Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: federicaMalik    15/11/2022    0 recensioni
*la storia fatta eccezione per il prologo è raccontata dal punto di vista della protagonista due anni prima.
.
.
Il lieto fine non è garantito e l’amore non è sempre fisico.
.
.
Dal testo:
“Come ti hanno convinta a venire a questa festa?” Mi chiese riscuotendomi dai miei pensieri.
“Tuo fratello ed Izi” sospirai alzando gli occhi al cielo “non volevano lasciarmi a casa da sola” conclusi, scrollando le spalle.
“Ed il tuo ragazzo?” Mi domandò, gettando la sigaretta a terra ormai terminata, dopo averla spenta contro il muro.
“Cosa avevi mercoledì pomeriggio?” Ignorai la sua domanda, intenta ad indagare su quanto era successo, continuando a scrutarlo
attentamente.
“Non so di cosa tu stia parlando”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4

Arrivai all’università già stanca di quella giornata, nonostante fossero solo le otto del mattino: era lunedì, pioveva incessantemente ed avevo corso sotto la pioggia dopo che, a causa di una raffica di vento, il mio ombrello si era rotto.
Sbuffai, entrando nel grande edificio e dirigendomi a passo svelto verso i bagni, quando giunsi a destinazione mi fermai a riprendere fiato, fissando la mia immagine allo specchio.
Avevo i capelli arruffati a causa dell’umidità e qualche ciocca bagnata sfuggita alla coda appiccicata al viso, il mascara colato, le guance rosse per la corsa fatta.
Sbuffai nuovamente aprendo il getto dell’acqua e tentando di riassumere un aspetto quantomeno presentabile.
Fortunatamente indossavo un lungo trench con il cappuccio che era riuscito ad evitare che mi bagnassi ulteriormente, benedì mentalmente mia madre per avermelo regalato -e pensare che inizialmente neppure mi piaceva.-
Subito dopo essermi ricomposta uscii dal bagno e corsi in aula, ero decisamente in ritardo.


Dopo le lezioni decisi di non andare in biblioteca, approfittandone di quel momento di quiete per tornare a casa.
Passai il pomeriggio rannicchiata sul divano, ricoperta da un plaid, in compagnia di un nuovo romanzo e di una tazza fumante di the.
“Quando pensi di riportare questo giubbotto a Nick?” Mi chiese Isabel entrando nel salotto e facendomi sobbalzare.
Quando era rientrata?
“Buon pomeriggio anche a te” la salutai sarcastica, “lo darò ad Edo quando passerà da qua” le dissi, rispondendo alla sua domanda e scrollando le spalle.
Lei mi osservò con un sopracciglio inarcato, scuotendo la testa e sparendo pochi secondi dopo nel lungo corridoio che separava il salone dalle nostre camere.
Sbuffai, posando il libro sul piccolo tavolino posto di fronte al divano e mi alzai avvicinandomi alla finestra; spostai le tende, rendendomi conto che la pioggia era cessata definitivamente ed un pallido sole illuminava la città.
Effettivamente non era molto carino da parte mia non avergli ancora restituito la giacca, dopo tutto poteva servirgli.
Tuttavia, il fine settimana era trascorso velocemente, avevo passato l’intera giornata del sabato ad oziare in pigiama, guardando qualche film strappalacrime con la mia coinquilina e mi preparai, soltanto, nel tardo pomeriggio per andare a cena con Riccardo.
Dopodiché ero rimasta a dormire nel suo appartamento, beandomi delle sue attenzioni per l’intera domenica.
Amavo i pochi momenti che riuscivo a trascorrere insieme a lui ed avevo imparato a rispettare i suoi tempi ed i suoi spazi, senza avere troppe pretese.


