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Autore: moganoix    16/11/2022    0 recensioni
- SPIN OFF DI FIREFLIES sul passato di Chan -
Ma se si skippano il prologo e l'epilogo (in cui ci sono spoiler) è possibile leggerla senza aver già dato uno sguardo a Fireflies + non c'è nessun collegamento a Moths, quindi pure questa si può balzare :)

"Soldato senza macchia e senza paura"
Beh, quasi.
Chan ha sempre nascosto un passato di cui si vergogna e ora, dopo aver concluso il viaggio più estenuante della sua breve vita, sa che deve tornare a fare i conti con esso.
E se la burbera guardia che conosciamo, in realtà non fosse che una maschera di facciata per nascondere un Bang Chan completamente diverso?

SKZ + Ateez + NCT = storia con ship poco convenzionali ma è carina lo giuro
Genere: Commedia, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bang Chan, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender, Threesome, Triangolo
Capitoli:
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epilogo
 

[Giorno corrente, quattro anni dopo]

 
“Non ci credo che in un mese ti sono capitate tutte queste cose!”
“E che cosa ne guadagnerei ad inventare tutto, scusa?!” ridacchiò Chan di fronte all’espressione sconvolta di Hongjoong.
 
Dopo qualche impacciato convenevole (Ehi, beh come stai? Non ci si vede da un po’ – Già sono stato tre anni in carcere, sarebbe stato complicato beccarci…), la ninfa aveva optato per arrogarsi il diritto di sistemarsi sotto la stessa tenda del soldato per trascorrere la notte.
“Senti, lo sai meglio di me, girare di notte sul ghiacciaio è pericoloso anche per noi ninfe. Non ti fa niente se mi accampo qui con te, tanto, no?”
E come avrebbe potuto Chan dirgli di no? Era giunto fin lì per incontrare proprio Kim Hongjoong, nonostante non fosse ancora pronto ad affrontarlo. Era convinto che il grande momento sarebbe giunto la mattina seguente, invece eccolo lì condividere una cena frugale con l’intoccata giovinezza del rosso. Non un segno, non una ruga, Hongjoong, nella sua eterea e sbarazzina bellezza, pareva avere ancora diciannove anni. In quattro anni Chan invece aveva guadagnato cicatrici e collezionato indelebili graffi, vantava lividi sparsi su tutto il corpo. Non si guardava da un po’ allo specchio, e gli venne quindi spontaneo domandarsi se fosse ancora carino come gli dicevano ai tempi dell’apprendistato.
Quattro anni erano sembrati quattro secoli al soldato, ma parevano quattro giorni addosso all’aura fresca della ninfa.
Chan si chiese come avesse trascorso quegli ultimi mesi, era curioso di sapere di nuovo tutto di lui, di capire chi fosse diventato, ma, per la prima volta, sperimentò quel sentimento di timidezza che lo indusse a rimanersene zitto per tutta la cena. Gli anni di galera lo avevano incattivito. Non era più il Chan capace di flirtare anche con i sassi, aveva messo su una bella scorza da orso delle montagne di cui gli era difficile liberarsi.
Hongjoong, assorto nell’osservarlo mentre il maggiore estraeva della carne secca e delle gallette dal pesante zaino, fu il primo a rompere il ghiaccio.
“Ma adesso le sai rompere le uova?”
Chan ridacchiò e scosse il capo con una certa vergogna: “Beh, a romperle sono sempre stato capace. Non sono capace di farle cuocere senza che poi mi tocchi levare ogni pezzettino di guscio che cade nella padella, questo no.”
Hongjoong si aprì a sua volta in un sorriso e accettò intanto il cibo offertogli dal biondo: “Meno male. Almeno in questo non sei cambiato, pensavo di non riconoscerti più.”
“Ah… Lo so, ho qualche cicatrice in faccia che dovrò tenermi per tutta la vita” Chan fece spallucce e addentò con voracità un pezzo di carne, indicandosi poi con un dito la fronte per indicare uno degli spessi segni che gli era rimasto in seguito alla spedizione con Changbin e Felix.
“Non è solo questo.”
Hongjoong si rifiutò però di entrare più nello specifico e propose di rimandare le chiacchiere importanti a quando avrebbero finito di cenare: “Piuttosto, raccontami di che hai fatto in questo ultimo periodo. Ti hanno fatto uscire in anticipo, e non mi aspettavo di vederti tornare con l’uniforme addosso.”
