Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken
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Autore: Redferne    15/12/2022    4 recensioni
Tre fratelli.
E una tecnica segreta che rappresenta la summa, lo stadio ultimo di una disciplina millenaria dall'incomparabile potere distruttivo.
Ed il modo in cui essa coinvolgerà le loro vite, ed i loro rispettivi destini.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jagger, Kenshiro, Raul, Ryuken, Toki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 18

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il tipo sfigurato, una volta scemata del tutto la sorpresa, rimase ad osservarlo.

A lungo ed in silenzio. E con lunga quanto minuziosa attenzione, cercando di non perdersi un solo passaggio di quel che stava facendo.

I muscoli e i tendini della sue braccia erano tesi e tirati sino allo spasimo.

Dava davvero l'impressione che potesse aspettarsi di tutto, dall'uomo che aveva appena fatto irruzione rubandogli di fatto la scena.

E niente avrebbe potuto essere più vicino alla realtà dell'affermazione appena enunciata.

Perché quando si ha a che fare con persone simili, e di tali capacità...un colpo, un sol colpo può risolvere davvero tutto.

Un solo attimo di disattenzione o di distrazione, anche minimi, possono risultare fatali. Ed avere conseguenze tragiche su cui poi si rischia di non avere nemmeno il tempo per pentirsi. O quantomeno di rimuginarci sopra.

Nemmeno quello.

Il tizio che aveva appena finito di apostrofarlo in merito al modo in cui era stato da lui stesso definito, ed immeritatamente vedendo sia il tono che il genere di risposta con cui aveva replicato, si trovava seduto su di un trono semovente dall'ampio schienale color porpora acceso.

Piazzato proprio sull'ultima fila di sedili di un altro mezzo appositamente riadattato e rielaborato.

O per lo meno dove una volta ci stavano i sedili, visto che per farci stare tutto quel popò di assurdo armamentario avevano dovuto provvedere a sradicare e spiantare quasi tutta la componentistica del vecchio e precedente arredo d'interno, anche se non si trattava certo di una casa.

Per il semplice fatto che roba come quella, quando era in auge e al massimo del suo splendore...era stata senz'altro meglio, di una semplice quanto misera magione.

Questa volta doveva trattarsi di una di quelle macchine di gala che apposite agenzie private mettevano a disposizione di personaggi veramente importanti grazie a meriti ottenuti nelle loro esclusive categorie di appartenenza.

Mezzi ideati, realizzati, elaborati ed affittati per raggiungere eventi, pranzi e cene di gala e ricevimenti. O anche solo per spostarsi in giro o all'interno di una città o di una metropoli senza che il resto del volgo anonimo e squallido potesse venire a disturbarli o a in fastidirli, i facoltosi passeggeri che di volta in volta ospitavano e traghettavano.

Figure i cui meriti potevano essere inerenti allo sport, alla politica, all'attualità, all'inchiesta oppure allo spettacolo.

Com'é che si chiamavano? E com'era che li chiamavano, un tempo?

Ah, si. Vips.

E i macchinoni che scarrozzavano impunemente su e giù i loro grassi, formosi e pasciuti culi...limousine, ecco.

Ora quel mondo non c'era più. Era completamente sparito, svanito.

L'olocausto nucleare ne aveva spazzato via persino il ricordo. Persino l'odore e la puzza.

Di soldi, di champagne e di sudore i cui elementi chimici venivano alterati dal senso perenne e permanente di ebbrezza scatenato dai continui e ripetuti eccessi.

Di cocaina, di sesso e di bagordi.

Ormai vetture come quelle, sempre ammesso che le si potesse ancora rimediare da qualche parte, venivano giusto impiegate per le uniche figure che ancora contavano qualcosa, in una simile epoca.

Le uniche rimaste ancora degne di una minima considerazione, in mezzo a soldataglia brutale e a villici buoni solamente a fare da carne per cannoni. O da cibo per i vermi, che era sostanzialmente la stessa cosa.

D'altra parte...qualcuno di molto spiritoso sostiene, e non a torto, che le carcasse e le carogne destinate agli avvoltoi o agli insetti saprofagi o ai batteri decompositori altro non sono che il prodotto fatto e finito di cui l'essere umano costituisce la materia prima, il componente base e nobile.

E come lo si potrebbe mai contraddire, coi tempi di merda che corrono?

Come si fa?

Che qualcuno ci provi pure, se davvero se la sente ed é così sicuro di dichiarare l'eventuale contrario.

Carrozzoni simili servivano giusto giusto per portare in giro i capi. Che fossero generali, comandanti oppure Re. O magari imperatori.

L'altra cosa che stava sicuramente in risalto e che era degna di nota, oltre a quello, era ciò che si trovava sul cofano, e che avevano appena usato per abbellirlo.

O che dovevano aver appena finito di usare, dato che sembrava ancora fresco. O caldo, a seconda dei punti di vista.

Un cadavere.

Le spoglie dell'unico, almeno fino a quel momento, superstite del trio che aveva osato attaccare l'invasore a colpi di arma bianca. Anche se va precisato che nessuno dei colpi in questione era andato minimamente a segno.

Il terzetto che stava e che era stato giusto in mezzo.

Rispettivamente dopo i tre che erano finiti esplosi come autentiche bombe umane, in un orrido tripudio di sangue sprizzato e budella maciullate ed esposte. E prima degli altri tre che gli avevano fatto seguito tentando di investirlo e di tirarlo sotto col loro bolide eruttante fumo e fiamme dai tubi di scappamento.

Vi stava legato sopra, sia per i polsi che per le caviglie, e con le braccia e le gambe aperte e completamente spalancate quasi a formare una croce di Sant' Andrea col proprio corpo ancora caldo.

Messo supino. Con la testa rivolta all'ingiù ed in direzione della strada, gli occhi sbarrati e labbra spalancate in un'espressione di terrore senza fine.

Doveva aver visto l'inferno, prima di tirare le cuoia. E la vita gli doveva essere uscita direttamente dalla sua boccaccia sghemba con tanto di contorno di denti marci insieme alle ultime urla. Poco prima che si tramutassero in rantoli di agonia per poi spegnersi del tutto.

Proprio una gran strana coccarda che si era scelto, il proprietario di quel mezzo. Che lo era solo di nome dato che ormai ra pura e mera astrazione parlare di tasse, di libretto di circolazione, di patente e di proprietà.

Però la macchina era sua, dato che era lui quello che lì se ne stava messo più in alto di tutti. E per giunta su di un piedistallo dove ci si doveva essere messo praticamente da solo, per proprio conto.

E a ben ragione, visto che da quelle parti ed in quei dintorni doveva essere senz'altro il più forte.

Ma solo lì, però.

E comunque, per chiunque passasse e si avvventurasse per quelle terre...la cosa andava tenuta da conto. E bisognava rispettarlo e onorarlo a dovere.

Perché era lui il pezzo grosso, lì. Il grande capo. Era lui quello che stavano trasportando e conducendo a zonzo e in giro senza una meta.

Fino ad adesso, andava inteso. Dato che la meta, ora, doveva avergliela senz'altro fornita l'autore di tutto quel gran bel macello. Che con tutta quanta la probabilità doveva essere anche il responsabile dei casini che stavano ammorbando e rendendo oltremodo pesante la giornata di quel reame.

Dell'intero reame in questione.

Il pezzo grosso, in tutto questo tempo, a parte l'intervento iniziale non aveva detto più nulla.

Non aveva fatto altro che rimanersene seduto sulla sua grossa e vistosa poltrona, con una gamba accavallata sull'altra e con un gomito piegato ad angolo retto su uno dei braccioli, a fare da pilastro e da sostegno mediante il dorso ed i polso alla sua testa lievemente reclinata.

La sua lunga e liscia chioma bionda si sollevava appena di qualche ciocca, mentre il vento la muoveva lentamente e pigramente grazie a qualche sporadico refolo.

La visione d'insieme trasmetteva e lasciava provenire da lui un gran senso di noia e di fastidio, quasi come se avesse giudicato estremamente inappriopriato il doversi scomodare per cose simili.

Per cose così futili ed insignificanti.

Ma a parte quello...forse vi doveva essere dell'altro.

Magari si stava comportando così per una ragione ben precisa.

Forse doveva aver deciso di lasciare che il cadavere sul cofano parlasse per lui, almeno dal punto di vista prettamente psicologico.

Che si esprimesse al suo posto e per primo, anche se solo dal punto di vista visivo.

Come ammonimento avrebbe dovuto essere più che efficace, per quanto riguardava lo scoraggiare altri massacri ed intenzioni ostili.

Ma subito dopo dovette convenire che l'avvertimento in questione, da solo, non doveva bastare.

Già. Per quanto esplicito che fosse, evidentemente con gente come colui che aveva davanti non era sufficiente.

No. Uno come quel tizio sfregiato non si sarebbe fatto impressionare o intimidire.

Decise quindi che era giunto il momento di dire anche la sua, in merito.

Puntò il dito verso il cadavere riverso, legato ed esposto sul cofano, indicando una zona ben precisa. Che forse dal punto dove si trovava l'invasore del suo regno, nonché l'assalitore dei suoi uomini, non si vedeva.

Un taglio. Uno squarcio profondo. Una ferita a dir poco orrenda che andava dll'inizio dello sterno fino all'inguine.

Difficile dire da dove avesse cominciato, da quale parte avesse affondato per prima la lama del coltello o del pugnale appartenente al macellaio che aveva eseguito un lavoro così infame. Eppure al contempo così preciso e di fino.