Sbuffai, richiudendo le tende e risvegliandomi dai miei pensieri, recuperai il cellulare dal divano controllando l’orario che segnava le diciassette e trenta, non era poi così tardi per uscire di casa.
Lascia il caldo plaid sul divano e mi vestii velocemente, recuperando il giubbotto di Nick all’ingresso.
“Io esco, ci vediamo tra un po’!” Urlai alla mia coinquilina, prima di richiudermi con un tonfo la porta alle spalle.
Uscii svelta dall’ascensore, dirigendomi a passo spedito verso quel familiare appartamento e poggiando un dito sul campanello.
Avevo le chiavi di casa certo, tuttavia, dopo i recenti avvenimenti non mi sembrava il caso di entrare senza il consenso.
Dopo tutto quelle chiave, me le aveva date Edo quando in fratello era in Portogallo, ma adesso che era tornato magari non avrebbe apprezzato che un’estranea entrasse in casa sua senza preavviso.
Qualche secondo dopo aver suonato, sentii la porta aprirsi e Nick osservarmi sul ciglio della porta.
Aveva i capelli immancabilmente spettinati, un pantaloncino blu ed una maglietta bianca a mezze maniche.
Evidentemente il freddo non era affatto un problema per lui.
“Hey Ass” mi salutò sorridente, “Edward non è in casa!” 
“Emh, io in realtà cercavo te” risposi imbarazzata, senza sapere esattamente per quale motivo.
Lo vidi sollevare un sopracciglio e scrutarmi attento, probabilmente si stava chiedendo per quale ragione stessi cercando proprio lui.
In risposta sollevai la mano destra, in cui tenevo una busta di carta con dentro la sua giacca, “ti ho riportato il giubbotto!”.
Prese la busta dalle mie mani, ringraziandomi; 
“vieni dentro, ti offro qualcosa da bere” aggiunse.
“Io non bevo!” Esclamai ovvia e lo vidi sollevare gli occhi al cielo.
“Ti offro un caffè” aggiunse, trattenendo un piccolo sorriso.
Storsi il labbro in una smorfia, “non bevo neppure il caffè!” Precisai.
Lo sentii sbuffare, “ va bene, ti offro del latte, ma non penso di avere un biberon in casa” rispose, prendendomi in giro.
Lo guardai male, incrociando le braccia al petto, assumendo un espressione che probabilmente dovette sembrargli buffa dato che scoppiò a ridere divertito.
Poco dopo si scostò dalla porta facendomi un cenno con la testa e titubante lo seguii dentro casa.
Mi sedetti sul divano, mentre Nick si dirigeva in cucina.
Nonostante fossi stata in quella casa innumerevoli volte, mi sentivo quasi a disagio a stare lì; probabilmente poiché non c’era Edo, o forse per il semplice fatto che non ero mai rimasta sola insieme a suo fratello.
In realtà non avevamo mai avuto neppure una conversazione che durasse più di cinque minuti scarsi con Nick, forse per questo mi sentivo incredibilmente a disagio.
Non che io fossi avversa a fare nuove amicizie, semplicemente ero timida ed impacciata e mi sentivo spesso sotto pressione, anche quando non ce n’era affatto motivo.
Sollevai lo sguardo dalle mie mani, quando sentii Nick rientrare nel soggiorno, con in mano una tazza fumante, che mi porse subito dopo.
“Mi hai davvero preparato un bicchiere di latte?” Chiesi con tono divertito, lasciandomi fuggire un sorriso.
Lui annuì, sedendosi accanto a me, “guarda che l’ho corretto!” mi disse, rivolgendomi un occhiolino.
Scoppiai a ridere e poi annusai il liquido della tazza, magari non stava scherzando.
Evidentemente il mio gesto gli sembrò buffo, perché gettò la testa all’indietro sul divano lasciandosi andare ad una risata.
“Certo che sei proprio strana Ass!” 
“Senti chi parla” mormorai difendendomi, facendogli subito dopo una linguaccia.
Dopo quel breve battibecco recuperò il telecomando e accese la tv, 
“Guardiamo un film?” mi chiese, voltandosi verso di me.
“Io e te?” chiesi dando, sbadatamente, voce ai miei pensieri.
Lo vidi sorridere e scuotere la testa ed io avvampai per l’imbarazzo.
“Non ti mangio mica!” 
“Vada per il film..” mormorai, mettendomi più comoda sul divano.