“I superiori mi hanno graziato. Hanno visto i miei meriti in Accademia e mi hanno fatto una proposta che non potevo rifiutare: se avessi voluto continuare a militare nell’Arma sarei dovuto partire con un novizio e scortare lui e la Fonte della Felicità fino al Cratere dell’Anima. Mi avrebbero anche fatto uscire con un anno di anticipo. Ho accettato e… beh, sono successe un po’ di cose.”
“Raccontamele, mi sembra una bella storia” gli occhi di Hongjoong brillarono di curiosità, e il biondo non poté fare a meno di assecondare la sua richiesta.
Avrebbe voluto riassumere la vicenda, ma chiacchierare con la ninfa gli era mancato così tanto che iniziò piano piano a dimenticarsi di obliterare ogni apparentemente inutile dettaglio dalla sua narrazione. Hongjoong si sorprese nel vederlo tanto concentrato sul racconto, quasi si commosse quando Chan decise di spontanea volontà di soffermarsi anche sulle emozioni che lo avevano accompagnato per tutto il viaggio. Il vecchio Chan non era mai nemmeno riuscito a dirgli ‘ti voglio bene’ guardandolo dritto negli occhi. Vedere le labbra del coetaneo mimare parole come gelosia, paura, fastidio – e anche amore – per il rosso era una sorta di spettacolo proibito a cui non avrebbe mai pensato di assistere. Chan non riportava eventi, ma lucide sensazioni, vivide memorie di luoghi, odori, persone che lo avevano segnato per sempre. Le orecchie a punta del mezzelfo Hyunjin? Le aveva lì davanti agli occhi, così come il sangue del fratello adottivo Jeongin gli aveva punto gli occhi fino a fargli versare una piccola lacrima. Si sdraiò in mezzo alle coperte che Chan aveva portato con sé e quest’ultimo lo seguì, e poi continuò a raccontare. Hongjoong venne a conoscenza dei sogni del biondo, si fece accogliere per la prima volta nella sua testa, e un po’ si dispiacque di non essere il primo a perlustrare quel groviglio pulsante di dubbi e confusione di cui si era innamorato. Durante i mesi alle Fucine, prima dell’aggressione a Seonghwa, si era sempre preso il merito di aver ‘curato’ il fidanzato dalla chiusura mentale e dal bigottismo, ora si rendeva conto che – sotto quella spessa scorza di rabbia sotto cui non era mai riuscito a penetrare – giaceva un cuore sensibile che, provato dai mesi di privazioni nelle segrete del palazzo reale e dal distacco improvviso da tutti gli affetti, aveva ceduto, ancora una volta, alle tentazioni dell’invidia. Sì, Chan non osò mentire neppure sulla faccenda di Felix. Confessò di averlo amato, Hongjoong lesse nei suoi occhi come, di tanto in tanto, ancora pensasse alla brillante chioma color del grano che aveva sperato di accarezzare come faceva Changbin quando ancora viaggiavano insieme.
‘E a me? A me ci avrà mai pensato?’
Hongjoong non aveva il coraggio di domandarglielo, di scavare ancora in fondo al suo cuore per avere le risposte che cercava ormai da anni. Lasciò che Chan si tacesse, poi, con una piccola risata, scrutando il vasto cielo primaverile sopra di loro, espresse tutta la sua incredulità: “Non ci credo che in un mese ti sono capitate tutte queste cose!”
“E che cosa ne guadagnerei ad inventare tutto, scusa?!”
La ninfa scosse il capo e voltò lo sguardo verso di lui. Volle prendersi un secondo per osservare bene il suo viso: ora Chan portava i capelli leggermente più lunghi di quando si erano incontrati per la prima volta, forse per nascondere meglio quelle rigacce profonde che aveva lasciato che gli scalfissero il viso. Ne aveva proprio tante di cicatrici, magari piccole, magari quasi invisibili, ma non insignificanti. Ognuna di essa componeva un pezzo del grande puzzle che era stata la vita di Chan, e per una volta il rosso aveva davvero voglia di impegnarsi nel ricostruirlo, se il coetaneo gliel’avesse permesso.
“Chan… Lo sai che, ufficialmente, io e te siamo ancora fidanzati?”
Chan parve realizzarlo solo in quel momento: dopo l’accusa, l’arresto, il processo e il suo conseguente imprigionamento non avevano avuto alcun modo di raggiungersi per parlarsi e rompere ufficialmente il loro legame.
“Oh… Hai ragione. Beh, in questo caso, mi sa che ti ho tradito” Chan si mordicchiò con ansia il labbro inferiore, finché il rosso non ammise con un’altra risata: “Anche io.”
“Anche tu mi hai tradito?!”
