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Autore: Jigokuko    12/11/2022    0 recensioni
{FE Three Houses - Post Crimson Flower}

"Se anche dovessi venire sconfitto, la stirpe dei Blaiddyd andrà avanti."

Le parole di Dimitri scambiate con Rhea celavano un segreto.
Prese Fhirdiad e la vita della Purissima, Edelgard ne viene a conoscenza; invece di distruggerlo, lo porta con sé e lo condivide con il popolo sotto mentite spoglie.
Ma commette un grave errore e le sue bugie vengono a galla.

Non si può impedire ad un fulmine di scatenare la propria luce.
Genere: Angst, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Byleth Eisner, Dimitri Alexander Blaiddyd, Nuovo personaggio
Note: Kidfic, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Fulmine Sanguinolento - Il Leone che si credette un'Aquila
 

16

Children of the Sun


Le parole di Ephraim gli erano entrate dritte nel petto ed ora stavano ardendo al suo interno, molto più dell'acqua bollente che quella maledetta pazza si divertiva a buttargli addosso tutti i santi giorni. Se non avesse avuto quel potere rigenerante, chissà come sarebbe stato ridotto il suo intero corpo a quel momento. Non voleva pensarci.
Lei venne da lui per la prima volta quella mattina, già pronta a mettergli le mani addosso e a fargli chissà quali angherie; ad occhi chiusi la sentiva canticchiare, sembrava felice... brutto segno, o forse poteva usare la situazione a suo vantaggio.

- Mio caro Benedikt... – Gli si inginocchiò davanti, accarezzandogli il viso con le mani. – presto dovremmo separarci, quanto vorrei che il nostro sogno d'amore possa continuare per sempre. Ma, purtroppo, anche le cose belle arrivano ad una fine. – Tolse la catena dal gancio, lui schiuse gli occhi e la guardò con iridi vuote. – Fortunatamente, il marchese sarà così gentile da regalarmi i vostri occhi. Mancano solo tre giorni, ma quella gola... quella gola rimane intatta, la voglio tagliare, recidere la sua pelle di porcellana...-

Lui la guardava, zitto. Era al suo limite, lo percepiva, sembrava una bomba sul punto di esplodere.
Fingendo uno svenimento, si accasciò finendo per appoggiare la fronte contro la sua, dandole una vista migliore del suo bellissimo collo attraverso tutto quel ferro. Sentì chiaramente la pelle di lei avvamparsi -gli fece ribrezzo- e le sue dita gelide infilarsi in quella piccola fessura dovuta alla larghezza del collare.

- Sembrate più stanco del solito, oggi, mio principe... e poi siete sedato... forse, potrei... – Fallo, FALLO. – manca pochissimo, non posso mandarvi a morire prima di essermi liberata di questo sfizio.-

La giovane lo prese per le spalle ed appoggiò il suo corpo esanime contro il muro poi, con la chiave che aveva al collo, sbloccò la serratura e l'oggetto cadde sul pavimento con un suono metallico.
Non appena ciò accadde, entrambi i Segni si attivarono, uno infondendogli una forza sovrumana e l'altro iniziando a curare ogni stanchezza ed affaticamento nel suo corpo.
Marle nemmeno se ne accorse, con un singolo movimento Aleksei spezzò le manette dietro la sua schiena, con una mano la prese per il collo, l'altra le afferrò il volto e, in un istante, la sua testa esplose sotto la sua presa. Il principe si strappò anche le catene ai piedi e si alzò come se niente fosse, nessun rimpianto.

- E comunque, il mio nome è Aleksei Irek Blaiddyd.