“Questo film fa schifo!” Lo sentii lamentarsi per la centesima volta ed io sbuffai in risposta.
Aveva passato un tempo infinito a fare zipping con il telecomando, scartando un numero considerevole di film, alcuni perché li aveva già visto, altri perché non li avrebbe mai visti.
Quando trovò un film che, a quanto pare, sembrava andargli a genio, gli dissi di metterlo, senza neppure prestare attenzione al trailer.
Tuttavia, aveva seguito in silenzio si e no la prima mezz’ora di film, dopodiché aveva iniziato a lamentarsi.
“È un pessimo adattamento cinematografico di un romanzo bellissimo” dissi dopo un po’, senza neppure essermi accorta di aver parlato.
“Aspetta un attimo” disse, voltandosi bruscamente verso di me e mettendo in pausa il film.
Lo guardai con un sopracciglio inarcato, che gli prendeva adesso?
“Vuoi dirmi che tu sai già come finisce?”
“Beh, più o meno.. sempre che non abbiano stravolto il finale..” risposi, scrollando le spalle.
“Perché diavolo lo stiamo guardando allora?” Chiese assumendo un espressione buffa ed io scoppiai a ridere.
“Non lo so, lo hai scelto tu e ti stai lamentando da quando è iniziato!” gli ricordai “e comunque lascialo, ormai mancano venti minuti e finisce”.
Sbuffò e rimise play.


“Che film deprimente” sbottò alzandosi dal divano per andare ad accendere la luce, nel frattempo io mi stiracchiai e recuperai il cellulare dalla tasca, si era fatto decisamente tardi, pertanto, mi alzai dal divano, recuperando il trench dalla sedia.
“Io vado, si è fatto tardi!” Gli dissi, rivolgendogli un sorriso.
Lo sentii ridacchiare, mentre si avvicinava all’appendi abiti vicino alla porta.
“Non essere sciocca, è buio e fa freddo, ti accompagno io!”
Passai diversi minuti a cercare di persuaderlo, non era affatto necessario che mi accompagnasse, mi ero ritrovata a camminare da sola per le vie di Bristol molteplici volte; eppure, nonostante le mie continue rassicurazioni, non riuscii a convincerlo.
Sbuffai salendo in macchina, mentre lui accendeva la radio e metteva in moto.
Pochi minuti dopo arrivammo davanti al palazzo in cui vivevo, accostò con l’auto e io lo salutai e lo ringrazia per il passaggio, prima di scendere.
Stavo per aprire il portone, quando sentii un clacson risuonare nel silenzio della via, mi voltai alzando un sopracciglio.
Lo vidi abbassare il finestrino e rivolgermi un sorriso, “buonanotte Ass!” mi salutò, andando via subito dopo, senza lasciarmi neppure il tempo di ricambiare.


Camminavo svelta per le strade della città, avevo finito da pochi minuti le lezioni, ma anziché fermarmi in mensa come ogni giorno, uscii di corsa dal grande edificio per raggiungere Ric che mi aspettava per pranzare insieme.
Recuperai il cellulare nella tasca per guardare l’orario, sbuffai accelerando il passo, ero in ritardo.
Entrai nel locale in cui ci eravamo dati appuntamento, era una piccola rosticceria non troppo lontana dall’università.
Non era niente di speciale, ne il posto, ne il cibo; eppure, era un luogo in cui andavamo spesso, per il semplice fatto che era lì che avevamo trascorso il nostro primo appuntamento.
Rivolsi un sorriso alla ragazza dietro il banco, guardandomi intorno mentre recuperavo fiato, Ric non era ancora arrivato.
Sospirai, prendendo posto in un tavolo accanto alla grande parete di vetro che consentiva di osservare la strada adiacente al locale.
Ordinai una bottiglietta d’acqua, restando lì ad aspettare che il mio ragazzo arrivasse, perdendomi a guardare il traffico di quel quartiere.
Presi il cellulare tra le mani, guardando l’orario, ero lì da quasi un ora e di Ric nessuna traccia.
Sbuffai, decidendo di chiamarlo, dopotutto il mio stomaco stava brontolando.
Non rispose e decisi di ordinare una porzione di patatine, quantomeno lo avrei aspettato mangiando qualcosa.


Avevo quasi finito di mangiare le patatine, continuando a guardare fuori dal locale, quando il mio telefono iniziò a vibrare.


“Ho avuto un imprevisto, scusami se non ti ho avvisata prima!”