Davvero ammirevole, sotto un certo punto di vista. Perché non va dimenticato che se al posto di un cristiano vi fosse stato un bovino a qualunque altro genere di animale da pascolo o da allevamento, nessuno avrebbe avuto niente da ridire in proposito.

Anzi, forse si sarebbe persino complimentato per l'ottimo lavoro svolto.

Proprio vero. Ammazza un uomo e verrai biasimato e condannato da tutti gli altri tuoi simili.

Prova invece ad ammazzare un intero banco di tonni...e ti guarderanno con l'acquolina in bocca.

Anzi...ti daranno persino una mano a spinarli ed inscatolarli, mentre sbavano copiosamente per la fame e l'appetito.

Questo una volta, almeno. Perché tra uomini e bestie, in fatto di macelli e di venire macellati...non é che corresse poi tutta questa gran differenza, a quei tempi.

“Guarda questo pusillanime” disse l'uomo biondo. “Guardalo bene. Suppongo che questo vigliacco stesse fuggendo da te. Ma il suo era un tentativo velleitario e destinato a fallire. Perché fuggire dal proprio avversario, nel mio esercito, equivale a fuggire da chi lo comanda. Equivale a fuggire dal proprio sovrano. E non esiste fuga, da me. Non c'é via ne posto dove andare, per chi rinuncia alla lotta e a combattere.”

“Morte agli sconfitti” dichiarò. “Così come ai codardi. Questa é la sola ed unica legge che deve rispettare chi lavora per me e mi obbedisce. Questa é la sola ed unica legge che vige qui, nel mio regno. E basta ed avanza. Non ne servono né occorrono altre.”

Il tizio bendato e sfigurato sorrise, senza scomporsi. Anche perché sapeva benissimo chi aveva ridotto così il tizio finito ad abbellire il cofano.

Sapeva bene chi l'aveva conciato in tal modo.

Era stato il biondo. E senza ricorrere ad armi o a strumenti chirurgici.

Lo aveva fatto di sicuro a MANI NUDE.

Le sue capacità, le sue conoscenze in campo marziale e le tecniche che conosceva, unite all'arte di cui era dotato...gli consentivano benissimo di poterlo fare.

Prese a sghignazzare.

“Eh eh eh...AH AH AH AH AH AH!!”

“Sicché sei venuto qui, finalmente” disse, seguitando a ridere in modo rumoroso quanto sguaiato. “Ti stavo aspettando. Ero sicuro che continuando a massacrare quegli inetti che stanno al tuo soldo ti saresti deciso ad uscir fuori allo scoperto, prima o poi. E adesso...adesso ti sei degnato di venire qui e di presentarti al mio cospetto, SHIN.”

Il chiamato in causa poggiò il dorso della propria mano destra sotto alla punta del mento, in atteggiamento riflessivo, mentre socchiudeva gli occhi facendo assumere al suo volto un'aria che stava giusto giusto nel mezzo tra l'incuriosito ed il perplesso.

Dunque, quel tizio aveva dimostrato di sapere chi fosse. Ma lui, invece, non sapeva chi era l'altro. E questo non era affatto bene.

No, anzi...era DECISAMENTE MALE.

“Mh” fece. “Pare che tu sappia chi sono. Ma io non so chi tu sia, però.”

Questa volta il tizio sfigurato la prese decisamente peggio, sul personale. E non si limitò a far finta di nulla.

Anzi, andò su tutte le furie, mettendosi a sbraitare.

“Ma come?!” Urlò, agitandosi. “Possibile che tu non mi abbia riconosciuto?!”

Si mise pure a pestare i piedi mentre seguitava a sbracciare come un forsennato, senza smettere nemmeno per un secondo con entrambe le cose.

Era letteralmente fuori di sé dalla rabbia.

“Non azzardarti a dire di nuovo che non mi conosci, mi hai sentito?!” Glì inveì contro, intanto che continuava a dimenare i propri arti superiori. “Non ti permetto di non sapere come mi chiamo! E adesso...DI' IL MIO NOME!!”

“AVANTI!!” Glì intimò, gridando. “IL NOME! VOGLIO IL NOME! VOGLIO CHE TU DICA IL MIO NOME! ADESSO! DI' IL MIO NOME, FORZA! DI' IL MIO NOME!!”

“Dimmelo tu” gli rispose compassato Shin, facendo sfoggio di una a dir poco invidiabile calma e compostezza unite ad un altrettanto ragguardevole quanto encomiabile autocontrollo.

Sapeva dominarsi, a differenza di colui che lo stava apostrofando con epiteti assai poco garbati e gentili. Questo era fin troppo chiaro, lampante e palese.

La padronanza dei suoi nervi e delle sue emozioni doveva costituire senz'altro il suo forte. Così come la pazienza, di cui doveva certamente disporre in gran quantità. Anche se non doveva essere il genere di persona che ne faceva sovente ricorso, almeno di norma.

A giudicare dai suoi modi freddi e spicci, nonostante il linguaggio forbito, doveva aver ucciso e fatto uccidere moltissima gente anche per molto meno.

In molti dovevano essere morti anche per sgarri, sgarbi ed insulti ben minori e più futili di quello.

Ma l'invasore misterioso doveva averlo incuriosito, e doveva aver catturato in qualche modo la sua attenzione.

Lo aveva destato dal suo torpore.

Si. Aveva deciso che quel tizio dall'aspetto deforme dovesse aver qualcosa da dire. Qualcosa per cui dovesse valer la pena lasciarlo in vita ancora un po'.

“Mi hai udito?” Chiese. “O sei forse sordo? Ti ho detto di dirmelo tu.”

“C – che...che cosa hai detto?” gli domandò a sua volta l'uomo con la faccia fasciata.

“Ah, allora hai sentito” replicò l'uomo sul trono semovente. “Ti ho appena detto, anzi ordinato di dirmelo tu.”

“Dimmelo tu” gli ripeté, quasi con tono di scherno nonostante l'espressione svagata dipinta in viso. “Dovrei forse conoscerti, per caso? O vi é qualche motivo per cui io debba sapere chi sei?”

“Certo che c'é, dannazione!!” disse l'uomo dalla faccia mezza deformata. “Possibile che tu non mi abbia riconosciuto? Possibile che tu non sappia chi sono? Sono JAGGER, maledizione! Sono uno dei quattro candidati alla successione del ruolo di reggente della Divina Arte della Scuola dell' Hokuto – Shinken!!”

“Ah, già” fece Shin. “Ora ho capito chi sei. Uno dei quattro figliastri adottivi del bonzo Ryuken Kasumi. Nonché uno dei suoi discepoli. Solo adesso, ti riconosco. Senza offesa, ma l'ultima volta che ti ho visto avevi un aspetto decisamente diverso. Identificarti sarebbe stata una vera impresa per chiunque, conciato come sei.”

Questa volta fu Jagger, a non raccogliere.

“Beh...” commentò, “...in effetti ne é passato di tempo, dall'ultima volta che ci siamo incontrati. E' da un pezzo, che non ci si vede. Davvero.”

“Davvero” gli fece eco l'altro. “E fosse dipeso da me, le cose tra noi due avrebbero potuto andare avanti benissimo anche così. A distanza. E decisamente ragguardevole, direi. Saprai anche tu che i contatti tra le nostre due discipline sono proibiti, e vanno ridotti al minimo indispensabile. Sono concessi soltanto poche volte all'anno. E soltanto in occasioni sporadiche, particolari e ben specifiche.”

“Occasioni che spesso e volentieri si tramutavano in vere e proprie carneficine, con la scusa ridicola di sistemare vecchi e vetusti torti rimasti irrisolti” ci tenne a sottolinare. “E al cui termine sui pavimenti dei dojo e delle palestre a momenti non si potevano contare i corpi lasciati a terra tra cadaveri, mutilati o anche solo semplici feriti e contusi. Al punto che si pensò di arrivare qausi a proibirli e ad ablirli del tutto, se la memoria non m'inganna.”

“I rapporti tra le Scuole del Pugno della Stella del Sud e la Scuola del Pugno della Stella del Nord sono sempre stati piuttosto tesi, nonostante il reciproco rispetto e collaborazione” gli rivelò. “Ed é pienamente comprensibile, come cosa. Certe rivalità sono inevitabili, trattandosi di arti da combattimento. Specie se esistono da tempi che si possono definire immemori. Ma di recente possiamo dire che sono davvero ai minimi storici. Ed oltre a ciò...ti devo confessare che voi di Hokuto non mi siete mai stati molto simpatici.”

“No, decisamente non mi siete mai andati a genio” ribadì. “Hai scelto il giorno sbagliato per venire qui a trovarmi. E hai dimostrato che in fatto di cortesia e di buone maniere non sei certo un maestro, visto che il massacro inutile quanto insensato che hai inscenato e a cui hai dato vita non costituisce certo un buon biglietto da visita. Ti sei presentato in casa mia davvero nel peggiore dei modi, allievo di Hokuto. E come peggio non si poteva. E sappi che ne terrò debito conto.”

“Tuttavia” precisò dopo una brevissima pausa, “sarebbe una grossa scortesia da parte mia non ascoltarti nemmeno prima di ucciderti, vista tutta la strada che hai fatto e quanto ti sei dato da fare. E visto che, stando alle tue precedenti parole, sei venuto qui apposta per me. Vorrà dire che starò a sentire quel che hai da dirmi, prima di tutto. E poi ti ammazzerò, per vendicare l'onta che hai fatto subire al mio esercito. La laverò direttamente col tuo sangue!!”

Detto questo, spiccò un balzo direttamente da dove si trovava. E senza prendersi nemmeno la briga né perdere il tempo di rimettersi in piedi per far leva sui propri arti inferiori.