Ksenia era contenta di avere i tre fratelli -soprattutto Thamiel, del quale si fidava maggiormente- dalla loro parte, non si aspettava di ricevere aiuto da Agartha, ma Mitja aveva ragione: lo stavano facendo per vendetta contro l'Impero e, molto probabilmente, in futuro sarebbero riemersi di nuovo dalle viscere della terra.
C'era però qualcosa che continuava a tormentarla nel profondo, che ancora non aveva mandato giù: Fhirdiad.
Suo padre doveva sapere qualcosa, eppure non gliene aveva mai parlato, forse per proteggerla o semplicemente perché nasconderle una cosa simile andava bene per il suo tornaconto personale. Non poteva stare zitta a riguardo perciò, mentre percorrevano a piedi il tragitto che conduceva al teletrasporto per Shambhala, decise di porgli la fatidica domanda. Loro due erano in testa al gruppo, accanto a lei Thamiel.

- Padre, prima di tornare da voi, sono andata a Fhirdiad, o a ciò che ne rimaneva. Cos'è successo? Perché il simbolo di Agartha è marchiato a fuoco sul terreno dove un tempo sorgeva la città?-
- Ordini dell'Adrestia. L'imperatrice ci obbligò a sigillarla permanentemente, appena il lavoro fu concluso tentò di sterminarci tutti.-
- Sigillarla?! Allora esiste ancora? Come si spezza il sigillo?-
- È impossibile, l'ho creato in modo che non si possa mai più aprire, scordati di tornarci.-
- Ma— per favore, io devo tornare a Fhirdiad, nella mia casa, la casa di mio figlio...-
- Anaxagoras, non comportarti come una bambina, non hai più l'età adatta.-
- Io...-
Il ragazzo albino le mise una mano sulla spalla, sorridendole.
- Myson, non credo che tu sia nella posizione di mentirle. Ti trovi davanti al futuro re di Agartha e, come tale, ti ordino di spezzare quel sigillo. Lo hai creato tu stesso e, se anche al momento non ci fosse, voglio, pretendo che si trovi il modo. Pena la morte qualora non dovessi soddisfare il mio desiderio.-

L'uomo guardò il principe con il suo occhio azzurro. Sorrideva, ma sapeva che faceva sul serio. Per sua sfortuna, quel dannato ragazzino aveva un debole per sua figlia fin da quando era un bambino; aveva sempre pensato di poter sfruttare la cosa a suo vantaggio, ma al momento sembrava esserglisi ritorta contro.
Sospirò, ormai era inutile puntare i piedi. Non voleva morire.

- ... Un modo per riaprire le porte di Fhirdiad c'è: – Il suo sguardo si spostò sulla donna. – e sei tu, figlia mia. Tu stessa sei la chiave che può spezzare il sigillo, ma ti serve la reliquia che l'Impero ha rubato al cadavere del re: Areadbhar. Presi questa misura per sicurezza e come atto di ribellione. Ma davvero, non voglio che tu veda la città. Il modo in cui era ridotta...-
- Non importa, io devo tornarci... e restituire al Regno la sua capitale ed il suo principe perduto.-

Più indietro, i membri restanti del gruppo seguivano il trio. Sera e Artemiya camminavano strette l'una all'altra, per niente sicure di potersi fidare di quei due accanto a loro, soprattutto del tizio alto e dalla faccia serissima. La ragazzina senza nome, invece, sembrava essersi concentrata proprio su Sera; la fissava con i suoi occhioni neri e ne era ampiamente interessata.

- ... Che bei capelli. – Esordì dopo un bel po', allungando la mano ai suoi riccioli castani e tirandoli leggermente per vedere l'effetto "molla". – Li voglio anche io così. Anche il colore della tua pelle, non l'avevo mai visto.-
- Ehm... vi ringrazio...-
- Sono Yolandi. Piacere. – Nessuna delle due seppe rispondere "anche per me", dopotutto si trovavano davanti ad un'agarthea. – Sembrate entrambe così impaurite. Non vi mangiamo di certo— non io, almeno.-
- Mi dispiace, Altezza. – Artemiya prese la parola. – Non volevamo essere scortesi, è solo che il vostro popolo viene sempre dipinto in maniera negativa, in superficie.-
- Non tutti gli agarthei sono dei mostri rapitori di bambini e scienziati pazzi come Myson, il nostro è in realtà un popolo oppresso e costretto a vivere sottoterra dai figli della dea, spesso per futili motivi come una diversa religione. Non si può fare di tutta l'erba un fascio. – Si avvicinò a Sera, sussurrandole all'orecchio. – Malkuth è uno dei mostri, non fidatevi.-

