Serie TV > Stranger Things
Segui la storia  |       
Autore: lo_strano_libraio    05/11/2022    0 recensioni
Cosa successe nei mesi tra la morte di Billy e l’attacco di Vecna, nella vita di Maxine Mayfield? Scopritelo in questa storia angst, ricca di emozioni forti, misteri e colpi di scena!
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dustin Henderson, Lucas Sinclair, Maxine Mayfield, Mike Wheeler, Undici/Jane
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 10-cosa c’è nella mia testa

 

Nota: non siete stati molto loquaci nei commenti eh? 😢

Fa niente dai, non posso costringervi a commentare se siete timidi. Ma se cambiate idea, un parere o una vera recensione è sempre ben accetta! Eccoci arrivati al capitolo tanto decantato, chissà chi di voi si aspettava cosa succederà 😉Buona lettura!

Il suono delle sirene ruppe la quiete della radura. Tutti si voltarono verso la strada, e aiutarono Max ad alzarsi indirizzandola verso una delle due ambulanze. Le avevano dato una ripulita dal sangue che aveva in faccia, nella bocca e sui vestiti, con lo Scotex trovato in casa, per renderla più presentabile e non far venire un coccolone agli ambulanzieri. Ma era comunque visivamente stravolta, tanto che quando scendendo dal veicolo la videro, a due di loro scappò uno scambio di battute: 

“Povera piccola, ha l’età di mia figlia...”

“Nessuno della sua età dovrebbe vivere qualcosa di simile.”

I paramedici scaricarono le barelle, un gruppo accolse la poveretta e con tutte le premure del caso, la fece accomodare sopra una, mentre l’altro si incamminò verso la triste dimora. 

“Vieni tesoro, è tutto apposto, ti porteremo al sicuro”. Le diceva un ormone in divisa della croce rossa e dalla voce affettuosa, cercando di metterla a suo agio mettendole la sua manina sulla spalla; ma lei guardava i colleghi che entravano nella porta di casa, dotati di telo per cadaveri, pensando probabilmente all’ingrato compito che stavano dirigendosi a compiere. 

“Non dovrei...aspettare che loro...” Chiese all’uomo indicando col dito in direzione di casa sua.

“Non pensarci, ci penseranno i nostri colleghi; avrai tutto il tempo necessario per vederla ma ora dobbiamo pensare a te.” 

Lei titubava incerta, così i ragazzi si proposero di salire in ambulanza con lei, convincendola a salire a bordo. Nel tragitto tremava vistosamente e soffriva di sudori freddi, dovuti allo stato di shock. Quindi le somministrarono dei calmanti, e una volta arrivata in ospedale la misero in una sorta di “mini coma” artificiale, facendola addormentare con dei pesanti sonniferi. Il dottore spiegò ai ragazzi, e ai loro genitori accorsi tempestivamente dopo essere stati chiamati e aver udito dell’accaduto; che i suoi nervi erano sovra stimolati dal tragico evento accaduto e senza un aiuto farmacologico, non sarebbe riuscita a placare la nevrosi calmandosi abbastanza da dormire. Sarebbe rimasta quindi un giorno in sonno indotto, permettendole di riposare e calmarsi; una volta risvegliatasi, sarebbe stato compito degli psicologi dell’ospedale e dei servizi sociali, insieme al supporto di amici e famiglia, aiutarla a superare questo trauma. 

Nell’oscurità del sogno, Max ebbe una strana visione: le comparve una ragazza uguale identica a lei, che le sorrideva presentandosi piena di entusiasmo, tanto che pareva fosse la sua fan numero uno.

“Ciao! Non sai da quanto volessi conoscerti! Lascia che mi presenti: mi chiamo Sadie Sink, e sono te”. Lei rispose accigliandosi.

“O almeno, tecnicamente sarei te, nel senso che sono un attrice e interpreto il tuo personaggio!” Cercò di spiegarsi la ragazza alzando le mani; ma questa spiegazione convinse ancora di meno Max, che fissava la ragazza con braccia conserte. 

