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Autore: Scarlett Queen    14/11/2022    2 recensioni
[Murcielago]
Una piccola one-shot sui due personaggi migliori di questo folle manga di tette, morti truculente, misteri inquietanti e altre tette!
I protagonisti qui sono Kuroko Komori, una "carnefice di stato" e Tougo Mitsurugi, il suo responsabile della prefettura immaginaria di Tokyo Ruruie. Nello specifico, mi sono immaginata un futuro alternativo alle vicende dell'arco narrativo di Insumasu.
Difatti, Tougo si risveglia una domenica mattina dopo aver fatto, forse, il più grande errore della sua vita e la stessa Kuroko non sa bene, alla fine, cosa prova davvero nei confronti del detective...è certo però che due persone tanto diverse avranno qualcosa da dirsi e forse, chissà...capiranno qualcosa in più su cosa vogliono davvero e quale sia la vera natura dei sentimenti che li legano in maniera così forte.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: OC
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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  Com'era successo? Qual'era stata la bizzarra catena di eventi che lo aveva portato a quel momento? In quale momento della sua vita aveva ceduto ad un qualcosa di simile? 
   La mente del poliziotto era in subbuglio, il suo corpo era in subbuglio. Se ne stava sul letto a casa sua, la schiena poggiata contro la testiera a lambiccarsi il cervello cercando, quasi disperatamente, un senso a quello che aveva appena fatto...e a quanto gli fosse piaciuto farlo. Si portò la sigaretta alle labbra, fece scattare la fiamma dell'accendino e l'accese coprendola con la mano destra, prendendo poi una boccata per far attecchire il fuoco. Quando l'estremità si colorò di un arancione accesso si mise in piedi, nudo così com'era venuto al mondo e aggirò il letto per aprire la finestra. Il bagliore del mattino inoltrato filtrava attraverso le alette delle ante esterne e la plastica color legno era calda per il sole. Prese un profondo respiro e le schiuse appena, lasciando filtrare la luce e buttò fuori il fumo. Alle sue spalle sentì un debole mugolio e si voltò, osservando la donna distesa sul letto, con le leggere lenzuola gettate sul corpo, quel maledetto corpo così freddo, crudele... così dolce che lo aveva accompagnato a lungo mentre riscopriva il sapore, l'odore e il calore, anche se gelido, dell'abbraccio di una donna. Fu tentato per un attimo di spalancare la finestra, ma poi scosse il capo, richiudendola e si mosse in punta di piedi recuperando i boxer da terra.
   La donna si agitò debolmente, girandosi su un fianco e facendo ricadere pesante il braccio sinistro dal suo lato del materasso, biascicando qualcosa nel sonno. La osservò un attimo, guardando quel viso innaturale, quel seno così abbondante, eccessivo, morbido, la città stretta, i fianchi, la curva delle natiche sotto le lenzuola e le lunghe gambe. Aveva il suo sudore attaccato addosso, ricordava la sua saliva durante quei baci grotteschi... irresistibili e quelle dita che lo toccavano, gelide, come spirali di un serpente di ghiaccio. E per quanto se ne dannasse, sapeva che tutto quello era stato solo... estremamente eccitante. Andò in bagno, gettando la sigaretta nel cesso e facendo scorrere l'acqua e guardò la propria immagine riflessa nello specchio. I capelli neri erano attaccati fra loro, inzaccherati, gli occhi rossi, ma le occhiaie erano sparite e anche l'emicrania che lo tormentava da quando erano tornati da Insumasu. Prese un profondo respiro, aprì il rubinetto dalla parte dell'acqua gelida e si sciacquò il volto con foga. Se chiudeva gli occhi riviveva la notte appena trascorsa, risentiva tutto e tremava mentre il suo membro pulsava contro la stoffa. "Ero ubriaco...lo eravamo entrambi" si disse, ma anche se era vero, anche se non poteva che fossero propriamente padroni di sé stessi, non poteva negare quanto, alla fine, si fosse sentito come rinato. "Fanculo, fanculo tutto, è stato un errore...solo un errore, dannazione!" imprecò mentalmente sbattendo il pugno destro contro il lavandino, facendo vibrare pericolosamente. Tese l'orecchio, ma dalla camera da letto non giungevano altri suoni, doveva essere profondamente addormentata. "Io...lei, merda, merda" si premette il palmo contro la fronte e si diresse in cucina svolgendosi nell'accappatoio, attraversando il corridoio che separava gli ambienti della casa. Era piccola, quasi scomoda forse...ma per lui era sempre andata bene, da quando era rimasto solo non aveva avuto più bisogno di molto spazio, né di renderla particolarmente presentabile. Non che fosse sporca o in disordine, ma sua moglie avrebbe detto che mancava un tocco femminile.