Aleksei uscì dalla cella lasciandosi il corpo macellato della donna alle spalle. Le sue mani grondavano del suo sangue, ne aveva anche sul petto e sul volto. Ci volle poco per incontrare la prima guardia.
Quando lo attaccò, prese anch'essa per il collo e glielo spezzò facilmente. Continuò a combatterle a mani nude finché non ne incontrò una con una lancia e gliela rubò, iniziando a mietere vittime ancor più in fretta. Gli tornarono in mente gli insegnamenti di Artemiya, lo stile dei Blaiddyd; usarlo in combattimento, con forza, era tutta un'altra storia... le teste volavano e, presto, il sangue della sua aguzzina si mescolò con quello di decine di altre persone.
Una freccia gli si piantò dritta nella spalla sinistra, ma senza battere ciglio se la strappò di dosso e la scagliò al mittente, centrandolo in fronte e spaccandogli il cranio. Uccideva i suoi assalitori senza guardarli in volto; sapeva di conoscere anche solo di vista tanti di loro, ma non poteva soffermarcisi sopra, ormai era nemico mortale dell'Impero, doveva andarsi a riprendere Areadbhar.
Riuscì a seminare i soldati ed avere finalmente un momento libero per pensare e riflettere sulle parole di sua madre.
Chiuse gli occhi, focalizzandosi sul suo battito cardiaco, cercando con tutti i sensi una via per il sotterraneo indicatogli da Ephraim. Quando li riaprì, una sensazione mai avuta prima lo pervase e decise di seguirla -non che avesse alternative, presto lo avrebbero trovato anche i corazzati-. Percorse i corridoi costantemente in allerta con la lancia rubata stretta tra le mani -nonostante fosse d'argento, essa era però vicina a spezzarsi, non sarebbe durata molto-. Mentre scendeva una rampa di scale, però, uno dei corazzati di ronda lo avvistò ed esortò i compagni ad inseguirlo.
Non poteva stare lì a combattere e sprecare tutta l'adrenalina in corpo, perciò prese a correre più veloce che poteva, quasi senza una ragione. Non sapeva più dove andare, né se si stesse avvicinando o allontanando dall'obiettivo.
Lo avevano quasi raggiunto, finché, ad un bivio, non vide una figura in armatura bianca, acefala, puntare il dito verso destra. Non aveva bisogno di farsi domande, né di maledire suo padre per non essersi più manifestato da quando l'aveva fatto parlare con sua madre, seguì solamente la direzione indicatagli finché non vide un portone chiuso. Normalmente non l'avrebbe mai fatto, ma ci si lanciò contro con una violenza tale da scardinarlo e buttarlo giù. Successivamente, si voltò e scagliò un potentissimo Thoron contro i suoi inseguitori, friggendoli all'istante.
Raccolse da un cadavere la sua fiaccola, ma non appena guardò nella stanza capì che sarebbe servita a poco.
Al suo centro c'era un'enorme stele di pietra ed incatenata ad essa una lancia. Era più grande di lui, l'asta in un metallo grigiastro, la punta aveva una forma particolare, sembrava davvero una zampa in osso. Brillava di una luce incandescente ed emanava energia propria.
Il giovane si avvicinò e, quasi con timore, la toccò; nello stesso istante sentì qualcosa di estremamente potente pervaderlo. Strappò le catene che la tenevano imprigionata e, tenendola finalmente tra le mani, i loro cuori si allinearono e la sua forza gli fluì nel corpo come il mare in tempesta. Areadbhar stava urlando, era adirata, bramava sangue e voleva che fosse lui, unico umano compatibile sulla faccia della Terra, a nutrirla.
In quel momento non era nella posizione di negarglielo, entrambi erano stati chiusi per vent'anni in una gabbia... era ora di uscire.