Niente di tutto questo. Aveva saltato letteralmente da SEDUTO.

Gli uomini intorno al suo trono motorizzato e semovente spalancarono occhi e bocche per lo stupore, formando con l'organo adibito alla voce nonché all'alimentazione una lettera inconfondibile. La quarta in ordine tra le vocali, per la precisione.

“Ooh...”

Persino Jagger rimase esterrefatto per lo stupore, allargando braccia e gambe per mantenersi in equilibrio e non rovinare a terra direttamente col proprio fondoschiena.

Shin raggiunse un paio di metri d'altezza e si esibì in una doppia capriola in avanti a mezz'aria prima di arrivare ad atterrare sulle proprie punte dei piedi, ad un paio di metri di distanza da colui che fino ad un attimo prima impersonava il suo diretto interlocutore. E che ancora considerava tale, dato il discorso non era ancora finito.

No, la faccenda restava ancora tutta da concludere. E qualcosa gli diceva che si era ancora all'inizio.

“Eccomi qui” disse, con un sorrisetto beffardo. “Faccia a faccia con te. Anche se dire faccia é un puro eufemismo, visto come é ridotta la tua. Pare proprio che qualcuno abbia deciso di suonartele di santa ragione, stando a quanto vedo. Forse uno dei tuoi due fratelli maggiori si é accorto che ti stavi allargando troppo, e ha deciso di rimetterti al tuo posto?”

“N – non...non sono cazzi tuoi!!” Sbraitò Jagger. “Mi hai capito? Fatti i cazzi tuoi!!”

“Mph. Hai ragione” ammise l'altro, quasi divertito dalla sua reazione rabbiosa. “Hai proprio ragione. Non sono affari miei. E non che mi importi, dopotutto. E adesso forza: dì ciò che devi. E poi stà buono e fatti uccidere da me. E muori.”

“Avanti” insistette, esortandolo ancora. “Parla!!”

Jagger portò la mano destra dietro alla schiena.

“Proprio quel che volevo” disse. “E' solo per questo motivo che mi sono sorbito tutte quante le tue cazzate e stronzate senza fiatare. Perché volevo solo averti a portata di mano. E di mira. Aspettavo soltanto questo!!”

Tirò fuori la sua fidata doppietta e gli puntò contro l'unica tra le due canne che era ancora carica.

Tra gola e petto, con la cartuccia stracolma di proiettili pronta per essere sparata.

“Bene, bene...” disse. “E adesso che fai, eh? Adesso che fa il caro maestro di Nanto dei miei stivali, eh? Sarai anche un combattente eccezionale ma nemmeno tu sei un Dio, caro mio. Nemmeno tu. Per quanti poteri e per quanta abilità tu abbia, in fondo sei un uomo anche tu. Resti pur sempre un essere umano, proprio come me. E nemmeno tu puoi evitare un colpo che parte a bruciapelo. Né di fucile, né di nessun'altra arma da fuoco! Neanche tu puoi bloccare un colpo a questa distanza così ravvicinata!!”

“Davvero?” gli fece Shin. “Allora non hai che una cosa, da fare. Non ti resta che provarci, invece di continuare a parlare inutilmente ed infruttuosamente.”

“Avanti. Provaci” gli ripeté. “Così vediamo se é vero.”

“N – non...mi tentare!!” Non mi provocare, é chiaro? Piantala, di provocarmi!!”

“Accomodati, ho detto” insistette Shin. “E scopri da solo se é vero. Scopri coi tuoi stessi occhi se le cose stanno così come dici, oppure no.”

“T – tu...”

“Coraggio, allievo di Hokuto. Spara! Spara, ho detto!!”

Jagger, alfine, cedette a quell'ordine così secco e perentorio. E alla tentazione.

Premette il grilletto e fece fuoco. Ed avvenne una cosa stranissima.

Fu come se il tempo intorno a lui avesse preso a rallentare. E vistosamente, anche.

Come quel che avrebbe potuto vedere un pugile ormai reso mezzo suonato dai pugni, mentre vede il guantone intriso del suo sangue, del suo sudore e della sua saliva partire con inesorabile quanto esasperante lentezza dal fianco del contendente, per poi proseguire la sua corsa sino ad abbattersi e stamparsi sul suo mento. O sulla sua tempia. O dritto dritto alla mascella.

Vide la rosa di pallini fuoriuscire dalla volata, dopo lo scoppio.

Avrebbe quasi potuto distinguerli uno per uno e persino mettersi a fare la conta, dato che gli parevano quasi fermi.

Non doveva trattarsi che di una sensazione, e nulla di più. Il tempo non si stava veramente bloccando.
La interpretò come un segnale ed insieme una conseguenza dell'adrenalina che ormai sentiva circolare liberamente ed in grandi quantità all'interno del suo corpo.

Forse era dovuta all'eccitazione per l'imminente uccisione che si stava profilando all'orizzonte.

E stavolta non si trattava di rifiuti, o di merdine insignificanti. Questa volta era un pezzo grosso.

Uno che contava, e per davvero. E non solo come signore della guerra o di possedimenti.

Un Rokusei in carne ed ossa, ed in persona.

Uno dei Sei Sacri Pugni. Un esponente e depositario dei Sei Stili Maggiori che governavano tutte le centootto scuole e discipline.

Fiuu...questo sì, che era davvero un gran bel colpo.

O forse l'ormone gli galoppava dentro a briglia sciolta per tutt'altro genere di motivo. E proprio per via della tremenda e spaventosa deformità su di un parte del suo cranio che lo stava martoriando e torturando. Senza pietà e senza sosta.

Quella che gli aveva causato quel gran bastardo.

Dopo un po', dopo MOLTO MA MOLTO po'...dopo parecchio e specie se insiste a manifestarsi in continuazione, anche il dolore più acuto finisce col diventare il miglior calmante di sé stesso. Addirittura il miglior anestetico, in certi casi.

Una volta che raggiunge e si stabilizza sul punto più acuto, al punto di divenire quasi insopportabile, pian piano comincia a diminuire. E poi scompare del tutto.

Non ci si fa più caso. Ci si assuefa anche a quello, come se fosse una droga o un qualsiasi altro genere di sostanza psicotropa o stupefacente.

Specie se non si riesce a svenire, a perdere conoscenza. O a cadere preda dell'intontimento, diventando incapaci di intendere e di volere.

E lui non voleva. Non ci teneva assolutamente, a farlo.

Doveva rimanere lucido, in quel momento.

Lucido come non mai. Più lucido del cielo azzurro e limpido.

Doveva rimanerlo, per attuare e mettere in pratica ciò che gli stava frullando in mente.

E allora, se non si sviene...interviene la serotonina.

La droga più potente di cui un essere umano può disporre. Quella che si attiva dopo l'uso di droghe esterne.

E' quella a dare e donare la botta, lo sballo, il benessere. Il paradiso. Non quel che si decide di introdurre nel corpo, che sia di propria volontà o meno.

La droga prodotta direttamente dal cervello.

Il dolore diventa persino piacevole. Si inizia a godere di esso, a volerlo. A cercarlo. Ad anelarlo.

Altrimenti...l'alternativa é di iniziare ad urlare. E di non smettere più, fino alla fine dei propri giorni.

Ventiquattr'ore su ventiquattro.

Si può davvero resistere e sopravvivere a qualunque cosa. Il corpo umano sa essere una macchina meravigliosa quanto terribile, ed in tal senso é ancora pieno di affascinanti e scioccanti misteri.

Una volta passato il momento di crisi...ci si può davvero adattare a tutto.

Ma gli effetti collaterali sono spaventosi. Aberranti.

Il corpo finisce sotto stress. E il cervello viene sottoposto ad un surplus di lavoro. Ed inizia a gridare e chiedere la giusta vendetta, così come gli organi interni e vitali.

L'adrenalina, come già detto in precedenza, comincia a scorrere e scorrazzare senza alcun limite, donando una gran forza. Di cui spesso non ci si rende nemmeno conto.

Non si sente più alcun stimolo esterno. E quindi quelli interni vengono sviluppati oltremisura.

Le emozioni, gli stati d'animo vengono ingigantiti in modo abnorme, da quello stato alterato.

Non si va fuori di matto, ma sia le capacità di analisi e di giudizio che quelle di logica e raziocinio subiscono senz'altro un brusco quanto duro colpo. Così come l'umore ed il temperamento.

Durissimo. Da cui non si riprenderanno né si ricostituiranno mai più.

Niente potrà mai tornare come prima.

Si alternano stati di profonda depressione a scatti e scoppi di rabbia senza alcun controllo.

Niente a che vedere con la tristezza senza limiti unita alla giusta ira che da sempre caratterizzava l'arte marziale che lui praticava.

Da quelle che stava provando lui in quel momento non poteva venir fuori nulla che fosse buono o nobile.

No. Da un terreno così corrotto potevano nascere e crescere solo piante e fiori velenosi. Malvagi. Marci. Tossici.

Solo FIORI DEL MALE. Null'altro.

Null'altro, da semi così talmente imputriditi.

Ed inoltre si sviluppano un totale disprezzo e mancanza di rispetto per la vita. In primo luogo per quella dei propri simili. Per il semplice motivo che li si ritiene i primi responsabili della propria sofferenza.

Come fanno ad essere così tranquilli ed incuranti, mentre uno come loro in questo dato e preciso momento sta patendo le pene dell'inferno?

Come fanno ad essere così spensierati e felici, mentre uno come loro sta soffrendo così tanto?