   Aprì lo sportello del frigo, prese la confezione di uno yogurt senza badarci, strappandone il rivestimento in alluminio colorato e cercò in una delle credenze una confezione di cereali; era domenica, non era di turno, andava tutto bene, poteva rilassarsi...rilassarsi? Con quella donna nella sua camera da letto? Sorrise mestamente, aprì la porta che dalla cucina portava sul retro, doveva aveva un piccolo orticello recintato con una sdraio e vi si buttò sopra, con i piedi nudi contro il prato incolto e si portò un cucchiaio di colazione alla bocca. Ruruie era sonnecchiosa quel mattino d'estate, il caos metropolitano sembrava ancora assonnato, come lui e sentiva persino io canto di qualche volatile sugli alberi o nei nidi delle grondaie. Assorto nei suoi pensieri, ancora intento a cercare un senso a quanto era successo non sentì che la dona si alzava dal letto, non la sentì muoversi per la stanza e indossare le mutandine che aderivano al corpo, non la sentì indossare con uno sbuffo la camicia sopra al seno nudo, lottando con i bottoni che non volevano chiudersi e non la sentì camminare verso la cucina, massaggiandosi l'occhio sinistro con la mano. Non la sentì, ma la scorsa con la coda dell'occhio sulla soglia della cucina, con le braccia intrecciate sotto al seno, i lunghissimi capelli neri che arrivavano sino ai polpacci e quegli occhi, quegli occhi spettrali puntati contro di lui, spilli neri in un mare bianco.
   «Io... Sono un idiota, un idiota enorme!» sbottò alla fine Tougo lanciando la confezione di yogurt contro la staccionata, alzandosi in piedi e portandosi una mano alla testa, grattandosi con forza il cuoio capelluto con le unghie. «Non ho idea di come sia potuto succedere va bene? Il tuo è stato un colpo basso Komori» disse alla fine sbattendo le braccia lungo i fianchi e scuotendo il capo, evitando di guardarla negli occhi. «Mi devi una spiegazione adesso. Perché non mi hai fatto premere quel grilletto? Perché ti sei messa in mezzo? Perché...mi hai fatto questo?» chiese, un sorriso esausto sul volto, indicandola con la destra. La donna rimase in silenzio, poi camminò nel giardino, portandosi davanti a lui e gettò la testa all'indietro, gonfiando le guance e sbuffando.
   «Non voglio che ti rovini con le tue mani». Borbottò le parole, a bassa voce e sollevò le spalle, rivolgendo le palme delle mani all'esterno, puntando gli occhi su quelli di lui con un bieco sorriso. «Sei una brava persona, Tsuru-chan, e quello che è successo sotto la chiesa, lo sai anche tu, sarebbe stato un semplice omicidio...e un omicidio mosso dall'impulso e dall'istinto, come dire - fece dubbiosa mettendosi a sedere sulla sdraio e agitando le lunghe gambe battendo i talloni contro il suolo erboso - lo priva quasi del suo senso, almeno per me» spiegò inclinando la testa da una parte, piegando il collo in un preciso angolo di angolo di novanta gradi. «E poi, ne sono certa, non ti saresti dato pace per aver premuto il grilletto...quindi prego». Tougo la guardò; da una come Kuroko Komori non poteva aspettarsi altro se non una spiegazione che gli raggelasse il sangue e gli facesse salire la bile dallo stomaco eppure, eppure, almeno sulle ultime parole non poteva darle torto. Uccidere Cobalt Conrad in quel modo non sarebbe stato un atto di giustizia o autodifesa, ma omicidio, puro e semplice. Il pensiero gli fece torcere le budella e sentì la bile montargli in gola. 
   «Quindi...hai pensato bene di adescarmi online una volta tornati in città?» chiese con finta ironia nella voce, piegandosi sulle ginocchia per combattere l'impulso di rimettere «Cosa volevo evitare in questo modo? Perché devi ossessionarmi in questo modo? Da quando sei comparsa tu, la mia vita è andata nuovamente a puttane, ogni giorno mi sveglio temendo che tu abbia ucciso qualcuno e ora...ora tu...e io...» si portò una mano alla fronte, rischiando di cadere e Kuroko si sollevò in fretta sulle gambe, prendendolo per spalle e aiutandosi a sedersi, mettendosi poi accantona lui, poggiando il mento leggermente a "v" sulle mani e fissando l'alta staccionata. Tougo prese profondi respiri alla sua destra e si massaggiò le tempie, ridendo incontrollato per l'assurdità di quella situazione. «Quello che è successo...è stato un errore. Da parte di entrambi e mi assumo la mia responsabilità di essermi lasciato trascinare da...tutta la situazione. Tu sei stata molto più diligente di me in quelle caverne» sussurrò con un sorriso stanco. Kuroko si sporse appena in avanti per guardarlo, battendo le palpebre e piegò gli angoli della bocca verso l'alto, facendo balenare la punta della sua lingua tagliata, simile a quella di un serpente.
