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Autore: lo_strano_libraio    03/12/2022    0 recensioni
Cosa successe nei mesi tra la morte di Billy e l’attacco di Vecna, nella vita di Maxine Mayfield? Scopritelo in questa storia angst, ricca di emozioni forti, misteri e colpi di scena!
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dustin Henderson, Lucas Sinclair, Maxine Mayfield, Mike Wheeler, Undici/Jane
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Capitolo 12-Ci siam voluti tango bene, ma la tempesta è preceduta dalla quiete.

 

Max si avvicinava con passo cauto e timoroso, a quel rudere d’uomo buttato sulla poltroncina a muro, come uno scatolone di vecchi vestiti da buttare via. La visione impietosì sinceramente Max: d’altronde, anche se in parte era colpa di lui, la vita di Neil era stata rovinata nel giro di un anno. Prima era morto suo figlio e ora anche la donna che, pur non dimostrandolo nel migliore dei modi, amava e aveva intrapreso con lei una folle fuga dalle loro vecchie, ordinarie vite, aveva lasciato il mondo dei vivi. Anche se non era il vero lui, e nel mondo reale sua madre non fosse morta veramente; sentiva che se il suo subconscio glielo stesse facendo apparire così, significava che nel profondo, alla fine, gli dispiacesse veramente per lui, e che voleva perdonarlo. 

Arrivatagli di fronte, non sapeva cosa fare: lui sonnecchiava con gli occhi chiusi, e non sapeva proprio decidersi su quale fosse il modo migliore per attirare la sua attenzione; soprattutto visto il loro turbolento, ultimo incontro. Per sua fortuna, fu lui a fare il primo passo: probabilmente percependo che qualcuno gli si fosse parato di fronte, le sue palpebre si mossero febbrilmente, per poi aprire gli occhi. Questi la riconobbero subito, spalancandosi immediatamente dalla sorpresa. Neil cercò di ricomporsi il meglio possibile, sedendosi dritto e mettendo freneticamente a posto le bottiglie vuote sul tavolo; pareva volesse nascondere la stato di abbandono in cui versava. 

“M-Maxine! Cosa ci fai qui?’ Ho saputo tutto, mi dispiace così tanto, tesoro…” Si sporse con le braccia, intento ad abbracciarla, ma vedendola tentennare, si bloccò subito.

“Oh scusami, non volevo metterti a disagio…” lei lo interruppe.

“No, no, tranquillo, lo apprezzo, è solo che non me lo aspettavo. Capisci, non sei mai stato particolarmente quel tipo di patrigno affettuoso.”

“Già è vero, ma vorrei che tu capissi, che ti voglio e ti ho sempre voluto veramente bene: ma è difficile per me esprimere le mie emozioni. Mio padre non me l’ha insegnato, era un uomo violento, molto violento…Tua madre riusciva a tirare fuori da questo guscio duro, il meglio di me. Quella sera che Billy è venuto a cercarti, sono stato io a imporglielo, perché volevo che fossimo una famiglia, e che tu potessi vedermi come un secondo padre. Ma ho rovinato tutto…” si chinò sul tavolo, coprendosi il volto con le mani, mentre singhiozzava.

Lei, inteneritosi per quel discorso di cui percepiva la sincerità, gli si sedette accanto, prendendolo per mano. Lui si voltò sorpreso, non aspettandosi questa premura. 

“Ascoltami Neil: io ti perdono, veramente, ti perdono per tutto. E anzi, ti devo anche chiedere scusa per l’altra volta: tu hai cercato di scusarti ed essere gentile con me, e io ti ho trattato malissimo davanti a tutti. Non è stato educato, da parte mia.”

“Oh, grazie piccola…” questa volta la abbracciò davvero, e lei non si tirò indietro. Quando di lasciarono, lei inizió a spiegargli la parte difficile:

“Ascolta, mi servirebbe il tuo aiuto per una cosa davvero importante: papà è tornato per portarmi via da qui in fretta e furia; ma voglio prima sotterrare un ricordo di mamma e Billy in un posto speciale. Mi aiuterai?”

“Aspetta…mi stai dicendo che sei scappata via per fare questo di nascosto?! MaMaxine, tuo padre sarà disperato, non ci pensi a lui?! E poi, sarebbe sequestro di minore! Io poi, se ci beccano prima mi ammazza e poi mi chiudono in galera buttando la chiave! No, no, mi dispiace, ma assolutamente non se ne parla!”