Era cresciuto e si era addestrato ed allenato con gli Dei. Ma alla fine non era rimasto che un uomo. Un semplice, misero uomo. Perché quelli non avevano voluto condividere con lui la loro incommesurabile potenza, la loro infinita e millenaria saggezza e i loro insondabili poteri.

Beh, peggio per loro. Tanto peggio per loro. Gliel'avrebbe fatta vedere a tutti quanti, dal primo all'ultimo. E pagare.

A partire dal grandissimo pezzo di stronzo che gli stava davanti, non appena i frammenti di piombo rilasciati dalla cartuccia appena sparata ed esplosa si fossero decisi a prenderlo in pieno.

E mancava davvero poco. Pochissimo. Un soffio.

Muori. Muori una volta per tutte.

“Muori, bastardo!!” Urlò Jagger, ormai esultante per la vittoria ormai prossima che lo doveva sicuramente attendere. “Và all'inferno!!”

E fu allora che avvenne un'altra cosa parecchio ma parecchio strana.

Gli arti superiori di Shin scomparvero, diventando pressoché invisibili.

Di essi non rimasero che le punte dei due indici, che si scomposero in decine e decine di duplicati e copie disponendosi tutt'intorno alla biondissima figura, a raggiera, per poi lanciarsi all'attacco.

“Fuuuuhhhh...”

Colpirono ognuno dei pallini, intercettandoli a mezz'aria e facendoli cadere a terra come inerti, dopo un perfetto volo in verticale con tanto di tonfo suicida sul nudo terreno.

Jagger era sbalordito.

Abbassò la propria testa e se li guardò, uno per uno.

Era davvero incredibile. Li aveva bloccati tutti, con la sola forza delle mani.

Anzi, di più. Delle sole ed uniche dita.

Non l'aveva mai ritenuta possibile, una simile eventualità.

Aveva sempre pensato che nemmeno un maestro di arti marziali fosse immune da una buona pallottola. Che neanche le sue conoscenze potessero proteggerlo e tenerlo al riparo dai proiettili e dalle armi da fuoco.

E credeva che ciò potesse valere anche per un predestinato, per un erede di una delle arti marziali maggiori, di rango e stato superiori.

Aveva sempre creduto che pistole, fucili e bombe fossero, costituissero la risposta e la soluzione decisive ad ogni problema ed avversario.

Ma adesso come adesso...quel maledetto gli aveva appena dimostrato l'esatto contrario.

“M – ma...” balbettò. “M – ma c – come...c – come hai...”

“Idiota” disse Shin. “La cosa ti stupisce tanto? Beh...a me no, se ci tieni a saperlo. Perché é tipico dei buzzurri e delle bestie ignoranti come te.”

“Eppure é scienza” chiarì. “A riguardo lo dimostra e lo enuncia chiaramente una legge fisica. Quando due oggetti lanciati l'uno contro all'altro si scontrano alla stessa velocità...la loro forza cinetica si annulla reciprocamente. Azzerano la propria spinta a vicenda. Non ne eri al corrente, forse? Mph, immagino di no. La lettura e l'informazione non devono costituire certo il tuo forte, così come le buone maniere.”

Jagger rabbrividì. La voce del biondo, questa volta, gli era suonata davvero vicino.

Fin troppo vicino.

Sollevò lo sguardo e se lo ritrovò proprio davanti, ad un palmo di naso, con lo sguardo cario di disapprovazione.

“Ah, un'altra cosa” gli confidò Shin. “Permettimi di fornirti un ulteriore suggerimento. Quando affronti un avversario...non scordarti mai di guardarlo sempre negli occhi.”

“Negli occhi” gli ribadì. “Mi hai capito, sottospecie di bestia? Guarda sempre i suoi occhi. O le sue mani. Non la sua bocca, i suoi piedi o altre cose. Sempre gli occhi, mai gli elementi di contorno.”

Jagger capì l'atifona. E al volo.

Quel trucco coi proiettili non era stato altro che un diversivo. Per distrarlo.

Tipico dei vigliacchi. Lo aveva abbindolato con quello spettacolino da braccone e da prestigiatore di mezza tacca per avvicinarglisi in men che non si dicesse, coprendo la distanza che li separava con uno scatto felino ed in un autentico batter d'occhio.

Quel tipo aveva i riflessi e l'agilità paragonabili a quelli di un ghepardo. Ed ora...

Ora ce l'aveva proprio addosso.

Per un istante percepì la sua fine piombargli addosso tra capo e collo, come un macigno.

Il vecchio istinto gli funzionava ancora. E fu proprio quello a fargli compiere un balzo all'indietro nel tentativo di sfuggire al suo raggio d'azione.

“D – dannato!!” Sbraitò. “Combatti da uomo, accidenti a te!!”

Shin ridacchiò.

“Uh uh uh...si dice che voi di Hokuto siate in grado di rendere il vostro corpo duro e resistente come l'acciaio a comando, grazie alla vostra volontà e alle vostre capacità psico – fisiche. Quale spreco inutile di energie...a noi di Nanto non serve così tanto. A noi basta un solo dito! Per noi é più che sufficiente rendere la punta del nostro dito più dura e resistente di un diamante!!”

“Come un diamante, mi hai sentito?” gli ribadì.

“Ah...ah, si?!” Gli fece Jagger. “E tu credi...credi forse di spaventarmi, biondo? Cosa credi di aver dimostrato, con quell'insulso spettacolino? Se vuoi buttarla sui giochini di prestigio, ti assicuro che ne conosco di ben migliori!!”

“Non hai capito” lo contraddisse Shin. “Fino ad adesso ho solamente voluto divertirmi, con te. Se soltanto avessi voluto...avrei potuto sbriciolarteli tutti, i tuoi proiettili. Avrei potuto frantumarli fino a ridurli in poltiglia. Ma forse...il risultato non sarebbe stato così impressionante. E non avrebbe avuto lo stesso effetto, su uno come te. In tal modo...come ho agito io fa più scena, non é così? Non pare anche a te, forse? Ritengo che siano gli esempi, a contare. Da sempre, più di qualunque altra cosa. Perciò trvo che sia molto meglio averti dimostrato la completà inutilità dei pallini di cui sono foderate e riempite le tue ridicole cartucce. Non hai modo di scalfirmi, uomo di Hokuto. Neppure con dei miseri proiettili, per tanti che siano!!”

“Volevi una prova pratica” gli confidò. “E' per questo motivo che mi hai sparato, non é vero? O almeno...é così che la voglio interpretare io. Volevi solo avere un prova della mia abilità. E ora l'hai avuta.”

Eh, già. Gli aveva appena dimostrato coi fatti che uno come lui era immune persino alle pallottole. Che nemmeno loro potevano nulla, contro uno così.

E glielo aveva dimostrato con una delle tecniche tipiche della sua scuola.

 

Il NANTO KO – SHU KEN.

 

Il SEN NO SASHI KIZU NO TE, per la precisione.

 

LA MANO DELLE MILLE PUNTURE DEL PUGNO DELL' AQUILA SOLITARIA DELLA SACRA SCUOLA DI NANTO.

 

Altro non era che una variante del più rinomato attacco conosciuto come MOMOTE NO KOGEKI, ovvero L' ATTACCO DALLE CENTO MANI.

Veniva utilizzata nella fattispecie contro i bersagli di stampo più piccolo e minuscolo. Quando la grandezza della loro superficie e delle loro dimensioni non superavano complessivamente quella della parte iniziale delle falangi che si andavano ad impiegare nell'esecuzione del colpo.

Ma il loro potere trapassante e perforante non era da giudicarsi affatto inferiore. Anzi...tutt'altro, visto che la parte del corpo utilizzata nell'attacco era da considerarsi ridottissima.

In tal modo sia la forza che la potenza ed il potere del colpo erano e venivano concentrati. E resi maggiori. Infinitamente maggiori.

La forza cinetica di un maglio compressa e racchiusa sull'equivalente della capocchia di uno spillo.

Come abbattere un intero palazzo con la sola punta di un trapano. O di uno stuzzicadenti acuminatissimo.

Shin l'aveva usata a nemmeno un decimo della sua reale potenza che poteva sprigionare in realtà. Altrimenti, dei proiettili che aveva appena neutralizzato non sarebbe rimasta che polvere.

“Ghrrr...e va bene.”

Jagger buttò a terra il fucile. Ormai inservibile, dato che aveva appena sprecato l'unico colpo ancora buono. E visto che non gli era servito ad ottenere pressoché nulla.

Cominciò quindi a muovere e a far roteare le braccia, con ampi e lenti movimenti circolari.

“Lo hai voluto tu!!” Proclamò, tronfio. “Non avrei voluto ricorrere alla mia tecnica marziale, ma...visto come stanno le cose, non mi lasci altra scelta! Preparati!!”

Il movimento dei suoi arti superiori si fece ancora più largo e vorticoso.

“Sappi che non hai più alcuna speranza!!” Lo avvertì. “Lo sanno tutti che la tecnica del Divino Pugno di Hokuto é mille volte superiore, alla tua insulsa tecnica di Nanto! Non c'é da fare nemmeno il minimo confronto o paragone!!”

Shin lo guardò, immobile. Non si mise nemmeno in guardia.

“Mph. Questo é quel che affermi tu” disse. “Ma...sarà davvero così?”

“Ghrrr...”

Jagger ringhiò di nuovo, per tutta risposta. E questa volta ancora più a lungo di prima.

