autoconclusiva.
Alcuni dettagli non potevo inserirli forzatamente, quindi ne approfitto per spiegarli adesso.
Ash non è morto: dopo essere stato portato in ospedale riesce a fuggire grazie a Sergei, cambia identità e si rifugia da lui. Eiji lo viene a sapere e lo raggiunge.
è passato un anno e mezzo dal finale di Banana Fish
Ash ha i capelli tinti di nero perché ha paura che qualcuno possa riconoscerlo, non sapevo se inserire questo dettaglio ma alla fine ha vinto il realismo.
Mi piacerebbe approfondire la cosa in un eventuale secondo capitolo.
Questa fanfiction è una sorte di Flash in un momento particolarmente importante.

Enjoy!




 

Le onde dell’oceano, alte e minacciose, s’infrangevano a riva alimentate dalla furia del vento, che sembrava soffiare con forza sempre maggiore ad ogni attimo trascorso, presagendo l’arrivo di una tempesta. 

La spiaggia era deserta ma, nel bel mezzo di quell’inquietante spettacolo, c’era un ragazzo che correva veloce: il battito del suo cuore e il ritmo regolare del suo respiro si mischiavano al caos che lo circondava, assordandolo. Le gambe si facevano sempre più pesanti ad ogni falcata, ogni volta che le sue scarpe affondavano nella sabbia umida, ma non smetteva di correre. 

Eiji. 

Lui doveva essere lì, da qualche parte. 

“Eiji!” 

Urlò, sperando che, in qualche modo, la sua voce riuscisse ad udirsi oltre il frastuono che lo circondava; ma non c’era nessuno in vista. 

Si coprì gli occhi con il dorso della mano quando una folata di vento e sabbia lo investì in pieno. 

“Eiji!” 

Chiamò ancora, incespicando in avanti, mentre continuava a correre senza sosta, preso dalla paura irrazionale che potesse accadergli qualcosa di brutto: le gambe sempre più pesanti, il respiro sempre più affannoso. 

Immagini di poche ore prima e ricordi più lontani che gli attraversarono la mente in rapida successione, sembrarono fermare il tempo. 

 

 

 

                                            °°° 

 

 

 

Quella mattina il cielo era di un grigio pallido e una leggera brezza portava con sé l’odore dell’oceano e della spiaggia che Ash, pigramente abbandonato contro la ringhiera del terrazzo, poteva scorgere in lontananza. 

Girò la testa quando sentì il suono di passi a lui conosciuti provenire dalla scalinata esterna che, dal giardino, portava al secondo piano di quella Villa e, pochi istanti dopo, comparve un ragazzo asiatico dai capelli mori, che gli si avvicinò piano, scrutandolo di sottecchi come se stesse cercando in lui la conferma di poterlo fare. 

Ash s’irrigidì. Non avrebbe voluto sentirsi in quel modo, né essere teso in sua presenza; ma erano giorni che pensava continuamente a lui, al fatto che lo amava, e la cosa gli smuoveva sentimenti torbidi e difficili da gestire che non potevano più aspettare. Tentò di parlare, di esternare qualcosa, ma gli sembrò di essere diventato improvvisamente muto e non capì perché una strana tristezza prese il sopravvento. 

Sospirò quando l’altro, senza rompere quel silenzio, cercò timidamente un contatto sfiorandogli la spalla e dopo un po’ di tempo si rilassò percependo il calore della sua pelle, mentre guardava il cielo con gli occhi ridotti a due fessure. Qualcosa nella sua mente gli suggerì di andarsene, di continuare ad evitare Eiji come aveva fatto negli ultimi giorni, ma era stanco di ascoltare quella voce interiore. 

“... Ash.” 

Lo chiamò il ragazzo al suo fianco ad un tratto, dopo un po’ di tempo e, girandosi, lui incontrò quegli occhi nerissimi che lo stavano scrutando con un’ombra di preoccupazione. 

“Sembri triste …"  

Disse Eiji, in un soffio, mentre con le dita della mano, lentamente, gli scostava una ciocca di capelli dalla fronte e scivolava lungo la sua guancia, carezzandogli lo zigomo. 

Ash rimase a fissare immobile, quasi incredulo, il volto del giapponese che si faceva sempre più vicino e sussultò quando sentì il calore di quelle labbra che si posavano sulle sue. 