Avere Areadbhar in suo possesso lo metteva altre dieci spanne sui nemici; con essa la potenza dei suoi attacchi si era triplicata e non doveva preoccuparsi del suo Segno ogni qualvolta si attivasse, l'arma resisteva perfettamente ai suoi picchi di forza e, anzi, lo accompagnava per renderlo ancor più letale. Riusciva ad usare facilmente anche quella tecnica inventata con Artemiya, elettrificando la lancia per scagliare attacchi lontani o folgorare chiunque ne venisse a contatto.
Seguendo le istruzioni del Generale von Gerth, stava risalendo dalle viscere del castello fino al punto più alto, la sala del trono. Non sapeva se fosse la giusta mossa buttarsi nelle grinfie dell'imperatrice, ma di lui si fidava e, se gli aveva lasciato prendere la reliquia, allora non poteva mentire.

Era da tanto che Hans non tornava a casa e, di certo, non sarebbe voluto essere lì per assistere ad un'esecuzione. Non sapeva di chi, ma sembrava davvero importante data la richiesta della sua presenza.
Lo avevano prelevato con urgenza dal Garreg Mach pochi giorni prima ed ora, stanco e provato dal viaggio appena svolto, si trovava al cospetto della madre, con la quale stava conversando. Si aspettava di trovare anche suo fratello ad accoglierlo, ma di lui neanche l'ombra.
Si divertiva sempre a prenderlo in giro ed a fingere di odiarlo, ma il giovane sapeva che non lo avrebbe mai evitato di proposito.

- Madre, dov'è Benedikt?-
- Non è qui, si trova in viaggio.-
- Davvero...? Dov'è andato, perché lui non assisterà, mentre io sì?-
- Abbiamo preso questo criminale da poco e, data la sua pericolosità, abbiamo deciso di abbreviare il rito. Purtroppo tuo fratello si trova molto a nord, per farlo arrivare qui ci sarebbe voluta un'eternità.-

Avrebbe voluto farle altre domande, ma la loro rimpatriata venne interrotta da un cavaliere che, allo stremo delle forze, comunicò loro che nelle prigioni si era svolta una strage e che il carnefice si stava dirigendo proprio lì, con la forza di un toro ed un'arma incendiata in possesso.
Edelgard scattò in piedi come una molla, Yagrush già pronta in mano; da quando la reliquia era stata fabbricata a partire dal cadavere della Purissima, non aveva mai avuto modo di usarla... sembrava che, dopo vent'anni, fosse finalmente arrivato il suo momento.

- Hans, devi andartene da qui. Quell'uomo è estremamente pericoloso.

Il principe non fece in tempo ad ascoltarla che, una figura imbrattata di sangue dalla testa ai piedi, fece il suo ingresso nella sala del trono, scagliandosi dritta verso sua madre. Aveva con sé una lancia gigantesca ricoperta di fuoco e scariche elettriche con cui attaccò la donna, la quale riuscì a bloccarlo con l'ascia.
I suoi occhi blu seguirono lo scontro, il corpo incapace di muoversi. Sembravano alla pari, ma quell'uomo mostrava una parvenza di fatica e, dopo poco, si mostrò chiaramente in svantaggio. Ma in lui c'era qualcosa di familiare.
Lo guardò meglio.
Capelli biondissimi, lunghi fino al bacino, molto alto, pelle -quella poca non sporca di sangue- bianca, occhi di ghiaccio.
...

- BENEDIKT?!

Urlò di colpo il suo nome, ma entrambi furono sordi al richiamo. Continuavano a duellare in silenzio, ogni colpo sempre più violento, le reliquie sempre più luminose.
L'unica soluzione che gli venne in mente fu quella di buttarsi in mezzo a loro in un tentativo di separarli e, per sua fortuna, i due si fermarono immediatamente.
Hans guardò prima Edelgard e poi il fratello maggiore, sconvolto dalle sue condizioni disumane – non sapeva come fosse riuscito a riconoscerlo, di lui non c'era neanche l'ombra. Tutti i suoi vestiti perdevano gocce scarlatte, era a piedi nudi, spettinato...
Fece un passo in avanti e gli appoggiò le mani sulle spalle, guardandolo in quegli occhi gelidi ‐anche più freddi del solito, vuoti-.