“Ma che dici?! Diamine, devono avermi dato farmaci veramente forti per sognarmi certe cose...”

“Ma ti giuro che è vero!”

“Scusa ma, in che senso interpreti me? Cos’è nel futuro sono diventata famosa per le mie sfighe apocalittiche e ci hanno fatto un film sopra?”

“No, no, vedi; nel mio mondo tu non esisti, perché sei un personaggio fittizio di una serie tv, che io interpreto.”

“Senti ciccia, io so di esistere e non mi serve che tu venga a dirmelo o meno per saperlo. E poi sentiamo, se tu sei veramente me, o almeno la persona che interpreta il mio personaggio, allora dimmi qualcosa che sai solo tu di me stessa.” La sosia rimase a pensare per qualche secondo.

“Vedi...il fatto è che io conosco della tua vita soltanto le parti sceneggiate, ma tutto il resto posso solo immaginarmelo: a volte mi chiedo cosa fai nella vita di tutti i giorni, tra una stagione e l’altra, ma fino a quando non lo scrivono non posso esserne certa. Per quello d’altronde ci sono le fanfiction, a volte mi fa piacere leggerle proprio per questo, ma non sono comunque canoniche.”

“Le fan che?!”

“Storie aggiuntive scritte dai fan.”

“Ah ah, ok...beh allora dimmi tu qualcosa di te.”

“Vediamo...non faccio il dito medio alla gente con la stessa tua frequenza, sono più una persona piuttosto casalinga...e sono vegana!”

“Ah questa è bella: Ma se a me piace strafogarmi di carne! Come fai a essere me, se siamo così tanto diverse?!” In effetti anche nel modo di parlare, esprimersi e muoversi, questa ragazza era ben poco una testa calda come Max, ma piuttosto, aveva una personalità dolce, timida e dalle buone maniere. 

“Beh, il bello di fare l’attrice é proprio interpretare personaggi così diversi da te stessa.” Max si massaggiava il mento, sondando la plausibilità della spiegazione. 

“Ok...diciamo che ti possa credere su questo punto; ma come faccio a essere sicura che tu esista davvero? Perché ora come ora sono addormentata sotto effetto di psico farmaci: chi mi dice che tu non sia soltanto una mia allucinazione?”

“Beh posso dirti che in questo momento, sono andata a dormire anch’io, ma non con l’aiuto di droghe ahah; quindi come posso essere sicura che non sia tu, un mio sogno?” Le due presero ad arroventare gli ingranaggi nelle loro testoline, meditandoci su. Poi, Max alzò un dito entusiasta, avendo formulato un ipotesi:

“Eureka! E se esistessimo entrambe, ma questo fosse solo un ponte tra universi paralleli?”

Sadie annuiva convinta.

“Si! Direi che è la risposta migliore a questo dilemma”. Poi iniziò a guardare in alto, coprendosi con la mano da un fascio di luce comparso nel cielo buio del sogno.

“Oh no! Guarda là, ci stiamo svegliando...”

Max guardò in quella direzione e venne investita anche lei, coprendosi alla vista con la mano e arricciando gli occhi, da una forte luce che pareva una stella cadente, dritta verso di loro. 

“Ok...allora ciao, e speriamo di vederci di nuovo...” salutò la sua sosia.

“Ma certo! Mi trovi sempre qui quando vuoi, basta che dormendo pensi a me, ciao!” La ragazza la salutò con la mano.

Luce

Si era svegliata nel letto d’ospedale, accecata dal mattino invadente la finestra. Si stropicciò gli occhi indolenzita, non essendosi mossa per un giorno intero. Guardandosi intorno, scoprí sulla sedia accanto al letto Lucas addormentato. Era rimasto vicino a lei ogni ora, ogni minuto, ogni secondo di quel coma farmacologico. Arrossì e sorridendo, dovette trattenersi dal saltargli addosso per riempirlo di baci e abbracci. Quindi, nel suo tipico stile, optò per un approccio più drastico. 

“Lucas!” 