Hongjoong non ebbe paura della sua reazione, colse all’istante quel velo di ilare tranquillità che traspariva ampiamente dal tono – e dagli occhi sereni – del soldato. Era in pace con se stesso, aveva prosciugato ogni grammo di invidia, ogni granello di rabbia che lo aveva tormentato fino all’anno precedente, e ora si preparava a terminare la sua fortunata convalescenza. Hongjoong comprese che Chan era riuscito a riparare il suo cuore da solo, e fu incredibilmente fiero di lui.
“Già, sono arrivati certi cadetti niente male, sai? E me ne sono capitati alcuni decisamente aperti a nuove esperienze.” replicò la ninfa con lo stesso accento “E poi… Beh, potrei aver provato ad alleviare le pene di un tuo vecchio amico dopo qualche bicchiere di birra di troppo, ma non è stato granché.”
Chan spalancò gli occhi, allarmato: “Doyoung? Jaehyun?! Oppure Taeyong?!”
“Parlo di Seonghwa, ero sarcastico!”
Se Chan aveva avuto la forza di parlargli di Felix allora a lui toccava ammettere che sì, una volta a letto con Seonghwa alla fine ci era andato davvero. Il biondo lo guardò con il fiato sospeso – Hongjoong lo vide intristirsi di colpo – ma poi scosse di nuovo il capo. Cercò una risposta adeguata nel suo vecchio repertorio, ma tra un’imprecazione ed il silenzio tornò a preferire il secondo. Hongjoong corse in suo soccorso, ci teneva a specificare com’erano andate le cose.
“Seonghwa ci ha messo un bel po’ a riprendersi, Chan. È guarito, ma non completamente. All’inizio non camminava, e quando l’ho visto per l’ultima volta, senza un appoggio non riusciva che a fare il giro di un paio di stanze. Gli elfi che lo hanno curato hanno detto che è stato decisamente fortunato a non essere rimasto completamente paralizzato. Gli hanno anche messo un occhio di vetro. Il… il sinistro era inutilizzabile.” il rosso scrollò le spalle “Ma non è questo il punto. Io… mi sentivo in colpa, Chan. Ti ho accusato subito e mi sono preso cura di lui fino a quando non gli hanno tolto anche l’ultima stecca e gli ultimi punti di sutura, ma ho continuato a sentirmi in colpa verso entrambi perché sono stato stupido a non dirti nulla di quel bacio, anche se era solo sulla guancia. Ho contribuito a portarti all’esasperazione, ma con te non potevo scusarmi, quindi ho cercato di rimediare così con lui. Non è andata molto bene, non ero a mio agio e lui lo ha capito. Quando i medici gliel’hanno permesso semplicemente se n’è andato e abbiamo promesso di non rivederci più.”
“Mi dispiace che non sia andata bene” sospirò semplicemente Chan “Avevate molto in comune, non sareste stati una brutta coppia.”
“E a me dispiace che Felix si sia rivelato uno stronzo,” replicò la ninfa con un sorriso timido “è stato qui non molto prima che nascessi e tante ninfe lo ricordano come uno a posto.”
“E Doyoung, Jaehyun e Taeyong?”
“Ogni tanto li rivedo” Hongjoong posò gli occhi sulle mani di Chan e, istintivamente, ne prese una tra le proprie per giocherellare con le sue dita. Ne incrociava un paio con facilità, ma gli spessi calli gli impedivano di sovrapporne ad essi un terzo. Era un’abitudine che pensava di aver perso.
“Jaehyun e Doyoung vengono qui in licenza due o tre settimane all’anno, entrambi sono riusciti a farsi assegnare alla stessa divisione. Lavorano non molto lontano, ad un paio di paesini di distanza da quello che sta a valle delle Fucine. La prossima volta che li vedrò racconterò che stavolta sei venuto tu a trovarmi.”
Chan recuperò il sorriso e stette a guardare con quale riguardo il coetaneo gli accarezzava le dita per tentare, una volta per tutte, di annodarle tra loro come era capace di fare con le proprie. Liberò quindi con gentilezza la mano dalla stretta del rosso e la poggiò sul suo viso. Era più bello di Felix? No, nessuno sarebbe mai stato tanto bello quanto Felix, ma, allo stesso modo, nessuno sarebbe stato tanto reale quanto Hongjoong.
“Hongie, posso chiederti una cosa?”
Hongjoong non fece nemmeno caso all’odioso soprannome, si limitò ad annuire con occhi lucidi di interesse.
“Ma a te, di me, che cos’è piaciuto davvero?”
Lo spettro di Seonghwa lo aveva perseguitato nelle lunghe notti in bianco trascorse in compagnia di se stesso nella sua ripugnante, umida celletta, aveva modellato i suoi pensieri all’infinito, fino a quando un unico dubbio non era giunto a sezionargli la testa con crudeltà: ‘Ma tu, gli sei davvero mai piaciuto?’