   «La verità, Tsuru - Chan...è che credo di essermi affezionata a te in questi mesi». La sua voce era carica di ironia, ma Tougo non vi lesse quella sua perenne nota di schermo che riservava a lui e agli colleghi del distretto di polizia. La donna i poggiò con le mani alla sdraio, sollevando il mento e trasformando il sorriso in un'espressione più...umana, quasi di imbarazzo e chinò il capo, parlando con un lato della bocca, guardando altrove. «Insomma...sei l'unica persona decente lì dentro ed hai dei principi. Non mi sarebbe piaciuto che mandassi tutto all'aria in un impeto di rabbia e per ieri sera, non volevo che, come dire... Ti affidassi a qualcuna incontrata a caso» si voltò a guardarlo, con un sorriso bizzarro, insondabile. «Così, quando ho saputo dalle mie fonti che cercavi un appunto in uno di quei siti, diciamo che mi sono messa in mezzo con quel profilo falso. Ma non avevo intenzione di arrivare a questo però, come posso dirtelo...».
   «È stato naturale» sussurrò Tougo in risposta. Quando era arrivato al ristorante e l'aveva vista al tavolo, avvolta in quel lungo abito da sera, con uno spacco generoso del seno, pensò che il tutto fosse uno scherzo di pessimo gusto, ma Kuroko gli aveva chiesto di sedersi. Mitsurugi in quel momento avrebbe potuto mandarla al diavolo, voltarsi e tornarsene a casa, buttarsi sul divano, accendere la TV e scolarsi qualche birra e invece, invece nel profondo sapeva che se non avrebbe parlato con qualcuno, chiunque, sarebbe esploso. E nel caso di Komori poteva essere certo che la donna non avrebbe riferito ad anima viva quanto si sarebbero detti. Quindi si era seduto, sentendosi con una pistola puntata alla tempia, sentendosi accolto in gelide spire serpentine, sentendo quello sguardo raggelate sul volto e cosa aveva fatto? Ordinato da bere, per lui e Komori e da allora, tutto ciò che era successo dopo si era susseguito come se dovesse andare esattamente in quel modo. «Scusami - sussurrò alla fine massaggiandosi gli occhi col pollice e l'indice della mano destra, sospirando - sono stato io ad iniziare vero? Io a farlo». Kuroko arrossì appena, ma fece un piccolo movimento verso di lui, guardando la macchia di yogurt schizzato sulle assi della recinzione.
   «Ero venuta come un'amica - gli disse dopo un attimo di esitazione sentendo le macchine che passavano fuori, sentendo le grida dei bambini, sentendo il vento che soffia a contro il suo volto - almeno da parte mia mi considero tale. So bene che in fondo mi disprezzi» aggiunse chiudendo gli occhi e rilassandosi sulle braccia tese contro la sdraio, facendo sobbalzare il seno sotto la camicetta, il caldo che iniziava a farla sudare e la stoffa che aderiva alle curve, mettendo in risalto i capezzoli. Tougo arrossì e distolse lo sguardo, sentendo la stretta all'altezza delle viscere cambiare forma e scegliendo il silenzio. «Come ho detto, non volevo che facessi una della quale ti saresti poi pentito così ho pensato di uscirci io, con te...poi mi hai baciata» sussurrò.
   «Ero ubriaco - disse lui con un soffio, massaggiandosi la fronte - so che non mi giustifica ma, dopo Insumasu sono stato di merda Komori, non so se ti sei mai sentita come sé stessi per soffocare, come se il tuo corpo volesse esplodere dall'interno» prese un respiro, voltandosi verso di lei, fissandola in quegli spilli neri che erano le pupille e l'afferrò per la camicetta, respirando affannosamente, sentendosi arrabbiato, eccitato, deluso da sé stesso, distrutto, rinato...troppe emozioni che gli risalivano il cervello. «E tu, in quel mare di merda nel quale sguazzavo dopo quel dannato caso sei stata l'unica cosa a sembrarmi reale! Tu! In mezzo a tutti...TU!» urlò lasciandola andare e scattando in piedi, picchiandosi la sinistra contro il volto. «Mi sono aggrappato a te come un fottuto naufrago Komori, riesci a capire come mi sia sentito? Riesci a provare abbastanza empatia per renderti conto delle condizioni in cui versavo?». Rise senza allegria, voltandosi a guardarla. Kuroko si alzò in piedi, sostenendo il suo sguardo e annuì debolmente, quasi impercettibilmente.