Il fidanzato sobbalzò sulla sedia, cadendo comicamente per terra; evidentemente non si aspettava che si sarebbe svegliata così presto. Si rialzò in fretta e furia, recuperando malamente l’equilibrio; dopo dieci secondi buoni di tentativi  riuscì a ricomporsi.

“Ehm ehm! Max...come va, stai bene?”

“Ti amo, si ti amo!” Si sporse dal letto per baciarlo; lui non aspettandosi neanche questa reazione perse nuovamente l’equilibrio, e avendole preso le mani, la trascinò con lui a terra. Ora si trovavano una sopra l’altro, con i loro visi a millimetri di distanza, guardandosi negli occhi a vicenda.

“Non c’è la facciamo proprio a essere romantici eh? Siamo la coppia più buffa di Hawkins” scherzó lei.

“Alcuni dicono che la poca serietà è la forma più alta di romanticismo in una coppia...” rispose lui.

“Dove l’hai letto? Su: “Terapie Coniugali Oggi?”

“No, lo so perché a scuola me lo dicono di noi; come un complimento, si intende...”

“Oh beh, allora siamo famosi...ma anche se parlassero male di noi non me ne fregherebbe un fico secco: perché vai bene così come sei Lucas...” le loro labbra si incontrarono finalmente. Si rialzarono, sedendosi sul bordo del letto, uno affianco all’altra.

“Sai, mi dispiace molto di avere messo dei muri tra me e voi ragazzi, soprattutto te, voglio rimediare e recuperare il tempo perso; ancora di più ora che non mi rimane mol...” si fermò, interrotta da un singhiozzo. Una lacrima scese dal suo occhio sinistro, asciugandola, rimase a fissare il dito bagnato da essa.

“Shhh shhh, va tutto bene!” Le sussurrò Lucas.

“Lo so. Ti amo non meno di prima, e ci sarò sempre per te...” sembrava essersi interrotto a metà frase, e ora con lo sguardo abbassato, rifletteva su qualcosa. Lei lo guardava dubbiosa e preoccupata, ma dopo qualche secondo lui rialzò lo sguardo incontrando il suo.

“Max, ascolta, devo chiederti una cosa...tuo padre l’altra volta, mi ha detto qualcosa di strano riguardo la nostra relazione: “goditela finché dura”. Sai a cosa si potesse stare riferendo?” Lei sembrava iniziare ad agitarsi per la domanda; d’altronde, non si sentiva ancora pronta a dirgli della sua decisione di tornare in California. 

“Ehm, io...”

Non dovette continuare oltre, perché per sua fortuna, se così la si può definire, ricevette in quel momento una inattesa visita: la polizia. 

Da quando era scomparso Hopper, il ruolo di sceriffo era passato al suo vice, Tom. Era un uomo di colore sulla quarantina, snello e con un paio di baffi, più sottili di quelli di Hopper, sopra il labbro superiore. A questo, punto pareva fossero parte integrante della divisa da sceriffo di Hawkins.

Tom e Jeff il nuovo vice, si presentarono accompagnati dal dottore e un infermiera, gentili e ossequiosi, come si fa quando si va a parlare con qualcuno in lutto, soprattutto così giovane. Poi il dottore e Lucas lasciarono soli gli agenti a parlare con lei. Tom si sedette su una sedia a fianco del letto, ed estrasse taccuino e penna; mentre l’altro accendeva un registratore a nastro posandolo sul comodino. 

“Ascolta piccola, so che è difficile per te e se non te la senti, non ti costringeremo a sforzarti a confidarti con noi; quindi potrai interrompere questa “intervista” quando vorrai, basta dircelo davvero.” Lei annuí, e lui fece segno di aver compreso.

“Ma dobbiamo sapere, in quella casa, cosa è successo”

COSA È SUCCESSO SUCCesso Successo successo...cosa è succ...esso...