Scattò all’indietro improvvisamente, come se si fosse scottato. 

“Eiji, cosa stai …” 

Lui sgranò gli occhi con l’espressione disperata di uno che pareva convinto di aver appena fatto qualcosa di irrimediabile e orrendo. 

Ash avrebbe voluto dirgli che desiderava quel bacio da molto tempo, che non aveva paura; ma il suo corpo sembrò pensarla diversamente. 

Non fu capace di smettere di tremare. 

“Eiji …" 

Tentò di chiamarlo, debolmente, vedendolo indietreggiare. Tese una mano in avanti, ma non fece in tempo a fermarlo e l’unica cosa che riuscì a fare fu rimanere lì, in una sorta di paralisi, a guardare quella scena che gli scorreva davanti come se fosse stato un osservatore esterno. 

“Eiji.” 

Provò a dire di nuovo, lasciando scivolare la mano sospesa nel vuoto lungo il proprio fianco, prima che l’altro sparisse. 

 

 

 

                                                      °°° 

 

 

 

“Eiji!” 

Un’onda che s’infranse con violenza a riva lo investì all’improvviso, inzuppandolo completamente. 

Smise di correre e provò per un attimo a guardarsi intorno, schermandosi dal vento con le braccia come meglio poteva: riconobbe subito il chiosco sulla spiaggia in cui aveva lavorato Eiji fino alla fine della stagione estiva; sedie, tavoli, tutto era stato rimosso in previsione della perturbazione in arrivo. 

Tutti sapevano che in un posto come quello era meglio non sottovalutare una tempesta. Anche Eiji avrebbe dovuto esserne al corrente; sicuramente lo era, ma la sua reazione a quel bacio doveva averlo scosso parecchio. Ash capiva di non essere l’unico a sentirsi in subbuglio davanti alla natura sempre più palese del legame che li univa. 

Se solo avesse avuto il coraggio di parlargli superando le sue paure … 

 

 

 

                                                °°° 

 

 

 

L’aria fresca delle ore che precedevano di poco l’alba entrava dalle finestre spalancate, portando via l’odore del fumo. Ash spense la sigaretta, un vizio che si concedeva molto raramente, nel portacenere sul tavolino di vetro che aveva davanti e si rannicchiò su sé stesso, sprofondando nei cuscini del divano al centro della grande sala d’ingresso. 

Gli faceva così male la testa che persino il bagliore del televisore acceso lo infastidiva. 

Poco distante dal lui, un uomo dalla presenza ingombrante fissava lo schermo in silenzio, prestandogli più attenzione di quello che poteva sembrare. 

C’era un libro con un titolo scritto in russo, abbandonato al suo fianco su un cuscino. 

“Ti ho già detto in tante occasioni che quella volta sono stato così duro con te perché non ragionavi, Ash.” 

Disse Sergei, spostando il suo sguardo su di lui, mentre si lasciava sfuggire un sorriso amaro. 

“Davvero continui a dare così credito alle parole di uno come me?” 

“… Non è solo quello…" 

Gli rispose il ragazzo in un soffio, mostrando un’espressione combattuta. 

“…È che io credo di avere qualcosa che non va.” 

L’altro aggrottò le sopracciglia, fissandolo con una certa curiosità.  

“... è per Eiji.” 

Sergei buttò fuori un’ondata di fumo e spense la sua sigaretta. 

“Smettila di tormentarti, Ash. Ne abbiamo già parlato, no?” 

“ …" 

“Ash.”  

L’americano alzò lo sguardo, sentendosi chiamare ancora, e non seppe bene perché ma nell’incrociare i suoi occhi provò un moto di frustrazione, che si trasformò velocemente in una rabbia che necessitava di essere urgentemente indirizzata contro qualcosa o qualcuno. 

Odiava Sergei. 

Tutta quella situazione era assurda. Viveva lì da un anno, sotto la ... protezione? Dello stesso uomo che gli aveva insegnato ad uccidere quando era solo un ragazzino e che gli aveva creato un mucchio di problemi in tempi non troppo lontani.  

Sergei l’aveva fatto catturare riconsegnandolo a Dino e regalandogli in quel modo settimane di sofferenza atroce. 

Sergei aveva sparato ad Eiji, cazzo. 