- Cosa... cos'è successo...?

Aveva paura a dirlo, forse dentro di sé sperava di ricevere una risposta differente da quella ovvia: il prigioniero era lui. Ma perché?
Lui ricambiò lo sguardo ma, invece di parlare, gli mise la mano libera dalla lancia sulla schiena e lo tirò a sé, abbracciandolo in silenzio.
Hans voleva delle risposte, non vedere metà della sua famiglia combattersi in modo così feroce. Strinse il corpo del fratello più forte che poté, non curandosi del rosso che si stava trasferendo anche ai suoi vestiti. Gli era mancato così tanto...
Nemmeno Aleksei sarebbe voluto arrivare ad un punto simile, erano state le circostanze a metterlo in una posizione tale da fargli ammazzare mezza guardia reale, chissà quanti soldati semplici ed attaccare a testa bassa la donna che lo aveva cresciuto.
Si separarono ed Areadbhar divenne meno luminosa.

- Dovresti fare queste domande a tua madre, chiedile perché prima ha rinchiuso il figlio del fratellastro che ha ucciso in una gabbia e poi, quando esso ha voluto la sua libertà, ha deciso di metterlo alla gogna. Chiediglielo, Hans.-
- Io... io non capisco, Bennie, cosa—-

Il rosone sul soffitto esplose ed una gigantesca figura si infilò nel foro con prepotenza. Sembrava una viverna, ma non lo era affatto, quello era un vero e proprio drago.
Atterrò con tutto il suo peso sul pavimento di marmo ad ali spiegate, facendo tremare l'intero palazzo tanto forte da dare una parvenza di crollo. La bestia era totalmente nera, il muso grosso ricoperto di squame e pelliccia; sei corna svettavano sulla sua testa, un occhio rosso ed il destro reso cieco e lattiginoso da una grossa ferita cicatrizzata in modo grossolano. Il collo era lunghissimo e le ali sembravano quelle dei pipistrelli, con la pelle che in controluce lasciava intravedere la struttura ossea all'interno. Quando si posò a terra aveva volontariamente separato Aleksei dai due con l'ausilio della zampa anteriore sinistra, enorme, magra ed artigliata.
Il biondo si accorse però che la creatura aveva in sella un cavaliere. Era un giovane uomo, forse suo coetaneo, con pelle e capelli bianchi come il latte ed iridi sanguinolente. Era vestito con un'armatura viola e, con un sorriso innocente in volto, gli stava tendendo la mano guantata di rosso. Non sapeva chi fosse, ma quel gesto gli fece riaffiorare le parole del generale: "Qualcuno ti tenderà la mano".
... E sia.
Tenendo ben salda Areadbhar, accettò l'invito dello sconosciuto, il quale lo tirò in sella al drago e lo fece posizionare dietro di lui.
La bestia spiegò le ali e, con un unico battito, si librò in volo ed uscì da dov'era entrato. Volarono per un po', ma in corrispondenza del bosco essa iniziò a planare e, prima di impattare contro gli alberi a causa della sua stazza, iniziò a rimpicciolirsi. Quando i due giovani piombarono sul manto d'erba, davanti a loro si era palesato un uomo.
Era alto, molto magro, dalla pelle chiara. Aveva i capelli di un biondo verdastro che si intensificava verso le punte, legati in una treccia mescolata con un nastro bianco ed uno rosa ed arrotolata attorno al collo come una sciarpa. L'occhio sinistro era verde scuro, il lato destro del viso attraversato da una grossa cicatrice e l'iride biancastra, le sue orecchie erano a punta.
Si tolse il mantello che aveva sulle spalle e subito lo mise in testa all'albino, coprendolo dai raggi del sole mattutini.