Flash di immagini terribili attraversarono la mente di Maxine Mayfield, facendole dolere il cervello come se un ferro rovente l’avesse oltrepassato, sparato alla velocità di una freccia scoccata, per poi uscire dall’altro lato della testa e volare via. Prima spalancò gli occhi, poi li chiuse e si tenne la testa dal dolore. Sua madre che apriva il collo davanti lei; un fiotto di sangue che le innonda la faccia, finendole anche in bocca mentre urla, strepita, piange. Il cadavere sul pavimento che ride di lei, gioisce di quella tragedia, come un tifoso di baseball al momento del fuori campo.

“Tornerò per te ricordalo! Non puoi scappare, sei mia! MIA!”

Poi il nulla l’apatia, la disperazione più totale, fino a quando non sono venuti loro a risvegliarla.

“Ehi, ehi, tutto bene?! Vuoi che chiamiamo il dottore?!” Riprese la concentrazione: Tom la scuoteva dalle spalle, Jeff affianco a lei.

“No, no! Voi non capite mamma non si è suicidata, c’era un...un uomo...lui l’ha uccisa! L’ha costretta a farlo...” Tom annuí serio.

“Potresti descrivermelo? Era per caso Neil, il tuo ex patrigno? O qualcun altro che conosci?” 

“No, no, lui era...” l’indecisione la paralizzò, spaventandola nella desolante realizzazione di non poter raccontargli la verità: la polizia non poteva dare la caccia a zombie usciti da portali oscuri, che controllano mentalmente la gente.

“Io...io..,” non si rendeva conto di stare singhiozzando le parole, con gli occhi spalancati e la bocca aperta. I due agenti si guardarono negli occhi, poi Tom sospirò, provando una gran pena per la ragazzina.

“Facciamo così, torniamoci altro giorno, così avrai più tempo per pensarci su, ok?”

Lei intanto si era stretta alle ginocchia coperte dal lenzuolo, con quello sguardo stravolto seminascosto con la testa tra le gambe.

“Si...si...va bene...” si dondolava, la sua voce era tornata a quell’incidere patetico, facendo parere agli occhi dei poliziotti che stesse perdendo la facoltà di intendere e di volere. In realtà Max non stava impazzendo: pur essendo ancora scioccata, era in pieno possesso delle sue facoltà mentali. Molto semplicemente, era terribilmente confusa riguardo i recenti eventi, non capiva più cosa stesse succedendo nella sua vita, tutto era assurdo anche per i suoi standard; ma sentirsi a disagio in un mondo senza senso è un segno di sanità mentale. 

Chi era quel, “coso”? Perché diceva che si fossero già incontrati e quando? Perché i ragazzi non l’avevano sentita urlare come una disperata da fuori alla casa? Che cazzo stava succedendo?! Per avere delle risposte, si sarebbe potuta confidare solo con gli altri, solo loro le avrebbero creduta. 

A mezzogiorno, mentre mangiava in camera, giunsero i ragazzi insieme ai Wheeler, i Sinclair e addirittura Joyce con Johnathan a farle visita. Era così felice di sapere che così tanta gente pensava a lei. Ricevette anche una telefonata da suo papà, che in lacrime le disse che era in viaggio e sarebbe arrivato il giorno stesso insieme a zio Ned, che avrebbe guidato per il fratello, che era in uno stato decisamente troppo alterato per un viaggio così lungo; e infine sua cugina Sally, Tommy e Arianna. Alle 13 tutti uscirono per andare a mangiare qualcosa per tornare da lei nel pomeriggio, tranne Undi, che decise di rimanere a farle compagnia. Erano sedute una a fianco all’altra: Jane sulla sedia, e Max nel letto con la schiena poggiata al cuscino. Guardava seria e sconsolata la porta d’entrata della camera. Le immagini della madre che esce sbattendo quella di casa loro e dei Wheeler riaffiorarono: l’aveva lasciata andare via, se avesse insistito sarebbe andato diversamente? Poi però si ricordò di un altra porta: camera di mamma, un buco nero si apre e quell’essere ripugnante sbuca fuori. È stato lui a ucciderla, non lei! 

I suoi occhi si riempiono di rabbia, si morde il labbro, e si gira verso Undi per raccontargli tutto. Accadde però qualcosa di strano: l’amica aveva assunto un’espressione confusa, e guardava a vuoto con gli occhi sbarrati ma coscienti, sbattendo le palpebre come se stesse avendo delle allucinazioni a cui non poteva credere. 