Eppure lui era lì, su quel divano, a cercare una sorta di conforto nelle parole di quell’uomo che si era arrogato il diritto di sottrarlo al suo destino e la cosa peggiore era che, in tutta quell’assurdità, aveva finito per coinvolgere involontariamente Eiji. 

Si sentiva patetico e ipocrita. 

Eiji, che avrebbe potuto riprendere in mano la sua vita da persona normale, lontano dai pericoli e dalle brutture in cui era stato trascinato e invece, da diverso tempo, viveva in quella villa, in compagnia di un assassino pentito ed un altro assassino in fuga da sé stesso. 

Eiji, che non avrebbe mai dovuto stare lì con lui, eppure una piccola parte della sua mente aveva addirittura la presunzione di pensare che fosse giusto così. Che potevano stare insieme, per il bene di entrambi. 

Si ricordava ancora in maniera vivida, come se fossero trascorsi solo pochi istanti, del giorno in cui si erano finalmente ritrovati ed era sicuro che non avrebbe mai potuto dimenticare il modo in cui il giapponese aveva pianto, facendogli capire di essere stato tremendamente egoista a pensare di volerlo allontanare da sé per proteggerlo. Non aveva davvero tenuto conto dei suoi sentimenti quando aveva deciso che separarsi da lui sarebbe stata l’unica cosa giusta da fare, o forse si era ostinato ad ignorare quella voce nascosta nel profondo della sua mente che gli diceva che ormai era troppo tardi per recidere quel legame; la stessa voce che l’aveva convinto che sparire per sempre sarebbe stato giusto, l’unico modo per smetterla di soffrire e far soffrire. 

Quello che provava per Eiji aveva preso da tempo una strada senza via d’uscita e lo sapeva perfettamente.  

Si amavano, reciprocamente, in maniera indissolubile.  

E poi…c’era anche un’altra consapevolezza che gli faceva davvero paura ed era diventato impossibile nascondere dietro le parole “Sei il migliore amico che abbia mai avuto”. 

Shorter era stato il suo migliore amico. 

Con Eiji era diverso … lo aveva sempre saputo. 

“Ash…vuoi parlare?” 

La voce di Sergei lo riportò nuovamente alla realtà; un’ondata di rabbia lo travolse e quando sentì il suo tocco sulla spalla scattò in avanti, furioso. 

“Che cazzo ne vuoi sapere, tu?”  

Urlò, mentre l’altro parava facilmente il suo colpo e afferrava il suo braccio girandoglielo dietro alla schiena per immobilizzarlo. 

“Sveglierai Eiji così.”  

Disse l’uomo dopo un po’ con voce pacata, mentre lentamente lo liberava dalla sua presa. 

Ash stava tremando per il nervosismo; sbuffò, cercando di calmarsi e con mani incerte, mentre mormorava un rassegnato “Proprio tu…” prese una sigaretta dal pacchetto sul tavolino e l’accese, ispirando una grande quantità di fumo che buttò fuori lentamente qualche istante dopo, pensando che non gli sarebbe dispiaciuto se al posto del normale tabacco ci fosse stato qualcos’altro. 

Gli venne in mente che Eiji, una volta, ai tempi in cui vivevano a New York, l’aveva beccato a fumare erba, sfoggiando l’espressione più sconcertata e assurda che gli avesse mai visto. 

Sorrise, per un momento, a quel ricordo. 

Eiji 

L’odore della sigaretta gli diede improvvisamente fastidio; senza smettere di tremare la schiacciò nel portacenere e tornò a rannicchiarsi sul divano, raccogliendosi su se stesso con la testa premuta contro le proprie ginocchia per esternarsi da quello che lo circondava. 

C’era ancora Sergei vicino a lui, ma non fu nuovamente colto dall’impulso di reagire con rabbia, anche se i pensieri di poco prima non erano certo già spariti.  

La verità era che non lo odiava davvero, nonostante tutto. 

“Sergei …” Lo chiamò, senza muoversi da quella posizione. 

“ …” 

Avrebbe voluto dire molte cose, e di parecchie ne avevano già parlato diverse volte insieme in quei lunghi mesi di convivenza, ma non riuscì a proferire parola.  

Il punto non era solo che si sentiva in colpa. 