   «Molte delle emozioni credo ormai di essere incapace di provarle. Non me ne frega nulla finché mi godo la vita, tuttavia ricordo il mio smarrimento iniziale dopo aver ucciso i miei con quel coltello da cucina... A volte penso che se avessi avuto qualcuno accanto nel periodo immediatamente successivo, la mia vita sarebbe andata diversamente ma così non è stato. Oh, non dirò "uh guarda la lesbica depressa, pentita per aver ucciso settecento persone prima di essere arrestata". Non rimangio nulla di quello che ho fatto prima e dopo, è la mia natura Tsuru Chan, sono brava ad uccidere e lo faccio perché posso. Ma tu non sei un assassino, non sei uno che va con la prima che passa per disperazione... Tu sei una persona buona, Tsuru - Kun ed ho pensato che sarebbe stato sbagliato se tu fossi finito per essere come me. Sei l'unico uomo per il quale nutri un vero rispetto...certo, c'è quel vecchio leone di Saburota e quella serpe di Kyogoku, poi anche il capoclan degli Yanaoka sa il fatto suo, ad ogni modo - riprese agitando le mani davanti al volto per fermare quella lunga serie di parole senza senso - tu sei l'unico uomo, sulla faccia di questo mondo marcio sino al midollo per il quale provo, ecco, forse qualcosa ed ho pensato che se tu non avessi qualcuno al tuo fianco dopo Insumasu...saresti potuto diventare come me, come ho detto. Quindi ho cercato di aiutarti e poi è successo ciò che è successo e...e non lo rimpiango, per niente». Sorrise, buttando fuori l'aria e allungò le braccia sopra la testa, stiracchiandosi e biascicando qualcosa, sbadigliando. «Sono andata a letto con te perché...volevo farlo. Non conta solo questo alla fine? Vedila come vuoi: ti ho usato, ingannato, forse solo aiutato o forse volevo soddisfare una stupida curiosità. Ma sai cosa ti dico, Tougo? - disse chiamandolo per nome per la prima volta da quando si conoscevano, facendolo trasalire e mettendogli un indice sotto al mento facendogli sentire come se avesse una lama congelata puntata alla gola, pronta a recidergli la giugulare - è stato davvero divertente...no, è riduttivo» sbuffò ritraendo il dito e agitando le braccia attorno al capo, esasperata. «Ciò che sto cercando di dire è che...che io...ci tengo a te, come persona!» sbottò alla fine arrossendo e picchiando fra loro gli indici, tenendo lo sguardo basso. «Non chiedermi di dirlo, sarebbe imbarazzante...e non dirlo a nessuno! Non so cosa mi farebbe Hinako se sapesse...».
   Tougo si mosse in avanti, la spinse contro il muro, costringendola a piegarsi appena e sbatté una mano accanto a lei, bloccandola. Anche così sapeva che Kuroko avrebbe potuto ucciderlo quando voleva ed era forse questo, più di tutto, a risvegliare in lui quella scintilla di vita che aveva perduto anni prima. «Scusami - borbottò - è stato il mio primo kabedon dai tempi delle...medie superiori credo» e sollevò il mento, guardandola sorpresa e si gettò in avanti, baciandola sulla bocca, assaporando il suo alito fresco, quelle labbra sottili e ghiacciate come l'abbraccio della morte. Kuroko rimase un attimo immobile, poi sorrise sotto l'aggressione e l'assecondò, portando le braccia attorno al suo collo, abbassandosi appena alla sua altezza e chiuse gli occhi, lasciando che fosse lui a prendere atto di quell'azione. Tougo si allontanò dopo un bacio lungo e umido, le labbra rosse e gonfie e il cuore che batteva impazzito. «Non sono un bugiardo Komori...da una parte avrei voluto che quella sedia elettrica fosse stata accesa, dall'altra io, con te, mi sento vivo cazzo. Tu mi hai ridato qualcosa, anche se non so cosa sia esattamente». 
   «E che ne diresti - sibilò tirando fuori la lunga lingua, sfiorandogli la punta del naso, lasciandoci una scia pallida di bava - se provassimo a scoprirlo assieme?». Il poliziotto la guardò, spostando poi la sinistra ai bottoni della sua camicetta, facendoli saltare uno ad uno e, messe a nudo quelle abbondanti, morbide e inumane colline di carne; ne strinse una, i polpastrelli affondarono teneramente, strappando un basso gemito alla donna che arrossì appena, al pari dell'uomo che aveva davanti. 
   «Potrebbe essere un errore, Komori» sibilò Tougo, ma l'altra ridacchiò, prendendogli il volto fra le mani e baciandolo sulla bocca, con una certa dolcezza, guardandolo predatoria.
   «O forse no...».
   
 
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