Sospirai, bloccando il cellulare, gli avrei risposto ma, più tardi.
Mi alzai dal tavolo, dirigendomi alla cassa e pagando quanto consumato, uscii dal locale, dirigendomi lentamente verso casa.
“Sono le tre del pomeriggio e sei già fuori dall’università? Ti senti bene, Ass?” 
Non fu necessario voltarmi per sapere chi aveva preso a camminare al mio fianco, iniziando come al solito a prendermi in giro.
Sia perché era l’unica persona che utilizzava quel nomignolo con me, sia perché era l’unica persona che non si scomodava neppure a salutarmi.
Continuai a camminare, rivolgendogli un cenno del capo.
Non che io fossi arrabbiata con Riccardo perché mi avesse dato, per l’ennesima volta, buca.
Ma sarei stata una bugiarda se avessi negato persino a me stessa che c’ero, giustamente, rimasta male.
Avevo lasciato perdere i miei amici, per raggiungerlo a pranzo e stare un po’ con lui e lui non era riuscito ad avvisarmi in tempo che non sarebbe potuto venire.
“Ass, ti senti bene?” Mi sentii richiamare, il tono decisamente meno scherzoso di poco prima; 
mi voltai a guardarlo, senza smettere di camminare, aveva assunto un’espressione quasi preoccupata.
“Tutto bene, davvero!” Gli risposi, rivolgendogli un sorriso.
“Non dire sciocchezze” mi costrinse a fermarmi, afferrandomi un braccio ed io lo guardai sconvolta.
“Che ti succede?” Mi chiese nuovamente.
“Scusami e che dovevo pranzare con Ric, ma non è riuscito a venire, non sono arrabbiata con lui..però..”
“Sei delusa” non era una domanda, mi stava osservando attentamente, era una constatazione e sembrava avesse capito il mio stato d’animo.
Scossi la testa, cercando di recuperare il
mio solito comportamento allegro e pacato.
“Scusami, non sono molto propensa a scherzare oggi!” Gli dissi, rivolgendogli un sorriso.
“Che ci fai da queste parti?” Gli chiesi, cercando di cambiare discorso.
“Sto andando alla partita, è ricominciato il campionato universitario!” mi spiegò ricominciando a camminare al mio fianco
“Vuoi venire? Vado perché devo scrivere un articolo per il giornale dell’università”
Nick studiava scienze delle comunicazioni e sognava di diventare un giornalista, lo sapevo perché essendo amica di suo fratello me lo aveva detto quest’ultimo, ma mi era anche capitato spesso di leggere qualche suo articolo; scriveva davvero bene.
“Meglio di no, mi annoierei a morte!” risposi sincera, ridacchiando.
“Dai Ass, non vorrai andarti a rinchiudere in biblioteca!” mi rimproverò 
“Oggi c’è persino il sole!” disse alzando una mano al cielo, come se quella fosse una motivazione più che sufficiente.
Sospirai, aveva ragione.


Era incredibile il numero considerevole di ragazzi che seguivano la squadra di calcio universitaria.
Non ero mai stata a nessuna partita prima di allora, ovviamente, e rimasi letteralmente stupita dalle molteplici persone presenti.
Seguii Nick tra la folla e lo sentii salutare decine di persone, era incredibile quanta gente conoscesse quel ragazzo.
Ci fermammo appena trovammo due posti liberi, la partita sarebbe iniziata a momenti.
“Asia Bucker ad una partita di calcio“ sentii urlare il mio nome da qualche fila più avanti, Scarlett mi aveva visto arrivare e non aveva perso tempo a prendersi gioco di me, senza preoccuparsi minimamente di aver attirato l’attenzione di almeno una decina di persone che adesso mi guardavano stranite.
Le rivolsi uno sguardo di rimprovero, senza tuttavia riuscire a trattenere un sorriso, dopodiché la salutai con la mano e lei fece lo stesso; Nick al mio fianco osservava la scena ridacchiando.
Seguii la partita con assoluto disinteresse e non esultai a nessun gol, a differenza di tutti gli altri ragazzi seduti sugli spalti; feci solo un gran sorriso e battei le mani soddisfatta solo quando fu Lucas a segnare.
A fine partita il tabellone segnava 4 a 2 per la squadra di casa, tutti i ragazzi iniziarono a festeggiare, sia dentro che fuori dal campo.
“Vieni con me” mi disse Nick, prendendomi per un braccio e facendomi strada tra la folla.
Dopo poco ci ritrovammo a bordo campo, dove vidi Lucas, Alec, Scarlett e qualche altro ragazzo che conoscevo solo di vista.
Feci i complimenti al mio amico, che però quando mi vide iniziò a strabuzzare gli occhi dallo stupore.
“Sei venuta alla partita?” Mi urlò, un misto tra sconvolgimento e felicità, correndo ad abbracciarmi.
Mi scostai velocemente, era letteralmente tutto sudato, non lo avrei mai abbracciato e quel mio gesto spontaneo fece ridere tutti i presenti.