Da quando Eiji era di nuovo al suo fianco aveva compreso di non poter più ignorare certi sentimenti. Gli era capitato di pensare che gli sarebbe piaciuto baciarlo già quando avevano vissuto a New York, ma ora quello era diventato un vero e proprio desiderio ricorrente. A volte quando andavano in spiaggia o stavano a casa, in piscina, si scopriva ad osservare la pelle nuda della sua schiena o le gocce che scivolavano lungo il suo collo quando aveva i capelli bagnati, dopo essere uscito dall'acqua. 

Era attratto da lui in maniera ormai innegabile e sapere che quei sentimenti erano ricambiati gli metteva un’inquietudine pazzesca. Non che Eiji si fosse mai sbilanciato a riguardo ma era un ragazzo troppo limpido per riuscire a mascherare quello che pensava; Ash lo sapeva da sempre, ma la cosa non gli aveva mai dato fastidio perché nel suo sguardo, o nei suoi atteggiamenti, non c’era mai stato nulla che l’avesse fatto sentire male o che gli avesse ricordato anche solo in minima parte quei … mostri. 

Si fidava di Eiji e non era di lui che aveva paura, però …la sola idea di pensare a qualcuno in quel modo gli metteva addosso una sensazione di irrequietezza. 

Cosa sarebbe potuto accadere se davvero avesse avuto il coraggio di baciarlo e confessargli quello che provava? Non per finta, un bacio vero. E se avesse scoperto di essere diventato come … come quegli uomini orribili? 

Ash.”  

La voce di Sergei parve lontana e ovattata. 

“ti prendo qualcosa per il mal di testa.” 

“…” 

“Ash?” 

“Cosa?”  

“Dicevo che dovresti prendere qualcosa per il mal di testa. Sembri sfinito.” 

Lui non gli rispose, rimase solo ad osservarlo mentre si alzava dal divano allontanandosi verso la cucina. 

Quando l’altro tornò dopo qualche minuto, prese il bicchiere che gli stava porgendo senza dire nulla, sorseggiando piano l’acqua che aveva assorbito il sapore amaro della medicina e poi lo lasciò sul tavolino. 

Faceva un caldo nonostante l’ora e la testa gli pulsava. 

Si appoggiò allo schienale e rimase solo a fissare il vuoto, con gli occhi ridotti a due fessure, per un tempo che sembrava infinito, mentre il dolore si affievoliva lentamente. Doveva essere passata almeno un’ora quando finalmente riuscì a chiuderli, addormentandosi pochi istanti dopo. 

 

 

 

                                                       °°° 

 

 

 

“Ash!” 

Il ragazzo alzò la testa di scatto, cercando di orientarsi in quel caos di vento e sabbia. Gli era sembrato di sentire la voce di Eiji, anche se non si sarebbe stupito di scoprire che l’aveva solo immaginato. 

Lo scoppio fortissimo di una saetta squarciò l’aria facendolo trasalire e grandi gocce di pioggia iniziarono a cadere poco dopo. 

“Ash!” 

Quella volta fu certo di aver sentito bene: si guardò intorno con frenesia e, alla fine, lo vide, poco distante da una sporgenza rocciosa che si allungava sulla spiaggia. 

Si mise di nuovo a correre, rallentando quando arrivò a pochi metri da lui. 

Eiji aveva lo sguardo spaesato; i vestiti inzuppati e i capelli bagnati che facevano scivolare grandi gocce d’acqua sulla sua fronte ma sembrava star bene. 

“È tutto ok?” 

Gli chiese, avvicinando il viso al suo per farsi sentire, mentre sospirava per liberarsi di tutta la tensione che aveva accumulato durante la sua ricerca. 

“Ero in pensiero per te!” 

Lo afferrò per le spalle, quasi rabbioso, osservando le sue labbra che si muovevano per dirgli qualcosa che il vento gli impedì di capire, indugiandovi mentre il ricordo recente di quelle stesse labbra premute contro le proprie si faceva spazio nella sua mente. 

Istintivamente lo baciò, con tutto l’impeto dei suoi sentimenti a lungo messi da parte e per diversi istanti il suo unico pensiero fu che non gli importava di tutto il resto. 

Non c’era il suo passato orribile a tormentarlo, né stupide paranoie sulla legittimità di quei sentimenti; persino il vento, che soffiava sempre più forte, e la pioggia fittissima, erano diventati una realtà distante e ovattata. 