- Altezza, come state?!- Sembrava tremendamente preoccupato. "Altezza"? Era un principe, quel tizio?
- Ti ringrazio... – Lui ansimava, stropicciandosi gli occhi. – Ho pensato che la mia pelle avrebbe preso fuoco da un momento all'altro, non vedo più nulla...-
- Vi avevo detto di non uscire con tutta questa luce, siete estremamente sensibile ad essa.-
- Lo so, ma la Luna Crescente aveva previsto questo specifico arco della giornata, se fossimo arrivati stanotte il principe sarebbe potuto essere morto!-
"Luna Crescente"...?!
- Scusate— – Aleksei li interruppe, ancora ampiamente rintronato dalla caduta e da tutto quel combattere. – chi diamine siete, voi due?- Nonostante fosse seduto a terra, la sua mano rimaneva salda su Areadbhar.
- Oh—! – Il tizio si alzò in piedi. Era ridicolo con quel telo sulla testa. – Il mio nome è Thamiel, secondo principe e futuro re di Agartha, mentre lui è Behemoth il Notturno, mio fedele attendente. È un piacere fare la tua conoscenza, Aleksei Irek Blaiddyd... hai gli stessi occhi di Ksenia, quel meraviglioso azzurro ghiaccio. Vorrei dirti anche quanto somigli alla mummia del defunto re, ma il tuo viso è talmente una maschera di sangue da risultarmi impossibile capirlo.- Ridacchiò. Il drag— uomo si preoccupò di tenergli il capo coperto mentre si muoveva.
- Agartha...? Perché mai il principe ereditario in persona dovrebbe aiutarmi, rischiando addirittura la vita?-
- Ordini dal re. Va pazzo per il sangue di tua madre, Myson gliene ha offerto un po' e, senza battere ciglio, ci ha spediti a Shambhala per contribuire alla causa. Stupido vecchio.-
- Non dovevi venire a prendermi se non ti andava.-
- Stai fraintendendo: sono stato io ad offrirmi volontario, Ksenia è molto importante per me, non voglio vederla soffrire di nuovo.-
- Voi vi conoscevate già...?-
- Vent'anni fa ha vissuto nella reggia di Agartha per qualche tempo e si è presa parecchio cura di me. Ero molto piccolo, ma mia madre già pretendeva da me fatiche indicibili a causa dell'albinismo... lei mi consolava spesso, la consideravo come il mio vero ed unico genitore. Salvare la vita della persona più importante per lei è il minimo che possa fare per ripagarla.-
- Per quale motivo dovrebbero chiederti di faticare a causa dell'albinismo? Non è una patologia in parte invalidante?-
Epimenides. – Fece una pausa, trattenendo la risata. – Pensano che io sia la reincarnazione di questo agartheo, albino anch'esso, che combatté contro i draghi un millennio fa. Il fatto che io abbia ereditato il Segno delle Fiamme dopo secoli nella famiglia mi rende una specie di divinità salvatrice agli occhi del mio popolo. La verità? Sono solo un tizio malaticcio, soggetto ad infezioni e che rischia di bruciare ed accecarsi alla minima luce del sole.
Sono il secondogenito del re, eppure sarò io ad ereditare il trono, l'ho rubato a mio fratello e questo mi fa sentire in colpa.-

Aleksei non si aspettava che un agartheo, dopo tutte le storie sentite, fosse una persona del genere. Pensava fossero tutti dei pazzi che si divertivano a sperimentare sugli innocenti, ma quel Thamiel sembrava tutt'altro, forse più sincero e gentile di tanti altri nobili con cui aveva avuto a che fare.
I tre decisero di aspettare il calar del sole nascosti nel bosco -difficilmente sarebbero venuti a cercarli, con tutti i soldati uccisi e l'enorme danno fatto alla struttura della reggia-, e partire verso Shambhala, dove il resto del gruppo li stava aspettando.
Il principe si lavò il sangue da pelle e capelli in uno specchio d'acqua, ma per i vestiti non c'era molto da fare.
La luce stava venendo meno, il momento si avvicinava.


Spettacolare illustrazione della mia amica Goldah. Seguitela su instagram: solarockk

   
 
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