“Ehi, già basto io a dare di matto, che ti prende?” Ma lei non rispondeva; così Max provó a scuoterla da una spalla. 

“Non è divertente! Basta Jane!”

“OWWWW!” Undi sobbalzò con un grido, facendo saltare all’indietro anche Max, decisamente confusa. 

“Wow! Che volo! È stato decisamente più turbolento che con quelle vasche di deprivazione sensoriale.” Max la fissava confusa, l’amica si girò verso di lei e il suo volto si illuminò di felicità e sorpresa.

“MAX! Ti ho trovata subito, che fortuna!” Si lanciò su di lei sopra il letto, abbracciandola e riempiendola di baci sulla guancia. Lei non sapeva come reagire a questa improvvisa, esagerata dimostrazione di affetto. 

“Non sai quanto mi sei mancata! Temevamo fossi morta!”

“Ehm...Jane, eri qui fino a un momento fa, di che stai parlando?”

La ragazza lasciò la presa, sistemandosi sul letto affianco a lei. 

“Ma certo, mi hanno detto che potevi non esserne cosciente qui: ascolta, abbiamo vissuto esperienze decisamente strane, e ti fidi ciecamente di me, giusto?” 

“Ehm...si, certo! Ma arriva al punto, perché non ci sto capendo niente!” 

“Ok, ho una buona notizia e una brutta notizia; partiamo da quella negativa, che però in parte è anche positiva: sei in coma.”

Max rimase in silenzio scioccata. 

“CHE CO-“  Undi la precedette.

“MA, qualsiasi cosa di assurdo e incomprensibile lui ti abbia fatto vivere recentemente, non è successa davvero: era solo nella tua testa!” 

“Aspetta, quindi mi stai dicendo che mia mamma non si è suicidata? È ancora viva?!”

“Esatto!”

“M-ma com’è possibile? Io sono sicura di averlo visto, di avere vissuto tutto quanto: sento il passare delle ore, respiro, mangio, dormo, mi sembra di stare vivendo tutto...”

“Perché è il tuo inconscio che cerca di farti sentire come se fossi fuori dal coma, ma in realtà è tutto soltanto un vivido sogno.”

“E gli altri scusa? Mi parlano, si comportano come se fossero reali; non sembrano i ricordi sbiaditi delle persone che sogni normalmente.” 

“Sono proiezioni mentali delle persone che conosci, o che potresti conoscere, create del tuo inconscio. Io sono entrata nella tua testa coi miei poteri, prendendo possesso del ricordo che hai di me.”

“Un momento, cazzo! Quando, come e perché sono finita in coma?!” Agitava le mani mentre parlava, nervosa nella voce.

“Aspetta, innanzitutto devo chiederti in che mese siamo, mi serve per spiegarti tutto, poi capirai.”

“Dicembre 1985, perché me lo chiedi? Non è lo stesso anche la fuori?!”

“No, perché ad aprile 1986, abbiamo scoperto che il Mind Flayer, altro non era che un ex esperimento di mio padre; un ragazzo dai poteri paranormali come me, che feci finire nel sottosopra. Lo chiamiamo Vecna.”

Quel nome rimbombò nella sua testa, accompagnato come una colonna sonora dal rimbombo di un orologio a pendolo, lo stesso del falso suicidio di sua madre. Era lui.

“L’ho visto, in sogno qui nel coma: é stato lui a farmi credere che mia mamma sia morta! Quel bastardo!”

“Vedi Max, nel mondo reale, lui...ti ha come posseduta. Io ho cercato di venire in tuo aiuto, ma era troppo forte...”

“Undi, dimmi cosa mi ha fatto è non mentire!” 