Solo per un momento … 

Un tuono inquietantemente vicino fece tremare la sabbia sotto ai loro piedi, interrompendo quel bacio. 

Sembrava notte, da quanto si era scurito il cielo. 

Nonostante la pioggia fitta, Ash notò la sorpresa celata dietro il rossore sul viso di Eiji e il calore nel suo sguardo, ma non c’era più tempo di stare lì. 

“Andiamo via.” 

Disse, mentre gli afferrava la mano, la voce nascosta con prepotenza dallo sciabordio di un’onda che s’infrangeva con violenza sulla riva. 

 

 

 

                                                    °°° 

 

 

 

Ash riaprì gli occhi lentamente, riprendendo coscienza di sé a poco a poco. Qualcuno stava bussando alla porta. 

Si alzò, esitando all’idea che potesse essere Eiji perché non era sicuro di sapere come comportarsi dopo quello che era successo. 

Eiji lo aveva baciato. 

Si sfiorò le labbra con la punta delle dita, a quel pensiero. 

L’ondata di emozione che lo travolse si trasformò velocemente in una tristezza difficile da descrivere, ma corrosiva e frustrante; ormai la conosceva bene quella sensazione. 

La figura imponente di Sergei lo sovrastò, quando andò ad aprire. 

“Che cosa vuoi?” 

Gli domandò, guardandolo di traverso per poi osservare con sospetto lo smartphone che lui gli stava porgendo. Era di Eiji. 

“L’ho trovato in giardino, ma lui non c’è da nessuna parte. Speravo fosse qui con te …" 

L'uomo fece qualche passo all’interno della camera in disordine, puntando lo sguardo verso la porta a vetri. 

C’era un vento tremendo. 

“Hanno dato l’allerta meteo per oggi.” 

Commentò. 

“Come mai è uscito?” 

Ash non gli rispose e scattò in piedi all’improvviso, in preda ad una certa agitazione. 

“Vado a vedere dov’è andato.” 

Mormorò, cercando le scarpe che aveva abbandonato da qualche parte vicino al letto e infilandosi in tasca il telefono. 

“Se dovesse tornare, chiamami.” 

Gli raccomandò, prima di scomparire in fretta oltre la porta con un paio di passi veloci. 

Il promontorio sulla spiaggia … Eiji amava quel posto e andava lì quando era pensieroso. Doveva essersi diretto in quella direzione, sicuramente.         

 

 

 

                                                   °°° 

 

 

 

L’acqua tiepida scivolò lungo la sua pelle, lavando via la sabbia. 

Ash chiuse gli occhi e si abbandonò contro le piastrelle fredde della parete della doccia; quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva corso in quel modo? Per chilometri, con un senso di angoscia crescente ad accompagnarlo? Quasi un anno, ma sembravano trascorsi secoli. 

Erano cambiate molte cose, da quando era fuggito da New York: il suo modo di vivere, persino la sua identità. 

Il getto dell’acqua si affievolì leggermente e non gli fu difficile immaginare che anche Eiji doveva essere entrato in doccia, nel bagno accanto. Per un attimo, fantasticò di essere lì: pensò al suo corpo nudo e, quando a quell’idea si sentì avvampare, provò un senso d’inquietudine che si diffuse in lui rapidamente, come un veleno letale. 

Spalancò gli occhi e fece un passo indietro, poi puntò lo sguardo in un punto imprecisato oltre il vetro appannato della doccia e sospirò, cercando di calmarsi. Girò la maniglia per regolare la temperatura dell’acqua in modo che si raffreddasse di più e prese lo shampoo, iniziando a strofinarsi i capelli nervosamente. Non era la prima volta che pensava ad Eiji così … gli succedeva sempre più spesso e non era sicuro di quale fosse il confine fra la normalità e l’aberrazione. Forse era diventato come quel vecchio pazzo? Sapeva di non essere così, lo sapeva, ma gli venne comunque la nausea a quel pensiero. 

Spense il getto dell’acqua e si andò a sedere sul pavimento della doccia, chiudendo gli occhi per provare a pensare a qualcosa di bello, anche se non riusciva a smettere di tremare. 

Il primo pensiero che ebbe fu il ricordo di un sé stesso quattordicenne seduto davanti a un piatto enorme di spaghetti cinesi che aveva preparato Shorter. 