“Senti, lo so che ti sto chiedendo tanto, ma lui è fuori di sè per cosa è successo a mamma, ha dovuto guidare mio zio perché non era neanche nelle condizioni di guidare! Ascolta: hai detto che mi vuoi bene e che volevi fossimo una famiglia, giusto? Bene, questo è il momento di dimostrarlo: fai questa piccola follia per me e te ne sarò grata per il resto della vita!” Mentre gli parlava, lo teneva per le mani, facendo gli occhioni dolci, per convincerlo al meglio.

Lui sospirò, guardò verso il basso, per poi tornare su di lei.

“Ok…ma una volta fatto, ti riporto da tuo padre dicendogli che ti ho trovata in giro, e ti ho convinta io a tornare da lui. Così magari smetterà di volermi sbranare vivo; intesi?”

Lei annuí sorridendo. Poi si lanciò a sorpresa di Neil in un abbraccio.

“Grazie, grazie, e ancora grazie! Non ti immagini neanche cosa significa per me questo! Ti voglio bene Neil!”

Lui arrossì visibilmente: era letteralmente la prima volta che sentiva dirsi questo da lei, quindi doveva essere sincera.

“Grazie, piccola…”

Quando Max si staccò da lui, e lo vide in volto, si intenerì: Si ri promise in quel momento, che avrebbe cercato di perdonare anche il vero Neil, una volta fuori dal coma. 

Il gruppo salí sulla station wagon marrone dell’uomo, accucciandosi sui sedili, almeno fino a quando non sarebbero arrivati fuori città. L’auto viaggiava per le strade di Hawkins, ogni tanto sentivano una volante della polizia sfrecciare accanto a sirene spianate. In quei momenti Max sudava freddo: si ricordava di aver parlato agli agenti in ospedale, di un uomo che avrebbe istigato il suicidio di sua madre. Il loro principale sospetto era proprio Neil, per i loro trascorsi. Si era dimenticata però di avvertirlo, e ora temeva che uno sguardo indiscreto, un sorriso per far finta di nulla, agli agenti nelle volanti, potesse attirare la loro attenzione. Non avevano a sua disposizione molto margine d’errore: se fossero stati catturati, non sarebbe riuscita ad uscire dal coma e Vecna l’avrebbe uccisa.

“Ok…siamo fuori Hawkins…nei boschi, non ci sono neanche macchine in giro, potete uscire.”

“Aaah, mi stavo spezzando la schiena!” Esultò Tommy, mentre Arianna lo massaggiava. Max si rimise dritta sul sedile, e Will, seduto su quello accanto a lei, vedeva chiaramente che era pensierosa. 

“Ehi, ti va di confidarti su cosa ti frulla nella testa?”

Lei spostò di poco lo sguardo verso di lui, mantenendo sempre quella maschera di incertezza e dubbio.

“Il fatto è che, ultimamente, ho un tarlo nella testa di cui non riesco a liberarmi”

“Bene, ci sono io per questo: vedrai, sono un esperto di disinfestazioni mentali.”

“Stavo pensando: se mesi fa avessi accettato di andare via con papà, certo sarebbe stato triste perché vi avrei detto addio di punto in bianco e non ci saremmo rivisti sul breve periodo. Ma non sarebbe neanche successo tutto questo: Vecna non mi avrebbe massacrata, non sarei in coma a lottare per la mia vita. Avrei convinto papà a portare mamma con noi, avrei rivisto tutti quelli che conosco laggiù, e sarei ritornata alla mia vecchia vita…”

Will le mise una mano sulla spalla, distraendola dai suoi sogni ad occhi aperti.

“Ascolta, quello che stai provando ci sono passati tutti nella vita: si chiama rimuginare sul passato. Ma devi anche capire, che non puoi essere certa che le cose sarebbero andate come te le immagini ora: se Vecna ti avesse raggiunto laggiù, per esempio, non saremmo riusciti a proteggerti, e saresti finita decisamente peggio.”

“Si…probabilmente hai ragione…” Will però vedeva che pur avendola convinta, una tristezza di fondo rimaneva persistente, dentro lei.

“Ehi, hai mai sentito parlare dell’imperatore romano Marco Aurelio”

“Ehm, no, che c’entra?” Ora era invece piuttosto confusa.

“È chiamato “l’imperatore filosofo”, perché era uno stoico. Da giovane visse una vita molto tranquilla, e anche quando divenne imperatore perché fu adottato da Adriano, come suo successore, perché stupito da quanto fosse saggio e pacato quel ragazzo: riuscì a governare mantenendo pace e prosperità nell’impero”.