“Sai...” gli annunciò tono quasi confidenziale, come se gli stesse rivelando chissà quale segreto. “Devi sapere che la mia scuola é talmente potente che basterebbe una tecnica presa a caso tra le basi delle basi, per avere ragione di te. Senza contare che io la padroneggio con maestria assoluta. Si, sarebbe sufficiente un colpo di quelli rudimentali, per sconfiggerti. Ma gli scontri tra maestri prevedono la rigorosa osservanza dell'etichetta. Come da tradizione, ognuno dei contendenti deve sfoderare le proprie tecniche migliori. Quindi, per mostrarti il rispetto che nutro nei tuoi confronti, nonostante tu sia un nemico...ho deciso che ti abbatterò con il mio colpo più micidiale!!”

Shin abbassò lo sguardo. E ridacchiò tra sé. Un'altra volta. E neanche questa sfuggì all'attenzione del suo rivale.

Del resto, non aveva certo fatto in modo che potesse passare inosservata.

“Cosa...cos'hai da ridere?” Gli domandò Jagger. “Ti ho chiesto cosa cazzo hai da ridere!!”

“Uh uh uh...spiacente, ma non ne ho potuto fare a meno” gli replicò Shin. “Scontro tra maestri...certo che ne spari di idiozie, uomo di Hokuto. E' davvero incredibile, il coraggio che ha certa gente...”

“Ghrrr...taci!!” Gli ordinò l'altro. “Ti ho detto di tacere, chiaro? Continui a sfottere, e a non considerarmi! Ma io ti chiuderò quella tua sudicia bocca, una volta per tutte! Ti farò a pezzi con il mio attacco invincibile! La tecnica segreta che ho appreso direttamente da mio padre, il grande Ryuken! L'unico, a cui gliel'ha insegnata!!”

“E va bene. Fatti sotto, allora. E fammi vedere questa tua tecnica invincibile che ti ha insegnato Ryuken. Forza.”

Jagger si lanciò verso di lui, buttandosi quasi a corpo morto e mulinando ambedue le mani come un ossesso.

“Eccoti il mio HOKUTO RAH – KAHN GEHKI! IL COLPO DEL RE GUARDIANO RAH – KAHN, tutto per te!!”

Shin attese il suo arrivo senza scomporsi minimamente. Non appena i colpi furono troppo vicini ne schivò alcuni con una rapida serie di movimenti ed oscillazioni del tronco. E quando la distanza diminuì ulteriormente la riportò ai livelli precedenti effettuando alcuni rapidi scatti all'indietro che culminarono in un breve balzo.

Stava molto attento, attentissimo a riguadagnare al volo una posizione sicura. Ma non voleva concedere troppo terreno a chi gli stava davanti. A lui in persona così come alla sua superbia e tracotanza.

Nonostante fosse e risultasse fin troppo chiaro, palese che non si stava affatto impegnando al massimo, era concentratissimo.

Jagger, dall'alto del presunto piedistallo in cui si era piazzato praticamente da solo mediante un abbondante quanto smodato uso della sua superbia, interpretò quella condotta come una chiara manifestazione di paura. E questa volta fu lui a sentirsi in diritto di pigliare in giro e canzonare.

“Eh eh eh...bravo. I miei complimenti. Scappi, eh? Pare che tu abbia finalmente capito chi hai di fronte. E pare anche che a differenza di me che sparo col fucile, tu sappia sparare solo gorsse scorregge col tuo didietro. Parli, ridacchi a vanvera e sputi sentenze solo per cambiare aria a quel forno che ti ritrovi al posto della bocca, ma quando c'é da fare sul serio...ti comporti come un vigliacco. Sei solo un puzzolente vigliacco né più né meno di tutti quelli che ho incrociato finora, nient'altro. E tu saresti THE KING, il Re, come ti fai chiamare dai tuoi fedeli cacasotto e dai villici merdosi che infestano queste terracce? Pfui. Tu, per me, sei solo il Re dei codardi!!”

“Tsk. Codardo io ?” Replicò Shin. “Sappi che non m'importa affato di come tu interpreti i miei sorrisi. Non devo giustificare il mio comportamento ad anima viva, e ci tengo che tu lo sappia. E poi...proprio tu parli di rispetto delle regole e del codice di cavalleria. In genere ci si limita a scambiarsi un po' di schermaglia, durante i primissimi assalti. Giusto per saggiare le capacità di colui contro il quale ci si ritrova a battersi. Ma tu...sei partito mirando direttamente ai punti vitali. Ed é per questo motivo che ho deciso di arretrare in modo così fulmineo. Non scambio colpi d'assaggio contro chi non ha intenzione di fare la stessa cosa e di eseguirli a sua volta!!”

“La tua é stata una grave mancanza di rispetto” gli precisò. “Ed i casi, giunti a questo punto, sono due. Sul fatto che tu lo abbia compiuto di proposito é fuori discussione. Non c'é nemmeno da dibattere, direi. Ma resta da capire se lo hai fatto apposta perché sei solo un pazzo scriteriato...oppure perché in realtà sei TU quello che ha paura, qui.”

“Sei proprio tu ad aver paura, tra noi due” Gli ribadì, esponendogli il medesimo e appena precedente argomento, seppur con termini diversi. “Anche se insisti a mostrarti tanto spavaldo.”

“Tsk! Continua pure a fare lo spaccone” lo apostrofò sprezzante Jagger, “E a sparare le tue solenni fanfaronate. Ma ti informo che il mio prossimo colpo andrà a segno. E nel caso tu non te ne sia ancora accorto...tra un po' non avrai più nessun posto, dove fuggire!!”

Shin guardò indietro, alle sue spalle.

Era ormai giunto nei pressi e vicino al monumentale mezzo motorizzato occupato e guidato dai suoi uomini. Quello sul quale spiccava il voluminoso trono con tanto di sedile in tessuto purpureo da cui si era catapultato fuori con scatto, abilità e riflessi fulminei e felini degni di un leopardo.

Ma non sembro preoccuparsene eccessivamente.

“Hai detto bene” disse al suo avversario, rivolgendosi di nuovo verso di lui. “Il prossimo colpo andrà a segno.Resta solo da vedere da parte di chi, non trovi anche tu?”

“Ghrr!!” Ringhiò Jagger. “Non la smetti proprio, eh? Non vuoi proprio smetterla! Continui a vomitare fuori stronzate da quel cesso di bocca! Adesso te la chiuderò per sempre, quella tua bocaccia lurida!!”

Partì all'assalto, con la sua invincibile tecnica segreta.

A parer e detta sua, almeno.

Shin attese con calma il suo arrivo, con estrema calma e senza minimamente scomporsi.

Quando l'ebbe a tiro, spiccò un balzo in verticale e verso l'alto. Gli fu sufficiente applicare una lieve pressione sulle punte ed al contempo sollevare lievemente i talloni per balzare in aria al pari di una molla.

Merito degli allenamenti della Sacra Scuola. Gli allievi di Nanto lavoravano moltissimo sull'agilità, sulla rapidità e sulla velocità e flessibilità muscolari, in modo da portarle fino a livelli sovrumani.

Una volta che fu quasi giunto alla massima portata disponibile del balzo che aveva appena effettuato, Shin eseguì una capriola all'indietro con un colpo di reni e successivamente girò su sé stesso, piombandogli alle spalle.

Jagger provò a seguire quel movimento, provando a non perdersene nemmeno un secondo.

Alzò istintivamente la faccia, portando lo sguardo proprio dove sapeva che avrebbe trovato il suo contendente. O almeno, questo era ciò che pensava.

Perché fece tale manovra con giusto due secondi di ritardo. Giusto quei due secondi di troppo, e probabilmente fatali. Che avrebbero potuto senz'altro costargli la vita.

Trovò solo il cielo azzurro, ad attendere la sua vita.

Percepì un brivido freddo. Una sorta di stilettata gelida al'altezza del cervelletto e delle prime due vertebre cervicali, che gli ghiacciò il sangue nelle vene e le gocce di sudore a fior di pelle.

Fece partire un attacco all'indietro, roteando col tronco e sferrando una via di mezzo tra una percossa ed un manrovescio col taglio esterno della mano.

Il tutto tenendo le falangi ben diritte e stese, unite e col pollice piegato ad angolo retto appena sotto, a far loro da sostegno e supporto.

Incontrò e fendette soltanto il vuoto. Nient'altro che il vuoto, e l'aria.

Riportò il busto in avanti e stese le braccia, di puro riflesso.

Si ritrovò la mano destra di Shin all'altezza del suo collo, vicino alla base e all'attaccatura, dove si fondeva e confluiva nel petto. Tenuta ed usata nello stesso e medesimo modo in cui l'aveva appena utilizzata lui, fino ad un attimo prima. E pronta ad affondargli dentro come una lama puntuta ed affilata al primo segno di movimento o gesto di reazione.

Le sue dita, invece, si trovavano all'altezza delle tempie, di lato e proprio nel punto in cui partivano le radici dei suoi lunghi e biondi capelli.

Le tempie. Erano punti vitali. Tra gli tsubo e i punti di pressione più conosciuti e rinomati della Divina Arte di Hokuto. E più micidiali.

Gli tsubo TOI. Proprio accanto agli tsubo KENMEI e ZUSHO. E anch'esso, alla pari degli altri due, facenti parte del gruppo HARAKUI – KESHIKI. L'insieme dei punti segreti detti della VISTA LUMINOSA.

La coppia di punti appena menzionata aveva funzioni decisamente diverse.

Il primo, deno minato anche ZUSETSU nell'agopuntura, serviva per cancellare la memoria a breve e a lungo termine per un tempo variabile. Che poteva essere dal breve al duraturo, fino a diventare permanente.