“Ok, a lui servivano cinque vittime per aprire un portale tra il sottosopra e Hawkins per invadere il nostro mondo. Tu eri la quinta: ti ha rotto le braccia, le gambe, ti ha lussato ma non rotto il collo, perché l’ho interrotto io. Sanguinavi dagli occhi, non sentivi più niente e poi sei caduta in coma mentre Lucas ti stringeva tra le sue braccia. Non sei morta soltanto perché ti ho fatto ripartire il cuore, coi miei poteri.” 

Max era allibita, veramente era successo tutto questo è non se lo ricordava? 

“Tranquilla però, non sei in pericolo di vita e tutte le tue ossa sono guarite. I dottori dicono anche che sei stata solo temporaneamente cieca dallo shock, ma una volta sveglia vedrai benissimo.” 

“Ma allora, da quando gli eventi che ho vissuto qui hanno smesso di essere veri, ed é stato solo un sogno?”

“Da quando sei entrata quel pomeriggio in casa tua per rivederti con tua mamma: nella realtà, quel giorno vi siete rincontrate, avete parlato un po’ e poi lei ci ha invitati dentro per assaggiare i biscotti che aveva appena sfornato. É stata una bella giornata!” Max sospirò dal sollievo, rammaricata solo di non ricordarselo. 

“Tutto quello che hai visto qui, dopo che sei entrata in casa sono ricordi falsi. Nella realtà passarono mesi, i tuoi si sono rivisti qui ad Hawkins e hanno fatto pace”. Max si alzò con le spalle illuminata in volto 

“Ma no, mi dispiace deluderti ma non vivono di nuovo insieme”. Si riabbassò, delusa. 

“Ma tranquilla, lui è venuto a trovarvi un po’ di volte con amici e parenti di Los Angeles così li abbiamo conosciuti. Nei mesi successivi io e Will siamo tornati in California, in attesa del ritorno di papà, che alla fine è uscito da quel gulag grazie a un rocambolesco piano di Joyce e il suo amico agente segreto. Voi siete tornati a scuola qui; mi hanno detto che tu hai ricominciato a stare un po’ male, ma non per problemi economici, ma eri depressa per il ricordo di Billy. Vecna ha sfruttato ad aprile questa cosa per attaccarti, ed eccoci qui.”

Per Max tutto questo era molto da metabolizzare tutto insieme, e dopo qualche secondo di smarrimento iniziò a piangere coprendosi il viso con le mani. Jane la abbracciò cercando di consolarla.

“Ehi, è tutto a posto, sono venuta qui per risvegliarti...”

“Ohh...da quanto tempo sono in coma?”

“Soltanto un mese: siamo a maggio, ora ti risvegliamo, un mesetto di fisioterapia e avremo tutta l’estate da goderci insieme.”

La ragazza sembrava starsi calmando: annuiva asciugandosi gli occhi.

“Non voglio morire Jane! Voglio vivere, non voglio più essere così triste, voglio vivere! Voglio fare un mucchio di cose insieme a voi!”

“Ma certo: se lui non riuscisse a ucciderti, Vecna sarà sconfitto e questo incubo sarà finito; tu salverai il mondo risvegliandoti e potremo finalmente goderci la vita...”

“Come hai fatto a entrare nella mia testa?”

“Oh oh adesso arriva la parte divertente. Abbiamo escogitato tutti insieme un piano:  io coi miei poteri ho “scavato” nella tua mente, con mia mamma che coi suoi mi fa da “satellite” per potenziarmi e rendermi più facile il lavoro, e infine Will, che col suo “senso di ragno” mi avverte dove Vecna sta muovendosi nel tuo sogno.”

“Aspetta, come?! Tua madre non era paralizzata su una sedia a rotelle?!”

“La sua testa funziona ancora: l’abbiamo portata nella tua camera d’ospedale, e tenendoci per mano tutti e tre, in tranche siamo entrati nella tua testa. Può sentirti anche ora, mamma, di qualcosa a Max!” La voce di una donna si fece strada nella sua testa.

“Ciao Max! Sono la madre di Jane, mi ha parlato molto di te!” La rossa rimase in disibilio, a bocca aperta: questa era la prova che tutto quello che le aveva detto finora fosse vero!

“Ehm...salve signora, piacere di conoscerla, eheh!”