“Ok, ma cosa ha a che fare con-“

“Aspetta, fammi finire…”

“Ok, scusa, ma vedi di essere coinciso…”

“A un certo punto, nell’impero scoppiarono epidemie terribili, anche a Roma stessa, e lui andò ad aiutare di persona i malati, rischiando la vita. Poi, iniziarono delle invasioni: a est, i persiani, mentre a nord i germani, che furono l’anticipazione di quelle che fecero cadere l’impero tre secoli dopo. Aurelio mandó il suo migliore amico a sconfiggere i persiani, e lui vinse rimandandoli oltre il confine; successe però una cosa terribile: gli arrivò la notizia che Aurelio fosse morto, e i suoi legionari iniziarono ad acclamarlo come nuovo imperatore, ma quando scoprí che era solo una falsa notizia, i suoi comandanti lo uccisero, mandando la testa a Marco Aurelio, nel tentativo di salvare la faccia. Il povero buon imperatore non volle neanche vederla, disgustato da quello che era appena accaduto. Ma il disgusto e la miseria continuavano ad attanagliarlo, perché le guerre contro i germani non sembravano finire, costringendolo a rimanere a combatterli per anni, sul gelido confine del Norico; quando avrebbe voluto vivere con la sua famiglia, passare le giornate a leggere e scrivere, a casa sua nella soleggiata campagna romana. I suoi comandanti cercavano di convincerlo ogni giorno, che l’unico modo per far finire il conflitto fosse commettere un genocidio comprendente donne e bambini contro i Marcomanni, l’avanguardia dei popoli germanici alleati. Aurelio non se la sentiva di fare qualcosa del genere, lo riteneva una crudeltà a cui di sarebbe potuto ovviare in altri modi, perché era un uomo buono e gentile. Ma proprio in quel momento, dove la sua vita era immersa ogni giorno nella morte e la violenza, non di perse d’animo; e sai cosa fece? Si mise a scrivere! Si, proprio così! Ogni sera scriveva un diario, dove si confidava sui pensieri che lo tormentavano. Grazie a questo “hobby” non impazzì al dolore e la vergogna di quello che era costretto a fare per proteggere i romani e la sua famiglia. Queste pagine divennero “Le confessioni a me stesso” una delle più grandi opere della filosofia stoica di tutti i tempi! E le massime contenute all’interno, aiutano ancora tantissime persone in difficoltà come te. Per esempio: “Aspettati niente dalla vita, e accetta tutto quello che ti succederà. Sii sincero in quello che dici e fai, e la tua sarà una bella vita” “La migliore vendetta contro i tuoi nemici è non essere come loro” Oppure la mia preferita: “La morte sorride a tutti noi. Tutto quello che possiamo fare è ricambiare il sorriso!”

Will non era stato decisamente coinciso, ma il racconto aveva preso talmente Max, che l’aveva ascoltato concentratissima, è arrivata alla battuta finale le scappò anche un risolino. 

“Quello che voglio dirti è che se Aurelio fosse vissuto in pace, non avrebbe mai scritto una pagina di quei diari! Come tu, non puoi giudicare te stessa e il tuo passato, su eventi di forza maggiore di cui non hai colpa e neanche controllo. Tu hai già sconfitto Vecna dentro di te, perché non ti sei arresa e sei decisamente migliore di lui!”

“Grazie Will, queste parole mi confortano molto…” lo abbracciò.

L’auto si fermò nei boschi, tutti scesero e Will individuò subito la strada sterrata che conduceva al fortino. Neil rimase a vigilare sull’auto, e loro gli promisero che ci avrebbero messo poco. Il gruppo, con Max e Will davanti, si muoveva con passo rapido, ansioso, perché la fine di tutto questo era a soli pochi passi di distanza. Arrivarono alla facciata del castello di legna in rovina: essendo il “lord” partito, nessuno se n’era preso cura in questi mesi. La bandiera era afflosciata sul tetto, perché l’asta era quasi caduta, spinta giù dal vento. Le assi erano storte e si notavano anche fratture in alcuni punti. Will era sul punto di commuoversi, d’altronde l’aveva costruito lui, per poi scordarsene completamente quando le cose si sono complicate, lasciandolo a sé stesso. E questi erano i risultati. Ma una volta fuori di lì si sarebbe preso cura di quello vero, che sarebbe tornato a essere il suo piccolo, prezioso, rifugio. 

“Quindi, se ho capito bene, ora entrò in quella tenda e uscirò dal coma, giusto?”

“Si!” Annuí Undi.

“Uhh, cavoli, non pensavo che mi sarei emozionata così tanto. Ma che dire, ci siamo!”