Ovviamente, stava a discrezione di chi lo usava, a seconda di tutta una serie di parametri come l'inclinazione delle falangi, l'angolo di colpo, la profondità raggiunta e la quantità di energia vitale e spirituale impiegata.

Il secondo, invece, veniva impiegato per ripristinare la vista. Ma solo se perduta principalmente per colpa di choc improvvisi. E a patto che i danni agli occhi e ai tessuti limitrofi non fossero troppo gravi ed estesi. E bastava un niente, sia dal punto di vista del tocco che dell'energia impiegata.

Entrambi dovevano essere il più lievi possibile.

Era uno tsubo a scopo prevalentemente terapeutico.

Qualcuno abbastanza esperto, in passato, aveva trovato il modo di uccidere anche con quello. Confidando nel fatto che anche un conoscitore delle tecniche di Hokuto tendeva a sottovalutarlo e difficilmente lo difendeva, non ritenenedolo letale.

Ma era un impiego caduto in disuso. In fin dei conti, ve n'erano altri egualmente efficaci, se non di più. E dall'utilizzo senz'altro più semplice.

Per attivarlo in quel modo era necessario diminuire sia la portata che l'accumulo di energia vitale da inocularvi. E la concentrazione risultava doppia del normale. Perché in genere, ad effettuare un movimento lento e debole i muscoli fanno il doppio dello sforzo. E la mente non lavora in modo molto dissimile.

Senza contare che può essere molto rischioso e pericoloso abbassare di colpo la tensione combattiva nel bel mezzo di una battaglia o di un duello.

Ma a Jagger non interessavano, ora. Quello di cui aveva bisogno era uno tsubo di tipo mortale.

E quello che aveva scelto andava benissimo. Una volta entrato in funzione causava la morte pressoché immediata o istantanea della vittima, smembrandola in due parti esatte a partire dalla testa, che si gonfiava come un palloncino ad elio o altrettanto gas volatile per poi esplodere.

Anche in questo caso era possibile ritardare la procedura a discrezione del praticante. Anche se in genere non si andava mai oltre i tre secondi e non di più, visto che si trattava di una tecnica talmente fulminea che a ritardarla e a procrastinarla troppo si poteva correre il rischio di perdere l'attimo. E di annullarla praticamente da soli. E non é consigliabile fallire un colpo di grazia mentre l'avversario é impegnato a fare altrettanto. Proprio come stava accadendo in quel dato e preciso momento.

No, non era proprio il caso.

Doveva stare molto attento.

Erano in una situazione di perfetto quanto assoluto stallo. Il più rapido avrebbe vinto.

Come in un duello a base di pistole fumanti e tonanti ai tempi della frontiera ed oltreoceano, nel continente occidentale.

Una volta estratta l'arma, il più veloce avrebbe vinto.

Era nervoso. E teso. Non poteva permettersi di sbagliare. E non doveva neanche far vedere al biondo di essere così agitato.

Shin, per contro, non stava facendo un piega.

Come prima. E come sempre. E come aveva fatto sin dall'inizio.

“Le tue parole di prima” commentò, “non sono altro che l'ennesima riprova della tua assoluta ignoranza in materia. Tu credi davvero che sia soltanto una questione di mera tecnica? Non esiste una scuola più forte o potente, rispetto alle altre. La tua tecnica di Hokuto non é affatto superiore alla mia tecnca di Nanto. Perché non conta affatto lo stile impiegato, ma solo colui che lo applica e mette in pratica!!”

“Non esiste uno stile superiore!!” Dichiarò. “Perché conta l'uomo, non il colpo!!”

“Ah...ah, si?!” Gli fece Jagger. “Beh...allora sappi che ho una brutta notizia, per te. Forse non te ne sei accorto, ma...ti ho fregato, bello! Ti ho fregato alla grande!!”

Shin fece una leggera smorfia, guardandolo dritto dritto negli occhi.

“Tu dici?” gli fece, con tono alquanto perplesso.

Per tutta risposta, Jegger ridacchiò. In maniera alquanto fragorosa, persino, per trattarsi di un risolino di scherno.

“Eh eh eh...”

Difatti non ci mise poi molto, a tramutarsi subitaneamente in una risata omerica.

“Ah ah ah! E' così, ti dico! E' proprio così! Sei finito, biondino! Sei già morto, capito? Bello che morto, e nemmeno te ne sei reso ancora conto! E vuoi che ti dica perché, eh? Perché lo sanno tutti come funziona la tua tecnica! Il potere del Pugno di Nanto consiste nel rendere gli arti e le estremità simili a vere e proprie armi. Armi da punta e da taglio. Le mani, le braccia, i piedi e le gambe diventano come spade. Pugnali. Asce, scuri, lance e picche. E proprio come quelle armi...hanno bisogno di una certa quantità di corsa unita ad un apposito slancio, perché l'attacco sferrato sia efficace!!”

“Ah ah ah! Adesso...adesso capisci perché hai perso?!” Aggiunse, dopo un ennesima quanto ulteriore risata.

“Veramente no” gli rispose Shin. “Ancora non lo so. Dimmelo tu.”

“Sul serio non lo hai ancora capito? Perché siamo corpo a corpo, ecco perché! I nostri due corpi quasi si toccano! E la tua mano é praticamente poggiata addosso al mio collo! E' come se la lama che hai al posto della mano fosse già nella fase culminante di un fendente. Non puoi imprimergli più forza, ormai! Non abbastanza da farla entrare nella mia carne per tagliarla! Mentre io...io posso ancora colpirti, invece! Per noi di Hokuto é sufficiente un tocco, nulla più. Perché non conta il misero contatto, ma l'energia spirituale che uno riesce ad infondere! Mi basterà solo sfiorare le tue tempie, e la mia forza combattiva penetrerà nella tua testa! Andrà fino in fondo alla tua bella testolina di cazzo, e attiverà gli tsubo che voglio io facendotela esplodere come un fottuto palloncino!!”

“Dì pure addio ai tuoi uomini” gli intimò. “Fin tanto che lo puoi ancora fare.”

I soldati del Re trasalirono, a quelle parole.

Shin rivolse loro un'occhiata fugace e a dir poco distratta, per poi tornare a concentrarsi sul suo rivale.

L'angolo destro della sua bocca si incurvò leggermente verso l'alto, con le due labbra a formare un arco. Un angolo acuto.

“Mph. Ne sei davvero sicuro?” Gli domandò. “Sei davvero sicuro di quel che dici?”

Jagger fu preso quasi in controtempo, da quel commento. Che nel quesito in sé racchiudeva già la più lapidaria tra le risposte.

“Ce – certo che ne sono sicuro!!” Sbottò. “A – allora non hai davvero ancora capito! A – allora tu non mi ascolti, quando io parlo! E' come se avessi già vinto, é chiaro? Ho...ho vinto io! Ho vint...”

“Davvero pensi questo?” Lo interruppe di colpo Shin. “Beh...sappi che TI SBAGLI.”

“C – cosa?!”

“E' proprio così” gli confermò Shin. “Sappi che ti stai sbagliando. E di grosso, anche.”

“C – cosa...cosa cazzo stai...”

“Ancora non ci credi, uomo di Hokuto? Ora vedrai.”

“N – non...non dire stronz...”

Non gli riuscì di finire la frase. Anche perché non gli rimasero né corde vocali né altri organi di risonanza o adibiti alla voce, per poterlo fare e concludere così degnamente il discorso che aveva tirato in ballo.

La mano di Shin gli affondò nella gola.

Dentro. Di lato. Fino a toccargli la trachea.

Non incontrò nessun tipo di resistenza. Come avrebbe fatto un coltello o un temperino resi roventi da un alta e cocente fiamma, prima di immergerli dentro ad un panetto di burro bello caldo.

Jagger intuì e capi quel che stava accadendo, quel che GLI stava accadendo, dal movimento del braccio impegnato nell'esecuzione.

Non stava provando né sentendo dolore. E non stava versando al benché minima goccia di sangue.

Né seguì lo spostamento con gli occhi quasi fuori dalle orbite, e con i rossissimi capillari bene in evidenza sul bianco delle sclere.

Non poteva crederci. Non riusciva a crederci.

Lo stava...lo stava decapitando.

Gli stava tagliando la testa.

Lentamente, con calma, quasi gustandosi ogni passaggio con estrema voluttà.

Ma come...come aveva...come aveva fatto?

Come ci era riuscito, dannazione?

Non poteva fare a meno di chiederselo.

No. Proprio non riusciva a non domandarselo mentre il cranio gli si staccava, con l'ultima e finale tra le due vertebre cervicali ormai sezionata nel punto esatto in cui la sua estremità più bassa si intersecava col resto della colonna,per la precisione in quel breve tratto di midollo molle e nervoso tra i confini e bordi di puro osso.

Un colpo di una precisione certosina quanto infallibile. E micidiale, a dir poco.

E Jagger non smise di chiederselo nemmeno quando, con un terribile attimo di ritardo dopo, il suo capo si separò del tutto dal suo corpo per poi rotolare all'indietro ed oltre le spalle.

Vide le varie parti del suo busto. Poi il suo culo, con le natiche rese tese e ben strette dalla strizza, fin quasi a rendere la linea sottile che le divideva e formava quasi del tutto invisibile.

Non avrebbe potuto cagare nemmeno una pepita, nello stato in cui si trovava. Contratto come una corda di arco o di violino.

Il busto. Il culo. E poi subito dopo le gambe, coi muscoli posteriori del femore e dei polpacci. Ed infine i piedi. I tutto inframmezzato con visioni alterne e ad intervalli più o meno regolari del panorama.

Cielo, terra e palazzi.