Stavano ridendo fino alle lacrime, forse per una battuta stupida che Ash in quel momento non riusciva a ricordare o per una figuraccia del suo amico con una ragazza. 

Poi pensò a Max, con quei baffi finti orribili, che gli chiedeva se fosse davvero bastato così poco per farlo sembrare suo padre. 

E poi … 

 

 

Era nel suo letto nell’appartamento di New York. Le sirene delle macchine della polizia risuonavano nella notte e forse stava accadendo qualcosa che avrebbe dovuto interessargli; comunque non gli importava. C’era Eiji, lì vicino, con un braccio che passava dietro al suo collo e l’altra mano che gli sfiorava un polso, tracciando linee immaginarie con la punta delle dita. 

Poteva sentire il battito regolare del suo cuore e il calore del suo respiro fra i capelli.  

“Quante volte te lo dovrò dire che sarò sempre dalla tua parte?” 

Gli aveva detto lui, qualche minuto prima, con lo sguardo deciso e sincero di quando faceva una delle sue promesse. 

“Non mi importa di quello che hai fatto, o di cosa farai … starò con te.” 

 

Ash si ridestò da quell’ultimo ricordo piangendo. 

Rimase in silenzio a lungo, seduto sul fondo della doccia, liberandosi lentamente dell’inquietudine che l’aveva sopraffatto; alla fine, dopo aver scaricato la tensione, si rimise in piedi e finì di lavarsi. Uscì dalla doccia e si infilò l’accappatoio, poi si avvolse i capelli in un asciugamano, facendosi sfuggire un ultimo sospiro prima di andare a guardarsi allo specchio: il suo viso aveva sicuramente conosciuto momenti migliori. Aveva gli occhi rossi, solcati da occhiaie profonde. 

Ancora non si era abituato ad avere i capelli tinti di nero, né al colorito un po’ più scuro, costatogli innumerevoli e involontarie scottature, che aveva preso la sua pelle spesso esposta al sole di quel luogo in cui era sempre estate.  

Eiji diceva che gli stava bene perché faceva risaltare il colore dei suoi occhi, ma lui non ne era troppo convinto; come non lo era della peluria che iniziava a crescere sempre più rapidamente sotto al suo mento, creandogli un prurito fastidioso. 

“Se hai paura di essere riconosciuto, fatti crescere la barba.”  

Lo aveva preso in giro una volta, Sergei. 

Aprì il cassetto vicino al lavandino con stizza, a quel pensiero, deciso a rimuovere in fretta quei peli fastidiosi e a scrollarsi di dosso le ultime tracce di nervosismo. 

Doveva parlare con Eiji. 

 

 

 

                                                    °°° 

 

 

 

Ash percorse a piedi scalzi il corridoio che collegava le camere al secondo piano, osservando distrattamente la libreria enorme che occupava tutta la parete alla sua destra e, arrivato in fondo, si fermò davanti alla porta chiusa della camera di Eiji, ascoltando il suono monotono del phone acceso dall’altra parte. 

Si passò una mano fra i capelli ancora umidi, si rassettò i pantaloni e deglutì, ripensando velocemente agli eventi delle ultime ore. 

Non poteva più evitare di parlarne con Eiji. 

Bussò alla porta e rimase in silenzio ad aspettare; forse lui non l’aveva sentito? Il suono del phone s’interruppe e, qualche istante dopo, il giapponese la aprì, lentamente. 

“Posso entrare?”  

Gli chiese, sentendo che la calma di pochi istanti prima stava già minacciando di abbandonarlo, mentre ripensava involontariamente a come l’aveva baciato sulla spiaggia. 

L’altro, che lo stava fissando inebetito, si riscosse improvvisamente, mormorando un impercettibile: “Certo” e gli fece spazio, osservandolo mentre, con movimenti meccanici, faceva qualche passo dentro la stanza richiudendosi la porta alle spalle. 

Ash si andò a sedere sulla sedia davanti alla scrivania appoggiata contro la parete, scrutando con una certa curiosità il libro di fotografie abbandonato accanto ad una macchina fotografica. L’autore aveva un nome giapponese. Lo prese, rigirandoselo fra le mani e iniziò a sfogliarlo distrattamente, mentre pensava a cosa dire ad Eiji che, nel frattempo, si era andato a sedere sul bordo del letto, poco distante da lui.  