Hongjoong non esitò a rispondergli con calma eterea: “Credo un bel niente, sai? Pensavo che mi piacesse il modo in cui battibeccavamo, o il fatto che nessuno dei due sapesse davvero cavarsela in cucina, ma ora… Ora mi rendo conto che forse abbiamo corso un po’.”
Chan annuì, sebbene la piega che stava prendendo quel discorso non gli piacesse davvero così tanto. Avvertì un nodo in gola, dovette sforzarsi di non farsi prendere dal panico. Dopo avergli parlato tanto apertamente di Felix era normale che Hongjoong ammettesse di non voler più a che fare con lui, e dopo tanti anni lontani non era nella posizione di avercela con lui.
“Mi sarebbe piaciuto vederti tanto tempo fa” riprese la ninfa “Ma non so se sarebbe stata la cosa giusta. Penso che, se ci fossimo incontrati prima di adesso, probabilmente non avrei nemmeno voluto parlarti. Odiavo il fatto che fossi tanto possessivo con me, odiavo anche il fatto che fossi possessivo e, nonostante ciò, io continuassi a sentirmi in difetto perché all’inizio speravi in una ninfa femmina. Dicevo a te che eri insicuro ed io ero il primo a sentirmi così. Se non avessi avuto paura di te ti avrei detto subito che Seonghwa ci stava davvero provando con me. Ho voluto strafare come al solito, eh? Alla fine abbiamo fatto casino entrambi, e la cosa che mi dà fastidio è che l’ho capito solo in questo esatto momento.”
Hongjoong si strinse su se stesso ed abbassò lo sguardo: “Ero convinto che lo scemo della coppia fossi tu, che saresti stato sempre un passo dietro di me. Volevo rivederti solo per accusarti di nuovo di essere un bambino, e invece… E invece guardati. Sei cresciuto, Chan, quasi non ti riconoscevo. Sai che cosa mi piace di te? Mi piace che in quattro anni sei cresciuto davvero, hai compreso che cosa ti fa stare bene, o male, che cosa ti piace, che cosa vuoi fare. Sei venuto fin qui a cercarmi perché hai avuto il coraggio che non ho avuto io finora, quello che mi sarebbe servito per lasciare casa mia e venire alla Capitale per te, anche solamente per levarmi lo sfizio di insultarti. Mi piace che, dopo quattro anni, riesco a parlare con te come se ci fossimo salutati l’altro ieri. Mi piace che sei sincero, con me e con te stesso. E mi dispiace che mi ci siano voluti quattro anni per capirlo.”
Chan restò immobile per qualche secondo, stupito dalle parole dell’altro. Non si erano mai detto ‘Ti voglio bene’, nessuno dei due era mai nemmeno stato sfiorato dall’idea di accennare ad un ‘Ti amo’, e, ora come tre anni prima, si chiesero entrambi se ne avessero mai avuto bisogno.
A Chan non piaceva nulla di Hongjoong.
A Hongjoong non piaceva nulla di Chan.
Ad entrambi, in fondo, era sempre e solo piaciuto che cos’erano insieme, anche se, insieme, probabilmente non ci sarebbero tornati in quelle due settimane di licenza concesse al soldato. Serviva tempo per maturare, per riuscire a dar nome e voce a quella forza che li spingeva – ancora una volta – uno verso l’altro; il bozzolo di coperte che avrebbero condiviso quella notte avrebbe tenuto al caldo il loro sentimento.
“Di te mi piace che sei di nuovo con me.”
Era una frasetta sdolcinata da commediola romantica di quart’ordine? Pazienza, Hongjoong sapeva già che Chan possedeva il mitico superpotere di trasformarsi nel re del dramma a suo piacimento. Glielo disse appena prima di cadere addormentato, voleva incidere la mutevolezza del suo carattere nel nuovo pugnale che avrebbero costruito insieme. Voleva fare della sua dolorosa metamorfosi un monito per se stesso, e Hongjoong acconsentì allora ad imprimere sull’elsa uno di quei disegni che teneva chiusi all’interno del suo rifugio sul versante proibito della montagna. Stretti nel pugno di Chan o serrati nel fodero alla sinistra del suo petto, due finissimi uomini con le ali di farfalla avrebbero danzato nell’alba placida che ora finalmente albergava nel cuore del soldato.
 
Quando, la mattina seguente, Chan si svegliò, notò che Hongjoong, accucciato accanto a lui – tutto stretto in una delle sue folte pellicce – tratteneva un delicato sorriso mentre fingeva di nuovo di dormire. Seppe allora che ogni cosa si era trasformata, che nulla era cambiato, e che tutto era migliore.


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Non scappate, tra qualche giorno pubblicherò ancora un capitolo speciale ^^
   
 
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