Piombò al suolo e nella polvere. Con la sabbia che gli penetrò nel palato duro e molle e da lì direttamente nella faringe, senza alcun rispetto.

Si sentì riversare di lato, mentre fissava il punto esatto dell'orizzonte dal quale era giunto.

Tutto bello tronfio e spavaldo, giusto un istante prima di incontrare il suo destino. E così la sua fine, anche.

Una triste, ignobile quanto miserabile fine.

Era crudele. Davvero troppo, troppo crudele.

Da lì il suo sguardo si sollevò nonostante non si potesse certo muovere, combinato come stava.

Vide un tunnel bianco e luminoso condurlo verso l'alto. Poi subì una brusca sterzata e cominciò a precipitare, mentre tutto si faceva nero ed oscuro.

E poi tutto divenne buio.

Vi fu solo buio. Denso. E silenzio, in una coltre atrettanto spessa che lo avviluppò.

Lo scorno, da parte sua, era pressoché totale.

Se l'era sempre immaginato diverso da così, il paradiso dei guerrieri dove un giorno contava sicuramente di arrivare.

Ben diverso.

Altro che bruciare fino a consumarsi del tutto e ad esplodere. Per poi lasciare una traccia luminosa nel firmamento simile ad una stella.

Bella inculata. Finire in niente.

Come un insetto. Come una merda.

Proprio una bella fregatura. Davvero.

Che gran modo del cazzo, di morire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Percepiva di essere ancora presente. E cosciente. A dispetto di quanto era e gli era appena successo.

Provo a riaprire gli occhi, quindi. Se non altro, per capire almeno dove si trovasse.

Con sua sorpresa, si accorse di riuscirci. E con sua successiva ed ancora più grande e maggiore sorpresa...si accorse che niente di quello a cui aveva appena assistito impotente si era verificato.

Era tutto come prima.

La sua testa era ancora attaccata e tenuta ben salda al suo posto. Al collo e al torso.

Era ancora vivo.

Incredibilmente, lo era ancora.

Vivo. E vegeto. E terrorizzato da un arcano mistero.

Era davvero...Shin lo aveva veramente ucciso?

O era stata solo un'illusione?

Si era trattato di un miraggio, forse?

Si dice che i maestri che raggiungano i più alti ed estremi livelli di un'arte mortale siano in grado di dare vita a vere e proprie allucinazioni e visioni, mediante la loro energia spirituale.

E che quando la loro aura e forza combattiva si incrocia con quella di un altro maestro di pari valore...accadano cose ancora ben più strane. E terrificanti.

Maestri di pari livello. Quasi avrebbe avuto di che sorridere e di che essere orgoglioso, se solo non fosse che era letteralmente spaventato a morte.

I suoi glutei erano ancora serrati. E meno male. Altrimenti, ulla gli avrebbe impedito di rilassare gi sfinteri al punto di collassarli e liberare così sia la vescica che l'intestino retto in contemporanea, facendosela addosso fino ad inzuppare e riempire le brache di giallo e di marrone.

Si era trattato davvero di pre – cognizione? Di una premonizione? Di una percezione extra – sensoriale?

Dunque era davvero giunto al medesimo livello di quel...di quel...

Ah, già. Shin.

Provò a distrarsi per sciacquarsi di dosso la paura folle che lo stava attanagliando. E che stava quasi sul punto di sopraffarlo.

Tornò a concentrarsi sul suo avversario. E sul combattimento in corso.

Le sue braccia erano ancora estese, nel tentativo di colpirlo alle tempie.

Un vano tentativo, visto che Shin...non era più lì.

Il biondo maestro di Nanto si trovava a qualche metro di distanza, ed aveva riguadagnato una distanza tale da potersi definire sicura.

Era in salvo dai suoi possenti attacchi. E le braccia stese lungo i fianchi lasciavano trasparire ed intendere che avesse definitivamente rinunciato ed abbandonato la battaglia.

“Allora, uomo di Hokuto” gli fece. “Dimmi cos'hai visto.”

Jagger lo fissò.

“C – come...” farfugliò in maniera alquanto confusa.

“Allora?” Gli ripeté Shin, con tono inquisitorio. “Dimmelo, forza. Voglio sapere cosa sei riuscito a scorgere. Dimmi...hai forse potuto scorgere LA TUA MORTE?”

“C – come...come fai...c – come d – diavolo hai f – fatto a...”

“Il tuo corpo sta parlando per te” gli spiegò l'altro. “Non hai affatto bisogno, di rispondermi per rivelarmi quel che so già. E che ho capito benissimo da solo. Hai utilizzato una tecnica avanzata della tua scuola, che consiste nel disorientare coi movimenti casuali delle mani per poi puntare dritti agli tsubo sfruttando il senso di confusione generato dal movimento stesso.”

“In verità non era affatto male” gli confidò. “E la tua mossa era eseguita con perizia. Ma la Divina Arte di Hokuto é ben più vasta, a quanto ne so io!!”

“Ed inoltre” aggiunse, “sei davvero lentissimo. Al punto da farmi quasi sbadigliare. Anche se esegui una tecnica in modo valido, con una lentezza come la tua non mi spaventi di certo! Ed é qui che hai commesso il tuo errore più grande. Noi guerrieri di Nanto facciamo della velocità il nostro punto di forza! Non puoi sperare di avere la meglio su un combattente della Sacra Arte della Stella del Sud, con quei tuoi movimenti così lenti e prevedibili! E contro uno dei suoi Sei Sacri Pugni, per giunta! La tua é pura follia, amico! E' mera e semplice astrazione!!”

Complimenti. Un'analisi fredda, lucida e spietata. Ed oltremodo esauriente. E Jagger non poteva che essere d'accordo. Ed in pieno, anche.

Persino una mente onubliata ed accecata dall'odio e dal dolore quale era la sua non poteva che ammetterlo e riconoscerlo. Ed inchinarsi, con rispetto.

Ma non voleva dargli, concedergli la soddisfazione. Neanche minima. Neppure un briciolo.

“P – perché...per quale motivo non mi hai ucciso?” Gli domandò, fingendo di recuperare un minimo di controllo che in realtà non aveva. “Hai...hai sprecato l'unica occasione che avevi! Hai...hai buttato al vento l'unica possibilità che ti avevo concesso per farmi fuori! P – per...per eliminarmi! L'hai gettata via!!”

“Ricorda e tieni bene a mente che l'abilità di chi maneggia una lama o una spada é importante tanto quanto l'arma che egli brandisce” disse Shin. “La mia lama oltrepassa quando io decido. Ma é in grado di tagliare, perforare e trapassare chiunque, e qualunque cosa! E' letale per colui che ho scelto come mio bersaglio e vittima, ma non é assolutamente in grado di ferire chi decido di risparmiare e graziare! Ed é in grado di provocare dei tagli e dei fori netti e puliti. Talmente netti e puliti che, ritraendo la lama, potrebbe essere possibile persino ricongiungere e risaldare le parti offese e danneggiate come se non fosse successo nulla! Perché come esistono spade e lance capaci di tagliare e sfondare tutto, esitono anche armi che non possono tagliare assolutamente nulla! E ti assicuro che sono proprio quelle, le più temibili!!”

“C – cosa?!”

Pazzesco. Davvero pazzesco. Ciò voleva dire...stava a significare che lui...lui...

“A – allora...allora mi stai dicendo che tu...che tu mi hai veramente UCC...”

“Te l'ho appena detto, uomo di Hokuto. Tu credi che gli arti di un maestro di Nanto siano paragonali a spade, lance o picche. Ma non é affatto così. Non soltanto. Il Sacro Pugno di Nanto non é così semplice e spartano come tu pensi. E nemmeno come appare a prima vista. Non lo si può ridurre alla punta o al taglio di una lama o di un'arma qualunque che fende le carni e basta. Anche un colpo che raggiunge un corpo lo si può classificare come un'interazione tra campi magnetici. Ed é proprio quel che facciamo noi di Nanto. Sincronizzando alla perfezione i movimenti con la respirazione e la velocità di esecuzione degli stessi, generiamo una vibrazione. Una vibrazione che attraversa le membra e i tessuti, fino ad agire in profondità. Ed il processo é da considerarsi totalmente irreversibile, fino all'ultimo istante in cui la tecnica non viene completata e portata definitivamente a compimento. Ciò significa che anche noi siamo in grado di controllare e menipolare la materia. Esattemente come fate voi quando incanalate e convogliate la vostra energia spirituale all'interno di quelli che chiamate e definite punti di pressione!!”

“A – allora...allora é...é dunque questo, il segreto della vostra arte...” disse Jagger, atterrito.

“N – non...non riesco a crederci...”borbottò.

“E poco fa ti ho detto anche un'altra cosa” lo redarguì Shin. “E cié che non conta lo stile, il colpo o la tecnica che si utilizza. Conta solo l'uomo che sta dietro, e che la usa. Null'altro. E ti ho anche detto che non temo la tua arte. Ma temo però quella dei tuoi due fratelli maggiori. In particolar modo quella del vostro fratello più anziano. Se ora ti ammazzassi con le mie mani, potrebbe interpretare tale gesto come una mancanza di rispetto nei suoi confronti. Se non come un vero e proprio spregio dato che si tratta pur sempre di un'azione contro un suo familiare, anche se in teoria sareste fratelli solo di nome. Ma per uno come lui ciò equivarrebbe ad un'autentica dichiarazione di guerra. E non ho la benché minima intenzione di affrontarlo. E lo stesso discorso vale per il suo esercito. Non ho ancora terminato di costruire il mio impero, e l'ultima cosa che voglio adesso é di lanciarmi in un conflitto che mi costerebbe solo uomini, mezzi e terre.”