Le foto ritraevano principalmente scorci di paesaggi o persone, dando particolare importanza all’atmosfera e alle luci. 

“Prendi ispirazione da queste?” 

Chiese, mentre continuava a sfogliare le pagine. 

“Le tue foto sono molto simili.”. 

“Non sono così bravo ...”  

Si affrettò a commentare il giapponese, alzando le sopracciglia con un’espressione scettica. 

“Lo sei …”  

Lo sguardo di Ash si addolcì mentre pronunciava quelle ultime parole in un soffio; poi nella stanza calò un silenzio carico di imbarazzo che durò diversi minuti.  

“Eiji, io-“ 

“Ash.” 

L’altro lo anticipò. 

“Riguardo a quello che è successo …” 

Ash aprì la bocca per rispondere e si voltò verso di lui ma, quando incontrò i suoi occhi, le parole gli morirono in gola. 

“Forse non dovrei parlarti in maniera così diretta ...”  

Continuò Eiji, lasciandosi sfuggire un sorriso amaro. 

“Ma non riesco più a nascondere quello che …” 

Dillo, Eiji. 

Riuscì solo a pensare e rimase in silenzio, incapace di riordinare le emozioni che si stavano agitando dentro di lui. Guardò Eiji in viso e si chiese come mai lui avesse una lieve sfumatura cupa nel suo sguardo, come se fosse … dispiaciuto? 

“Io … ti amo, Ash. Da sem-” 

Dispiaciuto di dirgli che lo amava? 

Non gli diede il tempo di finire di parlare. Scattò in piedi in pochi istanti per raggiungerlo e afferrò il suo viso con entrambe le mani premendo le labbra contro le sue, in un bacio carico di emozione. 

Non era bravo ad esprimersi a parole quando si trattava dei suoi sentimenti, ma sperava di poter imprimere in quel gesto quello che provava. 

Eiji aprì la bocca per far spazio alla sua lingua e si lasciò sfuggire un impercettibile ansito.  

Ash non smetteva di baciarlo, quasi come se avesse paura che, se si fosse concesso una tregua, qualcosa di brutto avrebbe rovinato quel momento. Non c’era davvero nulla di male in quei sentimenti, giusto? Perché la sola idea che potesse esserci una parte distorta in lui, anche per l’amore che provava nei confronti di Eiji, lo avrebbe fatto impazzire. 

“A-Ash.” 

Quando sentì le mani di Eijì premere contro le sue spalle si scostò da lui, preoccupato, osservandolo mentre prendeva una grande boccata d’aria. Forse era stato un po’ troppo impetuoso. 

“Scusa.”  

Gli disse, arrossendo. 

Di nuovo, si sentì tremendamente fragile; così cercò il suo sguardo e quando lui gli sfiorò una guancia chiuse gli occhi, per abbandonarsi a quel contatto rassicurante. Voleva che fosse l’altro a gestire quella situazione che lo faceva sentire così vulnerabile. 

“Eiji.” 

Lo chiamò, con un sospiro tremulo. 

“Ti andrebbe di …baciarmi?” 

Il giapponese annuì piano e si protese verso l’alto per raggiungerlo, soffermandosi per un attimo davanti alle sue labbra, così vicino che poteva sentirne il respiro caldo. 

“Va tutto bene, Ash?”  

Gli chiese, in un sussurro. 

Lui attese, gli occhi ancora chiusi, aggrappandosi alla stoffa della maglietta di Eiji quando alla fine le loro labbra si incontrarono in un bacio lento, ricambiando ogni piccolo tocco e lasciando che la lingua dell’altro si facesse timidamente spazio nella sua bocca. 

Anche se un po’ incerto, Eiji sembrava sapere perfettamente come metterlo a suo agio.  

Quando quel bacio s’interruppe, lentamente come era iniziato, Ash si ritrovò a fissare gli occhi nerissimi dell’altro. 

Sospirò e abbassò lo sguardo, accennando un sorriso. 

Dopo diversi istanti notò che sul braccio di Eiji c’era un’abrasione che nella foga di un’ora prima doveva essergli sfuggita, seguita da un grosso livido. Né sfiorò i contorni con le dita, pensieroso. 

“Mi hai fatto preoccupare.” 