“Ciao Max! Mi dispiace molto per cosa ti è successo, quando ti abbiamo vista per la prima volta, conciata in quel modo con le braccia e gambe fasciate e il collare ortopedico al collo, abbiamo pianto tutti.” La voce di Will fece la sua comparsa.

“Will...sei veramente tu?!”

“Si Max, siamo tutti qui.” 

Undi le prese le mani.

“Sono tutti qui: intorno a te, nel letto d’ospedale. Riusciamo a comunicare con te solo io, mamma e Will, perché siamo gli unici con una sorta di potere o percezione ultra sensoriale, ma puoi sentire gli altri; dai fatevi sentire!”

“M-Max! Mi dispiace così tanto, oddioooh! Io ed Erika abbiamo provato di tutto quella sera, ma non sapevamo cos’altro fareeeh...” sentiva nelle orecchie l’inconfondibile voce di Lucas, spezzata dal pianto.

“Lucas! Non è colpa tua, ti amo, ti amo, ti amo con tutta me stessa e quando uscirò da qui te lo dirò: cento, mille volte!”

“Max, si che ce la farai perché sei la ragazza più tosta che conosci; ok, la seconda dopo Undi. Ma comunque sei più che abbastanza forte per fare il culo a quel figlio di puttana!” Mike.

“Signorino, va bene l’entusiasmo, ma cos’è questo linguaggio?!” La signora Wheeler.

“Eravamo entrati nel suo nascondiglio del sottosopra e a dargli fuoco; ma per qualche motivo è ancora vivo. Sono sicura che tu e Jane lo sconfiggerete!” Nancy.

“Max, io...non so che dire...ho sempre cercato di proteggervi, come dei fratelli minori...ma, ma questo...” Steve, rotto dal dolore.

“Oh poverino, dai ci penso io a dirglielo. Ehm qui Robin, quello che voleva dirti Steve è che gli dispiace di non essere riuscito a proteggerti; ma non capisce che non è dio sceso in terra, e per quanto si sforzi di fare “Action Man”, come tutti noi mortali non è perfetto, quindi non è colpa sua. Comunque! Ho sempre saputo che sei una tipa in gamba, quindi in bocca al lupo e dacci dentro!” La parlantina di Robin non necessitava presentazioni.

“Max! Quando Undi e Will mi hanno spiegato cosa volessero fare ho pensato “wow! Questa roba è decisamente più fuori di testa di qualsiasi campagna di D&D, o di un film di Cronemberg sui telepati tipo “Scanners”. Ma ora che loro sono con te, sono sicuro che andrà tutto bene! Qui Dustin passo e chiudo! Eheh”.

“Bimba, non posso essere lì a sparare a quel demonio con la mia magnum, ma mia figlia ha proiettili in canna ben più letali!” Hopper, ritornato dalla Siberia.

“Maxine...mamma ti vuole bene, non ce l’ho con te, anzi, avrei dovuto esserti più vicino. I tuoi amici mi hanno raccontato tutto; oddio Bart...” sua mamma venne interrotta dai singhiozzi. 

“Non preoccuparti tesoro, ci penso io ok? Ciao amore di papà, io e mamma siamo qui con te e ti rimarremo vicini fino a quando non sarà finita tutta questa storia. Quando hai fatto il culo a Neil quel giorno, ho capito che hai preso il meglio di noi. Va e dalla pagare a quel mostro!” I suoi genitori, finalmente insieme per lei.

Max voleva piangere dalla gioia, ma non lo fece, perché la determinazione di svegliarsi, incontrarli e vivere la fece concentrare sull’obbiettivo. 

“Undi, ringraziali tutti da parte mia!”

“Ma certo, ehi! Vi ringrazia e vedo dal suo volto che le vostre parole l’hanno incoraggiata!” 

“Ok, spiegami il piano!”

“Ora arriva la parte forte: vedi, qui dentro se sei determinata e convinta di riuscirci, e so che lo sarai; puoi controllare la realtà!”

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Stranger Things / Vai alla pagina dell'autore: lo_strano_libraio