Una volta concluso il discorso, Shin spiccò un salto altissimo ed atterrò di nuovo sul suo trono ricavato nel cuore e nel centro del grosso mezzo motorizzato, dopo un triplice giro mortale eseguito a regola d'arte.

Fece quindi un cenno, e il soldato al volante e nelle vesti di pilota diede di gas col pedale dell'acceleratore e roteò lo sterzo, facendo girare i grossi pneumatici e preparandosi per la manovra di dietro – front.

“Ti aspetto al mio castello” ordinò il Re, col tono di chi non ammette repliche o contestazioni di alcun genere o sorta. “Presumo che la strada tu la conosca. Vedi soltanto di non uccidere altri miei uomini, sono stato abbastanza chiaro?”

“Non che ve ne sia pericolo, comunque” chiarì subito dopo. “Darò ordini precisi di stare alla larga. Nessuno intralcerà la tua avanzata, non temere.”

“M – ma...ma c – come...”

“Mi avevi detto di avere qualcosa da dirmi con urgenza, no? Tutto sommato mi avete generato sufficiente diletto, tu e la tua patetica abilità. E allora vorrà dire che ascolterò la tua storia. Poi deciderò cosa farne di te. E se deciderò che ciò che hai da raccontarmi sarà di mio interesse e gradimento...forse potrei anche decidere di risparmiare la tua insulsa quanto inutile vita.”

“Tu provaci ugualmente” lo esortò. “Provaci lo stesso. Provare non costa nulla, dopotutto. E in fin dei conti...ti ho già detto che potrei seriamente considerare l'ipotesi di ammazzarti.”

“Anzi, che ti ammazzerò proprio” si corresse subito dopo. “Quasi sicuramente, a volerla dir tutta. Quindi, sapendo ciò...vuoi dirmi cos'hai da perdere, dunque? Che cosa ti é rimasto, da perdere?”

Detto questo, Shin partì rombando e a razzo col resto del suo sparuto drappello.

Jagger, in tutto questo, non aveva ancora ripreso a muovere un solo muscolo.

Era ancora paralizzato, nonostante fosse rimasto il solo sulla scena.

Ma già un risolino compiaciuto stava cominciando a fare capolino, su quella massa informe che era diventata la sua faccia.

Un sorriso che non prometteva né prenannunciava nulla di buono.

Non lo aveva nominato.

Shin non aveva nominato QUELLO.

Aveva fatto riferimento a Raoul e a Toki, e al solo pensiero di quei due, Shin gli era apparso reverenzialmente intimorito.

Ma QUELLO LA'...quello là non lo aveva nemmeno preso in considerazione.

Ottimo. Davvero ottimo.

C'era ancora speranza, dunque.

Non tutto era ancora perduto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Certo che ne é passato di tempo, eh? Da prima dell'estate, se non erro.

A me sembra un'infinità, davvero.

A dirla tutta credo che, da quando ho iniziato a scrivere fanfiction per poi pubblicarle su EFP, non si mai passato così tanto tempo tra un episodio e l'altro come in questa occasione.

Temevo davvero di non farcela più, a ritornare.

E non certo perché non avessi idee, quelle per fortuna non mi sono mai mancate.

Non ancora, perlomeno.

Ma diciamo che sono reduce da un periodo davvero incasinatissimo, e che mi ha messo davvero a durissima prova.

E che non é ancora finito, purtroppo. Ma andiamo con ordine.

Sono accadute cose belle e cose brutte, come in genere accade con tutti noi.

Per prima cosa...ho finalmente completato il mio primo ROMANZO ORIGINALE!!

Dopo ben sei anni di lavoro, ragazzi.

Era un progetto che proseguiva in parallelo a quello delle storie su EFP. E devo ammettere che hanno costituito e continuano a costituire un'ottima palestra.

Perché, sapete...iniziare con personaggi conosciuti ed amati e scrivere di loro risulta facile, per certi versi.

Ma provando e riprovando...prima o poi capita che venga la tentazione di buttare giù qualcosa di inedito.

Ci tenevo molto, e poco prima di partire per le ferie ero in dirittura d'arrivo. Per cui...nell'ultimo periodo ho momentaneamente sospeso le mie due fanfiction per dedicarmi esclusivamente a quella storia.

Una scelta dolorosa, e ci ho pensato a lungo. Ma era necessario.

Me la dovevo levare di torno, una volta per tutte.

Ora l'ho conclusa, e posso tornare a dedicarmi al resto.

Ma voglio essere sincero: non pubblicherò il mio romanzo inedito qui su EFP.

Vorrei tanto farne un libro.

Lo farò registrare come opera inedita e poi andrò in cerca di un editore. E che la fortuna mi assista, una volta tanto.

Ho deciso che ci voglio provare.

Nel frattempo, mia moglie ha trovato finalmente un lavoro fisso, dopo anni di impieghi saltuari. E di sacrifici enormi, visto che dal punto di vista economico l'unico a tirare avanti la baracca ero io, da dieci anni a questa parte.

Sono felicissimo per lei. Ma questo, ovviamente, ha scombinato un po' le carte in tavola.

Insomma, non potendo più contare sulla sua presenza per ogni cosa anche al sottoscritto é toccato tornare alle tipiche incombenze come andare a scuola a prendere la mia piccola, accompagnarla a fare sport e quant'altro.

Il che si é tradotto in meno tempo per scrivere, che già era di per sé poco.

Ma va bene così, ci mancherebbe. Benissimo.

Sul lavoro non transigo, viene prima di ogni cosa. E nella vita ci sono senz'altro faccende ben più importanti che scrivere. A maggior ragione se lo si fa per puro diletto e nient'altro.

E fin qui la parte bella. Poi si sa...mai una volta che la vita ti regali solo soddisfazioni e basta.

Quando dà...inevitabilmente toglie. Anche se uno, legittimamente, asprirerebbe non dico ad una vita priva di problemi, perché questo é impossibile.

Ormai lo so, ho imparato. Per certi versi sono le menate che ti tengono in vita, così come il viaggio stesso ad un certo punto diventa più importante della meta prefissata.

Però basterebbe un minimo di tregua, non chiedo tanto. E invece...

Per farla breve...nell'ultimo periodo ho avuto un lutto.

Mio suocero, la persona con gravi problemi di salute a cui spesso accennavo...ci ha lasciati due mesi fa, al termine di una lunga malattia.

Era una gran brava persona, dotato di un ingegno e di una passione eccezionali per i lavori di artigianato. E aveva un talento nel costruire presepi animati e meccanizzati, di dimensioni anche ragguardevoli.

Ad ogni Natale ne costruiva uno in casa sua grosso come un'intera parete, un vero spettacolo.

Nel complesso ha avuto una vita felice, circondato da persone che gli volevano un gran bene.

Ed é proprio grazie a loro che ha saputo lottare sino all'ultimo, e resistere per tutti questi anni. Perché, per contro, dal punto di vista della salute, é stato davvero molto sfortunato.

In tanti anni che lo conoscevo...sono ben poche le volte, che l'ho visto stare davvero bene.

Io temo che il suo limite lo avesse superato da un bel pezzo, e che sia rimasto qui soprattutto per merito di chi amava.

Guarda caso, il tutto é avvenuto una settimana dopo che avevo completato il mio romanzo.

Mi sento di dedicarlo a lui, questo capitolo.

La sua perdita é stata un durissimo colpo, sia per mia moglie che per mia figlia.

E tra non molto sarà il primo Natale senza di lui. Senza un papà e senza un nonno.

Non sarà facile, e dovrò star loro vicino.

Andare avanti e riprendere a scrivere non é stato per niente semplice, e vi assicuro che nelle ultime settimane avevo davvero altro per la testa.

Ma ce l'ho fatta anche stavolta.

Andiamo avanti, come si suol dire.

Un match alla volta. Un round alla volta. Un pugno e un passo alla volta.

Piuttosto...che ne pensate del match di questo episodio?

Dopo il Kenshiro vs. Ryuken dell'altra volta, per la serie “duelli impossibili” abbiamo un bel JAGGER VS. SHIN!

Un combattimento già improponibile solo all'idea, visto che il nostro pazzoide é di fatto incapace di sconfiggere CHIUNQUE, lì.

Sconfiggere, questo sì. Ma non certo di combinare casini, specie per complicare e rendere impossibile l'esistenza al suo odiatissimo fratello minore.

Comunque credo che anche da un duello totalmente ridicolo sulla carta come questo, data l'evidente disparità di forze e capacità tra i due contendenti, siano venuti fuori dei risvolti interessanti.

Ora veniamo all'angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a Devilangel476, Kumo no Juuza, vento di luce e innominetuo per le recensioni all'ultimo capitolo.

E come sempre, un grazie a chiunque leggerà la mia storia e se la sentirà di lasciare un parere.

Prima di chiudere...visto che con tutta quanta la probabilità ci rivedremo con l'anno nuovo, ne approfitto per augurare un Buon Natale ed un felice 2023 a tutti.

Cercate di passarlo tranquilli e sereni accanto alla vostre famiglie e a chi vi vuol bene, e che l'anno venturo vi possa portare tanta gioia e felicità. Insime a ciò che più desiderate.

Che possano avverarsi i sogni e i desideri di tutti, una volta tanto. Lo spero vivamente.

Dal canto mio...cercherò di rifarmi vivo prestissimo. E di metterci un po' meno tempo, questa volta!

 

Grazie ancora a tutti, e...AUGURI!!

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

 

Roberto

 

   
 
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