Max sporse lentamente la tenda di lana, ma dall’altro lato, l’aspettava una brutta sorpresa: una coltre di viticci organici bloccava il passaggio, lungo tutta la sua altezza. 

“Che cazzo é questa roba?!” Max cercava di smuoverla, ma erano troppo saldi. 

“È di sicuro opera di Vecna! Sono gli stessi che si trovano nel sottosopra.” Spiegò Will, memore di quando venne imprigionato da essi, quando fu rapito dal demogorgone. 

Max provó a invocare un coltello, poi una fiamma ossidrica, ma era tutto inutile: i viticci resistevano a tutto, perché erano frutto del potere psichico del mago nero. 

“Max, mi dispiace, ma credo che l’unico modo per aprire la porta verso il mondo esterno sia sconfiggere Vecna.”

“Ci ha tesi una trappola, per costringerci a combatterlo in uno scontro diretto. Ma puoi giurarci che lo farò a pezzi!”

“Che cos’è quella roba?!” A sorpresa di tutti, Neil si era avventurato sul percorso, e ora esaminava basito l’intreccio di tentacoli che attanagliava la porta d’entrata del fortino. 

“Caspita, e io che pensavo che l’erba di casa nostra crescesse troppo in fretta! Figliolo, la tua casetta ha un serio problema d’intestazione!” Disse rivolgendosi a Will, paonazzo perché non sapeva proprio come spiegargli cosa fossero. 

“No, Neil! Ti avevo detto di rimanere laggiù!” Si lamentò la figlioccia. 

“Oh sú, se sei venuta a seppellire dei ricordi di Billy e tua madre, potrò anche essere presente io, no? Ero pur sempre il padre di lui e il marito di lei!”

Ora Max si ricordava perché non lo sopportava proprio: era un testone! 

“Ascolt-“

“MAX!” Dal folto bosco fecero capolino Lucas è un esausto Bob.

“Aspetta…anf anf…non sono abituato a correre così tanto…ah…” si fermò ansimante, chinandosi con le mani sulle ginocchia, avendo inseguito Lucas per il bosco. Arrivarono anche Mike e Dustin, che gli porsero una bottiglietta d’acqua per evitare gli prendesse un infarto.

“Ay dios mio…” si fece scappare Arianna, nella sua lingua nativa, alzando gli occhi al cielo.

Lucas, però era più interessato alla fidanzata, andando rapidamente da lei.

“Ma che ti è preso?! Eravamo tutti spaventati per te, temevamo ti avesse rapito un demogorgone! Così, ci siamo divisi per cercarti”

“Hai ragione scusami, ma-“ L’attenzione di Lucas però si spostò, quando notò l’uomo che era accanto a lei.

“Tu! Sei stato tu a portarla via?!”

“Cosa?! No! Ehi, ti giuro che è stata lei a chie-“

“ADESSO BASTAH!” L’oggetto della contesa sbottó, urlando e sbattendo i piedi sul terriccio con un salto.

“Ora statemi a sentire tutti e tre! Guardate quell’albero!” Indicò con un dito una quercia li vicino.

Guardarono dove indicava, confusi se fosse partita del tutto di testa o se avesse visto qualcosa da cui dovessero stare attenti. Improvvisamente, sul largo tronco dell’albero, comparve per magia un faccione fatto di corteccia ma dagli occhi umani. 

“Oh Oh Oh, date retta a Max! Quello che vedete intorno a voi non è reale! Ma tutto un suo sogno! OHOHOH” 

I nuovi arrivati erano allibiti, a bocca aperta. Bob si stropicciava gli occhi.

“Cazzarola! E poi mi prendono per i fondelli perché leggo Il Signore Degli Anelli e mi commuovo per gli Ent!”

“Ma che porc…” sussurrava Neil.

Max prese per mano Lucas, ma rivolgendosi a tutti loro.

“Sono in coma, ma posso controllare cosa ho intorno a me qui! Voi siete i ricordi delle persone che conosco, tranne Undi e Will che sono entrati nella mia testa per aiutarmi ad uscirne. Un tizio con poteri oscuri ha messo lì quei tentacoli…o qualsiasi cosa siano, e vuole uccidermi per fare un sacrificio rituale, che aprirà un varco dal sottosopra, una dimensione demoniaca, facendo invadere Hawkins e il mondo intero dalla sua armata di mostri. Allora, mi volete aiutare a svegliarmi, si o no?”

Passarono secondi, dove la guardavano cercando di metabolizzare tutte quelle informazioni assurde.

“Ehm…ok!” Concluse Lucas.

   
 
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