Dopo la partita i ragazzi si erano riuniti per festeggiare la vittoria, ovviamente io avevo deciso di tornare a casa, non avevo nessuna intenzione di prendere parte ad una festa.
Dunque, salutai tutti e mi dileguai con la scusa di dover tornare a casa a studiare.
Stavo per uscire dall’uscita secondaria dell’università, quella più vicina al campo di calcio, quando mi sentii richiamare.
Mi voltai sorridendo a Nick, “non vorrai accompagnarmi anche oggi, lo hai detto anche tu che c’è persino il sole!” lo canzonai, alzando un sopracciglio.
“No, cioè si ti accompagno, perché volevo chiederti una cosa!” Mi disse con il fiato corto, forse aveva corso per raggiungermi, iniziando a camminare al mio fianco.
“Cosa vuoi chiedermi?” Gli chiesi curiosa, ma non ricevetti nessuna risposta.
Camminammo in silenzio per qualche minuto, inizialmente pensavo che stesse zitto poiché volesse riprendere fiato, ma dopo cinque minuti buoni, avevo immaginato che effettivamente non avesse davvero nulla da chiedermi.
Eravamo quasi arrivati vicino al mio appartamento, quando il ragazzo al mio fianco decise di parlare.
“Come hai fatto ad entrare in casa quel pomeriggio?” 
Mi voltai ad osservarlo, rallentando il passo, stava guardando ostinatamente la strada di fronte a se.
“Allora te lo ricordi!” mormorai più a me stessa che a lui, ma evidentemente dovette sentirmi dato che lo vidi annuire.
“Ho le chiavi di casa tua, me le ha date Edo quando eri in Portogallo” confessai, prendendo a guardare le varie tonalità di nero delle mie scarpe.
Silenzio, continuammo a camminare in un assoluto silenzio.
Mi sentivo in colpa per essere entrata in casa loro senza aver chiesto il permesso, nonostante sapessi che ad Edo non dava fastidio, avrei dovuto considerare la probabilità che il fratello non fosse esattamente della stessa idea.
Eravamo quasi giunti di fronte al palazzo in cui vivevo, quando mi presi di coraggio e decisi che mi sarei scusata per quel mio comportamento così invadente.
Ma venni interrotta.
Grazie” mi voltai a guardarlo, mi stava scrutando, gli occhi verdi smeraldo puntati su di me, un sorriso sincero stampato sul viso.
“Per cosa?” Chiesi titubante.
“Per aver cercato di farmi riprendere, quel pomeriggio” scrollò le spalle
“E per non averlo detto a mio fratello” sembrò pensarci su un altro po’, prima di concludere: “e per non aver fatto troppe domande”
“Non devi ringraziarmi” gli dissi sincera e non riuscendo a reggere il suo sguardo, iniziai a cercare le chiavi di casa nella mia borsa.
Mi avvicinai al portone, voltandomi verso di lui prima di aprirlo.
“Non ti farò domande e non lo dirò a nessuno, ma se tu dovessi stare di nuovo male puoi chiamarmi, posso starti vicino in silenzio!” 
Lo vidi sorridere, ma non mi rispose, mi fece un cenno del capo e andò via.
Sospirai entrando in casa.


Buon Pomeriggio,
ci tenevo a ringraziare chi sta seguendo questa storia.
infatti, dovendo domani discutere un master universitario non pensavo che avrei aggiornato, ma vedendo che siete in molti a leggere ho pensato di non farvi aspettare ulteriormente.
lasciate un piccolo parere alla storia se vi va, so che è per certi versi molto lunga, ma ci tenevo a sviluppare bene i caratteri dei due personaggi principali, che in un certo senso nella mia testa hanno preso vita e a cui voglio quasi bene 😅
grazie per la vostra attenzione,
buona lettura! 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: federicaMalik