Disse, a bassa voce. 

Il giapponese s’irrigidì leggermente. 

“… Pensavo di aver tradito la tua fiducia e sono andato in crisi. Non capivo più niente.” 

Ammise. 

“Non sono riuscito a trattenermi, anche se sapevo che cosa avrebbe potuto significare per te. Sono stato tremendamente egoista. Anche poco fa, quando ti ho detto che-” 

“No." 

Ash lo interruppe, scuotendo leggermente la testa. 

“Era da tanto che volevo parlarti, ma non ci sono mai riuscito.” 

Istintivamente, si soffermò con le dita sulla pelle arrossata dove Eiji si era graffiato. 

“... quello che provi ... è lo stesso per me.” 

Il giapponese lo guardò per un attimo, poi scivolò in avanti, appoggiando la fronte contro la sua spalla.  

Rimasero così per molto tempo, senza dire nulla.  

Fuori aveva smesso di piovere.  

Eiji si scostò piano da lui e andò ad aprire la porta a vetri per dare un occhio all’esterno, facendo entrare il caldo. Quell’anno le temperature erano più alte della media. Ash rimase a fissarlo in silenzio mentre rientrava; sii sentiva tranquillo e rilassato come non gli accadeva da un po’. 

“Oniichan.”  

Lo chiamò, a un certo punto, dopo parecchi minuti, sfoderando uno dei suoi sorrisetti furbi quando lo vide trasalire, a quella parola. 

“Sicuro di non aver mai baciato nessuno prima di me?” 

Continuò, malizioso. 

“Sei bravo sai, ti manca solo un po’ di pratica.” 

Eiji lo guardò di traverso e inarcò le sopracciglia. 

“Non prendermi in giro.” 

Commentò, mettendosi a braccia conserte mentre Ash, di fianco a lui, sembrava alquanto divertito dalla situazione. Gli si avvicinò, sussurrando vicino al suo orecchio. 

“I giapponesi sono pieni di risorse.” 

Eiji avvampò e si girò di scatto verso di lui. 

“E gli americani sono degli stronzi!” 
Esclamò, cercando di scacciarlo via con deboli tentativi di colpirlo  che lui schivò facilmente. 

Ash aveva sempre saputo di fargli un certo effetto e trovava divertente punzecchiarlo in quel modo; era diventato rosso fino alla punta delle orecchie ma, nonostante l’imbarazzo, stava trattenendo un sorriso divertito. Poteva capirlo dalle sue labbra piegate in una strana smorfia. Le sue labbra … 

Cosa avrebbe dovuto esserci di male in quello che provava nei suoi confronti? Quello che era successo fra di loro nelle ultime ore, non aveva niente a che vedere con … quelle cose orrende. Ne era convinto, eppure non riusciva a togliersi dalla testa certi pensieri. 

“Andiamo a mangiare qualcosa?”  

Chiese, dopo averli ricacciati indietro. 

Eiji annuì convinto, ma gli lanciò una veloce occhiata indagatoria. 

“Ash.” 

“Cosa?” 

“Va davvero tutto bene?” 

Lui esitò per un attimo, poi si affrettò a sfoggiare un altro sorriso, dissimulando la sua incertezza. 

 Andava davvero tutto bene, solo che … Eiji era Eiji. Non c’era nulla di sbagliato in lui. 

Lo stesso non credeva di poter affermare di sé stesso. 

Era un assassino della peggior specie, aveva ucciso così tante persone da non ricordarne più il numero, commesso le peggiori bassezze, si era umiliato, aveva usato il suo corpo per ... 

“Stavo solo pensando al cibo puzzolente che prepari di solito.” Continuò a scherzare, nonostante i pensieri che gli stavano attraversando la mente. Non voleva che lui pensasse di essere la causa della sua irrequietezza. 

Eiji si girò di scatto, fintamente stizzito, e si incamminò verso la porta mentre Ash rimaneva fermo al centro della camera, fissando la sua schiena.  

Come diavolo aveva fatto ad evitarlo e a tenerlo lontano in quelle due ultime settimane? Tutto per colpa delle sue paure e delle sue insicurezze. Si riscosse da quei pensieri, dandosi dello stupido, e si affrettò a raggiungerlo. 

“Hei, Eiji, aspettami!” 

  

   
 
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