Nessuna lacrima, in quel momento, vela gli occhi scuri di Rashid. Le sue mani, però, strette attorno alla balaustra del balcone, tremano e la sua mascella è rigida. Non può piangere, ne è cosciente. Nessuno deve conoscere le sue pene, oltre la sua espressione allegra. Sente dei passi e due mani forti, gentili, appoggiarsi sulle sue spalle. Sorride, malinconico. 'E Azam, il suo servitore e guardiano. Nonostante le traversie, gli è sempre rimasto accanto. Il cuore di quell'uomo è grande quanto il suo corpo. Vostro padre e vostra madre sono morti senza soffrire... mormora Azam. Si interrompe e maledice se stesso. Come può dire queste inutili frasi a Rashid? Lui è un figlio disperato, a cui sono stati strappati i genitori, a causa di un gravissimo incidente. Il giovane si appoggia con la schiena contro il petto del colosso e chiude gli occhi. Si sente bene tra quelle braccia gentili. Azam, non preoccuparti. Io so che tu volevi consolarmi... Ma, ti prego, non dire nulla. Abbracciami, ma non dirmi nulla. In questo momento, mi sembra di essere un niente... confessa, amareggiato. Azam comprende e aumenta la forza del suo abbraccio. Simili, inaspettate tragedie annientano la mente più forte. Distruggono ogni certezza e rivelano la verità. L'essere umano, gonfio di vanità, è un misero frammento nell'immensità caotica del cosmo.